Utente:Pietro, l'essere sapiente/Sandbox
Sinossi
Libro 1: versione da pubblicare
I-II
Nel regno postromano di Britannia, re Uther Pendragon entra in conflitto con il duca di Cornovaglia. Invitato a corte con la moglie Igraine, nota per la sua saggezza, il duca fugge con lei per proteggerla dalle avances del re. Uther assedia il castello di Terrabil, ma si ammala d'amore per Igraine. Il fedele Ulfius chiama Merlino, il quale propone un patto: Uther potrà giacere con Igraine grazie a un incantesimo che lo renderà identico al duca, in cambio della promessa che il figlio concepito gli venga affidato. Nella stessa notte in cui Uther giace con Igraine, il duca muore in battaglia. Poco dopo, Uther sposa Igraine, rafforzando il proprio potere. Le sorelle di Igraine vanno in sposa a vari re: Morgause a re Lot, Elaine a re Nentres, mentre Morgana la Fata viene mandata a studiare arti magiche in convento.
III-IV
Igraine rimane incinta e Uther le rivela di essere stato lui, grazie alla magia, a giacere con lei.
Alla nascita del bambino, Merlino prende il neonato e lo affida a sir Ector
affinché sia allevato in segreto. Il bambino, chiamato Artù, cresce ignaro delle proprie origini. Intanto, la salute di Uther peggiora. Durante un attacco nemico, il re guida il proprio esercito dalla lettiga, vincendo la battaglia. Tornato a Londra, è ormai in fin di vita e, davanti ai baroni, indica Artù come suo erede prima di morire.
V-VII
Dopo la morte di Uther, il regno cade nel caos. Merlino suggerisce all'arcivescovo di Canterbury di convocare tutti i nobili per la notte di Natale. In quella notte miracolosa compare una spada infissa in un'incudine su una roccia, con l'iscrizione:
Nessuno riesce nell'impresa, tranne il giovane Artù, che lo fa per caso mentre cerca un'arma per sir Kay. Dopo varie prove nelle feste successive, Artù si conferma il solo capace di estrarre la spada. Viene riconosciuto re e incoronato, assegnando i primi incarichi tra i suoi alleati più fedeli.
VIII-XI
Per la Pentecoste, Artù convoca una festa a Carleon. Diversi re si presentano ma, invece di omaggiarlo, lo attaccano. Merlino interviene, rivelando la vera origine regale di Artù, ma i re rimangono ostili. Dopo scontri violenti, Artù ottiene la vittoria grazie alla spada miracolosa. I nemici fuggono e Merlino consiglia di cercare l'alleanza con i re d'oltremare Ban di Benwick e Bors di Gallia. I due rispondono positivamente, giungendo in Britannia con truppe fresche. Un grande torneo celebra l'evento, e successivamente Merlino parte per Benwick per organizzare un secondo esercito. I due eserciti si riuniscono presso Bedegraine, pronti alla guerra.
XII-XVI
Undici re ribelli riuniscono 60.000 uomini per abbattere Artù. L'esercito alleato di Artù, Ban e Bors, forte ma numericamente inferiore, agisce con astuzia: un attacco notturno sbaraglia i nemici. Il giorno seguente, un secondo assalto, favorito da una manovra a sorpresa, completa la vittoria. Merlino ferma il massacro, ammonendo Artù per la sua ferocia. I re alleati vengono premiati, e Merlino annota gli eventi presso il suo maestro Bleise prima di tornare, travestito, per verificare lo stato d'animo del re.
XVII-XIX
Re Rience del Galles invade i domini dell'alleato Leodegrance di Camelerd. Artù, Ban e Bors intervengono, sconfiggendo Rience. Artù incontra per la prima volta Ginevra, figlia di Leodegrance. Dopo la battaglia, Ban e Bors tornano in patria per affrontare i Franchi di re Claudas. I re sconfitti a Bedegraine si rifugiano a Sorhaute e si preparano alla vendetta. Nel frattempo, Artù si unisce inconsapevolmente con la sorella Morgause, concependo Mordred. Un sogno funesto e la visione della Bestia Latrante preannunciano sventure. Merlino appare in varie forme e rivela al re la verità sulle sue origini e la profezia della propria futura morte.
XX-XXIII
Artù convoca sua madre Igraine per confermare la propria discendenza. Durante un banchetto, Ulfius la accusa di slealtà, ma Igraine, sostenuta da Merlino e da sir Ector, chiarisce di aver ignorato la sorte del figlio. Artù, commosso, la abbraccia e indice otto giorni di festa. Subito dopo, il giovane Griflet chiede di vendicare la morte del cavaliere Miles. Fatto cavaliere da Artù, viene sconfitto e ferito da un potente guerriero. Artù, indignato, parte per affrontarlo. Dopo un duello duro e spettacolare, è salvato da Merlino che addormenta il cavaliere, rivelatosi poi essere Pellinore, destinato a rivelare il nome del figlio di Artù: Mordred.
XXIV
Ferito, Artù viene curato da un eremita. Merlino lo conduce a un lago magico dove una mano emerge con una spada nel fodero: è Excalibur.
La Dama del Lago gliela concede in cambio di un favore futuro. Merlino sottolinea l'importanza del fodero più della spada, poiché protegge da ogni ferita. Artù vorrebbe affrontare di nuovo Pellinore, ma Merlino lo dissuade: l'uomo diventerà presto suo alleato e sposo della sua sorella minore.
