Rivoluzione russa
La Rivoluzione russa è stata un evento sociopolitico che ha influenzato la storia mondiale di tutto il XX secolo.

L'Unione Sovietica, nata dalla Rivoluzione, fu il primo tentativo, su scala nazionale, di applicazione pratica delle teorie sociali ed economiche di Karl Marx e Friedrich Engels.
All'inizio del 1917 la Russia, dopo tre anni di guerra, era stremata. Le perdite ammontavano a più di sei milioni tra morti, feriti e prigionieri e tranne alcune vittorie sul fronte austriaco, vittorie ormai vanificate dagli eventi, la Russia aveva subito una grave serie di sconfitte che avevano comportato la perdita della Polonia russa, portando così il fronte all'interno dei suoi stessi confini.
Nelle città mancavano viveri e combustibile, anche a causa dello stato disastroso in cui versava il sistema ferroviario, e nelle campagne l'inquietudine dei contadini aumentava a causa del sempre maggior numero di reclutati per la guerra.
Il regime zarista, chiuso a riccio nella difesa del principio dell'autocrazia, aveva ormai perso del tutto il contatto con la realtà della Russia, al punto che anche molti degli elementi più conservatori delle classi tradizionalmente alleate del regime stavano prendendo coscienza che solo un'uscita di scena di Nicola II, e forse dello stesso zarismo, avrebbero loro permesso di mantenere il controllo dello stato.
Contesto storico
La Russia tra i due secoli
Governato da un sistema autocratico e assolutistico imperniato sulla figura dello zar, l'Impero russo negli ultimi anni dell'ottocento era attraversato da profonde contraddizioni sociali. La gran parte della popolazione (85%) era composta da contadini appartenenti a vari gruppi etnici, liberati solo nel 1861 dalla servitù della gleba, ma sottoposti dopo il 1881 (anno dell'ascesa al trono di Alessandro III) a un programma di russificazione forzata (nel 1897 la popolazione russa dell'impero assommava a meno della metà del totale). Se l'industrializzazione anche in questa parte del mondo iniziava il suo cammino, procedeva tuttavia con modalità che i paesi europei avevano sperimentato già all'inizio dell'Ottocento e ormai superato. La Russia paese di enorme estensione che fungeva da cerniera tra Europa e Asia, era dunque lo stato europeo più arretrato. Al contempo la Russia era anche il paese asiatico più avanzato, dove esistevano grossi agglomerati urbano-industriali, in cui l'Europa investiva ingenti capitali (nel 1914 pari a quelli diretti verso gli Stati Uniti, dove la modernizzazione procedeva a grandi passi, tra il 1888 e il 1913 la rete ferroviaria raddoppiò e quella telegrafica quadruplicò), le esportazioni di cereali e manufatti continuavano a crescere, gli apparati amministrativi si ampliavano adeguandosi, sul modello di quelli occidentali, ai mutamenti di una società in rapida trasformazione.
In quel periodo maturò presso larghi settori della borghesia e degli intellettuali un fenomeno di politicizzazione in relazione alla scoperta delle classi popolari e delle loro durissime condizioni di vita. Da tale orientamento si originò, negli anni settanta dell'Ottocento, il movimento populista, composto da molte correnti di pensiero, alcune orientate verso la prospettiva di un rovesciamento, anche violento, dello zarismo e dell'aristocrazia. Uno di questi gruppi (Volontà del popolo) organizzò l'assassinio di Alessandro II (1 marzo 1881), che pure a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento aveva introdotto alcune caute riforme. I suoi successori (Alessandro III e Nicola II) tentarono di ristabilire il potere autocratico e sostennero una politica di controriforme e repressione politica, denunciata con forza tra gli altri dallo scrittore Lev Tolstoj nel 1902, in una lettera inviata allo stesso Zar.
