Crisi dei rifiuti in Campania

crisi della gestione di rifiuti
Versione del 30 mar 2008 alle 21:13 di Beechs (discussione | contributi) (wikilink)

La situazione dei rifiuti in Campania è uno stato di emergenza che riguarda lo smaltimento della spazzatura a Napoli e nella regione di cui è capoluogo. Si considera in stato di emergenza dal 1994, quando venne nominato il primo Commissario di Governo per risolvere la situazione.

Una discarica a cielo aperto.[1]

Cause

Le cause alla base dell'emergenza rifiuti sono complesse: vi è una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi di non chiara matrice. Pertanto possono essere in parte individuate nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee avvenute solamente dal 2003, nell'inappropriato trattamento dei rifiuti nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti, gestiti e posseduti da società del Gruppo Impregilo, nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate ad una maggiore tutela dell'ambiente, ostruzioni ai piani della Regione da parte della popolazione di alcuni territori e anche da parte della camorra, nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata, ed infine nei livelli di raccolta differenziata molto bassi.

Va peraltro evidenziato che alcuni Comuni campani hanno ottimi tassi di raccolta differenziata: ad esempio Grumo Nevano, tra i comuni più virtuosi, ha raggiunto circa il 62% della raccolta differenziata (1), mentre, secondo l'APAT (dati 2006), il Comune di Casamarciano raggiunge il 49,6%, mentre Santa Maria la Carità e Tufino superano abbondantemente il 44%. Più in generale la provincia di Salerno e quella di Avellino sono attorno al 20% (21,3 e 19,3%) mentre la Provincia di Napoli si ferma ad un misero 8%. [2]

Al di la delle cause veramente tecniche, va sottolineato come l'emergenza rifiuti sia un settore di introito per la camorra napoletana anche maggiore rispetto al traffico della droga o del pizzo, pur tuttavia sottolineando come spesso si faccia riferimento al fattore malavitoso con lo scopo di coprire altre responsabilità e come alibi giustificatorio al non intervento o all'intervento straordinario. Si comprenderà così, come, quante e di quale entità siano le pressioni che esercita la mala-vita organizzata sulle istituzioni e sulla politica che si è dimostrata sinora incapace di contrastare questi interessi, quando non li abbia invece coadiuvati.

Appalto per lo smaltimento dei rifiuti in Campania

Nel 2000 la Fibe vinse l'appalto per l'intero ciclo dello smaltimento dei rifiuti in Campania. La Fibe (sigla ottenuta dai nomi delle imprese Fisia, Impregilo, Babcock Envinronment GmbH, Evo Oberrhausen), vedeva come capofila la Fisia, controllata del gruppo Impregilo. La società vinse l'appalto semplicemente perché aveva offerto una più rapida soluzione del problema dei rifiuti e la consegna degli impianti di un termovalorizzatore nello stesso anno, non perché il progetto presentato fosse qualitativamente migliore[3]. Attualmente è in corso un processo della magistratura di Napoli sulle conseguenze di questo appalto che di fatto hanno ritardato la soluzione del problema[4].

Problemi

Dal 1994 fino ad oggi, ripetendosi in più periodi, i rifiuti solidi urbani non sono raccolti perché le aree di smaltimento sono sature, in alcuni casi poste sotto sequestro dalla magistratura o bloccate da manifestanti locali, che ne rifiutano la presenza nei pressi delle loro abitazioni. Il risultato è la presenza per le strade della regione, soprattutto di Napoli e del suo hinterland, di cumuli disordinati e malsani di rifiuti che creano gravi rischi igienico-sanitari per le popolazioni locali, oltre a diversi problemi di ordine pubblico. Quando i rifiuti sono dati alle fiamme dai cittadini esasperati, si verificano emissioni di diossina e casi di intossicazione. Le discariche abusive e gli incendi di rifiuti, soprattutto nelle campagne del casertano, stanno creando grossi problemi per quel che concerne la salubrità delle produzioni agroalimentari. Infatti proprio per questo motivo la vendita di alimenti caseari, della Campania, è diminuita significativamente; ma non solo in Italia, ma anche negli stati esteri, che avendo il timore che la produzione casearia italiana sia poco salubre, preferiscono non importare questi alimenti.[5], [6] [7]

Sanità e igiene

La Protezione Civile nel 2004 ha commissionato uno studio scientifico sulle conseguenze sanitarie della mancata gestione dei rifiuti in Campania ad un team di specialisti composto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, dal Centro Europeo Ambiente e Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall'Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania e dall'Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente.