XXV-XXVI
Artù riceve un messaggio provocatorio da re Rience, che pretende la sua barba per completare un mantello fatto con quelle di altri undici re sconfitti. Artù, offeso, rifiuta e si prepara alla guerra. Su consiglio di Merlino, emana un editto per eliminare i neonati nati il primo maggio, uno dei quali (Mordred) è destinato a causare la sua morte. I bambini vengono messi su una nave e affogano, tranne Mordred. La strage provoca sdegno ma nessuna rivolta. Rience raduna un nuovo esercito, preparando lo scenario per futuri conflitti, lasciati in sospeso per il "Libro di Balin il Selvaggio".
2° Libro: Versione da pubblicare
I - II
Durante il soggiorno di re Artù a Londra, egli venne informato che re Rience del Galles del Nord aveva invaso i suoi territori, compiendo saccheggi e massacri. Artù, indignato, radunò cavalieri e baroni a Camelot, allora detta Winchester, per pianificare la difesa. In tale occasione, una damigella della Dama del Lago comparve portando con sé una spada magica, che solo un cavaliere puro e virtuoso avrebbe potuto estrarre. Dopo che tutti fallirono, ci riuscì Sir Balin, un cavaliere povero e appena liberato dalla prigione, suscitando sorpresa e invidia. Tuttavia, la dama lo avvertì che la spada avrebbe causato la sua rovina.
III - IV
Poco dopo, la Dama del Lago giunse a corte reclamando la testa di Balin come compenso per aver donato Excalibur al re. Quando Artù si rifiutò, Balin la riconobbe come responsabile della morte di sua madre e la uccise. Per questo, Artù lo bandì dalla corte. Balin giurò di vendicare il re uccidendo Rience. Nel frattempo, il cavaliere irlandese Lanceor, offeso dalla gloria di Balin, lo inseguì per affrontarlo in duello.
V - VII
Il duello tra Lanceor e Balin terminò con la morte del primo. La sua amata, Colomba, si uccise per il dolore. Balin incontrò poi suo fratello Balan, con cui pianificò di combattere al fianco di Artù. Merlino giunse alla corte e rivelò che la spada di Balin era stata destinata a vendetta e che il cavaliere era destinato a un tragico destino. Un nano avvisò i fratelli che sarebbero stati perseguitati per la morte di Lanceor, ma Balin si mostrò deciso ad andare avanti.
VIII - IX
Merlino, parlando con re Marco di Cornovaglia, profetizzò un futuro duello fra Lancillotto e Tristano proprio sul luogo in cui erano morti Lanceor e Colomba. Poi predice a Balin che avrebbe inflitto la più grande ferita dalla Passione di Cristo, colpendo un cavaliere leale e scatenando guerre e rovina. Balin e Balan, guidati da Merlino, catturarono re Rience durante un’imboscata notturna e lo portarono prigioniero ad Artù. Merlino informò il re che Rience sarebbe stato presto raggiunto dal fratello Nero, e che una nuova guerra era imminente.
X - XI
Nella battaglia contro re Nero, Artù organizzò dieci battaglioni. Grazie a Merlino, re Lot dell’Orkney fu trattenuto da false profezie, e ciò permise ad Artù di ottenere una grande vittoria. Balin e Balan combatterono valorosamente, mentre Artù uccise numerosi nemici. Successivamente, re Lot cercò vendetta ma fu ucciso da Pellinor, che lo colpì a morte con un fendente. Dodici re alleati caddero e furono seppelliti a Camelot con grandi onori. Merlino predisse che, con la morte di Artù, sarebbe iniziata l’epoca del Santo Graal. Intanto, Artù consegnò incautamente il fodero di Excalibur alla sorella Morgana, che lo sostituì con uno falso per donarlo al suo amante Accolon.
XII - XIII - XIV - XV
Un giorno, mentre Artù era ammalato, vide passare un cavaliere sconsolato. Inviò Balin a chiamarlo: si trattava di Herlews il Barbuto, che poco dopo venne ucciso da Garlon, un cavaliere invisibile. Balin giurò vendetta e seguì le sue tracce, finendo alla corte di Pellam di Listenoise, fratello di Garlon. Durante un banchetto, Balin uccise Garlon davanti a tutti, suscitando la collera di Pellam. Senza armi, Balin trovò una lancia sacra e colpì Pellam, provocando il leggendario Colpo Doloroso. Il castello crollò e Balin fu sepolto tra le macerie per tre giorni. Liberato da Merlino, fu informato che aveva usato la Lancia del Destino, e che il castello era sede del Santo Graal. Pellam visse menomato fino all’arrivo di Galahad. Merlino e Balin si separarono per sempre.
XVI - XVIII
Proseguendo il cammino, Balin incontrò Garnish della Montagna, afflitto per l’abbandono da parte della sua amata. La ritrovarono in atteggiamenti amorosi con un altro cavaliere. Garnish, disperato, li uccise entrambi e poi si suicidò. Balin, temendo ritorsioni, fuggì. Giunse infine a un castello dove, ignorando un monito, accettò di affrontare un campione misterioso in duello. Prima dello scontro, gli venne offerto uno scudo diverso dal suo.
Trasportato su un’isola, Balin affrontò il campione: era suo fratello Balan, che però non lo riconobbe. Ignari dell’identità reciproca, si affrontarono in un cruento duello e si ferirono a morte. Quando scoprirono la verità, fu troppo tardi. Balan morì poco dopo, mentre Balin spirò a mezzanotte. I due vennero sepolti insieme, con un’epigrafe che narrava la loro tragedia.
