Espansione islamica

processo di conquiste islamiche in Africa, Asia e Europa nei secoli VII e VIII
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L'espansione islamica è il periodo storico durante il quale i seguaci dell'Islam riuscirono a conquistare un vastissimo impero, che raggiunse la sua massima espansione nel 751 prima della rottura interna e la frammentazione in due califfati. Sebbene l'unificazione delle tribù beduine iniziò con lo stesso profeta Muhammad, egli non era interessato alla creazione di un vero e proprio Stato, per cui l'espansione vera e propia viene in genere datata dalla sua morte nel 632 fino, tradizionalemnte, alla battaglia di Poiters a ovest (732) e fino alla battaglia di Talas a est (751).

Espansione dall'Islam tra VII e VIII secolo

     Espansione sotto il Profeta Muhammad, 622-632

     Espansione durante il califfato elettivo, 632-661

     Espansione durante il califfato omayyade, 661-750

Premesse

Il califfato ereditario

I successori politici di Muhammad, i califfi, avviarono una fortunata e rapida espansione territoriale, occupando Gerusalemme e Damasco e annientando l'Impero Persiano sasanide.

Al 717 risale l'assedio di Costantinopoli, nel corso del quale fu però distrutta la flotta araba, impedendo temporaneamente l'espansione verso la penisola balcanica.

Nel 711, gli Arabi conquistarono la Penisola iberica, ponendo fine al regno visigoto, e passarono i Pirenei, ma nel 732 furono fermati nella battaglia di Poitiers dai Franchi di Carlo Martello. Nel Mediterraneo gli Arabi (detti talora Saraceni) conquistarono la Sicilia, toccarono la Sardegna e la Corsica, oltre che un tratto della costa provenzale e parte della Calabria, della Puglia e della Campania.

La diffusione del dominio arabo-musulmano non fu solo dovuta ai successi militari ma fu favorita dal fatto che molte popolazioni, soggette ai Bizantini o ai Persiani sasanidi, preferirono sottomettersi agli Arabi, piuttosto che pagare le fortissime tasse richieste dai persiani. Secondo la legge coranica, inoltre, i convertiti ottenevano i pieni diritti civili ed erano tenuti solo al versamento dell'elemosina legale (zakāt), mentre coloro che, come gli Ebrei, preferivano restare fedeli alla propria religione erano tenuti a pagare tasse non esorbitanti mantenendo libertà assoluta di culto e, con qualche limitazione, di commercio, seguitando autonomamente a gestire il proprio statuto personale (matrimonio, divorzio, eredità).

Un importante tramite fra mondo islamico e cristiano latino furono gli ebrei. Se non si è ancora ben certi di chi fossero in realtà i Radaniti che operarono fra al-Andalus e le regioni franche al di là dei Pirenei, siamo però ben documentati circa l'azione intermediatrice svolta da un po' tutti gli ebrei spagnoli che, sfruttando la benevolenza dei governi islamici, si avvalsero della loro possibilità di aggirare la norma coranica che vieta il cosiddetto “commercio di denaro” ai musulmani e, in definitiva di lucrare sulle plusvalenze.

In al-Andalus gli Ebrei Sefarditi costituirono una fondamentale classe mercantile che godeva in qualche misura del vantaggio di un analogo statuto giuridico concesso loro dal mondo cristiano che conosceva un identico divieto di conseguire interessi economici su un capitale, importando ed esportando le preziose merci prodotte nell'area islamica e trafficando sui beni che riusciva a produrre il mondo cristiano latino (un esempio è rappresentato dal panno di lana), oltre a tutte le materie prime (specialmente ferro e legname) che difettavano in al-Andalus.

L'apporto ebraico non fu tuttavia solo di tipo economico-finanziario bensì, in misura tutt'altro che trascurabile, anche scientifico e artistico. Grazie ai divieti islamici che impedivano agli ebrei determinate professioni (soldato, giudice e proprietario terriero), gli israeliti furono indirettamente costretti ad occuparsi oltre che di commercio anche di tutte le cosiddette professioni “liberali” (nel senso di libere), tra cui quelle del medico, del farmacista, dello studioso e del traduttore, trovando benevola e conveniente accoglienza nella società islamica andalusa, giungendo ad occupare non di rado importanti funzioni burocratico-amministrative (anche ai massimi livelli vizirali) nella macchina governativa islamica.

