Gaspare Sanseverino

nobile, condottiero e diplomatico italiano
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Gaspare Sanseverino, meglio conosciuto come Fracasso o Fracassa (1455 circa – Roma, maggio 1519), è stato un condottiero e diplomatico italiano. Famoso per il furore bellico e l'eccezionale audacia, fu anche definito dai contemporanei il nuovo Achille per la sua apparente indistruttibilità, nonché figlio di Marte e Fulgore in battaglia.

Gaspare Sanseverino
Miniatura di Fracasso nella Comedia del Grifo, dove è rappresentato come un candido cavaliere crociato racchiuso entro una corona formata da un ramo di palma e uno d'ulivo.[1][2]
Signore di Piadena, Calvatone, Spineda, Cittadella, Mandello del Lario, Bellano e Varenna
Stemma
Stemma
Nascita1455 circa
MorteRoma, maggio 1519
DinastiaFamiglia Sanseverino
PadreRoberto Sanseverino d'Aragona
MadreGiovanna da Correggio
ConsorteMargherita Pio di Savoia
Figli
  • Gianfrancesco
  • Gabriele
  • altri
ReligioneCristiano-cattolica
Gaspare Sanseverino
Andrea Solario, ritratto di uomo, pinacoteca del Castello Sforzesco
SoprannomeFracasso
Nascita1455 circa
MorteRoma, maggio 1519
Cause della mortemorte naturale
Dati militari
Paese servito
Anni di servizio1475-1516
Battaglie
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Fu signore di Piadena, Calvatone, Spineda,[3] Cittadella, Mandello del Lario, Bellano e Varenna. Valente uomo d'armi, fu al servizio di diverse signorie e uno dei più stretti collaboratori di Ludovico il Moro.[4]

Il soprannome

Fin dalla prima giovinezza venne soprannominato dai soldati Fracasso per la sua prestanza fisica, nonché per la sua furia bellica, e come tale, quasi mai col suo nome proprio, sempre menzionato. Parrebbe che la variante Fracassa - che fu poi la preferita dai moderni - sia presente solo in alcuni storici, fra cui Niccolò Machiavelli, Sigismondo de' Conti e Francesco Guicciardini, quantunque nella maggioranza delle cronache, delle lettere e dei documenti dell'epoca lo si trovi menzionato come "Ill. S. Fracasso".[5] Altra variante fu, in francese, Fercasse.

(latino)
«[...] cingebantque eius latera duo clarissimi filii Antonius Maria et Gaspar, cui militaris favor, qui velut turbo quidam in hostes ruere solitus esset, Fracassae nomen indiderat, eximia pulchritudine corporis, animo ac viribus pares, quibus Robertus felicissimus erat, et dictus est.»
(italiano)
«Cingevano i suoi fianchi i due illustrissimi figliuoli Antonmaria e Gaspare, all'ultimo de' quali, solito a piombare sul nemico come un fulmine, il militare favore diè nome di Fracassa; eguali per la straordinaria bellezza del corpo, per l'ardore e per le forze: Roberto era detto esser di loro beato.»
(latino)
«Gaspar Sancto Severinus, quem de vi et virtute Frachassum nuncupant [...]»
(italiano)
«Gaspare Sanseverino, detto Fracasso per la sua forza e il suo coraggio»
«El signore Ruberto da San Severino avea uno fiolo fra li altri el quale era animoxo e ghaiardo e feroze, e per la quale ferozità li soldati li poxeno nome Frachasso»

Bernardino Corio, parlando di Roberto, ne dice: "Gasparo, cognominato Fracasso, suo figliolo, veramente a questi tempi un nuovo Achille".[7] Marin Sanudo lo definì "quasi un altro Marte e fulgore in battaglia", dicendo che "era da li nemici temuto per il terrore del nome".[8]

Aspetto e personalità

Personalità

Proprio come il padre Roberto, Fracasso fu violento, impulsivo, permaloso, facile all'ira: numerosi sono gli episodi ricordati nelle varie fonti delle volte in cui insultò personalità anche importanti o in seguito ad una lite se ne andò adiratissimo. Aveva il vizio della bestemmia.[9][5] Nondimeno fu assennato e di buon cuore,[10] sebbene Luigi XII lo definisca "un pazzo".[11]