Merlino giunse sulla tomba e vi incise:
«Qui giace Balin il Selvaggio, che era il Cavaliere dalle Due Spade e inferse il Colpo Doloroso.»
Prese poi la spada di Balin, modificò il pomo e la rese estraibile solo da Lancillotto e Galahad. La incastonò in una roccia galleggiante destinata a Camelot. Il fodero fu lasciato sull’isola per essere ritrovato da Galahad. Infine, Merlino raccontò tutto ad Artù, che ne fu sconvolto e dichiarò: «Questa è la storia più triste che io abbia mai udito.»
3° Libro: versione da pubblicare
I-II
Dopo aver domato i baroni ribelli, Re Artù confidò a Merlino il desiderio di prendere moglie, chiedendogli consiglio. Il mago approvò l’idea e Artù espresse il suo amore per Ginevra, figlia di Re Leodegrance di Camelerd e già possessore della Tavola Rotonda. Merlino riconobbe le qualità della giovane ma mise in guardia il re: ella avrebbe in futuro amato un altro cavaliere. Ottenuto il permesso, Merlino si recò da Leodegrance, che acconsentì alle nozze e donò al re la Tavola Rotonda con cento cavalieri. Il corteo giunse a Londra in grande pompa. Artù ordinò solenni nozze e l’incoronazione di Ginevra, affidando a Merlino la ricerca di altri cinquanta cavalieri. Il mago ne trovò quarantotto, e il Vescovo di Canterbury benedisse i seggi della Tavola, su cui comparvero magicamente i nomi dei cavalieri. Due sedili rimasero vacanti. In quell’occasione, Galvano, nipote del re, chiese l’investitura a cavaliere come dono di nozze e fu accontentato.
III-IV
Durante le celebrazioni giunse a corte Aries il Vaccaro con il figlio diciottenne Tor, bello d’aspetto e in sella a una cavalla magra. Chiese che il figlio fosse fatto cavaliere. Artù notò l’aspetto nobile del giovane e accettò. Merlino rivelò che Tor era in realtà figlio di Re Pellinor, nato da un’unione forzata. La madre confermò, e Pellinor, giunto in seguito a corte, riconobbe il figlio con gioia. Tor fu così fatto cavaliere prima di Galvano, e uno dei seggi vuoti della Tavola fu riservato a Pellinor. L’altro rimase il pericoloso Seggio Periglioso, mortale per chi non fosse degno. Galvano, segretamente rancoroso verso Pellinor, colpevole della morte di suo padre Re Lot, giurò vendetta, ma il fratello Gaheris lo convinse ad attendere.
V-VIII
Il matrimonio tra Artù e Ginevra fu celebrato a Camelot, seguito da un banchetto sontuoso. Durante la festa, Merlino predisse l’arrivo di grandi avventure. Un cervo bianco irruppe nella sala, inseguito da una cagna bianca e trenta bracchi. Un cavaliere rapì la cagna, e poco dopo un altro rapì una dama che chiedeva giustizia.
Artù affidò tre imprese: a Galvano il recupero del cervo, a Tor della cagna, e a Pellinor della dama. Galvano, con Gaheris, affrontò vari ostacoli e uccise Alardin delle Isole. Raggiunto un castello, vide il cervo ucciso dai cani. Un cavaliere, Ablamor della Palude, ne uccise sei e fu affrontato da Galvano. Una dama si gettò a proteggerlo e fu uccisa per errore dal cavaliere. Pentito, Galvano risparmiò Ablamor ma fu severamente rimproverato da Gaheris.
Più tardi, i due furono assaliti da quattro cavalieri. Ferito, Galvano fu salvato dall’intervento di quattro dame che ottenero la resa degli aggressori. Una di esse, saputo che era nipote di Artù, ordinò di liberarlo, imponendogli di portare a corte il cervo e il corpo della dama uccisa. A Camelot, Merlino e Ginevra lo giudicarono: Galvano fu costretto a giurare eterna protezione alle donne, salvo eccezioni, pena la vergogna eterna.
IX-XV
Tor partì alla ricerca della cagna. Incontrò un nano che lo sfidò a giostrare con due cavalieri: Felot di Langduk e Petipace di Winchelsea, che furono disarcionati e inviati prigionieri a corte. Il nano si unì a Tor, conducendolo ai padiglioni dove si trovava la cagna. Dopo averla recuperata, fu sfidato da Abelleus, che rivendicava l’animale. Dopo il duello, una dama chiese la testa di Abelleus, colpevole di aver ucciso suo fratello. Tor lo giustiziò. Ospitato per la notte, rivelò la sua identità e ripartì. Tornato a Camelot, raccontò le imprese sotto giuramento e Merlino profetizzò per lui un futuro glorioso. Artù lo investì di terre da conquistare.
Pellinor inseguì il rapitore della dama, ma ignorò le suppliche di una fanciulla accanto a un cavaliere ferito, che morì poco dopo. Lei, disperata, si uccise. Proseguendo, Pellinor trovò due cavalieri in lotta per la dama rapita. Uccise uno di loro, Hontzlake di Westland, che gli aveva abbattuto il cavallo, e fu ospitato da Meliot di Logris, il sopravvissuto. Scoprì che la dama era Nimue e che l’altro cavaliere era Brian delle Isole. Tornando, vide i cadaveri dei giovani che aveva ignorato e fu colto dal rimorso. Nimue gli suggerì di seppellirli e portare la testa della fanciulla a corte.