I populisti riponevano grande fiducia nelle potenzialità del popolo russo, e in particolare del ceto rurale: essi prospettavano una rivoluzione contadina e guardavano quindi alla comunità di villaggio (mir) come a un'organizzazione sociale ideale, nella speranza di evitare al loro paese i mali del capitalismo che dilaniavano l'occidente. Il partito socialrivoluzionario russo, sorto nel 1901, si sarebbe ispirato a tale orientamento. Alcuni populisti in esilio (Georghij Plechanov, Pavel Aksel'rod, Vera Zasulic) si avvicinarono invece al marxismo, dando vita nel 1883 a Losanna alla prima organizzazione marxista russa, chiamata Emancipazione del lavoro. Negli anni successivi nacquero numerosi circoli marxisti: nel 1895 a San Pietroburgo fu fondata l' Unione di lotta per la liberazione della classe lavoratrice e nel 1898 a Minsk il Partito socialdemocratico del lavoro.
Gli aderenti a questo partito, contrariamente ai populisti, auspicavano una rivoluzione mondiale, così come era stato teorizzato da Marx, sulla base della contrapposizione, tipica del sistema capitalistico, tra borghesia e classe operaia. Diffidenti verso i contadini, i socialdemocratici erano quindi favorevoli a uno sviluppo industriale del paese tale da favorire la formazione di un vasto proletariato e dunque da alimentare la prospettiva di allargamento della lotta di classe, dal quale sarebbe sorto il movimento rivoluzionario.
La rivoluzione del 1905
All'inizio del secolo le condizioni di vita nelle campagne erano notevolmente peggiorate. A ripetute sommosse contadine erano seguite manifestazioni di protesta di ferrovieri e operai. Aveva inoltre ripreso vigore il terrorismo rivoluzionario: nel 1901 era stato assassinato il ministro dell'istruzione, nel 1902 quello degli interni e nel 1904 il successore di quest'ultimo. In quello stesso anno scoppiava la guerra con il Giappone, che mostrava un'aggressiva forza di penetrazione nell'Estremo Oriente. La Russia zarista viveva insomma un momento particolarmente difficile, e il tradizionale sistema di potere autocratico rivelava tutta la sua debolezza.
Le trasformazioni polito-sociali in corso nel paese non risolsero le tensioni sociali, e manifestazioni operaie e popolari sempre più frequenti indebolivano il regime. In una di queste, seguita a uno sciopero generale cui avevano aderito 250.000 lavoratori, che ebbe luogo la Domenica del 9 gennaio 1905 decine di migliaia di persone scesero pacificamente davanti al Palazzo d'Inverno, inneggiando lo Zar. Essi erano convinti che lo Zar, qualora fosse stato a conoscenza delle loro difficili condizioni di vita, avrebbe tentato di migliorarle. Per questo i manifestanti portavano una petizione con oltre 130.000 firme, in cui si chiedeva l'attuazione di riforme economiche e politiche: la riduzione dell'orario di lavoro a otto ore, il salario minimo giornaliero, la convocazione di un'assemblea costituente. Per tutta risposta, i fucili delle truppe imperiali, fecero fuoco sulla folla, lasciando sul terreno oltre duemila feriti e centinaia di morti. Così scomparve definitivamente anche la fiducia che il popolo russo aveva da sempre riposto nello Zar.
Lo sdegno suscitato da questo episodio moltiplicò nel paese le manifestazioni di protesta. I socialdemocratici, pur divisi in due fazioni (bolscevichi e menscevichi), già dal loro secondo congresso (1903) tentarono di porsi a capo del moto popolare. Consigli (soviet) di operai si formarono a Mosca, San Pietroburgo e in altre città, mentre nelle campagne dilagarono le rivolte contro i proprietari terrieri. Era generale la richiesta di una maggiore rappresentatività del Governo, che rifletteva la nuovo spinta alla mobilitazione del popolo. Stavano nascendo infatti nuovi partiti.