Il cronista Andrea Prato lo dice "tanto più ardito quanto meno era il Principe [Ludovico] animoso".[12]

Pier Desiderio Pasolini identificò in Fracasso e Caterina Sforza i protagonisti di aneddoto riportato da Baldassarre Castiglione nel suo Cortegiano,[13] per cui un condottiero rifiutò l'invito di una "valorosa donna" ad unirsi alle danze e agli altri divertimenti, dicendo che la guerra era il suo unico mestiere e che non ne conosceva altri.[14]

«Il quale [nostro cortegiano] non volemo però che si mostri tanto fiero, che sempre stia in su le brave parole e dica aver tolto la corazza per moglie,[15] e minacci con quelle fiere guardature che spesso avemo vedute fare a Berto;[16] ché a questi tali meritamente si pò dir quello che una valorosa donna in una nobile compagnia piacevolmente disse ad uno, ch’io per ora nominar non voglio; il quale, essendo da lei, per onorarlo, invitato a danzare, e rifiutando esso e questo e lo udir musica e molti altri intertenimenti offertigli, sempre con dir cosí fatte novelluzze non esser suo mestiero, in ultimo, dicendo la donna, «Qual è adunque il mestier vostro?», rispose con un mal viso: «Il combattere»; allora la donna súbito: «Crederei», disse, «che or che non siete alla guerra, né in termine de combattere, fosse bona cosa che vi faceste molto ben untare ed insieme con tutti i vostri arnesi da battaglia riporre in un armario finché bisognasse, per non ruginire più di quello che siate»;»

Veramente Marin Sanudo assicura che, nel 1497, "li erra [a Venezia] Frachasso con la moglie, et le Damisele dila Regina, balò, e benissimo".[17]

Fu campione imbattuto nelle giostre e nei tornei, cui non perdeva mai occasione di partecipare, e riportava quasi sempre il primo premio.[18]

Aspetto fisico

Sigismondo de' Conti e Ercole Cinzio Rinucci concordano nel dirlo di molto bell'aspetto ("bello quanto un dio"),[9] almeno prima del ferimento dell'85.[6]

Un suo ritratto, datato approssimativamente al 1491, si trova in un incunabolo della Divina Commedia curato dal francescano Pietro da Figino e miniato da Antonio Grifo, fra le pagine del XV canto del Paradiso - il cielo di Marte - dove compare sotto la scritta "divo Fraccasso di Marte figlio".[19] L'originale è conservato presso la biblioteca della Casa di Dante in Roma.[20]

Marin Sanudo lo dice di bassa statura, tuttavia l'Armatura della Pace che gli è attribuita - con la quale nel 1498 si presentò alla giostra cui lo aveva sfidato l'imperatore Massimiliano - indica un'altezza di 1,85 m.[21]

Biografia

Primi anni

Fu il figlio secondogenito (sopravvissuto) di Roberto Sanseverino, stimatissimo uomo d'armi, e Giovanna da Correggio, figlia di Giovanni di Gherardo VI.[22] Non se ne conosce né il luogo né la data di nascita, la quale si aggira comunque fra il 1450 e il 1455. La sua attività di uomo d'armi ebbe inizio nel 1475, al fianco dei fratelli Gianfrancesco e Galeazzo, al soldo della Repubblica di Firenze. Il 26 gennaio dello stesso anno sposò Margherita Pio di Savoia, figlia di Gian Ludovico conte di Carpi e nipote di Lorenzo de' Medici.[23]

Nel settembre 1479 - stando a quanto riferisce il cronista ferrarese Caleffini - il padre Roberto, allorché fu richiamato a Milano dalla duchessa Bona con la quale era entrato precedentemente in contrasto, mandò avanti per ostaggio il proprio secondogenito, ossia Fracasso, in modo tale che si mettessero d'accordo.[24]