A Camelot, Pellinor raccontò tutto. Ginevra lo rimproverò e Merlino rivelò che la fanciulla era Elaine, figlia illegittima di Pellinor, e il cavaliere era Miles delle Lande, suo promesso sposo, ucciso da Loraine il Selvaggio. Come punizione divina, Merlino predisse che Pellinor sarebbe stato tradito dal suo migliore amico nel momento del bisogno.
Terminate le tre imprese, Artù confermò la nomina di Galvano, Tor e Pellinor, assegnò terre a chi ne era privo e istituì i precetti cavallereschi della Tavola Rotonda: Non commettere omicidi né crudeltà, Non tradire né comportarsi slealmente, Concedere misericordia a chi la chiede, Difendere dame, damigelle e gentildonne, Non combattere per motivi ingiusti, d’amore o per avidità.
I cavalieri giurarono solennemente di osservare queste regole, rinnovando il giuramento ogni Pentecoste.
4° Libro: Versione da pubblicare
I-V
Dopo il ritorno delle tre imprese di Galvano, Tor e Pellinor, Merlino si innamorò perdutamente di Nimue, damigella della Dama del Lago condotta a corte da Pellinor. Egli la seguiva ovunque, insegnandole arti magiche, ma Nimue, dopo aver appreso ciò che desiderava, lo allontanò con gentilezza e poi lo ingannò. Durante un viaggio con lei nella terra di Benwick, Merlino incontra per la prima volta Lancillotto, figlio di Re Ban e Regina Elaine che è ancora molto addolorata per le incursioni dei Franchi di Claudas, Merlino predice il glorioso destino di Lancillotto dicendo che sarebbe diventato l’uomo più onorato al mondo. Tornati verso la Cornovaglia, Merlino continuò ad insegnare alla damigella, ma ella, ormai stanca delle sue attenzioni, temendo i suoi poteri (poiché figlio di un diavolo), escogitò un inganno: lo indusse ad entrare in una caverna incantata e lì lo intrappolò per sempre sotto una pietra, chiudendo così il ciclo del mago.
Nel frattempo, Artù era tornato a Camelot da una festa a Cardoel, quando ricevette notizia di un’invasione: cinque re stranieri (di Danimarca, Irlanda, Soleyse, Longtains e la Vale) devastavano i confini del regno. Artù, deciso a reagire, convocò i suoi vassalli, tra cui Pellinor, e partì immediatamente, portando con sé anche la regina Ginevra. L’esercito si accampò nei pressi del fiume Humber. I cinque re, informati della presenza di Artù, decisero di sorprenderlo con un attacco notturno. L’assalto coglie il re disarmato nei suoi padiglioni, ma con prontezza egli si arma assieme a Ser Kay, Ser Galvano e Ser Griflet.
Durante lo scontro notturno, i cinque re si presentarono da soli contro Artù e i suoi tre cavalieri. Ser Kay uccise il primo re con un colpo poderoso, seguito da Galvano, Artù e Griflet che uccisero a loro volta i restanti quattro sovrani. Ginevra fu portata in salvo su una chiatta mentre lodava il valore di Ser Kay. Dopo aver informato i superstiti e ritrovato l’esercito disperso, Artù decise di attendere l’alba. Allo scoprire i corpi dei loro re, le truppe nemiche caddero nello sconforto. Allora Artù li attaccò con un manipolo ristretto e uccise trentamila nemici. Terminata la battaglia, il re si inginocchiò per ringraziare Dio, poi mandò a chiamare Ginevra, che giunse lieta.
Un messaggero annunciò che Re Pellinor era giunto con un grande esercito. Dopo aver appreso della vittoria, Pellinor e il re si abbracciarono con gioia. I morti di Artù furono poco più di duecento, compresi otto cavalieri della Tavola Rotonda uccisi nei padiglioni. In memoria della vittoria, Artù fece edificare sul campo di battaglia l’Abbazia della Bella Avventura.
Tornato a Camelot, Artù chiese a Pellinor di aiutarlo a nominare otto nuovi cavalieri della Tavola Rotonda. Pellinor suggerì quattro veterani: Re Uriens (sposo di Morgana la Fata), Re del Lago, Ser Hervis di Revel e Ser Galagars. Per i giovani propose Galvano, Griflet, Kay il Siniscalco e offrì infine una scelta tra Bagdemagus e suo figlio Tor. Artù scelse Tor, lodandone il valore silenzioso.
Bagdemagus, offeso, lasciò la corte e vagando nella foresta giunse alla caverna in cui Merlino era prigioniero. Sentendolo lamentarsi, tentò invano di sollevare la pietra. Merlino lo esortò a rinunciare: solo Nimue poteva liberarlo. Bagdemagus si allontanò e visse molte avventure, guadagnando infine l’onore di entrare nella Tavola Rotonda. Ma già il giorno dopo, nuovi eventi si profilavano all’orizzonte.
VI-XIII
Durante una caccia nella foresta, Artù, re Uriens e ser Accolon di Gallia si allontanarono inseguendo un cervo, fino a restare appiedati. Trovarono il cervo morente presso un lago, dove apparve una misteriosa imbarcazione di seta. Vi salirono e furono accolti da venti damigelle che li servirono con ogni onore. Cenarono e dormirono in lussuose stanze. Al risveglio, Uriens si ritrovò a Camelot accanto alla moglie Morgana la Fata, mentre Artù si svegliò prigioniero in una buia segreta di un castello e Accolon in pericolo legato vicino al margine di un pozzo.