La rivoluzione di febbraio
Il rientro di Lenin e le tesi d'aprile
I Bolscevichi e la rivoluzione di febbraio
I Bolscevichi non avevano avuto un ruolo da protagonisti nella rivoluzione di febbraio; infatti, il partito, praticamente clandestino, benché avesse cinque rappresentanti alla Duma, era privo dei suoi dirigenti migliori, tutti in volontario esilio all'estero o deportati in Siberia. Anche nei soviet che si vanno ricostituendo in tutta la Russia,dopo l'esperienza del 1905, la maggioranza è quasi sempre costituita da Menscevichi e Socialisti Rivoluzionari.
Il vagone piombato
Non appena appreso dei fatti di febbraio Lenin, capo del partito, che da alcuni anni si trovava in Svizzera, decide di tornare in Russia. Sia la Francia che la Gran Bretagna si rifiutano di concedergli il visto di transito per raggiungere la Svezia e di lì, attraverso la Finlandia, la Russia. Le potenze dell'Intesa sanno che uno degli obiettivi dei bolscevichi è l'immediata apertura di trattative con la Germania per giungere ad una pace mentre è loro interesse che la Russia continui a trattenere sul fronte orientale parte dell'esercito tedesco.
Per gli stessi motivi la Germania concede invece il permesso di transito. Lenin è perfettamente conscio che il tornare in patria attraverso la Germania lo esporrà all'accusa di essere un agente del nemico ma, insieme a trenta altri esuli russi, decide comunque di tornare con il famoso vagone piombato, ossia su una carrozza ferroviaria che ha porte e finestrini sigillati in modo da evitare qualsiasi contatto con l'esterno.
Il 3 aprile Lenin arriva alla stazione di Finlandia di Pietrogrado, ad attenderlo vi è una folla enorme a riprova della rilevanza che le tesi dei bolscevichi cominciano ad avere all'interno del movimento rivoluzionario.
Le tesi di aprile
Il giorno seguente, 4 aprile 1917, alla conferenza del partito bolscevico Lenin espone quelle che diventeranno le linee guida del partito per i mesi futuri conosciute come le "Tesi di Aprile". Il proletariato deve porre fine al dualismo dei poteri, abbattendo il governo provvisorio, di ispirazione borghese, trasferendo tutto il potere ai soviet. I contadini devono occupare le terre dei grandi latifondisti. La guerra deve essere immediatamente fermata per giungere ad una pace senza profitti per alcuna delle parti. Nelle stesse tesi Lenin propone anche al partito di cambiare nome, ufficialmente questo è ancora "frazione bolscevica (maggioranza) del Partito Socialdemocratico Russo", la proposta è di chiamarlo Partito Comunista Russo in modo da differenziarsi del tutto dalla Seconda Internazionale.
La situazione politica
Nel frattempo la politica ha registrato un violento scontro tra il governo provvisorio ed il soviet di Pietrogrado; in una nota il ministro degli Esteri Miljukov ha garantito alle altre potenze dell'Intesa che gli obiettivi bellici della Russia sono rimasti immutati, questa riconferma della politica imperialista del passato regime ha causato una levata di scudi da parte della sinistra costringendo il governo prima ad una smentita e poi ad un profondo rimpasto per cui altri dirigenti menscevichi e della Sinistra Rivoluzionaria, oltre Kerensky, che diviene ministro della guerra, entrano nel gabinetto pur restando sempre in minoranza di sei contro nove nei confronti dei rappresentanti della borghesia.
Le giornate di luglio
Con il passare dei mesi le contraddizioni insite nella complessa situazione della Russia dopo il febbraio 1917 si fanno sempre più evidenti. Un moto spontaneo di operai che chiedono condizioni di vita migliori, di soldati che chiedono la fine della guerra e di contadini che rivendicano il possesso della terra, ha portato al potere uomini che intendono continuare la guerra tenendo fede agli accordi con le potenze dell'intesa e che non hanno alcuna intenzione di cedere le proprietà personali.
Anche i membri del governo appartenenti alla sinistra, primo fra tutti Kerensky, sono coinvolti nella politica della borghesia.
