Proteste contro Benjamin Netanyahu (2020-2021)

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Le proteste contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, conosciute anche con il nome di proteste Balfour (in ebraico מְחָאוֹת בֶּלְפוּר?, Mekhā'ot Balfour) o Proteste Blackflag (in ebraico מְחָאַת הַדְּגָלִים הַשְּׁחֹרִים?, Meḥa'at ha-Degalim ha-Sheḥorim) si svolsero in Israele tra il 2020 e il 2021 contemporaneamente al processo a carico di Benjamin Netanyahu sotto accusa di corruzione.

Crime Minister, uno dei gruppi alla guida delle manifestazioni

I manifestanti accusarono il primo ministro di aver strumentalizzato la legge a proprio favore e protestarono contro il mandato di Netanyahu, richiamando l'attenzione sulle accuse penali a suo carico, sull'accusa di aver antemposto i propri interessi a quelli della nazione e sulle richieste di indagini sullo «scandalo sottomarino». Uno dei luoghi emblematici delle proteste fu via Balfour (da cui il nome), area nei pressi della residenza di Netanyahu. Le proteste si conclusero il 13 giugno 2021, con il giuramento del trentaseiesimo governo di Israele, guidato da Naftali Bennett e Yair Lapid in un accordo di condivisione del potere, ponendo fine al secondo mandato di 12 anni di Netanyahu come primo ministro.[1][2]

Eventi

 
Gonen Ben Itzhak sdraiato sotto un idrante antisommossa, 18 luglio 2020
 
Poliziotti e manifestanti durante le proteste, 23 luglio 2020
 
Protesta contro Netanyahu, 1 agosto 2020
 
La statua Eroe di Israele dell'artista israeliano Itay Zalait, in Piazza Parigi a Gerusalemme
 
Chiusura dell'accampamento Balfour, poco prima della demolizione, Haskel è il terzo a sinistra, 22 marzo 2021.

Le proteste vennero caratterizzate dall’assenza di una vera leadership centralizzata.[3] Gli attivisti più influenti furono: Amir Haskel, promotore della protesta individuale, Ishay Hadas appartenente al gruppo Ministro del crimine, Uri Nachman, organizzatore dell’Assedio a Balfour, l’avvocato Gonen Ben Itzhak, forniva assistenza legale ai protestanti, e la giornalista Orly Barlev,[4] che contribuì diffondendo le manifestazioni sui social media. Il 23 luglio 2020, il ministro della pubblica sicurezza Amir Ohana propose a Barlev un incontro con i rappresentanti delle manifestazioni, ma l’invito fu negato con la motivazione che il movimento non disponeva di alcun portavoce ufficiale in quanto si trattava di un'iniziativa popolare.[4]

Assedio di Balfour

Uri Nachman, membro del comitato centrale del Likud, avviò l'assedio di Balfour (23 dicembre), una manifestazione tenutasi nei pressi di Beit Aghion, ovvero la residenza ufficiale del primo ministro a Gerusalemme. L’iniziativa aveva come obbiettivo il concentrare le proteste davanti l’abitazione del capo di stato, ma in un primo momento fu limitata da una scarsa partecipazione.[5]

Il 6 giugno 2020 Nachman tornò nei pressi di Beit Aghion organizzando un presidio dalla durata di 24 ore, come unica protestante. Pochi giorni dopo, il 10 giugno, si unì a lei l’ex generale dell’aeronautica Amir Haskel, che annunciò sui social media l’apertura di un sit-in permanente. Da quel momento il presidio divenne un punto di riferimento per le manifestazioni contro Netanyahu.

La protesta di Balfour riuniva in genere da poche decine a qualche centinaio di persone; con manifestanti che dormivano in sacchi a pelo sul marciapiede, mentre alcuni residenti della zona gli offrivano riparo nelle proprie abitazioni. L’iniziativa prevedeva anche eventi culturali e sociali, tra cui la celebrazione dello Shabbat Kabbalat, concerti, conferenze, spettacoli e meditazioni.


Galleria d'immagini

Contesto

Nell'estate del 2016 un gruppo ristretto di cittadini diede avvio a una serie di proteste individuali. In seguito alla legge francese, nel dicembre 2017, per protesta venne organizzata a Tel Aviv una manifestazione e una parata lungo il Rothschild Boulevard, la nuova legge aveva come obbiettivo l'impedire la possibilità di presentare accuse giudiziarie contro il primo ministro Benjamin Netanyahu. L'iniziativa, chiamata Parata della vergogna, raccolse decine di migliaia di manifestanti.[6]

Note

  1. ^ (EN) ISSN 0362-4331 (WC · ACNP), https://www.nytimes.com/live/2021/06/13/world/israel-knesset-bennett-lapid-netanyahu.
  2. ^ (EN) https://www.haaretz.com/israel-news/elections/2021-06-13/ty-article-magazine/.premium/great-joy-but-even-worse-anxiety-one-last-night-with-anti-netanyahu-protesters/0000017f-f2ca-d487-abff-f3feaf2b0000?lts=1695142213242.
  3. ^ (EN) Bar Peleg e Nir Hasson, Anti-Netanyahu Protests Have No Leaders. That's Why They're Getting Stronger, su Hareetz.com, 2 agosto 2020. URL consultato il 24 agosto 2025.
  4. ^ a b (EN) Anat Peled e Aaron Boxerman, At anti-Netanyahu protests, no clear leaders — and that’s how activists like it, su TimesofIsrael.com, 30 giugno 2020. URL consultato il 24 agosto 2025.
  5. ^ (EN) Toi Staff e Aaron Boxerman, Hundreds demonstrate against Netanyahu near his official residence, again, su TimesofIsrael.com, 17 luglio 2020. URL consultato il 24 agosto 2025.
  6. ^ (EN) Meged Gozany, Tens of Thousands of Israelis Join 'March of Shame’ Against Netanyahu in Tel Aviv, su Haaretz.com, 2 dicembre 2017. URL consultato il 24 agosto 2025.

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