Artù apprese da altri prigionieri che il castello apparteneva al codardo ser Damas, in lotta con il fratello valoroso Ontzlake. Damas aveva catturato cavalieri per costringerli a combattere al suo posto. Una damigella – in realtà alleata di Morgana – convinse Artù a battersi in cambio della libertà dei prigionieri. Intanto, Morgana libera e consegnava ad Accolon la vera Excalibur e il fodero incantato, ordinandogli di uccidere Artù nel duello, promettendogli la corona.
Artù ricevette da Morgana una spada e un fodero contraffatti. In un arena, affrontò Accolon ignaro della sua identità. Il duello fu accanito: Artù, indebolito dal sangue perso e dalla spada falsa, rischiò la vita. Accolon, favorito da Excalibur, lo feriva gravemente. Intervenne Nimue, che con un incantesimo fece cadere Excalibur dalla mano di Accolon. Artù la recuperò e, riconoscendola, reagì con forza, sottraendo anche il fodero. Disarmò Accolon e lo ferì gravemente.
Solo allora Artù scoprì l’identità dell’avversario. Accolon confessò il complotto ordito da Morgana per uccidere Artù e fare di lui il re. Artù, colpito dalla lealtà residua del cavaliere, gli concesse misericordia, pur accusandolo di tradimento.
Artù dichiarò pubblicamente la propria identità e il duello fu sospeso. I cavalieri si inginocchiarono chiedendo clemenza. Il re ordinò a ser Damas di cedere il maniero a Ontzlake, restando formalmente proprietario in cambio di un palafreno annuale. Inoltre, dovette liberare i prigionieri e cessare ogni sopruso verso cavalieri erranti, pena la morte. Invitò Ontzlake alla sua corte per divenire suo cavaliere.
Artù, ferito, chiese di essere condotto in un convento vicino. Accolon, pur curato, morì dopo quattro giorni. Il re, guarito, ordinò che il corpo fosse riportato a Camelot su una lettiga con il messaggio per Morgana: "Artù ti rimanda il tuo amato, e ha ripreso la sua spada e il suo fodero."
XIV - XVI
Convinta della morte di Artù, Morgana la Fata tentò di assassinare il marito, Re Uriens, mentre dormiva. Ordinò a una damigella di portarle la sua spada, ma la fanciulla avvisò Ser Ivano, figlio della coppia, che intervenne appena in tempo e fermò la madre. Ivano la minacciò, dichiarandosi figlio di un "demone della terra", ma la perdonò in cambio della promessa di non ripetere l’infamia.
Appresa la morte di Accolon e il recupero di Excalibur da parte di Artù, Morgana fu sconvolta ma nascose il suo dolore. Chiese a Ginevra il permesso di lasciare la corte, e la regina acconsentì. Morgana si recò allora all’abbazia dove sapeva che Artù stava riposando e, trovandolo addormentato con Excalibur in mano, non osò rubarla, ma prese il fodero incantato e fuggì.
Artù, svegliandosi e accortosi del furto, partì all’inseguimento con Ser Ontzlake. Interrogarono un vaccaro che indicò la direzione presa da Morgana, che fuggiva con quaranta cavalieri. Braccata, la donna gettò il fodero nel lago, dove affondò. Quindi lanciò un incantesimo che trasformò se stessa e il suo seguito in blocchi di marmo megalitici. Quando Artù giunse sul posto, li riconobbe e si rammaricò della sorte della sorella. Non trovando il fodero, Artù tornò all’abbazia. Morgana, riprese le sembianze, liberò i suoi uomini e ripartì.
Durante il viaggio, Morgana incontrò un cavaliere che trasportava un altro legato, deciso ad annegarlo per adulterio. Morgana lo interrogò: si trattava di Manassen, cugino di Accolon, che negò le accuse. Per affetto verso Accolon, Morgana ordinò di liberarlo e fece imprigionare l’altro, che fu poi annegato da Manassen. Morgana affidò a Manassen un messaggio per Artù: non lo temeva finché fosse in grado di trasformarsi in pietra, e un giorno gli avrebbe dimostrato di essere capace di molto di più. Infine, si ritirò nella contrada di Gore, dove fu onorata e fortificò castelli e città per prepararsi a futuri scontri.
XVII-XX
Re Artù, ristabilitosi, torna a Camelot dove è accolto con gioia da Ginevra e i baroni. Tutti si indignano per l'inganno di Morgana la Fata. Poco dopo arriva una damigella da parte di Morgana con uno splendido mantello, offerto in segno di pace. Ma la Nimue avverte il re di non toccarlo. Costringe quindi la messaggera a indossarlo: la donna muore bruciata, rivelando l’inganno. Artù accusa re Uriens e il figlio Ivano di congiura, ma lo scagiona dopo aver saputo da Accolon che anche Uriens era vittima di Morgana. Ser Ivano viene bandito; ser Galvano, indignato, parte con lui.
Galvano e Ivano si avventurano in una foresta e arrivano a un convento, dove sono ospitati. Proseguendo, trovano dodici damigelle che insultano uno scudo bianco appeso a un albero. Le donne accusano il proprietario, ser Moroldo, di odiare le dame. Poco dopo, Moroldo giunge e sconfigge due cavalieri che avevano disonorato il suo scudo. Galvano e Ivano lo incontrano e decidono di affrontarlo per onore. Ivano viene sconfitto, Galvano combatte con valore ma la sua forza varia con le ore del giorno. Moroldo, riconoscendone il valore, si ferma e i due si giurano fratellanza.
