Musica partica
La musica partica comprende la musica suonata durante l'impero dei Parti, esistito dal 247 a.C al 224 d.C, periodo in cui la musica ebbe un ruolo di primo piano.
La musica partica era presente nelle feste, nei matrimoni, nell'istruzione, nelle guerre e in altri incontri sociali.[1] Le testimonianze artistiche sopravvissute indicano che coinvolgeva sia uomini che donne, che potevano essere strumentisti o cantanti. Insieme alla musica più antica dei precedenti Medi, Assiri e in particolare del periodo achemenide, la musica dei Parti fu fondamentale nel gettare le basi per l'età d'oro della successiva musica sasanide.
Contesto storico
modificaA causa della scarsità di documenti sopravvissuti, è impossibile creare una descrizione completa della musica più antica in Persia.[2] La musica esiste in Persia almeno fin dal 3300-3100 a.C. durante il periodo Elam, ovvero da quando sono datate le prime rappresentazioni artistiche di arpe ad arco.[3] Durante l'impero achemenide, sviluppatosi attorno al 550-330 a.C., sopravvivono ancora relativamente pochi documenti.[3] Alcune speculazioni e prove aneddotiche suggeriscono la presenza di cori femminili.[3] Durante questo periodo emerge la figura del gōsān, un poeta-musicista di corte, che diventerà figura centrale nella musica partica.[4]
L'impero partico fu una delle principali potenze politiche e culturali dell'antico Iran, esistito a partire dal ca. 247 a.C. al 224 d.C.[1] Al suo apice, il suo territorio copriva l'odierna Siria, l'India e il Mar Caspio fino al Golfo Persico.[1] Le fonti testuali native dei Parti sono minime e le principali fonti dirette a noi pervenute includono monete partiche o testi generalmente scritti in cuneiforme usando la lingua aramaica o greca, e meno spesso in latino, partico o ebraico.[5] La maggior parte delle informazioni sull'Impero partico provengono da commentatori stranieri, in particolare greci e romani.[5] Questi resoconti sono spesso inaccurati e fortemente parziali, il che ha portato a una visione a lungo sostenuta dei Parti come "incolti e barbari".[1] Tale prospettiva ha a lungo impedito uno studio obiettivo della cultura partica. Anche le testimonianze sulla musica partica sono piuttosto limitate. Tuttavia, le arti visive, i reperti archeologici e i testi storici e letterari, sia partici che stranieri, hanno contribuito ad arricchirne la conoscenza.
Musica partica
modificaTesti e rappresentazioni pittoriche mettono in luce il ruolo di primo piano dei gōsān (menestrelli) nella società partica.[4] Probabilmente originatasi nel periodo achemenide, la figura dei gōsān diventa centrale nell'impero partico.[4] I commentatori greci del tempo li descrivono come figure che intonavano temi panegirici usando una grande varietà di strumenti. Tra questi rientravano strumenti a fiato ad ancia singola e doppia, come il flauto di Pan, il flauto traverso, piccole trombe e l'aulos, nonché strumenti a corda come la cetra, l'arpa, la lira, il liuto e il anbur . Alcuni di questi, come arpe, liuti e lire, ebbero origine in periodi precedenti.
Rispetto al loro rivale nel mondo occidentale, l'impero romano, si sa molto meno dei Parti, ma varie informazioni sulla loro musica possono essere raccolte da alcuni testi storici e letterari. Secondo lo storico greco Plutarco, i gōsān erano soliti lodare gli eroi parti e ridicolizzare quelli romani.[4] Al contrario dei Romani, i Parti utilizzano grandi tamburi per accompagnare la musica, anche in contesi militari per prepararsi alla battaglia.[4]
Molti strumenti citati nei testi storici e letterari a noi pervenuti sono raffigurati anche nell'arte figurativa partica e la maggior parte sembra derivare da modelli ellenistici conosciuti in Grecia, Roma ed Egitto.[4] Le raffigurazioni più esaustive della musica partica sono scolpite su corni da bevanda in avorio del II secolo a.C., rinvenuti nell'antica capitale partica di Nisa, vicino ad Asgabat, nell'attuale Turkmenistan. Queste incisioni mostrano come l'aulos, la cetra (kithara) e il flauto di Pan (syrinx) venissero suonati durante le danze dionisiache, le processioni rituali e le offerte sacrificali, nonché durante le rappresentazioni teatrali.[4]
