Stabilimento chimico di Pallanza
Lo stabilimento chimico di Pallanza nacque nel 1928 a Pallanza, oggi parte del comune di Verbania, cambiando per sempre la storia della città. La sua costruzione fu voluta dalla società Rhodiaseta (fondata dalla Montecatini e dalla francese Rhône-Poulenc) per la produzione e la filatura del rayon (acetato di cellulosa). La Rhodiaceta divenne successivamente Rhodiatoce in seguito alla fusione con la Società Elettrochimica del Toce.
La produzione
Il settore delle tecnofibre era in rapida crescita nel periodo compreso tra le due guerre mondiali e lo stabilimento di Pallanza fu uno dei più importanti del paese. Grazie alla relazione che aveva con lo stabilimento di Villadossola, nel secondo dopoguerra, la produzione principale e più famosa divenne quella del nylon 6,6 (con il marchio commerciale Nailon), prodotto nello stabilimento in esclusiva fino alla scadenza dei brevetti Rhône-Poulenc.
Da Rhodiatoce a Montefibre
Per tutti gli anni del boom economico lo stabilimento fece quindi parte della Rhodiatoce (dapprima controllata dalla Montecatini e poi dalla Montedison) quando, nel 1972, venne assorbita dalla Châtillon insieme alla Polymer per formare la nuova società Montefibre, voluta dalla Montedison per riunire tutte le attività del gruppo in tema di tecnofibre. Lo stabilimento mantenne una posizione dominante nella produzione nazionale del nylon 6,6 per fini tessili e plastici.
La crisi: il periodo della Società Italiana Nailon e della Taban
Il settore chimico e tessile artificiale italiano subì una grave battuta d'arresto nel corso degli anni'70 e 80; anche la Montefibre, nonostante appartenesse al colosso Montedison, fu coinvolta in questa crisi, tanto che fu vicina all'amministrazione controllata. Si decise allora di creare una serie di società figlie monoprodotto che coinvolsero anche il polo di Pallanza: la produzione delle poliammidi a fini tessili (nylon 6,6) venne organizzata nella Società Italiana Nailon S.p.A., inquadrata nella stessa Montefibre; la produzione delle poliammidi per plastiche fu invece organizzata nella Taban S.p.A., azienda nata per scorporo del settore Nailonplast della stessa capogruppo.
Nonostante tutto, la Montefibre decise di fermare le produzioni di nylon 6,6 a scopo tessile nell'autunno del 1983, provocando una gravissima situazione per i moltissimi operai che vi lavoravano.
L'arrivo di Acetati S.p.A. e di Italpet Preforme S.p.A.
Dopo una serie di altalenanti trattative con la Montefibre e lo stato, la situazione non migliorò: il settore tessile era fermo, quello plastico era compromesso proprio per la mancanza delle produzioni di nylon 6,6 a scopo tessile. Gli operai erano in cassa integrazione ordinaria, nessuna delle aziende in quelli anni leader nel settore tessile (la stessa Montefibre e SNIA) volevano investire a Pallanza.
L'unico acquirente disponibile fu il gruppo Falco, che decise di mantenere in piedi l'attività delle plastiche poliammidiche; ma dopo non molto anche tale attività andò in crisi. Si arrivò quindi al 1989 quando, in seguito a forti pressioni politiche per evitare che lo stabilimento restasse chiuso troppo a lungo, il gruppo Mossi & Ghisolfi decise di rilevare la proprietà degli stabili e di riconvertire gli impianti di produzione, creando ivi due nuove società: l'Acetati S.p.A. e la Italpet S.p.A.. Lo stabilimento venne quindi riaperto e molti operai vennero riassunti.
Le produzioni attuali di Acetati sono: acetato di cellulosa, anidride acetica e recupero dell'acido acetico. La linea produttiva di Italpet è invece quella del polietilene tereftalato (PET) per la produzione delle bottiglie e dei contenitori alimentari, prodotto per reazione fra l’acido tereftalico (TPA), acido isoftalico (IPA) e glicole etilenico (EG).