Ibn Hazm

Ibn Hazm, alias Abū Muḥammad ʿAlī b. Aḥmad b. Saʿīd ibn Ḥazm, talvolta noto come al-Andalusī al-Ẓāhirī (in arabo أبو محمد علي بن احمد بن سعيد بن حزم?; Cordova, 7 novembre 994Huelva, 15 agosto 1064), è stato un giurista, letterato, psicologo, storico, filosofo, teologo arabo dell'epoca andalusa, pensatore della scuola islamica zahirita. Ha realizzato circa quattrocento opere delle quali solamente quaranta sono sopravvissute.[1]
Ibn Ḥazm è considerato il "padre fondatore degli studi comparativi sulle religioni"[2].

Vita

Ibn Ḥazm nacque da una famiglia altolocata, in cui sia il nonno sia il padre occuparono una posizione di rilievo all'interno della corte del califfo Hisham II.
Il periodo storico vissuto da Ibn Ḥazm fu contrassegnato da continue lotte etniche che portarono alla frammentazione del califfato di Cordova in tanti piccoli regni belligeranti. Proprio durante la sua infanzia, la casa paterna fu distrutta durante uno scontro fra Arabi e Berberi. Essendosi schierato a favore di un partito politico, dovette subire da una parte il carcere e dall'altra la responsabilità di incarichi importanti. Quando, nel 1031, decise di occuparsi di letteratura, la sua vita mutò radicalmente indirizzo.

Pensiero

 
Il collare della colomba

Tra le sue opere più importanti vi sono: Il collare della colomba, una raccolta di brani sull'amore impreziosita da una indagine psicologica dei personaggi, utilizzata per effettuare una indagine sul linguaggio. Lo studioso si dedicò alla scrittura di una grammatica zahirita[3] (che non concedeva cioè spazio a interpretazioni spinte), ma soprattutto di scremare il linguaggio da una serie di ambiguità che avrebbero potuto ostacolare una comprensione corretta del Corano. Il linguaggio è il vero argomento di interesse dello studioso, che viene sfruttato per giustificare svariate opinioni nei campi della critica delle altre religioni, come anche una nuova interpretazione giuridica. Sono bandite l'opinione personale (raʾy) e la credenza sulla base dell'autorità (taqlīd), e in cui il ruolo del ragionamento analogico era fortemente limitato[4]..

Giudizio sulle fondamenta (in arabo aḥkām) fu invece un'opera etico-legale con l'autore impegnato a catalogare le azioni umane, mentre il Fiṣal fu caratterizzata da un attento e esauriente esame delle teorie filosofiche riguardanti culti religiosi[5].

Concezione religiosa

Il rapporto con Cristianesimo e Ebraismo

Ibn Hazm vive a al-Andalus, dove vi erano ampi contatti pacifici tra le diverse religioni del Libro, per questo sviluppa un grande senso critico e una conoscenza approfondita di tutte le fedi. Questa grande conoscenza viene sfruttata dallo studioso per inserirsi nell'ampio filone di polemica, presente nella tradizione islamica, contro ebrei e cristiani[6]. Secondo lo studioso Samuel Behloul che ha dedicato a Ibn Hazm il saggio Ibn Hazm’s refutation of Christianity[7], la critica delle altre religioni è parte del progetto di riaffermazione del valore e dell'unità dell'Islam, nell'ottica di ricomporre le frazioni interne che i musulmani avevano creato a al-Andalus[8].

La critica principale che viene rivolta dagli studiosi musulmani è quella della falsificazione (taḥrīf,in arabo تحريف?) dei testi di Torah e Vangelo rispetto a quello che era stato il messaggio originale di Dio. Appena dopo la venuta di Maometto la maggior parte degli studiosi pensava che il testo fosse stato intenzionalmente falsificato (taḥrīf al-naṣṣ, in arabo تحريف الناس?), mentre successivamente gli studiosi mutano parere verso l'idea che la falsificazione fosse semplicemente una falsa interpretazione del testo (taḥrīf al- maʿnā, in arabo تحريف المنى?)[6].

Ibn Hazm si inserisce nel filone della falsificazione del testo della Bibbia, ma portando alcune considerazioni innovative. Infatti, era l'unico studioso ad avere una conoscenza estesa e approfondita del testo della Bibbia, avendolo studiato dal punto di vista lessicale e linguistico[9]. Secondo Hazm le falsificazioni sono proprio delle modifiche di carattere testuali che fanno differire il testo da quanto trasmesso inizialmente da Dio. Queste considerazioni sono inserite in un testo chiamato "La rivelazione delle modifiche apportate dagli ebrei e dai cristiani alla Torah e ai Vangeli", oggi andato perduto, ma poi inserite in un altro testo "Kitāb al-Faṣl fī l-milal wa-l- ahwāʾ wa-l-niḥal" ("Il libro della valutazione finale delle confessioni religiose, delle comunità religiose e delle sette")[9].

