Donatello Stefanucci, Autoritratto (1978); Pinacoteca comunale di Cingoli. In basso a destra la firma: D. Stefanucci 1978.

Donatello Stefanucci (Cingoli, 22 gennaio 1896Fano, 20 ottobre 1987) è stato un pittore italiano.

Biografia

Giovinezza

Nato in una famiglia di lunga tradizione d'arte, giovanissimo è introdotto al disegno e alla pittura dal padre, Federico, poliedrica figura d'artista e di uomo di cultura, che ne indovina l'innato talento[1]. Come scriverà infatti più tardi un autorevole critico d'arte:

«Che Donatello Stefanucci sia nato pittore potrebbero attestarlo le mille persone che in Cingoli lo videro tracciar pupazzetti fin dal primo momento che seppe tenere un lapis in mano»

Appena adolescente inizia il suo apprendistato artistico al seguito di Francesco Ferranti, in vari cantieri, di committenza ecclesiastica e patrizia, in territorio marchigiano[2].

Compie gli studi all'Accademia di belle arti di Roma, conseguendovi l'abilitazione all'insegnamento del disegno[3].

All'indomani della prima guerra mondiale, rientrato a Cingoli, riprende i pennelli in mano: "molto tempo dedicando a un esercizio proficuo, già esercitato prima della guerra, quello di affrescare grandi zone di muro"[4].

In un imprecisato periodo tra gli ultimi anni ’10 e i primi anni ’20, si congeda da Cingoli per trasferirsi nel Lazio, ivi soggiornando per circa un biennio, sostando a lungo nei pressi di Grottaferrata. Qui approfondisce l'uso e la tecnica del colore, "più mediante l'esempio che la parola"[4], dal pittore e paesaggista Andrea Tavernier. Da quest’ultimo - come ha scritto Luca Pernici - Stefanucci trae la passione e la voga per la pittura en plein air: una tendenza, ma in fondo un’idea del dipingere, dalla quale egli mai recederà; che sarà anzi con continuità un tratto saliente della sua poetica pittorica e del suo fare pittura[5].

Maturità

Conseguentemente all'esperienza laziale il pittore torna nella città natale "padrone di una tavolozza totalmente trasformata"[4].

A questo periodo, tra i suoi più felici, data l’avvio delle partecipazioni a importanti esposizioni e concorsi: Roma, Milano, Firenze, Fiume, Rovigo, Bologna. L’Esposizione Nazionale della Reale Accademia di Brera, l’Esposizione Internazione d’Arte di Fiume, l’Esposizione nazionale degli artisti a Palazzo Pitti in Firenze, in Roma varie edizioni della Biennale Internazionale d’Arte e dell’Esposizione Nazionale “Amatori e Cultori” e sempre nella capitale la I Mostra Nazionale del Paesaggio italiano, la I Mostra d’arte pura di Rovigo, a Bologna la II Mostra Nazionale del Paesaggio italiano e molte altre.

 
Donatello Stefanucci, “Montagne Picene” (1924); tempera su tela, 197×96 cm, collezione privata, Roma

Da ricordare la partecipazione nel 1924 alla II Biennale Internazionale d’Arte, dove una sua opera dal titolo “Montagne Picene” fu definita dal pittore e critico Onorato Carlandi «la più bella di quante ne ospitasse la mostra»[2].

Durante questi stessi anni, che lo vedono impegnato in una importante produzione al cavalletto, non trascura l'attività della pittura muraria.

«Permanendo l'amore del muro egli compie notevoli cicli di decorazione civile in Cingoli e fuori.»

Da ricordare l’impegnativo ciclo pittorico del catino absidale della cattedrale cingolana di Santa Maria Assunta, all'interno del grande cantiere di decorazione e abbellimento dell'interno del duomo di Cingoli: cantiere di cui Donatello Stefanucci ebbe l'onere della direzione, e che si protrasse dal 1937 al 1939. L'opera, dedicata all'Assunta, è portata a termine nel 1939[2][5]. Di tale ciclo pittorico si conserva, esposto nella Pinacoteca comunale di Cingoli, il modello in scala su sopporto ligneo che il pittore presentò alla committenza [5].