L'elemento arabo-berbero (ma non dimentichiamo anche la presenza persiana) portò all'Occidente cristiano nuove conoscenze tecnologico-scientifiche, specie nell'agricoltura, con l'introduzione di non poche piante del tutto sconosciute (canna da zucchero, carciofo, riso, spinaci, banane, zibibbo, cedri, limone, arancia dolce o cotone, come pure spezie di vario tipo, quali la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata - ossia di Masqat - il cardamomo, lo zenzero e lo zafferano) ovvero reintroducendo colture abbandonate dalla fine del cosiddetto periodo classico "antico" (innanzi tutto l'ulivo o l'albicocco). Furono introdotte le tecniche costruttive dei mulini ad acqua e a vento, la carta (di provenienza cinese), e tecniche bancarie quali l'assegno e la lettera di cambio, senza dimenticare il formidabile apporto nella scienza della matematica, quali l'algebra o la trigonometria, il sistema decimale (elaborato in ambito indiano o il concetto di zero.

I musulmani svilupparono grandemente la medicina, l'alchimia (genitrice della moderna chimica) e l'astrologia, con gli annessi studi astronomici (da ricordare l'introduzione dell'astrolabio). Anche nella filosofia il loro apporto contributivo per l'Europa continentale fu formidabile massiccio e, grazie alle traduzioni da essi approntate o da essi commissionate, si tornò a conoscere non pochi testi di filosofia e di pensiero scientifico prodotto in età ellenistica. Grazie a tali traduzioni l'Europa occidentale e centrale (che aveva quasi del tutto cancellato il ricordo del retaggio culturale espresso nell'antichità classica in lingua greca) tornò in possesso di opere da tempo trascurate e a rischio di totale oblio.

I musulmani sotto dominazione abbaside, fatimide e andalusi crearono biblioteche e strutture d'insegnamento pubbliche che - come nel caso di Cordova - costituirono di fatto le prime università del Vecchio Continente, alimentate dal sapere della cultura persiana antica, da quella indiana e da quella greca ed ebraica. In Occidente la fama di medici quali Avicenna e Razī divenne duratura, tanto che i loro lavori divennero libri di testo fino al XVIII secolo, mentre di notorietà non minore fruirono gli studi di filosofi quali Averroè (che di Aristotele "il gran Comento feo", diceva Dante Alighieri) e Geber, considerato per secoli anche in ambito cristiano il più grande alchimista.

Classi sociali nelle zone conquistate dagli Arabi:

  1. Il potere politico era in toto riservato all'elemento islamico conquistatore.
  2. I convertiti all'Islam (mawali) avevano teoricamente gli stessi diritti dei musulmani di prima generazione ma per tutto il primo secolo islamico (VII-VIII d. C.), sia in Asia e in Africa, sia in al-Andalus, i diritti politici pieni furono loro speciosamente negati dai conquistatori che li forzarono talora a pagare tributi cui i convertiti dovevano in teoria essere del tutto esentati, assoggettati come sarebbero dovuti essere alla sola zakat.
  3. I non-musulmani godevano di diritti civili alquanto ridotti e pagavano tributi non eccessivi (jizya e kharaj) ma in ogni caso più gravosi di quelli dovuti dai musulmani.
  4. Gli schiavi - pur trattati con relativa umanità - non avevano diritti politici ed economici, anche se, a partire dal IX secolo d. C., fu loro aperta la carriera militare. Massimamente preferiti erano per il "mestiere delle armi" i Saqaliba (all'incirca traducibile con “Schiavoni”), provenienti dalle aree balcaniche ma anche dalle regioni franco-germaniche e dalla stessa Italia.

Dalla morte di Muhammad, nel 632, fino al 661 si succedettero alla guida dei musulmani quattro califfi elettivi che mantennero la capitale a Medina e che i musulmani definiscono "ortodossi" (al-rāshidūn).

Intorno al 661 i musulmani cominciarono a differenziarsi. Dapprima con il kharigiti, con l'alidismo (poi evoluto nello sciiti, con il mutaziliti e, infine col sunniti.

Punto di grande divergenza fu a chi competesse guidare la Umma islamica, coi kharigiti che indicavano il migliore dei musulmani, a prescindere dalla sua razza e dalla sua condizione sociale, con gli alidi (poi sciiti) che limitavano alla sola famiglia stretta del Profeta Muhammad (la Ahl al-Bayt) tale diritto e con i sunniti che, pur preferendo che il califfo fosse arabo e della stessa tribù del Profeta, non indicavano tutto questo come condizione dirimente e assoluta (tant'è vero che nel XIII secolo Ibn Taymiyya, un noto pensatore hanbalita, pensava possibile un califfato mamelucco (e quindi turco) per il fatto che proprio i Mamelucchi erano stati in grado di arrestare la catastrofica avanzata mongola con la vittoria inattesa di Baybars a ʿAyn Jālūt (La fonte di Golia), in territorio palestinese.

Nel 661 fu fondata la dinastia degli Omayyadi, il califfato divenne ereditario e la capitale fu spostata a Damasco: nel 750 prese il potere la dinastia degli Abbasidi e la capitale fu portata a Baghdad, anche se per qualche decennio fu edificata una nuova capitale a Sāmarrā', nell'attuale Iraq.