L'analisi dei dati epidemiologici raccolti tra il 1995 e il 2002 hanno consentito ai ricercatori di mettere in correlazione diretta i problemi osservati sulla salute pubblica con la mancata gestione del ciclo dei rifiuti urbani e con la presenza di discariche abusive, gestite dalla criminalità organizzata, dove sono stati versati enormi quantitativi di rifiuti industriali, provenienti prevalentemente dall'Italia settentrionale e talvolta dall'estero. In particolare è stato misurato un aumento del 9% della mortalità maschile e del 12% di quella femminile[8], nonché l'84% in più dei tumori del polmone e dello stomaco, linfomi e sarcomi, e malformazioni congenite.

Nel gennaio 2008, a seguito dell'ennesima emergenza, la Procura della Repubblica di Napoli ha avviato un'inchiesta per epidemia colposa[8].

Effetto NIMBY (Not In My Back Yard, non nel mio giardino)

La scarsa sensibilità dei cittadini alla gestione dei cosidetti "beni collettivi", si manifesta in tutta la sua drammaticità quando non si tratta di decidere sulla decorazione di una piazza, ma sono in gioco le condizione stesse di una vita sostenibile.

Nella fattispecie alla produzione di rifiuti che procede quotidianamente ed instancabilimente da parte di tutti i cittadini, corrisponde l'assoluta contrarietà a dotare il proprio territorio (secondo le normative ciò dovrebbe essere risolto a livello provinciale) delle infrastrutture necessario al loro riciclaggio o, dove ciò non sia possibile, al loro smaltimento.

Da questa solo apparente contraddizione nasce e si protrae la situazione di emergenza, alimentata anche da politici ed amministratori che non se la sentono di contrastare queste tendenze particolaristiche ed egoistiche dei cittadini (per molti di essi si tratta dei loro elettori).

Fino a che permane questa situazione, l'effetto NIMBY sarà soverchiante e non sarà possibile trovare alcuna soluzione alternativa alle barricate e alle quotidiane dichiarazioni di non responsabilità dei soggetti politici coinvolti.

E' anche giusto sottolineare che i cittadini oppositori alla riapertura delle discariche, hanno codesta posizione perché si tratta di siti e discariche stesse fuori norma ed inadeguate, sia per struttura che per posizione geografica. Ci sono casi in cui siti utilizzati come discarica distano da abitazioni civili solo poche decine di metri.

Istituzione del Commissariato

 
Alcune strade cittadine ricolme di rifiuti[1].

L'emergenza dei rifiuti a Napoli e nella sua regione inizia convenzionalmente l'11 febbraio del 1994, con l'emanazione del primo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del giorno successivo. Con questa disposizione il Governo prendeva atto dell'emergenza ambientale che si era venuta a creare nelle settimane precedenti in numerosi centri campani, a causa della saturazione di alcune discariche. Si individuava, per questa ragione, nel Prefetto di Napoli l'organo di Governo in grado di sostituirsi a livello territoriale a tutti gli altri enti territoriali coinvolti a vario titolo e preposto quindi a gestire i poteri commissariali straordinari. Tra il 1994 ed il 1996 la gestione dell'emergenza rifiuti passò attraverso l'ampliamento della capacità di versamento grazie alla requisizione di diverse discariche private in tutta la regione, poi date in gestione all'Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente.

Cambio di gestione

Nel marzo 1996 il Governo interviene nuovamente nella gestione commissariale: da quella del Prefetto a quella del Presidente della Regione. Al prefetto rimane la gestione del servizio di raccolta, al Presidente della Regionale è affidato il compito di redazione del Piano Regionale e per gli interventi urgenti in tema di smaltimento. Nel giugno 1997 è pubblicato il Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti che prevedeva la realizzazione di due termovalorizzatori e sette impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti.

Commissione Parlamentare d'Inchiesta

Nel luglio 1998 un'apposita commissione parlamentare constata che, passati quattro anni, la Campania rimane in uno stato di emergenza, giudicando insufficienti gli impianti realizzati o individuati e poco collaborative le amministrazioni locali. Nel dicembre 2000 Carlo Ferrigno, nuovo prefetto di Napoli, in qualità di Commissario dichiara che le discariche esistenti sono state ormai tutte saturate ed in alcune sono state portati rifiuti al di là delle loro capacità, con gravi conseguenze igienico-sanitarie per chi vive nei paraggi; inoltre stigmatizza l'opposizione delle amministrazioni locali ad ospitare gli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti. La regione decide allora di continuare ad utilizzare comunque la discarica di Palma Campania, la cui bonifica è condizionata all'individuazione di altre soluzioni. Nel frattempo entrano in funzione tre impianti di vagliatura e triturazione, e quattro di imballaggi.