Il fronte
Il 18 giugno, mentre a Pietrogrado si svolge una grande manifestazione che, negli intenti degli organizzatori, ma non di molti partecipanti, deve essere filogovernativa, ha inizio un'offensiva militare sul fronte russo-tedesco, offensiva che deve principalmente servire per dimostrare alle potenze dell'Intesa la volontà russa di continuare la guerra.
Malgrado i discorsi di Kerensky, che ha percorso tutto il fronte per rilanciare nelle truppe lo spirito di patria, l'offensiva dopo modesti successi iniziali, grazie anche alle lotte intense portate avanti dai bolscevichi, si trasforma in una nuova rotta.
Le città
La situazione nelle città peggiora di giorno in giorno, i rifornimenti di viveri sono sempre più aleatori ed i prezzi di quei pochi disponibili crescono a vista d'occhio provocando una pesante inflazione della moneta.
Nelle campagne le occupazioni di terre aumentano, nel mese di giugno si registrano ottocentosettantacinque espropri illegali.
A tutto ciò va aggiunto che tra i lavoratori si fa sempre più strada la consapevolezza che, malgrado l'economia sia allo sfascio, i profitti delle imprese impegnate nella produzione bellica crescono in modo vertiginoso.
Tutti questi fattori concorrono nel portare sempre più lavoratori e soldati a prestare orecchio alla propaganda dei bolscevichi che affermano, senza mezzi termini, la necessità di abbattere il governo e di trasferire tutto il potere ai soviet, ossia ai consigli dei delegati degli operai dei soldati e dei contadini.
Il governo, nel tentativo di aumentare il suo controllo sulla capitale, decide, nel frattempo, di trasferire al fronte, poco alla volta, per non destare sospetti, le unità della guarnigione che hanno partecipato alla rivoluzione di febbraio per sostituirle con truppe maggiormente fedeli.
La fallita rivoluzione di luglio
I soldati di stanza a Pietrogrado si rendono conto di questo tentativo ed insorgono contro il governo; il 3 luglio, dopo aver ottenuto l'appoggio degli operai dei grandi complessi industriali della città, si recano, nell'ambito di una manifestazione di protesta, alla sede del partito bolscevico chiedendo l'abbattimento del governo provvisorio.
I bolscevichi, pur ritenendo prematura l'azione, non osano opporsi al volere delle masse e danno inizio ad un tentativo rivoluzionario, che viene però rapidamente represso.
In seguito a questi fatti il partito bolscevico viene messo praticamente fuori legge ed i suoi dirigenti arrestati o costretti alla fuga. Lenin ripara in Finlandia, ad Helsinki, accusato dal governo Kerensky di aver preso soldi dall'imperatore tedesco per finanziare un colpo di stato bolscevico in Russia, e di conseguenza, il ritiro delle truppe russe dalla guerra.
Il tentativo di Kornilov
Il fallimento del tentativo rivoluzionario di luglio, fallimento dovuto in primo luogo al rifiuto del Soviet di Pietrogrado di scavalcare il governo provvisorio accentrando su di sé tutto il potere convinse quest'ultimo, e le forze che lo sorreggevano, che ormai il momento rivoluzionario era concluso.
Il governo Kerenskij
Il principe L'vov, presidente del Consiglio, chiese al governo una più incisiva azione contro i contadini che occupavano illegalmente le terre dei latifondisti e pretese le immediate dimissioni di Cĕrnov, socialrivoluzionario e ministro dell'agricoltura, affermando che invece di reprimerle incoraggiava tali azioni. La resistenza degli altri ministri appartenenti alla sinistra a forzare Cĕrnov alle dimissioni porta il governo allo scioglimento. Presentandosi come l'unico in grado di salvare il paese Kerensky ebbe buon gioco a farsi attribuire l'incarico di primo Ministro con ampi poteri su varie giurisdizioni. La repressione delle azioni contadine, la soppressione della propaganda bolscevica e le misure per riportare all'obbedienza le truppe, tra cui la reintroduzione della pena di morte, ma soprattutto la volontà di continuare la guerra contro i tedeschi a fianco delle potenze dell'Intesa fecero rapidamente perdere a Kerensky il credito che fino a quel momento aveva avuto presso le masse. Nello stesso tempo le forze più reazionarie e conservatrici incominciarono a pensare che fosse giunto il momento per una più incisiva manovra di normalizzazione. Nei circoli politici di destra sempre più frequentemente si faceva il nome del generale Kornilov, che Kerensky aveva nominato, su pressioni delle altre potenze dell'Intesa, comandante in capo dell'esercito, come dittatore militare.