Nel luglio 1480 partecipò ad una giostra tematica a Ferrara, dove si combatté per decidere se impiccare o meno il dio Amore come "ribaldo": Fracasso, insieme ad altri due cavalieri, diceva di "volere obtenire ch'el sia impicato"[25] e giostrò perciò contro molti "zintilhomini inamorati" che venivano in difesa del dio, ma "non tegnendo revale loro tri, volevano apichare il dio d'amore, essendoli le forche et el dio d'Amore et lo manegoldo in piaza".[26] Alla fine, "per havere facto melgio epso Fracasso, fu data sentenza ch'el dio d'amore meritava essere impiccato"[25], ma il duca Ercole - come di consueto - "per amore de li inamorati" donò al dio "la vita de gratia".[25]

L'anno successivo tornò a giostrare a Ferrara insieme a due suoi fratelli e "per havere facto melgio che li altri"[27] ebbe il primo premio.[28]

Nel 1480 venne inviato dal padre Roberto in aiuto degli zii della moglie Margherita Pio Carpi di Savoia, Giammarsiglio, Tommaso, Gianprincivalle e Bernardino, che intendevano recuperare la signoria di Carpi, ma il tentativo fallì.[29]

Guerra del Sale (1482-1484)

All'inizio del 1482, quando il padre Roberto entrò in contrasto con Ludovico il Moro e lasciò Milano, le loro mogli, ossia Lucrezia Malavolti e Margherita Pio Carpi, furono condotte a Milano come ostaggi.[30]

Quando scoppiò la cosiddetta Guerra del Sale tra Venezia e Ferrara, insieme al padre e ai fratelli, Fracasso ottenne una condotta dalla Repubblica di Venezia per combattere contro gli Estensi di Ferrara e in Lombardia contro il ducato di Milano. Risulta che egli fosse a capo del campo paterno[31] quando nell'agosto-settembre 1482, dopo averla lungamente bombardata, con "molte parole e minaze" persuase il castellano Cristoforo di Montecchio a cedergli la rocca di Rovigo, punto strategico fondamentale del ferrarese.[32]

Verso la fine di luglio risulta che fosse stato ferito,[33] forse da una spingarda,[34] mentre agli inizi di settembre risulta che insieme al padre fosse gravemente ammalato a Padova.[35]

Nel novembre assaltò il Barco di Ferrara con balestrieri e cavalleggeri e si scontrò coi ferraresi sopra un ponte vicino le mura, dove restarono molti feriti ma pochi morti. La vicinanza dei roberteschi alle mura della città mandò subito in allarme i ferraresi.[36]

Nel giugno 1483 due dei suoi fratelli, Gian Francesco e Galeazzo - vedendosi forse trascurati dal padre che riservava ogni onore a Fracasso, pur essendo Gian Francesco il primogenito - decisero di disertare la condotta veneziana e di passare al servizio di Ludovico il Moro.[37] Fracasso insieme al fratello minore Antonio Maria rimase invece col padre fino alla sua morte.

Nel novembre dello stesso anno gli fu teso un tranello a Grinzato o Genzano (che corrisponde verosimilmente a Quinzano), nel veronese: sapendo ch'egli doveva venire a prendere possesso del castello del luogo, Ludovico il Moro mandò alcune squadre di genti d'arme che entrarono nel castello di notte occultamente. Il giorno seguente questi aprirono le porte a Fracasso, mostrando di avere paura, ma, come fu dentro insieme alle proprie squadre, vennero alle mani, in modo che molti uomini di Fracasso furono uccisi e il resto preso prigioniero. Fracasso con pochi riuscì a fuggire alla cattura, sebbene per poco non fu preso.[38]

Caleffini riferisce che nel luglio 1484 era giunta notizia di come Gian Giacomo Trivulzio, "inemicissimo" di Roberto, avesse promesso una sua figlia in moglie a Fracasso, e di come si erano "insieme facti amici et parenti".[39] Ciò tuttavia non sarebbe possibile, poiché a quell'epoca Fracasso era già sposato.

