Minotauro

figura mitologica
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Il Minotauro (in greco antico: Μινώταυρος?, Minṓtauros) o Asterion[1][2] (in greco antico: Ἀστερίων?, Asteríōn) è un personaggio della mitologia greca.

Minotauro
Kylix, ca. 515 a.C., Museo archeologico nazionale di Spagna
Nome orig.Μινώταυρος (Minṓtauros)
Lingua orig.greco antico
Caratteristiche immaginarie
Luogo di nascitaCreta

Etimologia

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Il termine "Minotauro" deriva dal greco antico Μῑνώταυρος (Minṓtauros) che viene ottenuto da Μίνως (Minṓs, che significa "Minosse" il re di Creta) e ταῦρος (tauros, che significa "toro") ovvero "Toro di Minosse".

"Asterion anch'esso deriva dal greco antico, Ἀστερίων (Asteríōn) significa "stellare" od "astro".

Genealogia

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Figlio del Toro di Creta[1] e di Pasifae.[1]

Non sono note sue eventuali progenie.

Quando Pausania lo chiama "Asterione il figlio di Minosse" probabilmente si riferisce ad "Asterio appartenente a Minosse" o che la gente del luogo lo cita come "della casa di Minosse".[2]

Mitologia

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Il personaggio del Minotauro rappresenta il cattivo della storia dei buoni e, se non c'è un cattivo, la storia dei buoni non può esistere. Del Minotauro non c'è un mito dedicato a lui ma ci sono i miti dei personaggi che sono attorno a lui. Ecco perchè questa voce cita più spesso gli altri personaggi anziché il suo nome.

Aveva il volto di un toro, ma il resto del suo corpo era umano[3][1] e nacque per volere di Poseidone che intendeva punire Minosse[1] oppure per volere di Afrodite (che il latino Igino chiama Venus) che voleva punire Pasifae perché da lungo tempo non la onorava.[3]

Dopo la morte di Asterio (che non aveva un erede), Minosse volle regnare sull'isola di Creta. Pur di ottenere il regno, sostenne che gli dei gli avevano donato il destino di quel regno ed aggiunse che qualsiasi cosa gli fosse stata chiesta lui l'avrebbe esaudita. Minosse quindi fece un sacrificio a Poseidone pregando che un toro emergesse dal mare e promise che lo avrebbe sacrificato, ma quando quel toro emerse dal mare e Minosse ottenne il regno di Creta, egli cambiò idea, non rispettò il giuramento fatto ed aggiunse quel toro alle sue mandrie anziché sacrificarlo. Quel toro era il Toro di Creta.

Offeso, Poseidone rese quel toro selvaggio e fece in modo che Pasifae, la moglie di Minosse, si innamorasse perdutamente dell’animale. La donna, attratta dal toro, volle essere la sua vacca e incaricò Dedalo di costruirle una vacca di legno in grado di contenerla, supina, disponibile e pronta per l'accoppiamento. Dedalo cucì quella vacca di legno in un manto di una vacca vera e la pose in un prato dove quel toro era solito pascolare. Pasifae si fece introdurre in quella vacca di legno ed il toro venne in quella posizione. Così Pasifae restò incinta e nove mesi dopo diede alla luce Asterio, che fu chiamato il Minotauro.[1]

Nutrito con la carne di sette giovani maschi e sette ragazze Ateniesi (pretesi da Minosse), il Minotauro fu rinchiuso nel labirinto di Cnosso,[4] un luogo nel quale chi vi fosse entrato non avrebbe più trovato l'uscita.[5]

Uccisione

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Teseo ed il Minotauro, Étienne-Jules Ramey, 1826. Giardino delle Tuileries (Parigi)