Il Consiglio di Stato
Il 12 agosto, nel Teatro Grande di Mosca, si riunì, per volere del governo, un'assemblea di circa 2000 persone, scelte dal governo stesso, a cui venne attribuita il nome di “Consiglio di Stato”. Erano presenti tutti i partiti tranne quello bolscevico e più della metà dei presenti erano grossi proprietari terrieri, industriali, commercianti e banchieri. Fu una passerella di discorsi senza dibattito o votazioni. L'intervento di Kornilov fu uno dei momenti culminanti. Egli chiese apertamente poteri dittatoriali allo scopo di salvare la Russia dai bolscevichi rinfacciando al governo di non rifornire a sufficienza l'esercito e di non essere capace di riportare la calma nel paese.
Malgrado tutta la stampa di matrice borghese avesse, dopo i fatti di luglio, descritto i bolscevichi come “agenti tedeschi” ormai privi di qualunque influenza, questi, che nel frattempo avevano tenuto, segretamente, il loro sesto congresso a Pietrogrado, riuscirono ad indire a Mosca, come risposta alle parole di Kornilov al Consiglio di Stato, uno sciopero che portò in piazza quattrocentomila persone.
Il tentativo di Kornilov
Il 19 agosto Kornilov abbandona, praticamente senza combattere, Riga all'esercito tedesco, mettendo così in pericolo la stessa capitale Pietrogrado, e comincia a raccogliere, alle spalle del fronte truppe ritenute fedeli con lo scopo di farle marciare sulla capitale.
Kerensky a questo punto, resosi conto delle intenzioni del generale lo destituisce atteggiandosi a salvatore della rivoluzione, ma è un bluff che dura poco, Kornilov non accetta gli ordini di Kerensky ed ordina al generale Krymov di far marciare un corpo di cavalleria cosacca su Pietrogrado. La città è nel caos più assoluto, il governo provvisorio non ha truppe con cui difendersi, sono i bolscevichi ad organizzare la difesa, in breve tempo viene creato un “Consiglio di guerra per la difesa di Pietrogrado” che organizza venticinquemila operai nella Guardia Rossa. I lavoratori delle officine Putilov prolungano volontariamente l'orario a sedici ore ed in due giorni costruiscono duecento cannoni; le unità dell'esercito coinvolte nelle giornate di luglio, che erano state disarmate, tornano ad essere operative ed a loro si uniscono alcune migliaia di marinai provenienti dalla base navale di Kronstadt. Tutta la rete ferroviaria viene sabotata e resa inutilizzabile dagli stessi ferrovieri. Mentre le unità al comando di Krymov sono nel caos più completo emissari del “Consiglio di guerra” prendono contatto con alcune di esse riuscendo a staccarle dall'azione. È la fine del tentativo contro rivoluzionario. Kornilov, Krymov, Denikin ed altri ufficiali verranno arrestati (ma non processati, per non far venire alla luce i collegamenti con il governo provvisorio e verranno tutti rilasciati prima di ottobre).
Kerensky riesce a mantenersi al governo ma senza più alcuna credibilità verso le classi popolari mentre il partito Bolscevico si afferma come forza trainante.
La rivoluzione d'ottobre
Il consolidamento della rivoluzione
Mentre la rivoluzione si diffonde il nuovo governo sovietico (inteso come espressione del Congresso dei Soviet e non come governo dell'Unione Sovietica che ancora non esiste) muove i suoi primi passi ed emette i suoi primi atti formali.