All'interno di questi testi lo studioso delinea varie argomentazione: storiche, logiche e di conoscenza di fatti naturali-scientifici. Come prima prova storica riporta l'argomento storico: i Vangeli sono stati scritti nell'epoca in cui i cristiani erano perseguitati, per questo motivo non sarebbero stati in grado di conservare in maniera precisa il testo del messaggio di Gesù. Un'altra prova storica viene presa direttamente dalle dichiarazioni dei cristiani, che ritengono che i Vangeli siano stati scritti da quattro uomini. Infine, viene presa ad esempio la tardiva conversione di Costantino, che non seguì mai la dottrina ufficiale della Chiesa sulla divinità di Cristo, ma invece la teoria di Ario che sosteneva come Gesù fosse un uomo e un profeta[10]. Soprattutto la lenta conversione di Agostino viene, poi, paragonata a quella fulminea delle tribù arabe, per mostrare, invece, come il testo del Corano sia evidentemente corretto. Conseguentemente viene portata la prova logica. Hazm, infatti, riteneva che l'unico strumento valido per conoscere il mondo fosse proprio la logica, a partire dalle teorie di Aristotele. Basandosi su queste concezioni, il filosofo sostiene che la realtà derivi solo dai sensi e come Dio sia qualcosa di nettamente separato da quanto ha creato. Dopo aver posto le basi del suo ragionamento, sostiene che l'appellativo "vivente" non possa essere riferito a due entità composte da diversa materia. Questa è una rigorosa applicazione della logica aristotelica. Una ulteriore prova logica viene edotta dalla capacità propria di ogni essere umano di distinguere chiaramente e in maniera immediata il vero dal falso. Questi due poli, secondo l'interpretazione di Ibn Hazm dei testi di Aristotele, non può essere distinta da quanto vediamo. Proprio per questo motivo lo studioso considera i Vangeli come testi falsi, che nemmeno resistono alla prova del senso comune, per cui da essi derivano anche false affermazioni su Dio e sul suo rapporto con il Creato. Come ulteriore esempio di questa incoerenza logica viene portata la Trinità, considerata come un qualcosa di unico dai cristiani. Essa viene vista come un'incoerenza logica in quanto uno e tre non corrispondono[11]. A partire dalla puntuale lettura dei Vangeli, Ibn Hazm critica anche la divinizzazione di Gesù considerato un semplice uomo e profeta. Ponendo anche che fosse un Dio, il filosofo accusa conseguentemente i cristiani di politeismo, infatti, viene riportato un passaggio del Vangelo secondo Marco(16:19) "E il Signore, dopo aver detto questo, fu preso salì in cielo e si sedette alla destra di Dio", proprio come prova di questa teoria.

A conseguenza di queste teorie, il cristianesimo viene considerato da Ibn Hazm come una stolta idolatria, proprio perchè in netta contraddizione con il senso comune. Infatti, secondo Ibn Hazm la percezione sensoriale è l'unico mezzo messo a disposizione dell'uomo per distinguere verità falsità. Tramite questo mezzo lo studioso analizza il materiale narrativo dei Vangeli e ne trova le incompatibilità con le leggi di natura e la logica della mente umana. Esse non possono nemmeno essere interpretate tramite metafore e allegorie, rifiutate dalla sua interpretazione. Ibn Hazm ritiene l'Islam come unica religione naturale (in latino religio naturalis), questo le conferisce la possibilità di correggere ogni altra fede o religione[12].