Teseo fu annoverato tra coloro che dovevano essere inviati come terzo tributo al Minotauro[6] (oppure si offrì volontariamente)[3] e quando giunse a Creta, la figlia di Minosse (Arianna) s'innamorò di lui e gli promise di aiutarlo se lui in cambio l'avesse portata ad Atene. Così Teseo ottenne che lei chiedesse a Dedalo dove fosse locata l'uscita introvabile del Labirinto e Dedalo diede la risposta.[6]

Arianna diede a Teseo una chiave con cui aprire la porta del labirinto ed una volta raggiunta la stanza più remota vi trovó il Minotauro e lo uccise colpendolo con i pugni.[6]

Significati dietro al mito

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Dietro il mito si celano anche particolari significati che i Greci attribuivano ad alcuni elementi del racconto. Ad esempio il termine Minosse, attribuito al re di Creta, è designato da alcuni studi non come il nome del solo re di Cnosso, ma come il termine genericamente utilizzato per indicare "i sovrani" in tutta l'isola di Creta. Dietro al personaggio del Minotauro si stima la divinizzazione del toro da parte dei Greci, mentre lo sterminato labirinto di Cnosso è simbolo dello stupore provato dai Greci nel vedere le immense costruzioni Cretesi. Alla vittoria di Teseo si attribuisce invece l'inizio del predominio dei Greci sul mar Egeo nonché il trionfo della ragione umana, incarnata da Teseo, sull'istinto animale, rappresentato dal Minotauro.

Il Minotauro nella Commedia di Dante Alighieri

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Dante e Virgilio incontrano il Minotauro (Gustave Doré)
 
La rappresentazione del Minotauro nell'illustrazione di William Blake del dodicesimo canto dell'Inferno
«e 'n su la punta de la rotta lacca
l'infamïa di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca
»

Il Minotauro appare nella Divina Commedia, precisamente nel dodicesimo canto dell'Inferno. È il guardiano del Cerchio dei violenti ed è qui che Dante e Virgilio lo incontrano. Nonostante tenti inizialmente di sbarrare loro la strada, Virgilio riesce ad allontanarlo, e allora il Minotauro comincia a divincolarsi qua e là come un toro.

Allegoricamente, il Minotauro è posto a guardia del girone dei violenti, perché nel mito greco esso simboleggia proprio la parte istintiva e bestiale della mente umana, quella che ci accomuna agli animali (la «matta bestialità») e ci rende inconsapevoli. I violenti sono proprio quei peccatori che hanno peccato cedendo all'istinto e non hanno seguito la ragione. Per la teologia cristiana rappresenta un grave peccato, perché mentre agli animali non si può dare alcuna colpa, perché fanno ciò che è necessario per sopravvivere e nulla più, l'uomo dovrebbe usare la ragione per non compiere atti di pura crudeltà. La scena di Virgilio che vince il Minotauro rappresenta allegoricamente il trionfo della ragione sull'istinto.

Nella Divina Commedia è presente inoltre un accenno a Pasifae, madre del Minotauro, nel ventiseiesimo canto del Purgatorio, dedicato al vizio dei lussuriosi. Pasifae vi è citata due volte, come emblema dell'animalità del peccato di lussuria: Dante la definisce con eloquente sintesi "colei / che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge".[7]

  1. ^ a b c d e f (EN) Apollodoro, Biblioteca, libro 3.1.3 e 3.1.4, su theoi.com. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  2. ^ a b (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia, libro 2.31.1, su theoi.com. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  3. ^ a b c (EN) Igino, Fabulae, 41, su topostext.org. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  4. ^ (EN) Pausania, Periegesi della Grecia, 1.27.100, su theoi.com. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  5. ^ (EN) Apollodoro, Biblioteca, libro 3.15.8, su theoi.com. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  6. ^ a b c (EN) Apollodoro, Biblioteca, Epitome 1.7 e seguenti, su theoi.com. URL consultato il 6 ottobre 2025.
  7. ^ Purgatorio, Canto XXVI, vv. 41-42, vv. 86-87

Bibliografia

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Fonti secondarie

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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