Guerre persiane
Con il termine Guerre persiane vengono definiti i vari di conflitti avvenuti tra le poleis greche e l'Impero persiano; tali conflitti iniziarono intorno al 500 a.C. e continuarono a più riprese fino al 449 a.C.
Guerre Persiane | |
---|---|
Voci di guerre presenti su Wikipedia | |
Alla fine del VI secolo a.C., Dario il Grande, "Gran Re" dei persiani, regnava su un impero immenso che si estendeva dall'India alle sponde orientali dell'Europa (nello specifico le zone orientali della Tracia).
Nel 546 a.C. infatti, il suo predecessore, Ciro il Grande, fondatore dell'impero, aveva sconfitto il re della Lidia, Creso, e i suoi territori, comprendenti le colonie greche della Ionia, furono incorporate all'impero achemenide.
Le città stato ancora governate da sistemi tirannici condussero ognuna per proprio conto l'annessione all'impero persiano, la sola Mileto riuscì a imporre le proprie pretese.
Questa situazione di frammentazione aveva comportato la perdita definitiva da parte delle colonie di ogni indipendenza (prima godevano comunque di ampie autonomie) e una drastica riduzione della loro importanza commerciale, a causa del controllo totale che i persiani esercitavano sugli stretti di accesso al mar Nero.
Prime tensioni
Quando Dario I decise di invadere l'Occidente nel 515 a.C. utilizzò le navi della flotta ionica per costruire un ponte di barche sul Bosforo utilizzando le qualità di un ingegnere greco, conquistando così la Tracia; fatto poi costruire un ponte sul Danubio, si avventurò in Scizia.
Qui gli esiti degli scontri non furono molto propizi e giunte le prime indiscrezioni sul fallimento dell'invasione, Milziade, tiranno del Chersoneso (presso Gallipoli), cercò di convincere i Greci messi a protezione del ponte di distruggerlo, lasciando il re dei re al suo destino. Quando le notizie divennero tragiche il ponte venne distrutto per impedire una contro offensiva.
A costo di grandi sacrifici Dario rientrò nei suoi territori e come primo provvedimento scalzò Milziade dal suo incarico, lasciandovi il suo luogotenente Megabazo, con il compito di controllare la nuova regione dell'impero e di preparare il terreno per l'espansione in Grecia
Origini
Nel 499 a.C., istigati da Aristagora, tiranno di Mileto, le colonie ioniche si unirono in una lega chiamata simmachia panellenica, più conosciuta come lega Ionica, ribellandosi ai satrapi locali. Le colonie chiesero rinforzi alle poleis greche, ma alla fine solo Atene ed Eretria inviarono 25 trireme (20 Atene e 5 Eretria) in aiuto. Aristagora l'anno seguente guidò una vittoriosa spedizione contro la città di Sardi.
Galvanizzati dal successo ai ribelli si unirono allora le città dell'Ellesponto, della Caria e di Cipro. La reazione dei Persiani fu a questo punto durissima: a una a una costrinsero alla resa le città greche, finché nel 494 a.C. schiacciarono definitivamente la rivolta (Battaglia di Lade) alla quale seguì la distruzione di Mileto e la deportazione dei suoi abitanti.
Greci e Persiani
Alla base dello scontro tra Grecia e Persia c'erano forti interessi economici e commerciali, relativi soprattutto al controllo dei commerci che passavano per il mar Nero, ma non solo. I due contendenti avevano due diverse concezioni di dominio politico, che inevitabilmente si scontravano tra loro.
I Persiani avevano una concezione territoriale dello stato, cioè il dominio su un territorio indipendentemente dai popoli che lo abitavano. Perciò ritenevano che i Greci non avessero avuto nessun diritto ad intervenire in un conflitto che non era avvenuto sul loro territorio.
I Greci invece avevano una concezione etnica dello stato, cioè che indipendentemente da dove si trovasse questo territorio, se era abitato da greci, era greco (Template:Polytonic).