Nel settembre 1484 si trovava presente a Venezia alla pubblicazione della pace.[40]

Nell'aprile del 1485 fu a Ferrara in occasione del Palio di San Giorgio, dove alla celebrazione religiosa era "a brazo" con il giovane marchese di Mantova Francesco Gonzaga. Successivamente scoppiò una lite fra i due, tanto che il cronista Ferrarini riferisce che "irato è partito Fracasso per haver habuto parole inzuriose con lo marchexe di Mantoa deli barbari loro et del palio et de altre cose, in modo che per questo se sono partiti ozi coruzati".[41]

Il cronista Caleffini raccoglie una voce secondo la quale nel settembre 1485 Fracasso sarebbe stato bandito da Venezia per l'omicidio nel padovano di una nobildonna veneziana da lui amata; ossia, essendo andata questa donna con alcune serve ad attingere l'acqua a un pozzo in campagna, egli l'avrebbe seguita e voluta baciare per forza; la fanciulla lo avrebbe a quel punto colpito con un secchio d'acqua, al che Fracasso, per reazione, l'avrebbe uccisa con un'arma che portava al fianco:[42]

«La signoria de Vinesia in questo tempo sbandì de sue terre et logi Fracasso [...] et ciò fu perché, retrovandose uno zentilhomo venetiano in Paduana in uno suo podere cum la fameglia sua [...] et Fracasso ritrovandose lì inamorato in la figliola de quel zentilhomo, videla per la villa andare a uno potio cum fantesche, et volsela lì basare per forza. Unde quella li batete una sechia de aqua adosso, per la quale lui prese l'arma che haveva a lato et quella amazò lì de facto.»

Questo episodio - certo di grande rilevanza - non è però riportato da nessun altro storico o cronista, e qualche anno dopo egli sarebbe comunque tornato a chiedere la condotta di Venezia. È possibile che, a causa della distanza, la voce fosse giunta a Ferrara distorta rispetto alla reale dinamica dell'evento, come non di rado accadeva per eventi distanti nel tempo e nello spazio.

Condotta pontificia

Alla fine del 1485 passò al servizio dello Stato Pontificio con papa Innocenzo VIII. Nel corso della guerra contro gli Orsini, Roberto Sanseverino, per disgiungere le forze di Virginio, con un piccolo numero di fanti e trentadue squadre di cavalli decise, il 24 dicembre, di dare l'attacco al Ponte Nomentano, mandando avanti il figlio:

«[...] e sapendo quanto nelle guerre i primi successi delle cose alzino ed abbassino gli animi umani, chiamò a sé Gaspare suo figliuolo, detto per soprannome il Fracasso, e preposelo a' fanti che lo dovevano assalire, ricordandogli ch'ei gli dimostrasse la madre in generandolo non l'avere ingannato; e che quel dì, quel luogo, quell'assalto gli dovevano recare o una perpetua gloria o un'eterna infamia. [...] Fracasso, essendo giovane che co' fatti corrispondeva al nome, e che alla gloria paterna aspirava con ogni gran pericolo, in un tratto fe' dare il segno dell'assalto; egli per prima di tutti, presasi un'arma alle mani e voltosi a' soldati: "Fratelli", disse, "i figli di Roberto Sanseverino hanno prima apparato a fare e poi a comandare: venitemi dietro e mostrate al vostro capitano che i suoi soldati non cedono di valore a' figliuoli. Non ispendo più tempo in persuadervi, perché se i miei fatti non vi aranno animo, molto meno ve ne darebbono le parole". E, avviatosi incontro al ponte, bravamente lo investì. I soldati, che amano più i capitani che sottentrano ai comuni pericoli, che quei che standone lontani, in guisa di testimoni gli riguardano, con uguale corso ed ardire lo seguirono, appiccando mortal zuffa con quei del ponte»

Mentre dunque, "trasportato da soverchio ardire e caldo di gioventù" combatteva in testa ai propri uomini, venne raggiunto da uno scoppio di archibugio che gli trapassò le guance da lato a lato.[43]

