Ermanno Di Marsciano (Terni, 12 settembre 1899Besana in Brianza, 1984) è stato un politico e prefetto italiano.

Ermanno Di Marsciano

Consigliere nazionale del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1939 –
2 agosto 1943
LegislaturaXXX[1]
Gruppo
parlamentare
Membri del Consiglio nazionale del PNF
Ermanno Di Marsciano

Capo della Provincia di Rieti
Durata mandato25 ottobre 1943 –
8 giugno 1944
PredecessoreGiulio Cesare Rizza
SuccessoreMichele Galatà[2]

Capo della Provincia di Imperia
Durata mandatogiugno 1944 –
26 aprile 1945
PredecessoreFrancesco Bellini


Biografia

Nato nel 1899, fu uno dei Ragazzi del '99 che combatterono nella prima guerra mondiale. Una volta congedato, per necessità familiari, cominciò a lavorare in banca, abbandonando gli studi universitari.

Prese parte alla marcia su Roma.[1]

Esponente di spicco del Partito nazionale fascista, fu eletto deputato per il collegio unico nazionale ai elezioni politiche in Italia del 1929 e del 1934. A partire dal 1939 fino alla caduta del fascismo del 1943, fu membro della Camera dei fasci e delle corporazioni.

Fu Federale del PNF della provincia di Perugia. Nel 1939 fu trasferito con il medesimo incarico ad Agrigento. Nel maggio del 1943, con lo stesso incarico, fu trasferito a Rieti.

Prefetto di Rieti

Alla caduta del Fascismo nel luglio 1943 tornò nei ranghi militari nel 5º Reggimento bersaglieri e poi nel 18º Reggimento bersaglieri[3] ma subito dopo l'armistizio dell'8 settembre da Roma ritornò a Rieti dove riaprì la sede del Partito Nazionale Fascista diventandone federale (poi Partito Fascista Repubblicano), con l'avvento della Repubblica Sociale Italiana; il 25 ottobre fu nominato Capo della Provincia di Rieti.[4]

Distinse la provincia di Rieti nella consegna ai tedeschi dei pochi ebrei internati in provincia; con richiesta di arresto del 25 Novembre anticipò l'Ordine di Polizia n.5. I 14 ebrei (tra cui 5 bambini di meno di 6 anni) furono deportati al campo di concentramento di Fossoli il 6 Gennaio 1944.

Nella provincia di Rieti alle sporadiche azioni partigiane che avevano causato alcuni morti tra le truppe tedesche si sostituiscono 1l 1° marzo nuove azioni coordinate dalla Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci contro i presidi della Gnr di Morro Reatino, Labro, Collalto, Rivodutri, Poggio Bustone, Cantalice, Cottanello, Greccio, Posta, Borbona, Sigillo, Vindoli, Accumoli e Cittareale che durano alcuni giorni.[5] Il 2 marzo viene disarmato il presidio di Rivodutri e il 3 è occupata la caserma di Poggio Bustone. Il 10 marzo le forze di polizia al comando del questore di Rieti Bruno Pannaria e del vice commissario Vincenzo Trotta, con l'ausilio del capitano Mario Tandurri della GNR occupano Poggio Bustone. Ma giunti in paese furono colti di sorpresa dalla reazione dei partigiani che dispersero le forze di polizia. Il questore Pannaria guidò l'ultima sacca di resistenza all'interno di una abitazione insieme al vicommissario Trotta e tre militi della GNR.[6] L'uccisione di costoro, ormai presi prigionieri da parte dei partigiani, pur non sufficientemente documentata, ha spinto alcuni storici a sollevare valutazioni di ordine morale su questo episodio.[7] Alla fine della giornata i reparti repubblicani contarono sedici caduti fra le proprie fila.[8]Il 16 marzo i partigiani entrarono anche in Leonessa[9]

La “Grande operazione contro le bande”

Di Marsciano costituì un ottimo ufficio informazioni con una struttura molto capillare che affidato al tenente dell’esercito Giacomo Esposito (nato a Codiach, in Russia) e del maggiore Giovanni Vincenti Mareri tramite una rete di infiltrati reperirono informazioni sulle forze partigiane da passare ai tedeschi.[10] Grazie alle competenze del proprio unfficio informazioni Di Marsciano prese parte alla pianificazione delle operazioni di controguerriglia, in collaborazione con
i tedeschi, creando una estesa rete di informatori che culminò in uno dei più estesi rastrellamenti dell'Italia centrale noto come la Grande operazione contro le bande (Grossunternehmen gegen die Banden), denominata ufficialmente Operazione "Uovo di Pasqua",[11] che si svolse tra le provincie di Terni, Rieti e Perugia dal 31 marzo al 14 aprile 1944.[12] L'operazione fu condotta da reparti tedeschi che costituirono il gruppo di combattimento “Schanze” e da reparti italiani della RSI.

il 31 marzo il rastrellamento predisposto dal prefetto Di Marsciano investì prima i paesi di Labro, Morro Reatino e Rivodutri. A Morro Reatino circa 20 persone sono uccise per rappresaglia. Tra il 1° e il 2 aprile sono investite anche Rivodutri e Poggio Bustone dove avvengono devastazioni e requisizioni mentre vengono catturati 167 uomini ed uccisi coloro che tentano di fuggire. Cadono così 11 partigiani e 9 civili. Poggio Bustone, per decisione del prefetto Di Marsciano, è data alle fiamme come rappresaglia per i fatti del 10 marzo.[13] Tra il 3 e il 7 aprile i tedeschi raggiungono Leonessa. Qui dove i partigiani avevano fucilato il commissario prefettizio fascista Francesco Pietramico[14] avvengono gli arresti sulla base di nominativi forniti da fascisti e da delatori. Il 7 aprile 23 prigionieri vengono fucilati, tra loro il parroco don Concezio Chiaretti.[15]