Primi atti del governo dei Soviet
Come già annunciato da Lenin il 26 ottobre (calendario giuliano) il decreto sulla terra prevede l'immediata distribuzione, senza indennizzo, delle terre dei pomeščiki (i proprietari terrieri) ai contadini privi di terra. Con il decreto sulla pace si propone a tutti i belligeranti l'apertura immediata di trattative per una pace "giusta e democratica" accompagnate da un immediato armistizio di almeno tre mesi. Al vecchio sistema giudiziario si sostituiscono i tribunali del popolo inizialmente di tipo elettivo; la polizia viene sostituita da una milizia composta prevalentemente di operai; viene realizzata la completa separazione tra stato e chiesa; viene introdotto il matrimonio civile, con uguali diritti per entrambi i coniugi, e viene introdotto il divorzio; la donna ottiene la totale parità di diritti rispetto all'uomo; viene introdotta la giornata lavorativa di otto ore. Riguardo all'esercito vengono tolte la differenze di trattamento fra soldati e ufficiali. Sul fronte dell'economia vengono nazionalizzate tutte le banche private; il commercio estero diviene monopolio dello stato; flotta mercantile e ferrovie diventano statali, mentre le fabbriche vengono affidate direttamente agli operai. Il nuovo governo denuncia anche tutti gli accordi internazionali compresi quelli segreti e sospende il rimborso dei prestiti ottenuti all'estero dal regime zarista.
Rivoluzione e controrivoluzione
Le forze contrarie all'azione bolscevica cercano nel frattempo di riorganizzarsi. Kerensky, dopo la precipitosa fuga da Pietrogrado si reca presso la Stavka ossia il quartier generale dell'esercito a Mogilev, dove si sono rifugiati anche alcuni altri membri del disciolto governo provvisorio. Mentre si forma, anche se con vita effimera, un nuovo governo provvisorio con a capo il socialista-rivoluzuionario Černov, Kerensky, che da settembre ha anche assunto il grado di generalissimo ritira dal fronte circa 20000 cosacchi che affida al generale Krasnov con l'ordine di marciare su Pietrogrado. Una parte di queste truppe si sbanda durante l'avvicinamento alla capitale anche in seguito all'intervento di emissari bolscevichi che convincono i soldati ad unirsi alla rivoluzione, il resto viene battuta a Pulkovo e Gatčina dalla Guardia Rossa, la milizia operaria organizzata da Trotsky (presidente del soviet di Pietrogrado e ministro degli esteri).
I bolscevichi, oltre a difendere militarmente la loro rivoluzione, si trovano anche a confrontarsi con il sistematico sabotaggio operato da tutto l'apparato burocratico. Sono neccessarie settimane, quando non mesi, perché i Commissari del Popolo possano prendere possesso degli uffici dei Ministeri o delle banche.
L'Assemblea Costituente
A partire dal 12 novembre, mentre nel paese è in pieno svolgimento, con risultati contrastanti, l'insurrezione bolscevica, si svolgono le elezioni, più volte rimandate, per l'Assemblea Costituente in base a liste ed a una legge elettorale definite dal precedente governo.
I risultati sono i seguenti: la partecipazione al voto risulta inferiore al 50% degli aventi diritto, i bolscevichi ottengono il 25% dei voti, il Partito Cadetto il 13%, i rivoluzionari socialisti il 58% ed i menscevichi il 4%.
Nelle città ed al fronte i bolscevichi salgono oltre il 40%, e talvolta come a Pietrogrado superano il 60%. Quello che il voto rileva è l'intima debolezza della borghesia, rappresentata dal partito cadetto, ed il forte peso che i socialisti-rivoluzionari hanno nelle campagne.
Nelle campagne i socialisti-rivoluzionari controllano anche i soviet contadini che si vanno formando. Molto spesso si tratta della componente di sinistra degli s-r che si schiera con i bolscevichi, scelta che porta all'unione del Comitato esecutivo dei Soviet contadini, eletto a fine novembre a fondersi con quello eletto nel II congresso dei Soviet degli operai e dei soldati in quello che viene conosciuto come congresso panrusso (VCIK).
