Worldbuilding
Il termine worldbuilding (dall'inglese: world, «mondo» e building, «costruire») indica la creazione di un mondo immaginario e di tutti i suoi aspetti caratterizzanti, in particolare da utilizzare come ambientazione in storie di fantascienza o fantasy, giochi, ecc.[1]
La costruzione del mondo può essere completata prima dell'inizio della scrittura vera e propria o individuata durante la stesura della storia. Anche se non esiste un unico metodo di worldbuilding, esistono delle leggi per costruire e presentare un'ambientazione in modo che risulti realistica sia per l’autore, sia per i fruitori della sua opera; essa deve risultare coerente con le proprie regole interne e quindi autosufficiente rispetto alla realtà esteriore: in questo modo l'autore realizza un mondo secondario (di fantasia) contrapposto al mondo primario (reale).[2]
Troviamo multiversi o universi paralleli che contengono o sono in qualche modo collegati al nostro; intere galassie separate dalla nostra ma ancora nello stesso universo (come la galassia di Guerre Stellari); serie di pianeti, che possono includere la Terra tra di loro (come nei mondi di Dune o di Star Trek); la Terra stessa, ma con storie alternative o periodi temporali immaginari (come l'Età Hyboriana di Robert E. Howard) o la Terra del futuro (come nella serie di Matrix); paesi immaginari ambientati in continenti reali (come Genovia di Meg Cabot); e infine, città, insediamenti o paesi immaginari (come Ashair di Edgar Rice Burroughs). La "secondarietà" di un mondo dipende dalla misura in cui un luogo è staccato dal mondo primario e diverso da esso, e dal grado in cui i suoi aspetti fittizi sono stati sviluppati e costruiti (tra cui, ad esempio, quante storie vi sono ambientate, se il luogo è stato mappato e quanto è stata sviluppata la sua storia).[3]
In alcuni casi le opere di più autori sono ambientate nello stesso mondo condiviso; un universo immaginario specificatamente creato per questo scopo. Esempi in tal senso sono l'universo espanso di Guerre stellari e l'universo lovecraftiano.[1]
Il worldbuilding è sfruttato da molteplici forme multimediali, tra cui letteratura, opere teatrali, film, programmi televisivi, videogiochi, fumetti, figurine e altro ancora.[4]
Storia
Il termine worldbuilding fu usato per la prima volta nel 1920[5] da Arthur Stanley Eddington nel suo Spazio, tempo e gravitazione per descrivere un modello di pensiero che usa la costruzione di mondi ipotetici, con leggi fisiche diverse, per ragionare sul concetto di relatività.[6]
Successivamente il termine prese piede nella fantascienza e nel fantasy da quando, nel 1965, apparve in Edgar Rice Burroughs: Master of Adventure di Richard A. Lupoff.[1][7]
Diffusione
Prima che il campo dei media studies esistesse nel mondo accademico, il processo di creazione di mondi immaginari fu discusso e teorizzato da scrittori come George MacDonald, J. R. R. Tolkien, Dorothy L. Sayers, e C.S. Lewis e successivamente analizzato da un punto di vista pratico in guide per gli scrittori come How to Write Science Fiction and Fantasy di Orson Scott Card (1990) o World-building: A Writer’s Guide to Constructing Star Systems and Life-Supporting Planets di Stephen L. Gillett (1995).[3]
L'8 marzo 1939 J. R. R. Tolkien, coniò ufficialmente il termine "sub-creation" (letteralmente, «creare sotto») durante il suo intervento alla conferenza Andrew Lang presso l'Università di St Andrews, che fu pubblicato otto anni dopo nel suo saggio On Fairy-Stories.[8] Con "sotto-creazione" Tolkien, che era cattolico, intende la capacità di creare un mondo all'interno della creazione ex nihilo di Dio. Il mondo della creazione divina è il mondo primario, mentre il mondo sotto-creato è conosciuto come mondo secondario o immaginario.[3]
A partire dagli anni '60, i mondi immaginari furono studiati da un punto di vista filosofico, che considera lo status ontologico dei mondi immaginari, la natura del loro funzionamento e la loro relazione con il mondo reale. Gli scritti filosofici sui mondi immaginari considerano principalmente questioni di linguaggio, e fanno per la maggior parte riferimento alla letteratura, trascurando così i mondi immaginari di natura audiovisiva; lacuna che venne colmata dai media studies.
La nozione di media franchise apparve all'inizio del XX secolo e, con essa, nuovi studi che si occuparono di più di un singolo medium o di una singola storia, ma che riguardavano più che altro le logiche commerciali dietro la produzione del mondo. Alcuni di questi franchise iniziarono ad essere anche transmediali, apparendo in fumetti, serie, corti animati, trasmissioni radiofoniche e lungometraggi; questo portò al riconoscimento della la natura transmediale che oggi hanno i mondi immaginari. [3]
Aspetti
Per definire i vari aspetti di un mondo immaginario si assume che, se non è specificato diversamente, tutto, all'interno del nuovo mondo immaginario, si comporti esattamente come nel mondo reale.
