Conventio ad excludendum
Conventio ad excludendum è una locuzione latina con la quale si intende definire un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione.
L'espressione, molto usata nel linguaggio politico italiano, venne coniata negli anni '70 da Enrico Berlinguer, segretario del P.C.I., per denunciare il persistente rifiuto di molte forze politiche, sostanzialmente il pentapartito DC-PSI-PSDI-PLI-PRI, a considerare il partito comunista quale possibile forza democratica di governo. Queste forze temevano il legame tra il PCI e l'Unione Sovietica e i paesi satelliti, retti tutti da sistemi di dittatura.
Tale periodo di "quarantena" si risolse, secondo alcuni autori, dopo le elezioni politiche del 1975, con il governo di solidarietà nazionale, anche detto "governo della non-sfiducia", guidato da Giulio Andreotti e passato alla storia come "compromesso storico". Tale periodo di "quarantena" si risolse, secondo altri autori, con la dissoluzione del sistema delle dittature comuniste nell'Europa Orientale, che liberò il PCI dal vincolo di sudditanza.
Secondo Giorgio Napolitano, la "conventio ad excludendum" fu in buona parte una "conventio ad auto-excludendum", in quanto sarebbe stato il P.C.I. a non voler scegliere una strada riformista ed a non volersi separare dall'Unione Sovietica.[1]