Utente:Facquis/Sandbox/Prova/Biennio nero
Svolgimento della violenza squadrista
Lo squadrismo nel biennio rosso (aprile 1919 - ottobre 1920)
Lo squadrismo urbano
La prima azione squadrista avvenne il 15 aprile 1919 a Milano con l'assalto all'Avanti! dando così inizio al progressivo allontanamento del fascismo e la classe operaia.[1] Il primo nucleo di squadristi fu composto da circa 200 uomini, tutti sindacalisti rivoluzionari e arditi, che sostanzialmente costituirono la guardia personale di Mussolini, il quale tempo dopo ebbe a dire al riguardo:
Durante il "biennio rosso", nelle principali città italiane sorsero gruppi di volontari che si organizzarono in "leghe antibolsceviche", allo scopo di sostituire i dipendenti pubblici durante gli scioperi, assicurando la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico e la pulizia delle strade. Questi volontari, perlopiù di estrazione borghese e mossi da ideali nazionalisti e antisocialisti, furono i precursori dello squadrismo urbano, che fra il 1919 e l'estate del 1920 si realizzò soprattutto in attacchi dimostrativi contro manifestazioni socialiste e sedi del movimento operaio[3]. Ulteriori atti squadristici avvennero poi a Mantova, Brescia e Padova e nel 1920 in tutte le principali città dell'Italia settentrionale cominciarono a essere formate squadre d'azione armate e alle dipendenze del Fascio di combattimento locale.
Le azioni squadriste - di norma caratterizzate da violenze contro persone e cose - avevano lo scopo, secondo ciò che affermavano gli squadristi, di impedire la realizzazione in Italia di una rivoluzione di ispirazione bolscevica e di rispondere alle crescenti rivendicazioni sociali degli operai e dei braccianti: gli squadristi cercarono di giustificare ideologicamente la loro attività presentandola come una risposta alle violente azioni e al clima di agitazione politica socialista e anarchica, nonché come un'affermazione di quei valori nazionalisti che (secondo gli squadristi) erano stati vilipesi dal socialismo; tale giustificazione ideologica valse a nascondere, soprattutto agli occhi degli attivisti più giovani, il reale carattere di classe delle azioni squadriste, ammantandole di illusorie motivazioni morali[4]. La giovane età della gran parte degli squadristi ha fatto interpretare ad alcuni autori la rivoluzione fascista come una rivoluzione generazionale[5].
Nonostante alcuni tentativi da parte di Mussolini di riavvicinare il PSI (principalmente nel 1919[6] e nel 1921[7]) i socialisti non condividevano le idee nazionaliste di fascisti, futuristi, sindacalisti rivoluzionari, interventisti, fiumani, reduci e arditi. Il tentativo di Mussolini di riavvicinarsi ai socialisti lo portò a polemizzare con tutti i movimenti politici degli ex combattenti[8]. Il fallimento del progetto politico sansepolcrista divenne evidente con la disfatta fascista alle elezioni politiche del 16 novembre 1919, nelle quali i Fasci di combattimento mancarono l'obiettivo di concordare una lista unitaria nazionale della sinistra interventista, anche a causa delle forti diffidenze che specialmente i repubblicani e i sindacalisti rivoluzionari nutrivano nei confronti del fascismo e dello stesso Mussolini, accusati, il primo di essere un movimento apparentemente rivoluzionario ma in realtà reazionario e il secondo di eccessiva spregiudicatezza[9]. In queste elezioni i Fasci di combattimento riuscirono a presentare una propria lista solo per la circoscrizione di Milano, ottenendo in tutto 4 657 voti (su circa 270 000 votanti) e nessun eletto[10].
