Cippo di Perugia

Stele di pietra etrusca
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Il Cippo di Perugia è una stele in pietra che presenta su due facciate un'iscrizione in lingua etrusca datata al III/II secolo a.C..

Cippo di Perugia (III-II sec. a.C.)

La tavola riporta 46 righe scritte in etrusco, e l'epigrafe è rimasta intatta in entrambi i lati. La parte inferiore, più rozzamente scolpita, indica una probabile collocazione della base incastonata nel terreno. Secondo gli archeologi si tratta di un cippo confinario fra le proprietà di due famiglie etrusche. Il testo riporta di un accordo tra le famiglie dei Velthina e degli Afuna, relativo alle modalità d'uso comune di una proprietà contenente una tomba dei Velthina. Rinvenuto sulla collina di San Marco a Perugia nel 1822, è oggi conservato nel Museo archeologico nazionale dell'Umbria.

Testo

Lato A:
Teurat tan-na larezu-l am-e vaχr.
Lautn Velθina-š, ešt-la Afuna-s, spel eθ car-u tezan,
fušler-i tesn-š tei-š Rašne-š ipa am-a hen.
Naper χi-i Velthinaθur-aš ar-aš,
perašcem-ul mlesc-ul, zuci enesc-i ep-l, tular-u.
Aule-ši, Velθina-š Arnza-l, clen-ši,
θi-i θi-l šcuna cen-u, epl=c feli=c Larθal-š Afuni-š,
clan, θunχul θe fala-š.
Χi=em fušl-e, Velθina hinθa cap-e, muni=cle-t, mas-u,
naper šran=c zl, θi-i falš-ti.
Veltina hut naper penez-š mas-u.
Acnina cl-el Afuna, Velθina mler zin-ia.
In temam-er cn-l Velθina zi-a šaten-e tesn-e,
Eca Velθinaθur-aš tHaura hel-u tesn-e Rašn-e ce-i.
Tesn-š tei-š Rašne-š χimθ, špel θuta šcu-na, Afuna men-a hen.
Naper ci cn-l har-e ut-uš-e.
Lato B:
Velθina šatena zuci enesc-i ipa spelane-θi fulum-χva.
spel-θi, rene-θi.
Esta=c Velθina, acil-un-e, tur-un-e, šcu-n-e.
Ze-a zuci enesc-i aθumi=cš.
Afuna-š penθ-na am-a.
Velθina, Afun[a]θur, un-i ei-n zeri, una cla θi-l θunχulθ-l.
Iχ ca ceχa ziχ-uχ-e.

Fernand Crombette (1880-1970) in “La bolla di Tarkondemos” (http://digilander.libero.it/crombette) legge diversamente il testo e ne da una traduzione con il greco. Il cippo è dedicato ad Athéna, che non è altro che la dea egizia Neith, il cui nome copto era Anaitho.

La prima linea si legge (in caratteri romani raddrizati) IELOIMEPE, che si tradurrà col greco: 
Hie Loim (os) Epi = Invocazione contro i flagelli dell'alto.

(Sembra dunque che non si tratti di un cippo confinario ma di una stele con un'invocazione contro un flagello quale la siccità.)

II. ATENAFYO: Athéna Phyô = Athéna, Far crescere = ad Athéna che fa crescere III. IENEHKÊPI: Ienai Kè[ô] Pi[ô] = Siamo venuti a spandere una bevanda, IV. AMPELANE: Ampelinos = Vino di uva, V. OISYLYSCHÔ: Ois Hylè Kaiô = E consumare dei montoni dei boschi col fuoco. VI. EAMPELOLI: Ea Ampel Ole[ô] = Ahimè! le vigne sono distrutte; VII. FENEOIEMI: Phè Neo[s] Hièmi = Di' che esse vadano di nuovo avanti; VIII. ACCELOINA: Akk[ô] Elô Ina = Scaccia da questo luogo le figure contorte; IX. ACILYNEMO: A Khilè Nemô = Il cibo non è più distribuito; X. AYDYNEME: Ay Dyn[a] [N]emô = Distribuisci di nuovo la forza; XI. YMEFEAEYC: Hyme [n] Pha[g]eô Aiz[èos] = Che le spose, mangiando, siano robuste; XII. IENEHCIAO: È Inis Kyô = e, come loro, i bambini che esse hanno concepito; XIII. YSCHICMABY: Hyg Hik[èai] Mè = I saggi venuti supplicando, sono impotenti; XIV. NAMPENOA: Nam[a] Penia = Si ha un bisogno pressante di ciò che scorre; XV. AASCHAELLO: A Agô Ileoô = Porta grandemente sollievo; XVI. INAABYTIO: Ina Abythos = [Noi siamo] in un abisso senza fondo; XVII. OYDYNIPIN: Oydenes Pin[ô] = Nulla da bere; XVIII. FEDIYNACO: Pheidô Ina[ia] Keô = Per risparmiare le forze, ci si corica; XIX. AOILOYNÔ: Aoi Lyô Nô = Si desidera che non ci sia più l'aurora; XX. YLOLIÔCAA: Hylo Ly[k]os Aû = I lupi dei boschi latrano; XXI e XXII. CEÔAFLÔYÔE: Kêo A Phlyô Yô È = Arresta la siccità, fa' piovere sicuramente.

Ecco la versione di F. Crombette: Invocazione contro i flagelli dell'alto Athéna che fai crescere, noi siamo venuti a spandere una bevanda "tratta" dalla vigna e consumare dei montoni con le corna col fuoco. Ahimè! le vigne sono distrutte; dì che esse partono di nuovo in avanti, per cacciare da questo luogo le figure contorte. Il cibo non è più distribuito; distribuisci di nuovo la forza. Che le spose, mangiando, siano robuste e, come loro, i bambini che hanno concepito. I saggi venuti supplicando, sono impotenti. Si ha un bisogno pressante di ciò che scorre; porta grandemente sollievo. Noi siamo in un abisso senza fondo. Nulla da bere! Per risparmiare le forze, ci si corica; si desidera che non ci sia più aurora. I lupi dei boschi latrano. Arresta la siccità, fa' piovere sicuramente.

Voci correlate

Bibliografia

  • Giuliano Bonfante; Larissa Bonfante, The Etruscan Language: an Introduction, Manchester, University of Manchester Press, ISBN 0-7190-5540-7.
  • Mauro Cristofani, e altri, Gli Etruschi: una nuova immagine, Firenze, Giunti Martello, 1984, ISBN.
  • Mauro Cristofani, The Etruscans: A New Investigation (Echoes of the ancient world), Orbis Pub, 1979, ISBN 0-85613-259-4.
  • Helmut Rix, Etruskische Texte, G. Narr, 1991, ISBN 3-8233-4240-1. 2 vols.
  • Fernand Crombette (1880-1970), “La bolla di Tarkondemos”. CESHE-France, 2007

Collegamenti esterni