Il 5 gennaio, dopo molti tentennamenti, qualcuno propone persino di effettuare la riunione nelle zone cosacche sotto il controllo del generale Kaledin, si tiene a Pietrogrado la prima seduta dell'Assemblea Costituente. In questa sede i bolscevichi chiedono all'assemblea di ratificare tutti gli atti e i decreti emessi dai Commissari del Popolo e di fronte al rifiuto abbandonano la riunione insieme agli s-r di sinistra. L'assemblea, sotto la presidenza di Cernov, approva poi una legge che prevede il passaggio della terra ai contadini ed un'altra per la pace immediata. Il giorno seguente il presidente del VCIK, Yakov Mikhaylovich Sverdlov, scioglie l'Assemblea.
Il problema delle nazionalità
La rivoluzione di febbraio e gli avvenimenti dei mesi che seguono rinvigoriscono tutta una serie di fermenti nazionalistici da sempre presenti nella complessa struttura politico-sociale della Russia.
Già a luglio 1917 Kerensky concede un'ampia autonomia all'Ukraina.
A novembre il governo dei Soviet riconosce l'indipendenza della Finlandia e pubblica una risoluzione che sancisce i diritti delle minoranze nazionali: uguali diritti per tutti i popoli, diritto di autodecisione, compreso il diritto di staccarsi dalla Russia per fondare stati indipendenti, diritto al libero sviluppo di tutte le minoranze nazionali e gruppi etnici.
Da questa dichiarazione nascerà prima la Federazione Russa e poi l'Unione Sovietica.
La pace di Brest Litovsk
L'inizio della guerra civile
Il periodo immediatamente successivo alla firma del trattato di pace con gli Imperi Centrali sembra voler concedere al giovane potere dei soviet il tempo di consolidarsi al punto che il 23 aprile 1918 Lenin può dichiarare "la guerra civile è, per l'essenziale, finita". In questo caso la previsione del principale dirigente bolscevico risulta errata: due mesi dopo la guerra infuria su decine di fronti ed il nuovo potere giunge, più volte, alla soglia della distruzione. Tra le molte cause che si possono riconoscere per tali avvenimenti due sono quelle forse di maggior peso, una di ordine esterno ed una di ordine interno. Nel giugno 1918 la Legione Ceco-Slovacca, in fase di trasferimento verso Vladivostok, dove avrebbe dovuto imbarcarsi per essere trasferita sul fronte occidentale, spinta da agenti delle Potenze Occidentali, che cercavano un pretesto per intervenire in Russia, e in parte anche dagli ordini diretti che provenivano da Parigi, dove si trovava un governo cecoslovacco in esilio, dà inizio a una rivolta che coinvolge tutta la Russia Asiatica e fa da attrattore per numerosi altri gruppi di oppositori al nuovo regime.
Nel suo rapido avanzare verso le regioni interne della Russia, spinge il commissario bolscevico Jakov Jurovskij, detentore del deposto zar Nicola II, a fucilare, il 17 luglio, quest'ultimo e tutta la sua famiglia. Sul fronte interno la politica del nuovo governo deve registrare una gravissima crisi tra le due forze trainanti della rivoluzione di ottobre: gli operai ed i contadini. Lo scontro avviene sul grave problema dei rifornimenti di grano alle città. La speranza dei bolscevichi che la distribuzione della terra ai contadini fosse una misura sufficiente per risolvere i problemi alimentari della Russia si rivela illusoria. Molti contadini, non più costretti a lavorare per produrre un surplus producono solamente per il loro fabbisogno; in primavera il governo è costretto a dare inizio alle requisizioni di grano allo scopo di rifornire le città le cui scorte sono ormai esaurite. Anche se le requisizioni, almeno all'inizio, colpiscono principalmente i contadini più agiati i cosiddetti kulak sono spesso alla base di vere e proprie rivolte, talvolta dirette dai rivoluzionari socialisti.