 
Donatello Stefanucci, Cingoli Balcone delle Marche Stazione Climatica Estiva Posizione Incantevole Panorami Sconfinati (1934), Pinacoteca Comunale, Cingoli

Gli anni ‘20 e ‘30 vedono Cingoli impegnata in un’ambiziosa politica di promozione turistica[6]. Condividendo il fervore dilagante in città, egli mette a disposizione la sua arte. Ne usciranno tra le sue opere più iconiche, tra cui il manifesto per la stagione estiva 1934: "Cingoli Balcone delle Marche Stazione Climatica Estiva Posizione Incantevole Panorami Sconfinati"[5].

Trasferimento a Fano

Nel 1940, per ragioni molteplici e tutt’oggi in gran parte ignote, Stefanucci lascia, per sempre, Cingoli. Si trasferisce a Fano, città a cui è legata tutta la seconda parte della sua vita. Il 23 ottobre 1941 vi sposa la fanese Rina Maroncelli.

A Fano all’attività artistica affianca quella didattica, quale docente presso il locale Istituto d’Arte, oggi Liceo artistico Nolfi Apolloni.

Nella città adriatica, dando veste anche formale ad un legame stretto nel frattempo con alcuni pittori locali – «fanesi per nascita o per adozione» – fonda con questi, nella tarda estate del 1945, la "Accolta dei 15": un «cenacolo di artisti impegnati ad operare per la diffusione della pittura», «aperto ai liberi di spirito in ogni epoca e per ogni incontro nell’arte»: il più importante sodalizio artistico della Fano del pieno e secondo Novecento[7].

Dipinge, con quella fecondità e passione che sempre l’animarono, fino alla morte, che sopravviene, per complicazioni seguite ad una caduta, nella notte tra il 19 e 20 ottobre 1987. Il suo corpo è tumulato nel cimitero urbano di Fano.

In occasione delle esequie il critico d’arte fanese Marcello Francolini - dando espressione al riconoscimento tributato negli anni dalla città di Fano all’artista e all’uomo - scriverà:

«Se ne è andato di notte, in punta di piedi, senza disturbare nessuno, così come aveva sempre fatto in vita: vita che tutta aveva dedicato all’arte e alla pittura, nonché all’insegnamento di queste. A lui noi fanesi dobbiamo molto, non solo per ciò che ci ha dato, ma per il tanto che ci ha insegnato: e cioè la modestia, il rigore professionale, la serietà e la severità degli intenti.»

Pochi giorni prima della morte, forse con l’intento di rimarginare quella ferita apertasi tanti anni prima con la sua città, «l’amore per la quale in lui non si era mai sopito», dispose, quale lascito, una importante donazione di suoi dipinti al Comune di Cingoli. Ciò anche con il fine di favorire l’istituzione sul “Balcone delle Marche” di una civica pinacoteca: idea – in Cingoli molti anni prima a lungo dibattuta e da «cittadini cospicui e colti» promossa – a cui egli stesso, e avanti lui suo padre, aveva concepito e sostenuto[5].

Nell’autunno 1988, nella ricorrenza del primo anniversario della sua morte, Cingoli gli tributa il meritato riconoscimento intitolandogli la neo-istituita Pinacoteca comunale[2].