Più il mondo immaginario è diverso dal mondo reale, più è ripida la curva di apprendimento (learning curve) ovvero la quantità di conoscenza che un lettore deve acquisire per essere in grado di comprendere il mondo in cui è ambienta.
Brandon Sanderson suddivide l'ambientazione in due sottocategorie:
- Ambientazione fisica
Questa è un'ambientazione che esisterebbe indipendentemente dalle razze senzienti. Include:
Topografia
Clima
Animali selvatici
Magia (a volte)
Atmosfera
Illuminazione
Elementi e geologia
Razze
ta la storia.
- Continenti
- Clima
- Flora e fauna
- Civiltà e cultura
- Scienza
- Politica
- Struttura del potere
- Altri aspetti culturali come architettura, sociologia o cucina
- Tecnologia (sci-fi)
- Sistema magico (fantasy)
Questi possono includere la creazione di una mappa geografica o, in alcuni casi, la creazione ad hoc di un linguaggio inventato.
Tecnologia
Leggi di Clarke
Sistema magico
In fantasy. Hard magic e soft magic.
Leggi di Sanderson
Teoria dell'iceberg: Il lettore vede solo il 10% del woldbuilding. Se l'autore conosce molto profondamente anche solo un aspetto il lettore penserà che sappia anche il resto nello stesso modo. (Sanderson)
Metodi
Per essere credibile e interessante, un mondo secondario deve avere un alto grado di invenzione, completezza e coerenza. Naturalmente, nessun mondo secondario può essere completo come il mondo primario, le incongruenze sono sempre più probabili man mano che un mondo cresce, e nessun mondo può essere il prodotto dell'invenzione al punto da non avere più alcuna somiglianza con il mondo primario. Tuttavia, se non si compie uno sforzo in tutte queste direzioni, la "sottocreazione" risultante non riuscirà a creare l'illusione di un mondo indipendente. Senza sufficiente inventiva, si avrà qualcosa ambientato nel Mondo Primario, o qualcosa di molto simile: il nostro mondo con l'aggiunta di vampiri o alieni, o qualche nuova tecnologia, o qualche strano evento che mette in moto la storia; ma non un mondo unico, diverso e distinto dal nostro. Senza un tentativo di completezza, si ha l'inizio di un'espansione al di là della narrazione, ma non abbastanza da suggerire un mondo indipendente; rimarranno troppe domande senza risposta (e senza risposta) che insieme distruggeranno l'illusione di un mondo unico. E senza coerenza, tutti i pezzi, le idee e i progetti disparati e contrastanti si contraddicono l'un l'altro e non si uniscono mai con successo per creare collettivamente l'illusione di un altro mondo.[3]
La costruzione del mondo può essere eseguita con due diversi approcci o con una combinazione di essi.
Metodo dall'alto verso il basso (top-down)
Si inizia con il quadro generale: i continenti, il tempo, le cose che sono molto diverse, e poco a poco si entra nei dettagli. Di solito questo approccio va dall'esterno all'interno. Il vantaggio di questo approccio è che alla fine il mondo risultante è molto coeso e grande da abitare. Il rovescio della medaglia è che di solito ci vuole molto tempo per fare un mondo con questo approccio. Esempio: la Terra di Mezzo di J. R. R. Tolkien. N. K. Jemisin, Brandon Sanderson.
Metodo dal basso verso l'alto (bottom-up)
Si inizia con un dettaglio molto piccolo, qualcosa che cambia ma è davvero piccolo. Da lì crei un senso del mondo intero. Si passa dall'interno e dal piccolo al più grande. Questo è un ottimo metodo se si vuole riempire gli spazi vuoti per lo scopo della storia, se vuoi scrivere una storia dove il mondo non ha bisogno di essere molto rimpolpato, dove ci sono solo piccoli dettagli diversi. Il vantaggio di questo approccio è che è veloce da fare ma si continua a costruire il mondo mentre si scrive, cosa che potrebbe portare ad incongruenze.
Voci Correlate
Note
- ^ a b c (EN) Jeff Prucher (a cura di), Brave new words: the Oxford dictionary of science fiction, Oxford University Press, 2007, ISBN 9780195305678.
- ^ John R. R. Tolkien, Il medioevo e il fantastico, Bompiani, 2003, ISBN 8845254895.
- ^ a b c d e (EN) Mark J. P. Wolf, Building Imaginary Worlds: The Theory and History of Subcreation, Routledge, 2014, ISBN 978-0415631198.
- ^ (EN) Mark J.P. Wolf (a cura di), Exploring Imaginary Worlds: Essays on Media, Structure, and Subcreation, Routledge, 2020, ISBN 978-0367558475.
- ^ (EN) Historical Dictionary of Science Fiction, su sfdictionary.com.
- ^ Arthur Stanley Eddington, Spazio, tempo e gravitazione: la teoria della relatività generale, Bollati Boringhieri, 1997, ISBN 9788833902876.
- ^ (EN) Richard A. Lupoff, Edgar Rice Burroughs Master of Adventure, Bison Books, 2005, ISBN 978-0803280304.
- ^ (EN) Verlyn Flieger e Douglas A. Anderson, Tolkien: On Fairy-Stories, HarperCollins, 2014, ISBN 978-0007582914.