Prima guerra persiana
Cause del conflitto
Lo sbarco in Grecia voluto da Dario I va contro alla sua politica trentennale, basata sul consolidamento dei confini del vasto impero Achemenide. Infatti può essere considerato il suo primo vero tentativo di espansione territoriale, considerando la conquista della Tracia più utile a rendere sicuro entrambe le sponde dell'Ellesponto. La campagna intrapresa contro la Grecia ebbe ragioni più profonde e che non delineavano apertamente l'obiettivo finale. Si voleva punire Atene ed Eretria, ritenute colpevoli di aver aiutato le città ioniche ribelli nella rivolta ionica o conquistare tutta la Grecia ? Comunque sia, Erodoto sostiene che il sovrano chiese a tutte le poleis greche di fare atto di sottomissione, per poi intervenire contro quelle a lui ostiche. Infatti Atene giustiziò gli ambasciatori quando seppe che ad Egina, la quale aveva ceduto alle pressioni persiane, era stata restaurata la tirannide del ben noto Ippia. Sicuramente era intenzione di Dario vendirarsi contro coloro che avevano aiutato i rivoltosi ionici, città che vennero infine attaccate, ma le sue mire andavano più in là, oltre l'episodio di Sardi. Dopo la cacciata di Ippia da Atene, egli trovò rifugio alla corte achemenide chiedendovi aiuto per un suo ritorno come tiranno in patria, fornendo in cambio una base di appoggio dalla quale conquistare l'intera Ellade. Forse questo motivò l'ambizione di Dario che avrebbe potuto con una guerra di espansione competere con le figure dei suoi predecessori: Ciro il Grande e Cambise II. Da non sottovalutare che dopo la rivolta ionica, si era aperta una ferita nel mondo greco, tenere una popolazione metà nelle strutture dell'impero e metà fuori non poteva che far espodere nuove tensioni.
Sintesi degli scontri
Nel 492 a.C. Mardonio tentò l'impresa, dopo aver eliminato tutti i tiranni nelle poleis asiatiche e soggiogato il regno di Alessandro I di Macedonia fallì a causa di una terribile tempesta presso il monte Athos, nella penisola calcidica, che distrusse la flotta.
Nonostante l'insuccesso nel 490 a.C. la spedizione fu ritentata sotto il comando del generale Dati e di Artaferne. La flotta persiana passò per Samo, espugnò Nasso, sottomise il resto delle isole Cicladi e proseguì verso Eretria e la distrusse.
Atene a quel punto si ritrovò da sola a fronteggiare l'esercito persiano: l'unico aiuto che ricevette fu quello della città beotica di Platea, che inviò un contingente di mille opliti. Grazie alle capacità militari di Milziade riuscì a resistere alle truppe persiane e i Persiani furono sconfitti nella Battaglia di Maratona e respinti sulle navi. A quel punto i Persiani pensarono di sfruttare l'occasione e si mossero con la flotta verso Atene, doppiando Capo Sunio, con la sicurezza di poter sbarcare incontrastati al Pireo e trovare Atene indifesa, visto che tutto l'esercito si trovava a Maratona; Milziade, però, intuito il piano nemico, ricondusse i suoi uomini a marce forzate verso la costa occidentale, così che, quando i Persiani arrivarono in vista del Pireo, trovarono l'esercito ateniese già schierato e rinunciarono all'impresa, tornando in Persia.
La polis a quel punto decise di intraprendere, nel 489 a.C., una spedizione per liberare le isole Cicladi dai Persiani, ma con esito negativo, poiché l'isola di Paros, alleata dei Persiani, resistette.
La sconfitta costò a Milziade la carriera; fu anche accusato di complicità con il nemico, e subito dopo morì.
Seconda guerra persiana
Nel 486 a.C. a Dario I succedette Serse I. Il figlio decise di vendicare la sconfitta paterna e organizzò subito una nuova spedizione. Se la guerra portata da Dario doveva configurarsi solamente come spedizione punitiva nei confronti delle città che avevano aiutato i rivoltosi ionici, l'impresa di Serse si poneva, invece, intenti di espansione e conquista territoriale del continente greco, al fine di ridurlo a satrapia dell'impero.