I musicisti venivano spesso raffigurati anche su tavolette di terracotta. Tavolette simili provenienti da Babilonia mostrano arpa, liuto, tamburello, flauto di Pan, lira e battaglio.[4] Diverse statuette in bronzo provenienti dall'Eufrate mostrano un doppio aulos e un flauto di Pan insolitamente lungo.[4] Tavolette in osso risalenti al I o II secolo d.C., raffigurano ballerine, musicisti e acrobati. Un tempio a Hatra nell'odierno Iraq presenta un fregio in pietra, datato II secolo d.C., con una processione nuziale.[4] Tra i celebranti c'è un cantante circondato da musicisti che suonano tamburelli, un flauto di Pan a 13 canne, un flauto traverso, flauti a doppia e singola ancia e una tromba.[4]
Verso la prima metà del II secolo, la musica partica viene altamente influenzata dalla musica cristiana, in quanto la liturgia siriaca orientale era praticata nella vicina Siria romana (l'odierna Urfa, in Turchia).[3]
Fonti
modificaLe informazioni sull'uso della musica partica provengono da vari testi partici,[6] resti archeologici e scritti di autori greci e romani.[3][1] Ciò che è rimasto delle arti visive dell'epoca illustra vari strumenti, musicisti e orchestre, raffigurati in placche di terracotta, alto- e bassorilievi.[3][1] La massior parte di questi oggetti provengono generalmente dai siti archeologici di Hatra o Nisa.[1]
Strumenti e occasioni
modificaIn generale, la maggior parte degli strumenti partici sembra essere basata su quelli greci, romani ed egizi.[3]
Le raffigurazioni visive indicano che strumenti come l'aulos, la cetra e il flauto di Pan (syrinx) erano utilizzati nel teatro, nei sacrifici, nelle danze dionisiache e in altri rituali, testimonianze confermate anche dallo storico romano Erodiano.[3]
Elementi specifici
modificaPercussioni
modificaIl tamburo rhoptron è tra gli strumenti più noti della musica partica.[7] Secondo Plutarco, grandi tamburi venivano usati in guerra dai Parti.[3] Il musicologo Mathiesen osserva che, sebbene lo strumento viene spesso tradotto come tamburello, in realtà assomiglierebbe più ad un rullante.[8]
Gōsān
modificaSulla base di varie rappresentazioni testuali e artistiche, il gōsān (menestrello) sembra una figura di rilievo nella società partica.[3] Probabilmente sviluppatasi nel periodo achemenide, il gōsān è un poeta-musicista che si accompagna da una grande varietà di strumenti.[6] Non si conosce molto sulla loro formazione e sopravvivono pochissimi esempi delle loro creazioni musicali.[6] Sulla base di testimonianze successive, le loro canzoni erano solite lodare i re e gli eroi di un tempo, e non esitavano a ridicolizzare i Romani per le loro canzoni considerate scurrili.[6]
Influenze
modificaLa musica partica, insieme a quella degli achemenidi, dei Medi e degli Assiri, getta le basi per la successiva musica sasanide.[2] La tradizione dei gōsān continua, difatti, anche nell'impero sasanide, in cui la musica persiana raggiunge il suo apice.[3]
Secondo gli storici, le canzoni pratiche continuano ad essere cantate per molto tempo dopo la caduta dell'Impero, in particolare nelle parti nord-orientali dell'odierno Iran.[3] Queste canzoni potrebbero aver influenzato o essere state incluse anche nel poema Shahnameh di Firdusi.[3]
Si suppone che la tradizione partica del gōsān abbia avuto un'influenza sostanziale sulla musica armena, dove si sviluppò un'arte simile. Il gōsān armeno, infatti, predilige temi simili, anch'esso accompagnato con vari strumenti musicali.[3]
Note
modifica- ^ a b c d e f g (EN) Uwe Ellerbrock, The Parthians : The Forgotten Empire, in Taylor & Francis, 24 marzo 2021, DOI:10.4324/9781003038559/parthians-uwe-ellerbrock. URL consultato il 27 settembre 2025 (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2023).
- ^ a b (EN) Jean During e Zia Mirabdolbaghi, The Art of Persian Music, Mage Publishers, 1991, ISBN 978-0-934211-22-2. URL consultato il 27 settembre 2025.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n Bo Lawergren, Parthian Empire, collana Oxford Music Online, Oxford University Press, 2001, DOI:10.1093/gmo/9781561592630.article.20973. URL consultato il 27 settembre 2025.
- ^ a b c d e f g h i j k (EN) MUSIC HISTORY i. Pre-Islamic Iran, su Encyclopaedia Iranica. URL consultato il 27 settembre 2025.
- ^ a b (EN) Malcom A.L. Colledge, The Parthians, Thames and Hudson, 1967.
- ^ a b c d (EN) Mary Boyce, The Parthian Gōsān and Iranian Minstrel Tradition, in Journal of the Royal Asiatic Society, vol. 89, n. 1-2, 1957-04, pp. 10–45, DOI:10.1017/S0035869X0010735X. URL consultato il 27 settembre 2025.
- ^ Valerii P. Nikonorov, The Use of Musical Percussion Instruments in Ancient Eastern Warfare: the Parthian and Middle Asian Evidence. URL consultato il 27 settembre 2025.
- ^ Thomas J. Mathiesen, Greece, su www.oxfordmusiconline.com. URL consultato il 27 settembre 2025.