Crisi del 2001

All'inizio del 2001 si registra una nuova pesante crisi risolta solo riaprendo provvisoriamente le discariche di Serre e Castelvolturno e inviando mille tonnellate al giorno di rifiuti verso altre regioni, quali la Toscana, l'Umbria e l'Emilia Romagna, nonché all'estero, in Germania. Nei due anni successivi entrano in funzione gli impianti di produzione di combustibile derivato a Caivano, Avellino e Santa Maria Capua Vetere (alla fine del 2001), in seguito a Giugliano, a Casalduni e a Tufino (nel 2002), infine a Battipaglia nel 2003.

Ciò nonostante la Campania non è ancora autosufficiente mancando di un'autonoma capacità di trattare quasi un milione di tonnellate annue con il combustibile derivato dai rifiuti, e più di un milione di tonnellate annue di conferimento diretto in discarica e stoccaggio per gli scarti relativi.

Crisi del 2007-2008

Tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008 si è registrata l'ennesima crisi dei rifiuti che ha indotto il governo centrale ad intervenire direttamente orientando la soluzione del problema verso la regionalizzazione della gestione dei rifiuti autorizzando la costruzione di 3 termovalorizzatori, superando in questo modo il vincolo imposto dalla gestione Bassolino che ruotava tutto sul costruire l'inceneritore di Acerra.

L'ordinanza per la costruzione dei termovalorizzatori è firmata il 31 gennaio 2008 [9] mentre ancora il 25 gennaio 2008 la giunta comunale approvava una spesa di 228.000€ per una "Analisi sulla percezione della qualità del proprio territorio/ambiente, durante l'emergenza rifiuti, da parte delle imprese e dei cittadini campani rispetto a quella dei cittadini del resto d'Italia"[10], poi annullata.

Procedure d'inchiesta

 
Alcune ecoballe prima di essere avviate alla combustione.[1]

Il 27 giugno 2007 la Commissione Europea ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia per la crisi cronica dei rifiuti che coinvolge Napoli e il resto della regione Campania[11].

Il 31 luglio 2007 la Procura della Repubblica di Napoli ha depositato le richieste di rinvio a giudizio per gran parte degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sull'emergenza rifiuti in Campania, ipotizzando i reati di truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture, falso ed abuso d'ufficio a carico di 28 imputati tra cui Antonio Bassolino, già Commissario Straordinario ed attuale Presidente della Regione Campania, insieme ai suoi collaboratori diretti (il sub commissario Giulio Facchi ed il vice commissario Raffaele Vanoli) nonché Piergiorgio Romiti e Paolo Romiti, vertici della Impregilo (affidataria dell'appalto dello smaltimento dei rifiuti), le società Impregilo, Fibe, Fisia, Italia Impianti, Fibe Campania e Gestione Napoli. In particolare le imprese affidatarie dell'appalto sono accusate dalla Procura di Napoli di non aver rispettato il contratto di smaltimento di rifiuti avendo prodotto ecoballe di cdr scadente e progettato termovalorizzatori non idonei; tali irregolarità, inoltre, sarebbero state possibili per la complicità e connivenza del commissariato per l'emergenza che non avrebbe effettuato i controlli previsti: le ecoballe non possono essere bruciate rispettando la normativa ambientale sui fumi e sono stoccate in aree prive delle necessarie misure di sicurezza per l'ambiente; anche la frazione umida prodotta dagli impianti non è nelle specifiche perché non subisce un trattamento sufficiente a renderla biologicamente non pericolosa tant'è che, preso atto di ciò, adesso il Commissariato Straordinario ne dispone comunque, all’uscita dall’impianto, l'invio a discarica[12].

Il processo è iniziato a metà gennaio 2008, nel pieno dell'ennesima crisi dei rifiuti, ed il successivo 29 febbraio il GUP ha accettato il rinvio a giudizio di tutti gli imputati[13] , lo stesso giorno in cui una donna si è data fuoco per protesta davanti alla discarica di Giugliano[14]. La prima udienza del processo è fissata per il 14 maggio[15].

