Shinmachi

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Shinmachi (新町?) era il principale quartiere autorizzato di piacere e divertimento a Osaka, nel Giappone del periodo Tokugawa.[1]

Porta d'ingresso di Shimabara (Utagawa Hiroshige)

Storia

Nei primi anni del XVII secolo, sotto lo shogunato Tokugawa vennero istituiti nelle principali città del paese quartieri dedicati ai piaceri e divertimenti: a Edo nacque lo Yoshiwara[1], ad Kyoto lo Shimabara[1] ed a Nagasaki il Maruyama.[2] Oltre ai bordelli, il quartiere aveva teatri, case da tè e ageya (case di assegnazione) dove i clienti di alto rango invitavano le cortigiane.[1] Nel quartiere erano inoltre presenti veri e propri sexy shop che vendevano articoli di vario tipo come dildo, vagine artificiali, anelli fallici, unguenti e pozioni afrodisiache.[3] La catena di negozi più importante dell'epoca era Yotsumeya, che aveva negozi, oltre che a Shinmachi, anche nei similari quartieri di Edo e Kyoto.[3]

Nel periodo Edo (1603-1868), i lavori che le donne potevano svolgere per guadagnarsi da vivere erano molto limitati, e mestieri come l'amante o prostituta a Shinmachi erano considerati una valida opzione.[1] Nei grandi stabilimenti era possibile passare da kamuro (assistente) a shinzō (apprendista) e poi a oiran (la cortigiana di rango più alto).[1] All'età di 27 anni, nel tradizionale conteggio degli anni kazoedoshi (nel quale si considera che le persone abbiano un anno alla nascita ed a cui si aggiunge un anno ogni capodanno) le donne raggiungevano la fine del loro servizio e, nel caso delle cortigiane di alto rango, potevano guadagnare la loro libertà come moglie o amante di un ricco samurai o mercante.[1] Le oiran più famose erano vere e proprie celebrità ed i loro ritratti erano molto ricercati dai clienti e collezionisti.[1]

L'emanazione dell'ordinanza che liberava tutte le geisha e le prostitute nel 1872 portò ad una trasformazione culturale nei quartieri a luci rosse.[1] L'abolizione della prostituzione pubblica, il divieto del traffico di esseri umani, la regolamentazione dei contratti di servizio e la cancellazione dei debiti comportarono alla chiusura di molti bordelli.[1] Sebbene si dicesse che le prostitute continuassero a lavorare di propria volontà, l'ingresso in molti dei bordelli più piccoli vide venir meno le rigide usanze del periodo Edo, comportando un decadimento delle condizioni e della sicurezza delle lavoratrici.[1] La fine del quartiere arrivò definitivamente con l'approvazione dell'articolo 3 della legge anti-prostituzione (売春防止法?, Baishun bōshi hō) del 1956.[1]

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l (EN) The Yoshiwara Pleasure Quarters: A Cradle for Japan’s Edo Culture, su Nippon.com. URL consultato il 28 luglio 2023.
  2. ^ Morena, p.66.
  3. ^ a b Morena, p.67.

Bibliografia

  • Luigi Bernabò Brea e Eiko Kondo, Stampe e Pitture - L'ukiyo-e dagli inizi a Shunshō, Genova, Sagep Editrice, 1979.
  • Francesco Morena, Erotismo giapponese, Prato, Giunti Editore, 2009.

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