La salvezza e il peccato

Riguardo all'Islam, Ibn Hazm sviluppa una sua concezione della salvezza e del peccato all'interno del testo "Epistola concisa sulle vie della salvezza" (Risālat al-Talkhīṣ fī wujūh al-takhlā in in arabo رسالة التلخيص في وجوه التخلي?). All'interno di questo testo si trattano i seguenti temi divisi in capitoli: la categorizzazione dei peccati come peccati minori o gravi, la definizione e le condizioni del pentimento, il principio dell'equilibrio tra azioni buone e cattive, il principio dell'espiazione sproporzionata delle azioni cattive attraverso le azioni buone e l'intercessione del Profeta[13]. Interessante notare come i peccati principali ricordati da Ibn Hazm siano il politeismo, stregoneria, omicidio, l'usurpazione dell'eredità degli orfani, la fuga dal campo di battaglia e la calunnia rivolta a ignare donne musulmane sposate, la menzogna, lo spergiuro (shahādat al-zūr in in arabo شهادة الزور?), la mancanza di rispetto verso i genitori, mentire sul Profeta e esporre i propri genitori all'insulto insultando i progenitori di altre persone[14]. Questi peccati gravi non sempre sono citati all'interno del Corano, ma la loro individuazione arriva dalla vera fede, ciò sembrerebbe persino andare contro la filosofia zhayrita di cui Ibn Hazm era uno dei maestri. I peccati gravi sono difficilmente perdonabili da Allah, mentre i peccati minori sono sempre perdonati. A questo lungo elenco sono aggiunti circa altri 20 peccati gravi che portano il computo totale a 39 peccati gravi. All'interno di questo elenco non sono inseriti alcuni peccati che comunemente erano inseriti da altri maestri musulmani, come: sodomia (liwāṭ in in arabo اللواط?), il comportamento effeminato degli uomini (taḥannuth), compreso il vestirsi di seta o d'oro, la creazione di immagini e il gioco d'azzardo. Allo stesso modo, non vengono menzionati i peccati tradizionalmente associati alle donne, come l'ostinazione (nushūz). Insomma, come suggerito da Christian Lange nel libro di Adang, le omissioni dello studioso non suggeriscono esattamente un atteggiamento puritano da parte della comunità musulmana di al-Andalus, ma anzi la vita bohémien delle classi alto nobiliari musulmane in epoca medievale[15].

Opere principali

  • al-Kitāb al-muḥallā bi-l-athār libro giuridico e di regole.
  • Risālat al-aḥkām fī uṣūl al-aḥkām.
  • Mukhtaṣar al-muḥallā li-Ibn Ḥazm.
  • Ṭawq al-ḥamāma, in Italia Il collare della colomba, Laterza, 1949, tradotto da Francesco Gabrieli.

Ibn Ḥazm ha anche scritto una decina di trattati di medicina:

  • Al-akhlāq wa al-siyar fī mudawat al-nufūs (Morals and Right Conduct in the Healing of Souls")[16]
  • Marātib al-ʿulūm ("Le categorie della scienza")
  • Al-Majalla
  • Al-fasl fī al-milal wa al-aḥwāʾ wa al-niḥal (Libro della distinzione fra religioni e sette).[17]

Note

  1. ^ "Ibn Hazm." Encyclopædia Britannica. 2006. Encyclopædia Britannica Online. 25 maggio 2017
  2. ^ Joseph A. Kechichian, A mind of his own Gulf News: 21:30 December 20, 2012
  3. ^ La radice araba <ẓ-h-r> implica il concetto di "essere apparente" "essere chiaro", "essere manifesto".
  4. ^ Adang, pp.207-208
  5. ^ www.FILOSOFICO.net
  6. ^ a b Adang, pp.457-458
  7. ^ Adang, pp.457-483
  8. ^ Adang, pp.481-482
  9. ^ a b Adang, pp.460
  10. ^ Adang, pp.461-462
  11. ^ Adang, pp.472-473
  12. ^ Adang, p.476
  13. ^ Adang, p.431
  14. ^ Adang, p.433
  15. ^ Adang, p.476
  16. ^ In Pursuit of Virtue: (al-Akhlâq wa l-Siyar)
  17. ^ Ibn Hazm, su sunnah.org. URL consultato il 23 novembre 2008 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2005).

Bibliografia

  • (EN) Camilla Adang, Muslim writers on Judaism and the Hebrew Bible: from Ibn Rabban to Ibn Hazm, Leiden, E.J.Brill, 1996, ISBN 90-04-10034-2.
  • (EN) Camilla Adang, Maribel Fierro e Sabine Schmidtke (a cura di), Ibn Ḥazm of Cordoba: The Life and Works of a Controversial Thinker, Leiden, E.J.Brill, 2013, ISBN 978-90-04-23424-6.
  • (ES) Miguel Asín Palacios, Abenházam de Córdoba y su Historia crítica de las ideas religiosas, Madrid, Academia de la Historia, 1927-1932.
  • (FR) Abdelilah Ljamai, Ibn Hazm et la polémique islamo-chrétienne dans l´histoire de l'Islam, Leiden, Brill, 2003, ISBN 90-04-12844-1.
  • (EN) Ignaz Goldziher, The Zahiris, Their Doctrine and Their History: a contribution to the history of Islamic theology [Die Zahiriten], Leiden, E.J.Brill, 1971 [1883].
  • (EN) Theodore Pulcini, Exegesis of Polemical Discourse: Ibn Hazm on Jewish and Christian Scriptures, New York, Oxford University Press, 1998, ISBN 978-0788503962.

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