Le operazioni di rastrellamento provocarono l'eccidio del monte Tancia, delle Fosse reatine e di Leonessa. In previsione dell'imminente sfondamento delle truppe alleate del fronte si intendeva così liberare le retrovie dalla pressione partigiana per consentire la ritirata sulla Linea gotica.[16]. Di Marsciano relazionò sul buon andamento delle operazioni di rastrellamento: «Est stata rastrellata zona Monte Tancia infestata ribelli. Ribelli uccisi circa cento et rastrellate 220 persone. Finalmente Provincia libera bande ribelli».[17] Secondo il Comando tedesco i caduti sul fronte opposto furono più di trecento, mentre gli autori del Dizionario della Resistenza conteggiano 650 vittime, di questi è difficile distinguere quali fossero le vittime civili e i combattenti.
D'altro canto i caduti tra i tedeschi e i fascisti repubblicani furono circa 180.[18]

Alla liberazione di Rieti nel giugno del 1944 Di Marsciano divenne Capo della Provincia di Imperia, dove rimase fino al 25 aprile del 1945.

Il dopoguerra

All'indomani del 25 aprile 1945 trovò rifugio presso il Convento di Montesanto a Todi dove fu arrestato il 1º febbraio 1947 dai carabinieri.

Processato a Roma nel giugno del 1950, dopo ben 3 anni di indagini, con l'accusa di essere stato il mandante responsabile del rastrellamento di Poggio Bustone, dell'Eccidio del Monte Tancia nel comune di Monte San Giovanni in Sabina, l'Eccidio delle Fosse reatine e la Strage di Leonessa, nel 1950 fu inizialmente condannato all'ergastolo[19]. In particolare tutti gli episodi che videro di Marsciano implicato furono accorpati in un unico processo che concluse il 3 dicembre 1949 di «non doversi procedere in ordine ai delitti di concorso in omicidio e saccheggio e devastazione, per insufficienza di prove […] E in ordine ai delitti di collaborazionismo militare, furto, lesioni e rapina, per essere tali reati estinti per amnistia».[20]

Il 5 dicembre 1952 la Corte d'appello di Roma ridusse la pena a trent’anni, di cui ventuno subito condonati, e fu scarcerato il 23 dicembre 1953 in virtù dell'Amnistia Togliatti. Il 20 ottobre 1959 furono revocate anche le misure di sicurezza relative alla libertà vigilata.[21]

Nel 1956 gli fu offerto l'incarico di Amministratore delegato della GIOMI, una società di ospedali ortopedici romana, in cui lavorò fino al 1980, quando, per le difficili condizioni di salute della moglie, andarono ad abitare a Besana in Brianza, in casa di una figlia. Lì morì nel 1984.

Note

  1. ^ https://storia.camera.it/deputato/ermanno-di-marsciano-18990912
  2. ^ https://prefettura.interno.gov.it/it/prefetture/rieti/prefettura/prefetto/albo-dei-prefetti
  3. ^ https://www.micropolisumbria.it/un-fascista-zelante/
  4. ^ http://storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoloreslazio/cronoreslaz7.html
  5. ^ http://storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoloreslazio/cronoreslaz7.html
  6. ^ https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/POGGIO%20BUSTONE%2010.03.1944.pdf
  7. ^ https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/POGGIO%20BUSTONE%2010.03.1944.pdf
  8. ^ https://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/schede/POGGIO%20BUSTONE%2010.03.1944.pdf
  9. ^ http://storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoloreslazio/cronoreslaz8.html
  10. ^ https://www.micropolisumbria.it/spie-fasciste-impunite/
  11. ^ https://www.leonessa.org/2016/7_Aprile/ricordo.htm
  12. ^ https://www.micropolisumbria.it/un-fascista-zelante/
  13. ^ http://storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoloreslazio/cronoreslaz8.html
  14. ^ https://laprovinciarieti.it/2024/04/07/a-leonessa-la-celebrazione-dell80-eccidio-del-1944-con-il-sindaco-gizzi-una-delegazione-anpc-e-il-deputato-trancassini/
  15. ^ http://storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoloreslazio/cronoreslaz8.html
  16. ^ https://www.micropolisumbria.it/un-fascista-zelante/
  17. ^ Atlante Stragi Nazifasciste: Episodio di MONTE SAN GIOVANNI IN SABINA 07.04.1944, Compilatore: ANGELO BITTI, pag 6 (PDF), su straginazifasciste.it.
  18. ^ https://www.micropolisumbria.it/un-fascista-zelante/
  19. ^ AS Roma, Succursale di Via Galla Placidia, Corte di Appello di Roma, II versamento, Corte d’Assise, f. 2928.1, Procedimento contro Di Marsciano Ermanno et al.
  20. ^ https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=1509
  21. ^ https://www.micropolisumbria.it/un-fascista-zelante/

Voci correlate

Collegamenti esterni