Approfondimenti sociali
Gli eventi della Rivoluzione Russa sono collocati nella particolare struttura sociale ed economica della Russia. Gli aspetti sociali sono descritti in dettaglio nelle seguenti voci:
Cronologia
Nota: le date sono basate sul calendario giuliano, in vigore all'epoca in Russia, e non sul calendario gregoriano, quello che è ed era in vigore in Italia
Gennaio
- Scioperi e agitazioni a Pietrogrado
Febbraio
- La rivoluzione di febbraio
- 26 -- 50 dimostranti vengono uccisi in Piazza Znamenskaja
- 27 -- Le truppe si rifiutano di sparare sui dimostranti, diserzioni. Prigioni, tribunali e il palazzo dell'Ochrana vengono incendiati. Le guarnigioni si uniscono ai rivoluzionari. Si forma il Soviet di Pietrogrado.
Marzo
- 1 -- Ordine Nr.1 del Soviet di Pietrogrado
- 2 -- Nicola II abdica. Si forma un governo provvisorio sotto il Primo Ministro Principe Lvov
Aprile
- 3 -- Ritorno di Lenin in Russia. Pubblica le sue Tesi di Aprile.
- 20 -- Viene pubblicata la nota di Miliukov. Cade il governo provvisorio
Maggio
- 5 -- Si forma un nuovo governo provvisorio. Kerenskij ministro della guerra e della marina
Giugno
- 3 -- Primo Congresso Pan-russo dei Soviet a Pietrogrado. si chiuderà il 24.
- 16 -- Kerenskij ordina l'offensiva contro le forze Austro-Ungariche. Successo iniziale
Vladimir Lenin
Vladimir Lenin, capo della Rivoluzione Bolscevica d'Ottobre
Luglio
- 2 -- Termina l'offensiva russa. Trotzkij si unisce ai Bolscevichi
- 4 -- Dimostrazioni anti-governative a Pietrogrado
- 6 -- Contrattacco tedesco e austro-ungarico. I russi si ritirano nel panico, saccheggiando la città di Tarnopol. Viene ordinato l'arresto dei capi Bolscevichi
- 7 -- Lvov si dimette. Kerenskij è il nuovo Primo Ministro
- 22 -- Trockij e Lunačarskij arrestati
Agosto
- 26 -- Finisce il secondo governo di coalizione
- 27 -- Il Generale Kornilov tenta un Colpo di stato che fallisce, Kornilov viene arrestato e imprigionato.
Settembre
- 1 -- La Russia viene dichiarata una Repubblica
- 4 -- Trotzkij e altri vengono liberati. Trotzkij diventa il capo del Soviet di Pietrogrado
- 25 -- Si forma il terzo governo di coalizione
Ottobre
- 10 -- Il Comitato Centrale Bolscevico si riunisce ed approva la rivolta armata
- 11 -- Congresso dei Soviet delle regioni settentrionali, fino al 13
- 20 -- Primo incontro del Comitato Rivoluzionario Militare di Pietrogrado
- 25 -- Inizio della rivolta a Pietrogrado. Kerensky abbandona Pietrogrado
- 26 -- Presa del Palazzo d'Inverno. Secondo Congresso dei Soviet. Gran parte dei delegati menscevichi e i socialisti rivoluzionari di centro e di destra se ne vanno in segno di protesta contro l'esautoramento del governo Kerensky. Decreti sulla pace e la riforma terriera. Dichiarato il governo dei Soviet - il Consiglio dei Commissari del Popolo - dominato dai bolscevichi con Lenin come presidente
Dicembre
- 20 -- Feliks Dzeržinskij, appena nominato commissario degli affari interni, fonda la Commissione Straordinaria Combattente per la Controrivoluzione e il Sabotaggio, la Čeka.
Bibliografia
- AA.VV., I Propilei (enciclopedia storica)
- Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione sovietica
- John Reed, I dieci giorni che sconvolsero il mondo
- Ettore Cinnella, La tragedia della rivoluzione russa (1917-1921)
Voci correlate
Altri progetti
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