Serse affidò al generale Mardonio la costruzione di ponti di barche sull'Ellesponto[1] per traghettare l'esercito e l'apertura di un canale a nord del monte Athos per la flotta (il cosiddetto Canale di Serse); curò inoltre l'organizzazione del vettovagliamento dell'esercito. Si trattava di una spedizione più vasta ed organizzata della precedente.
Di fronte al pericolo i rappresentanti delle poleis greche si riunirono presso l'istmo di Corinto (481 a.C.) e decisero di costituire un'alleanza difensiva, conosciuta come lega panellenica, sotto il comando del re Leonida di Sparta, ritenendo che fosse opportuno coordinare le operazioni militari e qualunque decisione di carattere politico e strategico. All'accordo tuttavia non aderirono Argo, Corcira, Siracusa (a causa degli scontri che la vedevano impegnata con i Cartaginesi, alleati dei persiani) e neanche le città della Tessaglia, della Beozia, della Focide e della Locride.
All'inizio del 480 a.C. gli ambasciatori di Serse I si recarono presso le città greche (ma non Atene, che non avrebbero comunque risparmiato) e chiesero che offrissero loro terra e acqua (Template:Polytonic) al Gran Re, cioè la loro sottomissione formale. Le città rifiutarono e rimandarono indietro i messaggeri, mentre a Sparta furono uccisi.
Incominciarono le operazioni belliche: mentre la flotta persiana navigava verso l'Attica, l'esercito passò l'Ellesponto con un ponte di barche e penetrò prima in Tracia e poi in Tessaglia.
I Greci, riuniti in una lega, si trovarono però subito in disaccordo su quale fosse la migliore tattica difensiva: gli Spartani premevano perché si affrontassero i Persiani sulla terraferma e lo si facesse all'imbocco del Peloponneso, presso l'istmo di Corinto, che nel frattempo veniva fortificato; gli Ateniesi ritenevano invece che fosse preferibile opporsi con la flotta. Sui due diversi punti di vista pesava soprattutto la considerazione dei rapporti di forza all'interno della Grecia, dato che la fanteria oplitica spartana era di gran lunga la più forte e un'eventuale vittoria sulla terra ferma avrebbe arrecato gloria e potere soprattutto agli Spartani, mentre Atene avrebbe ricavato benefici da una vittoria navale, dato che le sue navi costituivano il grosso della flotta della Lega.
Nonostante i progetti di iniziativa comune, I Greci si presentarono dunque sostanzialmente divisi di fronte all'invasione: prevalse il piano spartano, ma gli Ateniesi spinsero perché si cercasse di fermare il nemico più a nord. A causa di questi contrasti, solo un ristretto contingente si posizionò al passo delle Termopili, che era la strettoia obbligata verso la Grecia centrale, per sbarrare la strada ai nemici. Nell'agosto del 480 a.C. avvenne lo scontro tra i due eserciti. Dopo giorni di combattimento il grosso dell'esercito greco si ritirò, tranne i trecento spartani di Leonida e i settecento tespiesi che, circondati dai nemici per il tradimento di Efialte, il quale aveva indicato ai Persiani un sentiero (l'Anopaia) per aggirarli, si sacrificheranno per ritardare l'avanzata persiana e dare tempo agli alleati di ripiegare. Oltrepassato il passo, i Persiani dilagarono in Grecia.
L'Attica e la Beozia furono devastate, Atene saccheggiata e data alle fiamme. Gli abitanti si salvarono solo grazie all'insistenza dello stratega Temistocle, che riuscì ad evacuare la città e a mettere la popolazione in salvo sulle isole. Pochi giorni dopo la presa della città, avvenne la battaglia navale presso Capo Artemisio, che si risolse con un sostanziale pareggio. La flotta greca, però, era ancora integra.
