Tempio malatestiano
Il Tempio Malatestiano, usualmente indicanto dai cittadini come il Duomo, è la chiesa maggiore di Rimini. Nell'area è documentata già nel nono secolo una chiesa chiamata Santa Maria in Trivio, sostituita nel dodicesimo secolo da una di stile Gotico, detta di San Francesco, retta dall'ordine francescano.

Tra il 1447 e 1449 furono aggiunte due nuove cappelle sul lato sud. Parte dei marmi per il lavori furono presi da rovine romane in Sant'Apollinare in Classe e da Fano. Soltanto 5-6 anni più tardi Leon Battista Alberti concepì l’idea di rinnovare completamente l’esterno edificando un involucro attorno alla chiesa preesistente e aggiungere un'imponente cupola.
Tale radicale intervento presenta una notevole valenza storica oltre che architettonica e culturale. Infatti, durante la sua edificazione il committente, Sigismondo Pandolfo Malatesta, Signore di Rimini e condottiero di grande reputazione militare, entrò in contrasto con papa papa Pio II Piccolomini fin dalla sua elezione al soglio papale, a tal punto da ricevere la scomunica nel 1460. Sigismondo fu definitivamente sconfitto dalle truppe papali alleate con Federico da Montefeltro due anni dopo. Durante tale tormentato periodo i lavori proseguirono ma con una modifica sostanziale. Volle infatti tale edificio unicamente come sepolcro suo, per la sua stirpe e per i dignitari a lui vicino, eliminando qualunque simbolo cristiano, cosa inaudita per quei tempi e praticamente unica in Italia. Nella struttura originaria non è incredibilente prevista una croce o un santo. Da qui la denominazione Tempio. A guisa di tempio pagano le sei cappelle laterali sono intitolate alle muse, allo zodiaco, agli innocenti, ai giochi infantili e decorate in tema. Due ulteriori cappelle sono dedicate ai Seplolcri di Sigismondo e Isotta. Nella cappella dei giochi infantili trovano posto anche i sepolcri delle prime due mogli di Sigismondo, Ginevra d'Este e Polissena Sforza, circondate da 61 figure di angioletti danzanti o in gioco fra loro, scolpiti da Duccio. Sempre di Duccio sono i bassorilievi della Retorica, della Filosofia e della Grammatica nella cappella delle muse. Notevole è anche quella dello zodiaco e in particolare il bassorilievo del segno del Cancro, lo stesso di Sigismondo, che domina come un sole la rappresentazione della città dell'epoca. Resti di antenati di Sigismondo trovano collocazione nella cappella oggi detta della Pietà, con 2 statue di profeti e 10 di sibille.
Ovunque, quasi ossessivamente, sono ripetute in bassorilievo la S e la I incrociate, usualmente ritenuta una commemorazione dell'amore tra Sigismondo e Isotta degli Atti, ma forse più prosaicamente come semplice abbreviazione di Sigismondo; si segnala infatti il quasi contemporaneo monogramma di Federico di Montefeltro, visibile nel vicino Castello di Urbino, che appunto riporta due lettere, F e E. Altri simboli sovente ripetuti sono la rosa canina, le tre teste e l'elefante, legati al suo casato, nonché frondoni di frutta. Una grande quantità di statuette di putti adornava l'interno, molti dei quali oggigiorno asportati e dispersi in collezioni private locali.
Come anticipato, le sculture e i bassorilievi erano probabilmente opera di Agostino di Duccio. Direttore dei lavori fu Matteo de' Pasti. Contribuirono all'opera anche Roberto Valturio, Basinio di Parma e Piero della Francesca, di cui si conserva all'interno dell'edificio un suo affresco (realizzato nel 1451) raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, suo antenato nonché santo patrono. All'interno dell' edificio i lavori iniziarono 5-6 anni prima del progetto di Alberti per la facciata e anche successivamente la presenza del genio genovese fu incostante, come lo fu quella di alcuni degli artisti impegnati e il proseguimento dei lavori stessi, causa discontinuità dei finanziamenti. Ne conseguì motivo di contrasto tra i vari artisti: infatti, nella cappella dello zodiaco (ora consacrata a San Girolamo) si può notare come nei bassorilievi dei segni con quadrupedi (Ariete, Toro, Leone, Capricorno e Sagittario) siano stati eliminati successivamente gli arti posteriori, probabilmente a causa di credenze dell'epoca per volere dell'Alberti. Si nota ancora il contorno del precedente disegno. Lateralmente si possono notare ancora le precedenti finestre gotiche della preesistente chiesa di san Francesco che come posizione non collimano con il passo delle cappelle laterali. È probabile che fosse intenzione dell'Alberti di correggerne la posizione. Se si osserva l'edificio dall'esteno infatti si può intuire la corretta forma. Sempre all'esterno, sul lato destro, trovano posto sette tombe di personaggi illustri dell'epoca, tra cui il filosofo neoplatonico Georgius Gemistos (c. 1355 – 1452), i cui resti furono portati da Sigismondo dalla sua precedente campagna militare nei Balcani.

La struttura progettata dal genio genovese non fu completata. Il progetto dell'edificio comprendeva anche un'ampia cupola (che doveva essere tra le maggiori in Italia, altrettanto imponente di quella della Santa Annunziata a Firenze), ma non fu realizzata in seguito alla sopraggiungere della triste situazione economica per il Malatesta rese impossibile il completamento dell'opera. Della cupola non si conosce nemmeno quale sarebbe stata la sua configurazione e struttura in quanto l’unica documentazione ci viene data da un’incisione di Matteo de’ Pasti su di una medaglia del 1450.
Ai giorni nostri presenta, in contrasto alla candida facciata marmorea nonché ai lati, una semplice copertura a tetto in capriate lignee con travi e tavelle visibili. Da segnalare che l'abside fu distrutto durante la seconda guerra mondiale e ricostruito in economia, in semplice e disadorno intonaco bianco e solo recentemente arricchito da un celebre crocifisso di Giotto, dipinto durante il suo soggiorno a Rimini tra il 1308 e il 1312. Ai lati alcuni altarini barocchi postumi (nella prima a sinistra una Madonna piangente ritenuta miracolosa, detta Madonna dell'Acqua), qualche lapide commmemorativa. Parte di un frondone marmoreo della facciata è ora al Victoria and Albert Museum di Londra. L'altare principale è in stile moderno, la cui recente collocazione fu oggetto di aspre polemiche da parte del critico Vittorio Sgarbi.