Giudizi critici

  • Remigio Strinati in: "Giovane Arte Picena Contemporanea", Roma - Edizioni E. Pinci, [1927], pp. 80-82: «Ci sono, nella pittura dello Stefanucci, rivolta quasi esclusivamente al paese, benché egli sappia far non men bene la figura ne’ rari casi in cui s'induce a trattarla, delle qualità che debbono dirsi istintive perché non solo costanti in ogni suo quadro, anche dall’anteguerra, ma perché in continuo incremento attraverso l'esercizio e l'esperienza: alludiamo alla cristallina purezza dell'impasto, alla levità aerata delle ombre, all'equilibrio dei rapporti, alla consistenza del chiaroscuro, al taglio decorativo, e specialmente all'irradiazione prepotente della luce: frutto, oltre che di un temperamento come nato ad hoc, del dipingere, senza eccezione, all'aria aperta, a valle e a monte, in ogni stagione, in ogni ora del giorno.»
  • Valerio Volpini in: "Donatello Stefanucci, Fano 19 luglio-14 agosto 1987", brochure della mostra: «Stefanucci appartiene a quella categoria di creatori che non lasciano indifferenti perché nella coerenza della costruzione, nella giustezza della luce coloristica, nell’immediatezza dei segni trasmette vigorose suggestioni. Quella di Stefanucci forse non è una “bella pittura” nel senso dell’amabilità che spesso fa colpo ma è una “forte pittura” che si lega alla non ancora completamente valorizzata tradizione ottocentesca italiana. Quello che egli ci ha dato è una continuità del linguaggio espresso senza finzioni e senza tentennamenti. Ha mantenuto nei suoi lunghi anni di lavoro una giovinezza perenne: la giovinezza che è propria della poesia.»
  • Marcello Francolini in: "L’ultima mostra di Donatello Stefanucci prima della morte": «La sua è una pittura ancora legata a certi valori dell’ottocento italiano, dove si ritrova il gusto del paesaggio, del colore, del rigore nella costruzione, dell’immediatezza dell’immagine. Nulla è lasciato al caso, nulla v’è di soprappiù: sia nei paesaggi. sia nella figure umane, sia negli squarci di strade e vicoli. Forse i colori usati, con il passare degli anni, hanno cambiato contenuto e significato; ci sono differenze, infatti, tra le opere dipinte prima del secondo conflitto mondiale e quelle degli ultimi tempi: essi si sono fatti più caldi, più morbidi, più pastosi, più lucenti e brillanti come nelle nevicate, nei fiori di casa, nei tagli obliqui di palazzi e giardini. Il suo mondo, in fondo è il “nostro mondo”, perché Stefanucci, da sempre, ritrae la vita di tutti i giorni, le immagini quotidiane e familiari, i paesaggi comuni: il mare, la collina, lo squero e l’Arzilla, le stradine del centro antico, le vecchie chiese.»
  • Luca Pernici in: Donatello Stefanucci. Pittore, in: Luca Pernici, Pinacoteca comunale "Donatello Stefanucci". Cingoli nell'Arte del Novecento, Cingoli 2025, pp.15-27: «La Cingoli degli anni '30 fa da scena a uno dei periodi più intensi e proficui della sua vicenda artistica: dove la terra natìa diviene soggetto pittorico non solo precipuo, ma, in qualche modo, esclusivo. Ciò con intento in senso forte artistico. C’è la grande tradizione del vedutismo, ma c’è insieme un senso tutto nuovo, assolutamente novecentesco, del vedere. Il tentativo che vi si indovina è quello di porre sulla tela, invocandola tramite il gesto pittorico, l’anima del luogo; negli scorci invasi di luce, nelle ombre lunghe sui muri, come nel bianco pastoso degli studi sulle nevicate o nel verde profondo dei boschi di là verso occidente, così come nelle rosa-azzurre lontananze dei cieli che s’aprono sopra i tetti cittadini, e oltre questi, verso l’altro azzurro adriatico, oltre quel «mare di colline ondose» che sono le Marche, ecc… ecc… c’è forte il riferimento, la nostalgia verrebbe da dire, a un Altrove, a una Cingoli oltre Cingoli, che nel paesaggio si cela, ma anche si rivela.»

Opere (elenco parziale)

  • Montagne Picene, 1924, Collezione privata, Roma
  • Assunzione al cielo di Maria, 1939, Duomo di Cingoli

(Da completare)

Note

Bibliografia

  • Remigio Strinati, Giovane arte picena contemporanea. Biografie illustrate, Roma 1927, pp. 78-85;
  • Arianna Piermattei, L’Accolta dei Quindici. Percorsi dell’arte in provincia / Fano (1946-1996), Comune di Fano, Carifano, Fano 1996;
  • Pacifico Topa, Donatello Stefanucci, in: D. Bacelli – P. Topa, Cingoli 1944-2002. Vita pubblica e privata, Cingoli 2002, pp. 258-260;
  • Luca Pernici, Federico Stefanucci : "a Donatello accanto nell'esperienze primissime" in: Luca Pernici - Angelica Mogianesi, Donatello Stefanucci. La collezione comunale cingolana. Catalogo, Cingoli 2012, pp. 14-25;
  • Luca Pernici, Donatello Stefanucci, in: Luca Pernici - Angelica Mogianesi, Donatello Stefanucci. La collezione comunale cingolana. Catalogo, Cingoli 2012, pp. 27-47;
  • Luca Pernici, Donatello Stefanucci. Pittore, in: Luca Pernici, Pinacoteca comunale "Donatello Stefanucci". Cingoli nell'Arte del Novecento, Cingoli 2025, pp.15-27;
  • Luca Pernici, Cingoli - Gli anni del fascismo: infrastrutture, valorizzazione turistica, fermenti culturali in: Atlante storico delle città italiane – Marche - Cingoli, a cura di Francesca Bartolacci, Macerata, EUM, 2024. pp.15-27;

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