In seguito a questa ferita, come racconta lo storico Camillo Porzio, Fracasso rimase "poco men che morto".[43] Roberto Sanseverino, che fino ad allora era rimasto a guardare la campagna con la cavalleria, "dolente a morte" per aver veduto il figlio prediletto cadere e "desideroso che quel terreno che doveva seppellire il figliuolo anche il padre ricoprisse", si lanciò all'assalto e rinvigorì in tal modo gli animi che in breve prese il ponte. Quindi "l'adirato capitano" passò a fil di spada tutti i terrazzani senza distinzione, "come se, spargendo il sangue di coloro, la ferita del figliuolo guarisse".[43] In verità dalle fonti coeve non risulta di nessuna rappresaglia commessa da Roberto nei confronti della popolazione civile, bensì soltanto contro la guarnigione del fortilizio, in particolare del bombardiere responsabile del ferimento:[44]

«[...] et perché lo bombardieri havea tratto di un archibuscio et dato al signor Fracasso nella bocca et feritolo malamente, li furno tagliate le mano, et gli altri soi compagni, vedendo tagliar la mano al bombardieri, cinque se ne buttorno in fiume; allhora li Roberteschi ne tagliaro a pezzi una brigata, et delli cinque del fiume doi ne annegorno et tre ne furo ammazzati, et tra tutti, nove furno ammazzati, doi annegati et cinque camporno, et l'altri, fino al numero de 20, che stavano nel ponte restorno feriti et spogliati.»
«[...] et approximandose Frachasso, gli fu tracto de uno passavolante, et fuli passate le guanze da uno lato a l'altro, cum levarli alcuni denti di quelli de sotto, et fu tochata la lengua, la qual subito se li inflò per modo che fu portato a Roma quasi per morto. Del che furno tagliati in pezi da XV fanti de quilli erano ala defesa del Ponte per quilli de Frachasso, extimando pure che dovesse morire, et alcuni altri se fugirno getandose al'acqua. [...] Dice per quanto sente da Roma che Frachasso alcuni iudica che morirà, altri de no, ma che restarà storpiato e mutto.»

Fracasso fu trasportato a Roma onde ricevere le dovute cure[45] e in breve tempo si rimise, tuttavia perdette numerosi denti (soltanto quattro a detta di Sigismondo de' Conti[6]) e rimase storpiato nella lingua, tanto da divenire da quel momento in poi balbuziente e da non essere più in grado d'ingerire cibi solidi.[46] Marin Sanudo scrive infatti che "per la qual ferita, Frachasso perse il parlar e malamente se intendeva parlando";[47] Bernardino Corio che "havendogli offeso le canne della gola, et la lingua, di continuo restò scilinguato, né altro che cibi liquidi poteva inghiottire",[48] e Andrea Bernardi che "tamen lui remase astirpiate dela bocha, che ie pareva alquante dente, come ad ogn'ome era manefeste".[49]

«Ma fortuna, che non sempre arride, quasi invidiasse la gloria e il contento di quel giorno, rese come inutile in quella guerra il Fracassa, il quale cadde nel maggiore pericolo. All'indomani, essendosi accampati fuori Porta Nomentana, ed avendo tentato di allontanare dal ponte il presidio dei nemici, il Fracassa armato di targa volle spingersi innanzi agli altri, eccitando i soldati a combattere; ma colpito da una palla si ebbe rotti quattro denti, e la lingua guasta in modo, che articolar non potea una parola, e fu portato via per morto. Per cui i suoi combattenti irati, ferocemente uccisero tutti quelli del presidio (ch'erano venticinque) non ostante che si fossero arresi alla fede di Roberto.»

Queste poche commoventi parole scrisse tempo dopo il padre Roberto a Innocenzo VIII, a seguito del voltafaccia del Pontefice, rammentandogli tutti i sacrifici e le sofferenze patite in suo servizio:[50]

«[...] me condussi al Ponte Lamentano con le bombarde, occupato da li inimici, et quello doppoi battaglia da mano recuperai, ma costò troppo caro a Gaspare, alias Frachasso, mio figliolo, di che ne prexi quel dolore, che non me abandonerà sino a la morte.»

