Eihei Dōgen
Eihei Dōgen Kigen Zenji (道元禅師, Dōgen Zenji; Kyoto, 2 gennaio 1200 – Kyoto, 28 agosto 1253) è stato un monaco e maestro zen giapponese.
Infanzia e ordinazione a monaco Tendai
Dogen nacque a Heian (l'odierna Kyoto), il 2 gennaio 1200. Non abbiamo certezze sulle sue origini in quanto lo si conosce solo per il nome monastico, Dogen. C'è chi ritiene fosse il figlio di un importante cortigiano, Minamoto Michichika, mentre la madre, Ishi, veniva da un ramo della nobile famiglia dei Fujiwara. A due anni perse il padre, e a sette anni la madre che sul punto di morte lo invitò a ricercare la Verità spirituale per il benessere di tutti gli esseri senzienti. Questi eventi lo segnarono profondamente, come lui stesso ricorderà più tardi. Venne adottato dallo zio materno che lo educò secondo la tradizione nobiliare ma giunto all'età di dodici anni Dogen chiese ad uno zio monaco, Ryokan Hogen, di poter entrare anche lui in un monastero buddhista. Così venne indirizzato sul Monte Hiei, sede dello Enryaku-ji il principale monastero della scuola Tendai dove venne ordinato monaco con il nome di Dogen che significa "Il principio della Via". Il corso di studi Tendai prevedeva una dura disciplina meditativa secondo il metodo dello zhiguan (giapp. shikan) codificato dal patriarca della scuola cinese Tiantai, Zhiyi, e lo studio di sutra, in particolar modo del Sutra del Loto (giapp. Hokkekyo), del Mahayana Mahaparinirvanasutra (giapp. Daihatsunehangyo) dell' Avatmsakasutra (giapp. Kekongkyo) nonché delle opere esegetiche del Tiantai cinese. La formazione Tendai prevedeva inoltre anche la pratica del buddhismo esoterico (mikkyo) di origini tantriche (vedi Buddhismo tantrico). Fin da subito Dogen predilesse lo studio del Sutra del Loto come avrà modo di riferire succesivamente nello Shobogenzo, la sua opera principale: «Il Sutra del Loto è il re dei sutra: riconoscetelo come il vostro grande maestro. Comparato a questo sutra tutti gli altri si pongono soltanto come suoi contenuti, perché esso soltanto esprime la Verità ultima. Gli altri presentano soltanto insegnamenti provvisori, non le vere intenzioni del Buddha.» (Dogen Zenji, Shobogenzo, tr.ingl. vol.IV; Nakayama Shobo, Tokyo 1983, p.40). Dogen inoltre si interrogò profondamente sulla natura di Buddha (giapp. bussho o butsusho): «Che cosa voleva intendere l'Onorato del mondo con “tutti sono esseri senzienti, tutti sono natura di Buddha”?» (capitolo Bussho dello Shobogenzo). Qui Dogen rifiutò la concezione di un corpo senziente contenitore di una natura buddhica in embrione, come un seme da cui si svilupperà la pianta, concezione diffusa in diverse scuole buddhiste giapponesi, affermando che per lui tutti gli esseri senzienti e insenzienti, la totalità dell'esistenza, 'sono' natura di Buddha. Facendo ciò Dogen si ricollegò idealmente ad uno famoso dibattito del Buddhismo cinese tra la scuola Tiantai e la scuola Huayan, riportato nell'opera Jingangbei (La Spada di diamante) dal patriarca della scuola Tiantai Zhanran (711-782) il quale aveva sostenuto, proprio come alcuni secoli dopo Dogen, l'universalità della natura di Buddha. Non solo, la scuola giapponese Tendai aveva ulteriormente radicalizzato questa dottrina nella concezione dell'illuminazione originaria (Hongaku shiso) dove tale universale natura di Buddha coincideva con la illuminazione (giapp. bodai o kaku) ed era immanente in ogni cosa. Questa concezione, radicale nel panorama buddhista cino-giapponese, sollevava tuttavia la domanda: "Se io possiedo già la natura di Buddha, quindi sono già illuminato, che senso ha praticare per conseguire una realizzazione che ho già originariamente?". Ed è per rispondere a questa domanda che Dogen decise, nel 1215, di trasferirsi al Kenninji, il tempio Tendai fondato da Eisai (monaco tendai che aveva introdotto i primi insegnamenti del Buddhismo Chan in Giappone).