Lo squadrismo nella Venezia Giulia
Nella Venezia Giulia, assegnata all'Italia con il trattato di Saint Germain, e che quindi viveva un periodo di forte esaltazione nazionalistica, l'adesione ai Fasci italiani di combattimento assunse subito caratteri di massa. Ciò fu dovuto principalmente alla vicinanza della Venezia Giulia stessa al confine orientale che, sottoposto a rivendicazioni territoriali e politiche (irredentismo), convogliò sui Fasci di combattimento le simpatie dei nazionalisti. A questi si aggiunsero inoltre numerosi legionari dannunziani reduci dell'Impresa di Fiume, che ne costituirono il nerbo iniziale. La prima squadra d'azione giuliana venne formata a Trieste il 20 maggio 1920 e furono queste squadre delle città provinciali e di campagna quelle grazie alle quali il fascismo irruppe, a partire dalla fine del 1920, in tutta la Valle Padana e oltre.[11]
L'espansione del fascismo (ottobre 1920 - maggio 1921)
Il patto di pacificazione (maggio 1921 - novembre 1921)
Uno di questi disertori, Francesco Misiano, fu eletto in Parlamento, suscitando la violentissima reazione degli squadristi di Roberto Farinacci che, il 13 giugno 1921, lo cacciarono con la forza dall'aula di Montecitorio[12].
L'offensiva nazionale (novembre 1921 - ottobre 1922)
Squadristi
Le squadre d'azione
Le motivazioni degli squadristi
Stato liberale e squadrismo
Squadrismo nel regime fascista
Note
- ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, p. 519.
- ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, Bologna, Società Editrice Il Mulino, 2009, p. 233
- ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 3, 57.
- ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, p. 42: "La virulenza con cui lo squadrismo attaccò le organizzazioni di sinistra e i loro esponenti era sostenuta da motivazioni antiegualitarie e nazionaliste rivendicanti i valori sviliti e negati dal 'sovversivismo'; il velo dell'ideologia nascose a molti giovani il carattere classista di quelle violenze e presentò il fascismo come movimento 'altamente disinteressato e di valore principalmente morale'". Franzinelli cita fra virgolette il saggio di Felicita De Negri, Agitazioni e movimenti studenteschi nel primo dopoguerra in Italia, in "Studi storici", A. XVI, n. 3, 1975, p. 741.
- ^ Marcello Veneziani, Rovesciare il 68: pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa, Mondadori, 2008, p. 21; Curzio Malaparte, La rivolta dei santi maledetti (1923) e L'Europa vivente (1961); Patrizia Dogliani, Storia dei giovani, Pearson Italia S.p.a., 2003, pp. 104 e ss., dove però si parla anche di "controrivoluzione generazionale"; Il Secolo dei giovani: le nuove generazioni e la storia del Novecento, a cura di Paolo Sorcinelli e Angelo Varni, Donzelli, 2004 pp. 142 e ss. dove però è evidenziata anche la prudenza di Mussolini verso l'identificazione integrale del Fascismo a una "rivoluzione generazionale", rivendicata bensì da altri autori fascisti (cfr. Bottai, citato a p. 144); l'interpretazione è anche diffusa all'estero: cfr. Juan J. Linz, Some Notes Toward a Comparative Study of Fascism in Sociological Historical Perspective in Fascism, a reader's guide, Penguin, 1979; Bruno Wanrooij The Rise and Fall of Italian Fascism as a Generational Revolt, in Journal of Contemporary History luglio 1987 vol. 22 no. 3.
- ^ F. J. Demers, Le origini del fascismo a Cremona, Roma-Bari, Laterza, 1979.
- ^ Renzo de Felice Mussolini il fascista, I, Torino, Einaudi, 1966.
- ^ Pietro Nenni, Storia di quattro anni (1919-1922), Roma, Einaudi, 1946: "Fu questa svalutazione del fenomeno combattentistico il primo errore e forse il più fatale".
- ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, p. 534.
- ^ Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino, Einaudi, 1965, pp. 570-572.
- ^ Almerigo Apollonio, Dagli Asburgo a Mussolini, Goriziana, 2001.
- ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano 2003, p. 338.
Bibliografia
- Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, collana Universale economica, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2019 [2003], ISBN 978-88-07-89287-5.