Commissari Straordinari

Economia del problema

L’export verso la Germania costa 215€ per tonnellata equivalenti nel 2007 a 400mila € al giorno, metà dei quali per il trasporto. Ciononostante il prezzo è competitivo rispetto al loro smaltimento in Italia o nella stessa Campania dove costa da un minimo di 290€ euro a tonnellata fino ad oltre 1.000 euro (120€ per farne ecoballe, 20€ per il trasporto, 150€ l'anno per lo stoccaggio provvisorio che in alcuni casi ormai va avanti da un decennio)[19].

L'impossibilità di costruire inceneritori e termovalorizzatori in Campania nonostante l'insistente disponibilità di città come Salerno ha portato alcune aziende italiane e straniere a proporsi per smaltire tutti i rifiuti prodotti[19]: la bresciana Asm, la francese Veolia, la spagnola Abertis e la tedesca Remondis.

Criminalità

La commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha indagato sulle attività illecite ad esso connesse in Campania concludendo che:[20]

«La criminalità organizzata di stampo camorristico continua ad intervenire in maniera diretta sui traffici illeciti di rifiuti, lucrando notevoli somme di denaro: si tratta di un'affermazione che ha avuto una corale evidenza nel corso delle audizioni e che quindi va assunta in questa relazione. Del resto, sono stati anche i collaboratori di giustizia a illustrare a questa Commissione lo schema di intervento della camorra, nonché una versione storicizzata dei fatti. La criminalità organizzata si pone come terminale del traffico, nel senso che assicura il territorio ove smaltire illecitamente i rifiuti: può fare ciò perché è la camorra stessa a controllare e gestire ogni metro quadro di ampie aree del territorio campano. In particolare la provincia di Caserta presenta zone controllate manu militari dalla criminalità organizzata, che addirittura organizza staffette per pattugliare le strade e attua attività di controllo sulle macchine non conosciute che transitano per quelle vie.»

Note

  1. ^ a b c Le immagini contenute nell'articolo sono puramente indicative e NON si riferiscono a siti e materiali campani.
  2. ^ Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici - Rapporto rifiuti 2007
  3. ^ Gabriella Gribaudi, Il ciclo vizioso dei rifiuti campani http://www.mulino.it/ilmulino/anticipazioni/gribaudi_bozza_sito.pdf
  4. ^ Ipotesi di truffa ai danni della regione Campania IMPREGILO-inchiesta magistratura di Napoli
  5. ^ http://www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=523879&IdChia=523876
  6. ^ http://www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=523025&IdChia=523036
  7. ^ http://napoli.repubblica.it/dettaglio/La-spesa-al-tempo-dei-rifiuti-Prodotti-locali-No-grazie/1414965
  8. ^ a b
  9. ^ Crisi rifiuti, Ue avverte: avete solo 1 mese Prodi firma l'accordo pro-termovalorizzatori, in Corriere del Mezzogiorno de 31 gennaio 2008. URL consultato il 1º febbraio 2008.
  10. ^ Analisi sulla percezione della qualita' del proprio territorio/ambiente, durante l'emergenza rifiuti, da parte delle imprese e dei cittadini campani rispetto a quella dei cittadini del resto d'Italia. Conseguente analisi della problematica attraverso l'esposizione di tematiche legate all'immagine e alle attivita' produttive della Regione Campania con particolare riferimento ai prodotti alimentari. Elaborazione di proposte di indirizzo strategico di comunicazione verso il sistema imprese campane e cittadinanza nazionale. (PDF), in Bollettino Ufficiale Regione Campania numero 07 del 18 febbraio 2008. URL consultato il 23 febbraio 2008.
  11. ^ Richiamo delle norme procedurali, dal sito dell'Unione Europea.
  12. ^
  13. ^ il processo
  14. ^ sulla donna che si da fuoco a Giugliano:
  15. ^ sulla donna che si da fuoco a Giugliano:
  16. ^ DPCM dell'11 febbraio 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.35 del 12 febbraio 1994
  17. ^ DPCM n. 3341 del 27 febbraio 2004
  18. ^ Inizialmente rimette nelle mani del Presidente del Consiglio dei Ministri le sue dimissioni, ma il Governo lo riconferma alla guida del Commissariato.
  19. ^ a b
  20. ^ Stenografico della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse del 14 maggio 1998

Voci correlate

Collegamenti esterni