Moroldo ospita i due amici, rivelando di odiare le donne maghe e ingannatrici, non le dame virtuose. I tre cavalieri ripartono e giungono a una fonte dove incontrano tre damigelle (una anziana, una matura e una giovane) che propongono loro un’avventura: ciascuno dovrà seguirne una su tre strade diverse e tornare alla fonte tra un anno. Ivano sceglie la più anziana, Moroldo quella di mezzo, Galvano la più giovane. I tre si separano giurando di ritrovarsi.
Galvano prende la strada del nord e giunge a un maniero abitato da un vecchio cavaliere. Lì, gli viene promesso che il giorno seguente affronterà un'avventura singolare. Il mattino dopo, insieme al vecchio, incontra un cavaliere bellissimo ma profondamente afflitto. Quest’ultimo saluta Galvano augurandogli onore, ma dichiara che per sé prevede solo vergogna e dolore dopo ogni gloria.
XXI-XXIV
Ser Galvano assiste all’impresa di un misterioso cavaliere che sconfigge da solo dieci avversari ma poi si lascia legare senza opporre resistenza. Galvano non interviene e viene rimproverato dalla sua dama. Il cavaliere, spiega l’ospite, è ser Pelleas, innamorato della crudele dama Ettard, che lo umilia mandandogli contro dieci cavalieri ogni settimana. Egli li sconfigge ma si lascia poi legare pur di essere condotto da lei, che lo respinge e lo insulta.
Galvano incontra Pelleas e si offre di aiutarlo: si scambiano armature e Galvano si reca da Ettard fingendo di aver ucciso Pelleas. Ettard, convinta, si concede a Galvano. Intanto Pelleas, in preda alla disperazione, scopre i due insieme e, pur deciso a ucciderli, si trattiene per onore e lascia solo una spada sulla loro gola. Tornato al suo padiglione, Pelleas annuncia che morirà per amore e ordina che il suo cuore venga portato a Ettard.
Al risveglio, Ettard scopre il tradimento di Galvano e, indignata, lo rimprovera. Galvano parte, lasciandola sola. Intanto la Dama del Lago, Nimue, incontra un servitore di Pelleas e apprende la sua storia. Decide di intervenire, affascinata dalla bellezza del cavaliere.
Nimue fa addormentare Pelleas con un incantesimo e conduce Ettard da lui. Le lancia un sortilegio che le fa provare un amore disperato per Pelleas. Quando egli si risveglia, la respinge con disprezzo. Nimue lo consola e lo convince a seguirla: i due si innamorano sinceramente e vivono felici. Ettard invece, respinta, muore di dolore.
XXV-XXIX
Ser Moroldo prosegue verso sud con la sua damigella e, giunto in una foresta, ottiene ospitalità in un castello. Il signore del luogo, il duca delle Marche del Sud, scopre che è cavaliere di re Artù e lo sfida insieme ai suoi sei figli, desideroso di vendicare sette figli uccisi da ser Galvano. Dopo aver resistito a tutti gli assalti, Moroldo sconfigge il duca e i figli e li costringe ad arrendersi e a promettere fedeltà ad Artù.
Moroldo partecipa a un torneo indetto dalla Dama della Vawse e vince battendo quaranta cavalieri. In seguito, combatte e uccide il gigante Taulurd, liberando numerosi prigionieri e impossessandosi di ricchezze ingenti. Rifiuta le terre offertegli dal conte Fergus e resta con lui per sei mesi per guarire dalle ferite.
Nel frattempo, ser Ivano segue la damigella anziana e vince un torneo nei pressi del Galles, ricevendo un falco e un cavallo. Viene poi ospitato dalla Dama della Roccia, oppressa dai fratelli Edoardo e Hugh del Castello Rosso. Ivano li sfida in duello, li sconfigge dopo una lunga e cruenta lotta e restituisce alla dama i suoi territori. Ferito, resta da lei per sei mesi a curarsi.
Quando si avvicina il termine dell'anno, Ivano e Moroldo si recano al crocevia per ritrovarsi con Galvano, che giunge da solo, avendo perduto la propria damigella. I tre si inoltrano nella foresta e incontrano un messo di re Artù che li richiama a corte. Dodici giorni dopo, raggiungono Camelot, dove sono accolti festosamente e raccontano le loro avventure.
Durante le giostre della Pentecoste, ser Pelleas (giunto con la Dama del Lago) vince il primo giorno, seguito da Moroldo. Entrambi vengono ammessi alla Tavola Rotonda per riempire due seggi vacanti. Pelleas, pur fedele ad Artù, non perdona ser Galvano per il suo tradimento e da allora lo evita nei tornei.
5° Libro: versione da pubblicare
I-III
Durante una grande festa di corte, mentre la Tavola Rotonda era al completo, re Artù riceve la visita di dodici ambasciatori romani inviati dall’imperatore Lucio, che esigono il pagamento del tributo all’Impero, come già facevano i predecessori di Artù. In caso di rifiuto, Roma minaccia guerra. Artù li accoglie con onore ma, prima di rispondere, riunisce il Consiglio.