E così all'imperatore:[51]

(latino)
«Ea in pugna Gaspar, filius meus, a destra in sinistram malam, non sine faciei deformitate ac vite periculo, vulneratur.»
(italiano)
«In questa battaglia Gaspare, mio figlio, dalla guancia destra alla sinistra, non senza deformità della faccia e pericolo della vita, è ferito.»

Questo episodio venne additato da taluni suoi contemporanei come una sorta di punizione divina nei confronti di Fracasso, il quale aveva il vizio di bestemmiare fortemente e sarebbe dunque stato punito con la perdita della propria bellezza:

«Fracasso biastemava tutto il cielo:

ben che havesse la lingua mal disposta,
nel biastemar non se incapava un pelo;
cossì con furia a' nimici s'acosta,
urtando e percotendo or questo or quelo:
a chi li denti, a chi el cervello amosta,
assai ne va occidendo e percotendo,
e pur ognora sempre biastemando.

O quanto ha in odio la biastema Idio!
Costui non era anchora castigato,
che per questo peccato tristo e rio
una bombarda un giorno gli ebe dato
nel viso, che era bello quanto un dio,
e l'hebbe tutto quanto transformato,
e lui pur sempre volse biastemare,
forsi che Dio l'ha voluto impagare!»

Già un paio di mesi dopo pare fosse tornato nella sua piena forma, se il Diario romano lo registra come vincitore di un palio che nel marzo fu corso da Campo dei Fiori a Piazza San Pietro.[53]

Nel gennaio del 1487 lo si ritrova a Bologna come partecipante alla giostra in onore delle nozze di Lucrezia d'Este con Annibale Bentivoglio, qui il duca Ercole I d'Este parlando di lui dice che "ha giostrato bene, et portatosse bene, et è gagliardo de la persona come mai", malgrado le sgradevoli conseguenze della ferita.[45] Il palio fu aggiudicato a Francesco Gonzaga, genero del duca Ercole, e anche in questa occasione "fuli [vi furono] molte parole fra lui el signore Frachaso per[chè] dizeva che 'l marchexe non l'avea auto de bon". Ossia Fracasso riteneva che il marchese non si fosse meritato il palio e lo avesse avuto per raccomandazione.[54]

Condotta milanese

Alla morte del padre Roberto, avvenuta nel 1487, gli fu offerto il comando delle truppe paterne. In seguito rimase al servizio della Serenissima finché, riconciliatosi con Ludovico il Moro e coi fratelli, verso il 1489-90 non passò a servire Milano.[55]

Nel febbraio 1490, insieme al fratello Antonio Maria, partecipò a due giostre tenutesi a Mantova per le nozze di Francesco Gonzaga con Isabella d'Este, quindi ad una terza giostra che si tenne qualche giorno dopo a Ferrara. L'anno dopo a Milano partecipò alla memorabile giostra in costume per le nozze di Ludovico il Moro con Beatrice d'Este.

Amico della famiglia Gonzaga, ricevette nel 1492 dal marchese Francesco un palazzo nobiliare (Casa Torelli) nel centro della città, confiscato al condottiero Francesco Secco caduto in disgrazia.[56]

Prima calata dei francesi in Italia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra italiana.

Durate il terribile sacco di Mordano, avvenuto nell'ottobre del 1494, Fracasso si impegnò in prima persona per salvare numerose donne dalla furia dei francesi, i quali violentavano e tagliavano il naso a molte.[10]

Nell'estate del 1495, durante l'assedio di Novara, che era stata occupata dal duca d'Orleans, si vociferò di un suo doppio gioco col re di Francia. I sospetti furono avvalorati dalla mancanza di rispetto che mostrò nel rispondere, durante un consiglio di guerra, al marchese di Mantova, il quale lo aveva accusato di mancata collaborazione.[57] Non è chiaro se ciò corrispondesse al vero, ma è possibile che nel giugno la duchessa Beatrice si fosse recata al campo di Vigevano proprio per verificare le sue intenzioni.

