Utente:Tizio X/Sandbox

Versione del 19 mag 2008 alle 10:14 di Ary29 (discussione | contributi) (non si categorizzano le pagine utente)
Gonfalone di San Marco, emblema della Repubblica di Venezia.

Il destino e le sorti della città di Venezia e della Serenissima Repubblica furono, per secoli legate al mare e alla potenza della propria flotta, tuttavia, con la conquista dei Domini di Terraferma, agli inizi del Quattrocento, lo Stato veneziano dovette trasfomarsi anche in potenza terrestre, dotandosi di un esercito campale.

Se inizialmente la soluzione venne inddividuata nel massiccio ricorso alle compagnie di ventura, a partire dal Cinquuecento si andò a costituire un corpo di milizie territoriali, cernide e cranide, cui nel Settecento si aggiunse un nucleo di truppe regolari.

Il Quattrocento e la costituzione dell'esercito terrestre

Fino agli inizi del XV secolo la potenza veneziana era stata esclusivamente marittima, così che l'intera organizzazione militare dello Stato era stata incentrata sulla flotta e sui corpi militari ad essa legati: Arsenalotti, Schiavoni e Fanti da Mar.
A questo nucleo principale si andavano poi a sommare i corpi di cavalleria forniti dai domini marittimi: Stradioti, Cimarioti e Sfaxioti.

Fu solo la conquista dei Domini di Terraferma, rapidamente sviluppatasi agli inizi del secolo, a generare la necessità, per lo Stato veneziano, di dotarsi di un esercito terrestre. La soluzione, fu il massiccio ricorso a compagnie mercenarie, che garantivano un minor peso sulle finanze pubbliche, legato ai soli periodi bellici, e una certa affidabilità, se confrontati con la scarsa esperienza di Venezia nella guerra di campagna.
Il ricorso a truppe mercenarie poneva però contemporaneamente un problema legato alla possibile labile fedeltà delle stesse allo Stato. Se da un lato la potenza marittima e il completo controllo delle lagune garantivano la sicurezza contro eventuali colpi di mano, dall'altro affidare il controllo di un esercito mercenario ai membri del patriziato veneziano, oltre che non dare garanzie sull'abilità nella guerra terrestre, avrebbe potuto creare concentrazioni di potere estremamente pericolose per gli equilibri politici della Repubblica. Per tale ragione invalse l'uso, in tempo di guerra, quando si faceva massiccio il reclutamento di mercenari, di assegnare lo stesso titolo di Capitano Generale di Terraferma agli stessi capitani di ventura, assegnando ai nobili veneziani compiti di supporto e controllo sull'operato militare.

Il più grande conflitto terrestre che coinvolse Venezia furono, tra il 1509 e il 1516, i conflitti scatenati dalla Lega di Cambrai, prima, e dalla Lega Santa, poi.
Durante questo lungo periodo di guerra Venezia, pur rischiando più volte la perdita totale dei suoi Domini di Terraferma, seppe tenere testa alle maggiori potenze europee (Francia, Impero e Spagna), riuscendo infine a consolidare i propri possedimenti terrestri.

Durante il conflitto estremamente massiccio fu il ricorso a corpi mercenari, alla guida dei condottieri Bartolomeo d'Alviano e Niccolò Orsini di Pitigliano, che gravarono pesantemente sulle casse dello Stato, già sofferenti per la crisi dei commerci e le lunghe e difficili guerre con i Turchi.

La riforma cinquecentesca

La crescente minaccia costituita dai Turchi e dalle loro incursioni nei territori veneziani, spesso condotte con piccoli gruppi, molto mobili, la Repubblica rispose con la costituzione di milizie territoriali, in grado di poter essere rapidamente mobilitate e schierate. Così nel 1500 vennero quindi istituite per prime le craine della Dalmazia.

Tra il 1508 e il 1511 la Repubblica fu coinvolta nel conflitto scatenato contro di lei dalle potenze della Lega di Cambrai.

Con decreto del 23 marzo 1593, l'organizzazione delle milizie territoriali venne ampliata ai Domini di Terraferma, con l'istituzione delle cernide. Tali corpi erano costituiti da contadini soggetti a periodici addestramenti militari e scelti ("cerniti" appunto) tra le popolazioni locali, per un totale di circa 30000 uomini.

Queste forze potevano essere integrate, in caso di guerra, attraverso il ricorso a corpi mercenari.

Durante la guerra di Morea, attorno al 1716, vennero quindi assoldati alcuni reggimenti tedeschi e tre reggimenti svizzeri:

La riforma settecentesca

Il 26 aprile 1729 venne apporvata dal Senato la riforma militare proposta dal maresciallo conte Schulenburg.
Sulla base di tale riforma, l'esercito di terra risultava in tempo di pace così composto da 20460 uomini, ripartiti come segue:

 
Il maresciallo Schulenburg in un ritratto del Guardi.

Nel 1759 venne inoltre creato a Verona un collegio militare per la formazione degli ufficiali.
Nel 1770 si costituì il Reggimento Veneto dell’Artiglieria. Nel 1780 poi, l'esercito venne incrementato dalla creazione di un corpo di bombardieri di 500 uomini, cui, nel 1790 si sommarono due nuovi reggimenti (XIII, XIV) di fanteria italiana, portando così il totale delle forze di terra a 22560 uomini.
Non venivano calcolati in questo, poi, i corpi di carabinieri, lance spezzate e alabardieri che fungevano da guardia d'onore dei magistrati.

In caso di guerra il numero degli effettivi poteva essere incrementato, facendo leva sulle popolazioni delle provincie e sugli obblighi di forniture militari gravanti sulla nobiltà dei vari reggimenti, fino a 47500 uomini.

All'esercito si dovevano poi aggiungere le milizie territoriali, rappresentate dalle cernide di Terraferma (24000 uomini) e dalle craine della Dalmazia.

Bibliografia

  • Dandolo, Girolamo: La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni, Pietro Naratovich tipografo editore, Venezia, 1855.
  • Concina, E.: Le trionfanti et invittissime armate venete:le milizie della Serenissima dal XVI al XVIII sec., Filippi, Venezia, 1972.
  • Tutotti, F.: Storia delle armi italiane dal 1796 al 1814, Milano, Boniotti, 1856.


  1. ^ Dandolo, Girolamo: La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni, Pietro Naratovich tipografo editore, Venezia, 1855.