I baroni e sovrani alleati, tra cui re Agwisance d’Irlanda e il re della Piccola Bretagna, incitano Artù alla guerra, offrendo migliaia di uomini. Artù rifiuta il tributo, rivendica l’eredità imperiale britannica dai tempi di Belino e Brenio e Costantino figlio di Elena, e dichiara la sua intenzione di conquistare Roma. Manda via gli ambasciatori con doni e il messaggio che presto avanzerà con il suo esercito per rivendicare il trono di Roma, in quanto discendente di Costantino III.
A Roma, l’imperatore Lucio è indignato, ma un senatore lo mette in guardia sulla forza e la nobiltà di Artù. Lucio allora organizza una vasta coalizione: chiama in aiuto Genovesi, Toscani, Spagnoli, Greci, Arabi e molti altri popoli sottomessi a Roma, fino a riunire un esercito con sedici re e cinquanta giganti. Muove verso la Borgogna per contrastare Artù.
Nel frattempo, Artù raduna il parlamento a York e proclama la sua volontà di conquistare l’Impero. Nomina Baldovino di Bretagna e Costantino figlio di Cador governatori del regno in sua assenza e affida loro la regina Ginevra. Salpa infine da Sandwich con una vasta flotta, dichiarando che, se morirà, Costantino dovrà essere re.
IV-V
Durante la traversata in mare, Artù sogna un drago dai colori splendenti che combatte e uccide un orribile cinghiale nero uscito da una nuvola. Un filosofo gli interpreta il sogno: il drago rappresenta Artù, le sue conquiste e i cavalieri della Tavola Rotonda, mentre il cinghiale simboleggia un tiranno o un gigante che dovrà affrontare. Poco dopo, Artù approda nelle Fiandre.
Un contadino lo informa che, vicino alla Bretagna, un gigante crudele ha ucciso molti innocenti, si nutre di bambini e ha rapito e ucciso la duchessa di Bretagna, moglie di ser Howell, cugino del re. Artù parte con ser Kay e ser Bedivere al Monte San Michele per affrontarlo.
Salito da solo sul monte, Artù incontra una vedova piangente accanto alla tomba della duchessa. Scopre il gigante mentre banchetta con resti umani e cuoce neonati su spiedi. Sconvolto, lo sfida a duello. Dopo un violento scontro corpo a corpo, il re uccide il gigante con un pugnale.
Ser Kay recide la testa del mostro, la espone su una lancia e la porta a Howell. Artù ordina che sia eretta una chiesa in onore di san Michele sul monte, e distribuisce i tesori del gigante tra il popolo.
In seguito, l’esercito marcia fino alla Champagne, dove Artù viene avvertito da un messaggero francese che l’imperatore Lucio ha invaso la Borgogna, devastando la regione. Artù si prepara a intervenire rapidamente.
VI-VIII
Artù invia ser Galvano, ser Bors, ser Lionello e ser Bedivere per intimare all’imperatore Lucio di ritirarsi o prepararsi alla guerra. Lucio risponde con superbia. Ser Galvano, provocato dal cavaliere romano Gainus, lo uccide. I Britanni si ritirano ma vengono inseguiti: scoppia una battaglia in cui ser Bors uccide il temibile cavaliere Caliburn. Galvano libera i compagni prigionieri e manda a chiedere rinforzi ad Artù. Tuttavia, Galvano riesce a vincere la battaglia prima dell’arrivo del re, anche se resta ferito. I prigionieri romani vengono inviati a Parigi sotto la scorta di ser Lancillotto, ser Cador e altri cavalieri.
Lucio organizza un’imboscata con sessantamila uomini per liberare i prigionieri. Ma Lancillotto e Cador scoprono il piano e affrontano l'esercito romano. Nella dura battaglia, ser Lancillotto si distingue per valore e uccide molti nemici, tra cui il re di Lyly e i baroni Aliduke, Herawd e Heringdale. Giunge Artù a rinforzare le sue truppe ma trova che la vittoria è già stata conquistata. Commuovendosi per i cavalieri caduti, Artù elogia il coraggio dei suoi uomini. I Romani superstiti fuggono e uno dei senatori consiglia Lucio di ritirarsi, ma l’imperatore rifiuta.
Lucio invia re Leomie con un nuovo esercito, ma Artù anticipa le mosse nemiche e si schiera a Sessoine. Nella battaglia campale che segue, Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda si distinguono per valore contro le legioni romane. Il re uccide il gigante Galapas, mentre Galvano elimina tre ammiragli. Dopo scontri feroci, Artù affronta Lucio: viene ferito al volto ma riesce a uccidere l’imperatore, spaccandogli il capo con Excalibur. La vittoria britannica è totale: cadono più di centomila nemici, compresi diciassette re e sessanta senatori.
Artù fa imbalsamare i caduti nobili, identifica ogni corpo con scudo e insegne, e incarica tre senatori superstiti di trasportare le salme a Roma come “tributo” all’Impero. Ai Romani ordina di non chiedere mai più tasse a lui o ai suoi regni, poiché con quelle salme ha pagato il debito della Britannia, dell’Irlanda e dell’Alemagna. I senatori obbediscono e portano la notizia a Roma, dove riferiscono la disfatta e consigliano di non sfidare mai più la potenza di Artù.