In ogni caso sembra che fosse in migliori rapporti con la duchessa piuttosto che col duca, se a lei si rivolse proprio pochi giorni prima, chiedendole di intercedere in suo favore presso il marito Ludovico, al fine di fargli ottenere un palazzo confiscato al fratello. Giustifica la propria richiesta dicendole: "Non ho altro refugio, né protectione che la Ex[cellentia] V[ostra], né voglio havere recorso ad altri in le cose mie che a quella, peroché so che per humanità sua non mi lassa troppo in desiderio".[58] Il fratello Galeazzo, che si interessò del suo caso, scrisse invece direttamente al duca.[58]

Il 21 agosto ottenne licenza dal fratello Galeazzo, capitano generale, di compiere una scorreria notturna su Vercelli. Tornò il giorno seguente con un ricco bottino di bestiame e prigionieri, nonostante si fosse diffusa nel mentre la voce che fosse andato dal re di Francia.[59]

Passato al soldo di Firenze nel 1497, si ritirò a Spineda mentre Ludovico il Moro provvide a confiscargli tutti i beni. Si riconciliò poco dopo col duca, tanto da essere inviato come ambasciatore presso il marchese di Mantova.

Nel 1498 fu mandato a Forlì in difesa della contessa Caterina Sforza contro i Veneziani. Quest'ultima, in una lettera del 26 settembre allo zio Ludovico, ne lamenta la ruvida compagnia, dicendo che nonostante lo avesse tanto desiderato e accolto come un angelo liberatore, una mattina Fracasso, offeso, se n'era voluto andare:[5]

«La S. V. sa quando la prima volta se ne partì, qualmente me ne dolsi. Mi sono sforzata di onorarlo ed accarezzarlo con fare dal canto mio tutto quello mi è stato possibile, e per reverentia de la E. V. et anco per demonstrare quanto mi fosse grato lo essere suo qua. Non li ho mai potuto fare tanto che li abbia possuto satisfare»

Caduto il discorso su alcune querele fatte dai soldati, la contessa si meravigliò che si facessero simili lamentele che non erano mai state fatte altre volte quando aveva avuto genti milanesi in numero assai maggiore. Fracasso domandò: "quando? quando? al tempo di chi?" e la contessa rispose: "al tempo di Zampiero del Bergamino e del conte Borello". Allora Fracasso:[5]

«comenzò a biastemare la Vergine Maria e maledire S. Piero, come dire che io lo volevo equiparare a dui poltroni ed imbriachi. Li replicai non parlare de la persona sua, ma solum che diceva a quello tempo essere stato più numero de soldati. Se ne partì alterato e scruciato cum demonstrare de volerse andare con Dio»

Ludovico le rispose di essere dispiaciuto, ma che tuttavia "è necessario il tollerarlo", perché, sebbene Fracasso dicesse "qualche male parole, el fa poi megliori facti", così la pregava che fosse "contenta de supportarlo, perché la lo vincerà cum la cortesia".[5] La situazione a Forlì era complicata anche dal fatto che egli entrasse di frequente in contrasto col fratello Gian Francesco, avendo i due opinioni divergenti in merito alle operazioni di guerra.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra italiana.

Tornato al servizio di Ludovico il Moro dopo un breve allontanamento, nel 1500 prese parte all'assedio di Novara e in seguito alla disfatta venne preso prigioniero insieme ai propri fratelli Galeazzo, Antonio Maria, e allo stesso Ludovico. In questa occasione il re Luigi XII disse di lui: "è un pazzo".[11] Fu poi liberato dietro pagamento di un riscatto.[18]

Trascorse gli ultimi anni della sua vita al servizio prima del pontefice e quindi dei veneziani. Nel 1515 ricoprì l'incarico di consigliere del duca di Nemours Giuliano de' Medici e quindi di Lorenzo de' Medici, capitano generale della Chiesa.

Morì a Roma nel 1519.