Il pellegrinaggio in Cina
Lì Dogen incontrò il successore di Eisai (morto nel 1215) Myozen, di cui divenne discepolo e amico e con cui decise, nel 1223, di intraprendere un viaggio in Cina proprio allo scopo di approfondire il tema della natura di Buddha. Partirono insieme con un piccolo gruppo di monaci dal porto di Hakata e dopo un viaggio avventuroso giunsero nell'attuale provincia dello Zhejiang, ma mentre Myozen e gli altri monaci si diressero subito verso il monastero Tiangtonsi, Dogen si attardò per alcuni giorni sulla nave. In queste circostanze avvenne uno degli incontri più importanti della sua vita che riporterà nella suo primo capitolo dello Eihei Daishigi (Regole del monastero Eihei-j) dal titolo Tenzo Kyokun (Istruzioni a un cuoco zen). In questa opera, che riprende l'opera cinese Chanyuan Qinggui (Regole per i monasteri chan, giapp. Zen'en Shingi) redatta nel 1102 dal monaco cinese Changlu Zongze , Dogen racconta dell'incontro con un monaco cinese giunto sulla nave per acquistare dei funghi, un monaco vecchio ed umile che svolgeva il compito di sguattero di cucina. Alla domanda di Dogen perché nei monasteri cinesi non lasciavano ai più giovani dei compiti così faticosi permettendo quindi agli anziani la sola pratica meditativa e di studio consentendo loro di avanzare nella Via, il monaco cinese rispose che già quello che faceva era la pratica della Via. Una risposta che implicitamente rispondeva anche alla domanda per cui Dogen era partito: "Qualsiasi cosa facciamo è la pratica della Via, è la pratica dei Buddha, non esiste differenza tra la pratica per raggiungere l'illuminazione e la illuminazione stessa". Scorgere ciò e viverlo in ogni momento è il compito a cui viene chiamato il praticante buddhista. Così i consigli di Dogen per i cuochi zen: «Maneggiate anche una singola foglia di verdura in modo tale che manifesti il corpo del Buddha. Ciò a sua volta permette al Buddha di manifestarsi attraverso la foglia.» (dal Tenzo Kyokun). È da notare che era comune usanza nei monasteri Chan affidare ai monaci più avanzati spiritualmente i compiti più umili, allo stesso modo si comportò infatti Hongren, il quinto Patriarca Chan, nei confronti di Huineng, il sesto Patriarca, quando, dopo essersi accorto delle sue elevate doti spirituali, lo consegnò in cucina come sguattero. Dopo ulteriori incontri con il vecchio monaco cinese, Dogen raggiunse i suoi compagni nel monastero di Tiantongsi studiando sotto la direzione dell'abate Musai. Poi visitò altri monasteri facendo ritorno, nel 1225, al Tiantongsi che nel frattempo era passato sotto la guida di Rujing (1163-1228), un maestro Chan di scuola Caodong. Con il nuovo abate, Dogen visse una ulteriore profonda esperienza di illuminazione. Era il mese di maggio del 1225, una notte un monaco vicino a Dogen cadde addormentato durante la pratica dello zuochan (giapp. zazen), allora il maestro Rujing lo scosse dicendogli: "Nel Chan mente e corpo sono da abbandonare, a che serve dormire?". Dopo aver ascoltato il dialogo, e compreso profondamente le parole di Rujing, Dogen si recò nella stanza del maestro comunicandogli che "Mente e corpo erano stati abbandonati". Rujing riconobbe l'autenticità del dunwu (g. satori) di Dogen e nel 1227 gli chiese di succedergli come abate del Tiantongsi ma Dogen rifiutò decindendo di rientrare in Giappone.
Tornato nel monastero del Kenninji, con le ceneri di Myozen morto nel 1225 nel Tiantongsi, restò nel monastero Tendai, dove redigerà il Fukanzazengi (Raccomandazioni generali sulla pratica dello zazen), fino al 1230 quando decise di trasferirsi con un piccolo gruppo di allievi in un tempio abbandonato, l'Anyoin. In questo piccolo tempio di periferia Dogen conobbe, nel 1234, il suo futuro successore Ejo e scrisse il Gakudo-yojin-shu (Raccolta delle regole sa osservare nello studio della Via). E' con il trasferimento all' Anyoin che si consuma la frattura tra Dogen e il Tendai scuola che pure aveva precedentemente accolto, anche se con grande difficoltà, il lignaggio del Chan Linji Oryo di Eisai e che alla sua origine conservava una altro lignaggio Chan quello del Niutouchan che Saicho aveva riportato dalla Cina nell'806 come scuola Gozu. Le ragioni di questa rottura sono nel particolare insegnamento che Dogen esporrà nel corso dei successivi anni. Un insegnamento unico nel panorama buddhista e di profonda riforma sia dottrinale che disciplinare. Ovviamente le intenzioni di Dogen non erano quelle di innovare il Buddhismo giapponese piuttosto quelle di ricollegarlo a ciò che egli riteneva fosse l'autentico insegnamento del Buddha Shakyamuni. Tutta l'opera dottrinale di Dogen avrà questo come obiettivo. E l'insegnamento autentico del Buddha Skakyamuni, per Dogen, consisteva nello Shikantaza. La dottrina dello Shikantaza caratterizzarà la scuola fondata da Dogen, che prendera il nome di Soto dal cinese Caodong ovvero dal lignaggio trasmessogli dall'abate del Tiantongsi, Rujing. L'aumento sempre più numeroso dei discepoli portò, nel 1237, Dogen a trasferirsi in un nuovo tempio alla periferia di Kyoto dedicato al bodhisattva Kannon (sanscrito Avalokiteshvara) denominato Keshoji. Trasformato questo tempio in un monastero comprensivo della sala dei monaci (giapp. sodo), Dogen decise di autorizzare anche le monache ad entrarvi e a praticarvi la meditazione insieme agli uomini. Fatto certamente innovativo data l'epoca. La vicinanza con l'ostile monastero Tendai, lo Hieizan, convinse Dogen ad un ulteriore trasferimento su un eremo di montagna ad Echizen ottenendo qui la protezione di Hatano Yoshishige, governatore di Kyoto, grazie al quale potè trasformate questo eremo in un vero e proprio fiorente monastero, l'Eihei-ji. Qui completò lo Shobogenzo (Tesoro dell'occhio della vera Legge) e redasse lo Eihei Daishigi (Regole del monastero Eihei-j). A queste opere redatte direttamente da Dogen, va aggiunto lo Shobogenzo zuinmonki opera di Ejo dove vengono riportati alcuni sermoni di Dogen. Il 28 agosto 1253, alcuni giorni dopo aver passato la funzione di abate dello Eihei-ji a Ejo, Dogen muore a Kyoto.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Eihei Dōgen
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Eihei Dōgen