A questo punto prevalse la strategia della battaglia per mare dell'ateniese Temistocle, che aveva assunto la guida della lega panellenica, dopo la morte di Leonida: per convincere gli alleati, gli Ateniesi si servirono anche dell'interpretazione tendenziosa di un oracolo pronunciato dalla Pizia, che aveva consigliato loro di difendersi con un muro di legno. Temistocle ritenne che il muro dovesse essere interpretato non come l'invito a barricarsi nelle città, ma in riferimento alle navi. Un mese dopo, in settembre, avvenne la decisiva battaglia navale presso l'isola di Salamina, vinta dai Greci grazie a Temistocle, che sconfisse la flotta persiana, più numerosa, ma che usava navi troppo grandi e difficilmente maneggiabili in quella zona di mare.
Un contingente persiano si fermò in Tessaglia da dove, con il contributo dei Tebani, nell'agosto del 479 a.C., fece ripartire l'offensiva persiana. Nella battaglia campale di Platea, in Beozia, ci fu la sconfitta definitiva, dove l'esercito persiano venne messo in fuga da quello greco, guidato dallo spartano Pausania, mentre in contemporanea sotto il comando di Leotichida avveniva la battaglia navale presso il capo Micàle, che si risolse in un'altra sconfitta per i Persiani.
L'anno dopo (478 a.C.) le città ioniche dell'Asia minore furono liberate da una flotta greca guidata dallo spartano Pausania (che da lì a poco fu richiamato in patria ed accusato di dispotismo).
A questo punto Atene rimase la sola potenza ellenica interessata all'Egeo e alla Ionia, contro i Persiani.
Sviluppi successivi
La Lega di Delo
Nel 477 a.C. gli Ateniesi fondarono, per iniziativa di Aristide, la Lega delio-attica, una coalizione antipersiana con a capo Atene, che divenne in realtà strumento di controllo ateniese sugli alleati e fonte di ricchezza.
Altre azioni belliche
Nel trentennio successivo continuarono gli scontri con i Persiani.
Cimone, il nuovo stratega ateniese a capo della Lega di Delo, distrusse l'armata e la flotta persiane nel 467 a.C. presso il fiume Eurimedonte in Asia Minore.
Nel 456 a.C. Atene inviò 200 navi a sostenere una rivolta scoppiata in Egitto che era, fin dal 525 a.C., sotto il controllo persiano, ma fallì. Successivamente, nel 451 a.C., tentò di liberare Cipro, ancora con Cimone, ma nuovamente fallì e Cimone trovò la morte nell'isola, anche se la flotta in questo caso non venne distrutta, anzi, seppur priva della guida del suo ammiraglio, riuscì a forzare il blocco messo in atto dalle navi fenicie, al servizio dei Persiani, aprendosi la strada alla ritirata e confermando di avere comunque pieno controllo sul mare Egeo (si veda l'episodio della battaglia di Salamina in Cipro).
La conclusione
Alla fine nel 449 a.C. con il contributo di Pericle (di fatto capo di Atene) venne stipulata la pace di Callia: si trattava in definitiva di un trattato di non-aggressione, dove si stabilì l'autonomia delle città greche dell'Asia Minore, benché facenti parte dell'Impero persiano, il controllo dei Persiani su Cipro e il veto per le navi da guerra persiane di entrare nel mar Egeo.
I Persiani
I sovrani persiani non rinunciarono mai alle loro mire sulla Grecia e si occuparono sempre di seminare zizzania fra le varie poleis (divide et impera) finanziandone ora l'una ora l'altra, o addirittura le fazioni politiche all'interno di una stessa città.
Atene e Sparta
Sparta ed Atene divennero così i poli intorno a cui si organizzò la vita politica greca: intorno alla prima si aggregarono i regimi oligarchici, intorno all'altra i regimi democratici. In generale la guerra aveva cambiato gli equilibri interni delle poleis: da una parte i proprietari terrieri (filo-Spartani), dall'altra i mercanti e gli artigiani legati al commercio marittimo (filo-Ateniesi).
Trent'anni dopo le guerre persiane scoppierà la Guerra del Peloponneso per la supremazia tra queste due città.
Note
- ^ Nell'occasione si rese protagonista, con la sua ira, di un singolare episodio punitivo, di cui Erodoto si riferisce, noto come la Flagellazione dell'Ellesponto.
Filmografia
Fonti
- Erodoto, Storie (fonte principale)
- Tucidide
- Diodoro Siculo
- Plutarco