Discendenza

Da fonti sparse si hanno notizia di alcuni suoi figli e figlie, in numero imprecisato, avuti probabilmente dalla moglie Margherita Pio di Savoia:[60]

  • Gianfrancesco, che fu altrettanto uomo d'armi e capitano al servizio di Venezia.[61]
  • Una figlia per la quale nel 1497 cercava marito.[62]
  • Gabriele, morto nel 1509 annegato nel Brenta.[18]

Fu forse figlio suo anche tal Martino Giovanni, battezzato il 10 novembre 1516 a Carpi, il quale è però registrato come figlio di "Fracaso priore".[63]

Nel 1507 Margherita era ancora viva[64] ma sembra che nel 1513 fosse ormai morta, perché correva voce che Fracasso avesse sposato la sorella del duca di Urbino, ossia Maria Giovanna, vedova di Venanzio da Varano, sebbene non fosse vero.[65]

Giudizi

«Costui fu di molto gran cuore e di animo assai guerriero, e nacque da Roberto Sanseverino, e non fu punto inferiore al Padre. Ma che potea egli fare in tanti assalti di fortuna, se il Cielo e la Terra e l'aria e il mare erano tutti in favore de' Signori Aragonesi?»
«Lo segnore Sfracassa [...] persona experta et sagace nell'arte de gente d'arme»
«Vedrai Frachasso far paterne prove,
armato in sella e cum victorie excelse;
alto ingegno, alto cor, dolceze pronpte,
tra i più nobil spirti lo divelse.»
(francese)
«Fercasse, qui estoit un tres gracieux et beau gendarme»
(italiano)
«Fracasso, che fu un capitano molto gentile e bello»
«Ne l’arme gli è Fracasso ardito e francho,
pien dico di forteza e di cervello.»

Curiosità

  • Francesco Gonzaga, suo irriducibile avversario in guerra come nelle giostre, aveva un cane di nome Fracasso, il quale fu per giunta il suo prediletto;[68]
  • Alla corte di Mantova dello stesso marchese Francesco arrivò, nel 1490, una "giovane e piacente buffona di nome Fracassa".[69]

Note

  1. ^ Carla Glori, LE MINIATURE DEL BIRAGO NEGLI ESEMPLARI DELUXE DI LONDRA,PARIGI, VARSAVIA E NEI NOVE FRAMMENTI DI FIRENZE.
  2. ^ Giuseppe Frasso, Giordana Mariani Canova, Ennio Sandal · 1990, Illustrazione libraria, filologia e esegesi petrarchesca tra Quattrocento e Cinquecento Antonio Grifo e l'incunabolo queriniano G V 15, p. 185.
  3. ^ Cremona rivista mensile illustrata della Città e Provincia, Tip. Cremona Nuova, 1932, p. 88-89. URL consultato il 25 ottobre 2018.
  4. ^ Stefano Meschini, Uno storico umanista alla corte sforzesca: biografia di Bernardino Coiro, Vita e Pensiero, 1995, ISBN 9788834312407. URL consultato il 25 ottobre 2018.
  5. ^ a b c d e Pier Desiderio Pasolini, Caterina Sforza, pp. 57-59.
  6. ^ a b c d Sigismondo dei Conti, Le Storie de suoi tempi, p. 242.
  7. ^ Bernardino Corio, L'Historia di Milano volgarmente scritta dall'eccellentiss. oratore M. Bernardino Corio, 1565, p. 1000.
  8. ^ Marino jun Sanuto, Commentarii della guerra di Ferrara tra 11 Viniziani ed il duca Erdole d'Este nel 1482 pubbl., p. 27.
  9. ^ a b Ercole Cinzio Rinucci. Historia nova de la Rotta e presa del Moro e Aschanio e molti altri baroni. Guerre in ottava rima (II-5.2:32-33)
  10. ^ a b Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. 236.
  11. ^ a b I diarii di Marino Sanuto ...1880, p. 743.
  12. ^ Cronache milanesi, Volume 1, Gio. Pietro Vieusseux, 1842, pp. 256-242.
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Bibliografia

  • Ugo Caleffini, Croniche (1471-1494), in Serie Monumenti, XVIII, Deputazione provinciale ferrarese di storia patria.
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  • Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores.

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