IX-XI
Dopo la vittoria contro i Romani, Artù penetra in Lorena, Brabante, Fiandre e Alta Alemagna, poi supera le montagne e arriva in Toscana, dove una città resiste all’assedio. Artù invia ser Florence, ser Galvano, ser Wisshard, ser Clegis, ser Cleremond e altri cavalieri in cerca di vettovaglie. Giunti in una prateria, si accampano per la notte. All’alba, ser Galvano si allontana e incontra un misterioso cavaliere dal blasone con tre grifi. Dopo un duello sanguinoso, lo ferisce gravemente ma viene anch’egli colpito.
Il cavaliere sconosciuto, di nome ser Priamo, afferma di voler diventare cristiano e si sottomette a Galvano, che gli rivela la propria identità. Priamo racconta di essere discendente di Alessandro Magno, Ettore e Giosuè, e di avere al suo seguito cento cavalieri nascosti. Lo avverte che nei boschi vicini si trovano grandi legioni ostili. I due tornano insieme al campo, e Priamo guarisce entrambi con un balsamo miracoloso. In un consiglio di guerra, Priamo suggerisce di ritirarsi, ma Galvano preferisce combattere.
Ser Florence guida le mandrie, ma viene attaccato da ser Ferrante di Spagna e settecento uomini. Florence lo uccide, scatenando una battaglia feroce. I cavalieri della Tavola Rotonda resistono eroicamente. Galvano osserva l’arrivo di nuovi nemici, tra cui il duca degli Olandesi e ser Ethelwold, ma decide di intervenire solo se necessario. La battaglia infuria, interviene anche il gigante Jubance che uccide diversi cavalieri, tra cui ser Gherard e ser Chastelaine. Ma con l’arrivo di Priamo e dei suoi uomini, i Britanni vincono lo scontro, respingono i nemici e mantengono il controllo del campo.
XII
Dopo la vittoria, ser Galvano e [[ser Florence tornano da Artù con bottino, prigionieri e bestiame. Galvano presenta ser Priamo, che si è convertito al cristianesimo e viene battezzato, nominato duca e ammesso alla Tavola Rotonda.
Artù assedia la città ribelle, ma la duchessa e contessa Clarisin implorano clemenza per evitare un massacro. Il re accetta la resa pacifica: fa prigioniero il duca, lo manda a Dover, assegna rendite alla famiglia, nomina baroni per governare e promulga leggi.
Artù invia ser Florence e ser Floridas con cinquecento uomini a Urbino. Con un’imboscata, conquistano la città e issano il vessillo reale. Artù ordina di non toccare donne o fanciulle e nomina un governatore.
Allora Milano, Piacenza, Pavia, Pietrasanta e Pontremoli si sottomettono spontaneamente: offrono fedeltà perpetua e un milione di pezzi d’oro annui. Artù conquista altre città toscane e devasta i borghi ribelli.
Raggiunte Spoleto e Viterbo, manda ambasciatori ai senatori di Roma, che si presentano a lui con cardinali: chiedono sei settimane di tempo per preparare l’incoronazione imperiale. Artù accetta, e il giorno di Natale, viene incoronato imperatore a Roma con grande sfarzo.
Durante il soggiorno, assegna terre e titoli con giustizia e larghezza. A ser Priamo dona il ducato di Lorena. I suoi baroni, soddisfatti, chiedono di tornare a casa: la missione è compiuta, Artù ora è sovrano di un impero che si estende dalla Scozia fino all’Egitto e dalla Lusitania fino alla Mesopotamia, vendicando così l’onore di suo nonno Costantino III (in altre opere del ciclo bretone viene anche spiegato di come egli riuscirà a scacciare i vandali e a riconquistare la giudea [1], ma anche l’impero romano d’oriente [2]).
Artù accetta, ordina disciplina nel viaggio di ritorno, proibisce saccheggi, e riparte. Sbarca a Sandwich, dove è accolto in trionfo da Ginevra e dal popolo in festa, con ricchi doni in segno di giubilo per il suo ritorno. Potè così farsi chiamare dalla sua gente Amherawdyr.
- ^ Francesco Marzella, 4, in Re Artù: Una biografia, Laterza, versione Kindle, febbraio 2025, p. 159, ISBN 9788858157800.«L’idea di un pellegrinaggio in Terra Santa troverà spazio anche in altri testi, per esempio nel tardo quattrocentesco The Knightly Tale of Gologras and Gawain (“Il racconto cavalleresco di Gologras e Galvano”), mentre non mancherà chi parlerà di vera e propria liberazione di Gerusalemme, cui Artù contribuisce solo finanziando le operazioni militari con i tesori sottratti ai Sassoni quando è ancora sotto scomunica per aver respinto Ginevra (Prophecies de Merlin, “Le profezie di Merlino”, c. 1250-1275) o guidando l’esercito dopo avere sconfitto i Vandali nel Nord Africa e aver sbaragliato le armate della Siria, come raccontato nel trecentesco Ly myreur des histors (“Lo specchio delle storie”) di Jean d’Otremeuse.»
- ^ Francesco Marzella, Re Artù. Una biografia, Laterza, Versione Kindle, p. 152. Nota 59, ISBN 9788858157800.«Nel Cligès, per esempio, Alessandro, il figlio dell’imperatore, è investito cavaliere da Artù, la cui fama ha ormai raggiunto l’Oriente, mentre nel duecentesco Floriant et Florete, l’esercito dei Britanni interviene in Sicilia in favore del protagonista Floriant contro il rivale Maragot, che può contare sul supporto delle forze dell’imperatore di Costantinopoli: il conflitto si risolverà con un duello, ma è interessante constatare che le due potenze sono evidentemente considerate alla pari.»