Mano invisibile
La mano invisibile è una metafora creata da Adam Smith per esprimere una naturale inclinazione degli uomini, grazie alla quale la ricerca egoistica del proprio interesse giova tendenzialmente all'interesse dell'intera società.
Successivamente, dopo Léon Walras e Vilfredo Pareto, è stata normalmente intesa come metafora dei meccanismi economici che regolano l'economia di mercato in modo tale da garantire che il comportamento dei singoli, teso alla ricerca della massima soddisfazione individuale, conduca al benessere della società.
Nelle moderne teorie economiche, tuttavia, non viene più utilizzato il concetto di mano invisible, in quanto richiede
- Assenza d'informazione asimmetrica
- Concorrenza perfetta
entrambe impossibili nel mercato reale.
La mano invisibile in Adam Smith
Adam Smith usa l'espressione "mano invisibile" tre volte nelle sue opere.
Storia dell'astronomia
Nella Storia dell'astronomia (pubblicata postuma nei Saggi filosofici e risalente probabilmente al 1750), scrive:
In questo passo, la "mano invisibile di Giove" è una metafora dell'ordine impresso dall'unico vero Dio ai fenomeni naturali.
Teoria dei sentimenti morali
La mano invisibile compare nel seguente passo della Teoria dei sentimenti morali (1759):
Anche in questo passo, nonostante Smith tratti di un argomento economico (la distribuzione della ricchezza), la «mano invisibile» che conduce i prorietari terrieri a «fare quasi la stessa distribuzione delle cose necessarie alla vita che sarebbe stata fatta se la terra fosse stata divisa in parti uguali tra tutti i suoi abitanti» è strettamente correlata alla Provvidenza che «non dimenticò né abbandonò quelli che sembravano essere stati lasciati fuori dalla spartizione».
Smith spiegherà poi nella Ricchezza delle nazioni perché vede la mano invisibile operare efficacemente sui proprietari terrieri, non anche su commercianti e manifatturieri.
Ricchezza delle nazioni
Nel Libro IV della Ricchezza delle nazioni (1776), Smith critica i tradizionali «sistemi di economia politica», il «sistema del commercio» (mercantilismo) e il «sistema dell'agricoltura» (fisiocrazia). Il mercantilismo sosteneva la necessità che lo Stato si arricchisse favorendo le esportazioni e limitando le importazioni. Nel Capitolo II Smith afferma che tali artifici non possono arrecare alcun beneficio, perché l'attività produttiva generale della società non può mai superare quella che il capitale della società può impiegare, le restrizioni alle importazioni possono solo deviare una parte del capitale in una direzione in cui altrimenti non sarebbe andato, e non è affatto detto che tale deviazione arrechi benefici. E prosegue:
L'«inclinazione naturale» di cui Smith parla in questo passo appare l'effetto della «mano invisibile di Giove», ovvero della «Provvidenza», piuttosto che il risultato di un meccanismo economico quale la concorrenza perfetta in un libero mercato, come sarà poi teorizzato da molti dopo Léon Walras e Vilfredo Pareto.
Smith è chiaramente «liberista», come mostra un passo poco successivo a quello appena citato:
Tuttavia, quando si pone espressamente il problema della convergenza tra interesse del singolo e interesse della società, Smith opera alcune importanti distinzioni; inoltre, così come nella Teoria dei sentimenti morali non ritiene che il principio di simpatia renda tutti gli uomini virtuosi, nella Ricchezza delle nazioni non ritiene quella «inclinazione naturale» sufficiente a rendere concretamente possibile il libero commercio.
Smith scrive prima che la rivoluzione industriale si sia pienamente affermata. Basti ricordare che la macchina a vapore venne perfezionata solo dopo il 1776 (l'eccentrico venne brevettato nel 1781, il movimento parallelo nel 1784, il volano regolatore nel 1788), oppure che Smith esalta la produzione di lana inglese (Libro I, Cap. I) e ignora completamente il cotone.
Vede nell'agricoltura, più che nella manifattura, la vera fonte della ricchezza:
L'estensione delle colture porta ad un aumento sia delle rendite dei proprietari terrieri (maggiore domanda di terra) sia dei salari (maggiore domanda di lavoro). Da ciò segue che l'interesse di coloro che vivono di rendita e di salario «è strettamente e inseparabilmente connesso all'interesse generale della società» (Libro I, Cap. XI, p. 252).
L'estensione del commercio e della manifattura, invece, comporta una riduzione dei profitti (maggiore offerta, minori prezzi):
Quindi:
Nella Teoria dei sentimenti morali aveva osservato che, nonostante la forza dei sentimenti morali, non tutti gli uomini sono virtuosi:
Nella Ricchezza delle nazioni, come la virtù, anche il libero mercato è solo un ideale:
La mano invisibile nell'Economia del benessere
Il primo teorema dell'economia del benessere afferma che qualsiasi sistema economico perfettamente concorrenziale raggiunge un equilibrio Pareto-ottimale, ovvero una situazione in cui non è possibile incrementare l'utilità di un agente, senza ridurre quella di almeno un altro agente. Tale teorema, che sostituisce le leggi del mercato alle «inclinazioni naturali» di Smith, viene spesso considerato come una formulazione analitica della metafora della mano invisibile [1] La mano invisibile viene pertanto assunta, sia dai sostenitori che dai critici del liberismo e del neoliberismo, come il principio fondamentale di tali dottrine [2] Tuttavia, i lavori di Sen, Scarf, Debreu e Sonnenschein hanno dimostrato come tali teoremi siano falsi nei mercati reali, mancando il requisito della concorrenza perfetta. Restano utilizzabili per una teoria economica "matematicamente corretta", sia la teoria dei giochi sia l'econofisica ove non richiedano ipotesi non presenti nel mondo reale.
Voci correlate
Bibliografia e riferimenti
- ^ Ad esempio: Bruna Ingrao e Giorgio Israel, La mano invisibile. L'equilibrio economico nella storia della scienza, ISBN 8842079774, Laterza, Bari, 2006
- ^ Ad esempio tra i sostenitori l'Adam Smith Institute, tra i critici Joseph Stiglitz[1] , I ruggenti anni Novanta, ISBN 880617651X , Torino, Einaudi, 2005
- Adam Smith. An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations. 1776
- Arrow, K. J. e Hurwicz, L., "On the stability of the competitive equilibrium", Econometrics, n. 22, pp 522-552, 1958
- Scarf, H. E., An analysis of markets with a large number of participants, 1962, Princeton University Conference Paper. Presente in Recent Advances in Game Theory, Philadelphia, The Ivy Curtis Press, 1962 ISBN 0691079021 (ristampa)
- Sen, A. K. The Impossibility of a Paretian Liberal, Journal of Political Economy, n. 78, 1970, pp 152-157.
- Sen, A. K. The Impossibility of a Paretian Liberal: Reply, Journal of Political Economy, n. 79, 1971, pp 1406-1407.