Crisi di Tangeri
La Crisi di Tangeri, detta anche Prima Crisi marocchina, fu determinata nel 1905 dall'opposizione della Germania al tentativo della Francia di estendere il suo potere in Marocco. La reazione tedesca si manifestò con la visita dell'imperatore Guglielmo II a Tangeri.
Scaturita dagli accordi con la Gran Bretagna dell'Entente cordiale, l’iniziativa francese di ingerenza sul Marocco condusse per l’opposizione tedesca ad una crisi internazionale. La tensione si aggravò per la fermezza delle due parti nel mantenere le rispettive posizioni. Terminò con la decisione del governo francese di cedere alla richiesta tedesco-marocchina di indire una conferenza internazionale.
I trattati e la situazione politica
Il trattato degli accordi anglo-francesi per l’Egitto e il Marocco, firmato a Londra l’8 aprile 1904, definiva, nei primi due articoli, le sfere d’influenza di Francia e Gran Bretagna in Africa settentrionale.
Il trattato, che diede vita all’Entente Cordiale disponeva lo status quo in Egitto, che era già protettorato inglese e su cui la Francia non avrebbe più avuto da nulla da reclamare, e l’allargamento della sfera d’influenza francese al Marocco. Quest’ultima parte dell’accordo però, se attuata, avrebbe portato la Francia ad infrangere i termini della convenzione di Madrid del 1880. Tale convenzione, sottoscritta da 8 nazioni (fra cui la Germania), prevedeva infatti uguali diritti nell’area per tutti i firmatari.[1]
Ma alla Francia bastava essere riuscita a stipulare un accordo con la massima potenza coloniale. Con l'altra potenza del Mediterraneo, l'Italia, c'era pure un accordo che risaliva al 14-16 dicembre 1900, che concedeva mano libera alla Francia sul Marocco e all'Italia sulla Libia.[2] Tuttavia, il Ministro degli Esteri francese Théophile Delcassé, si accinse a spianarsi la strada con formali comunicazioni ai governi interessati, trascurando però la Germania. L’Imperatore tedesco Guglielmo II ebbe così tutte le ragioni di credere che Delcassé volesse provocare la Germania per poi coinvolgere la Gran Bretagna.[3]
D’altro canto, la vera alleata della Francia, la Russia, era in gravi difficoltà per la guerra russo-giapponese e i conseguenti moti rivoluzionari del gennaio 1905. La Germania si sentiva così abbastanza forte da puntare i piedi e opporsi all’ingerenza francese sul Marocco. Un eventuale supporto militare dell’Inghilterra alla Francia appariva, infatti, molto incerto e modesto rispetto alla lotta diplomatica che si andava preparando.
La visita di Guglielmo II a Tangeri
In Marocco, la prima avvisaglia della pressione francese avvenne il 21 febbraio 1905. Quel giorno, l’ambasciatore francese pretese dal Sultano Mulay Abdelaziz IV che iniziasse a far istruire le sue truppe da ufficiali francesi ed esigesse i dazi sotto la sorveglianza di funzionari francesi. Il sultano si rivolse al governo tedesco e chiese in particolare se l’affermazione dell’ambasciatore, che presentava le sue richieste in nome dell’Europa, corrispondesse a verità. Al Cancelliere tedesco Bernhard von Bülow, di fronte a questa serie di provocazioni, “sembrò necessario rammentare a Parigi l’esistenza dell’Impero Germanico.” [4]
Intanto il Kaiser Guglielmo II si accingeva a partire per una crociera nel Mediterraneo. Prima di passare lo stretto di Gibilterra era prevista una tappa a Tangeri, alla quale il governo tedesco, visti gli sviluppi della politica francese, attribuì lo scopo di appoggiare i marocchini nei loro sforzi per mantenere l’indipendenza.
Il Kaiser non si decise volentieri a questa visita, dato che ci vide un atto politico di una certa gravità. Nelle sue memorie scrive: “Acconsentii ma col cuore gonfio, perché temevo (…) che la mia visita potesse essere considerata una provocazione, e potesse spingere Londra a sostenere la Francia in caso di guerra.”; e, in riferimento alle insistenze di Bülow, aggiunge: “Pensare e agire costituzionalmente è spesso un duro compito per un principe, sulle cui spalle vengono infine fatte cadere le responsabilità.” [5]
Il 30 marzo 1905 la nave di linea Hamburg, noleggiata da Guglielmo II, arrivò al largo di Tangeri. Il giorno seguente, dopo mille indecisioni, dato che il battello era troppo grande per approdare, il Kaiser si decise a bordo di una scialuppa a guadagnare la riva fra i marosi. A terra fu ricevuto con tutti gli onori ma fu costretto a salire su di un cavallo che non conosceva e a rischiare una caduta a causa del suo braccio sinistro offeso. Si dovette inerpicare, in un lungo corteo, per una stradina a contatto con la folla, in cui si contavano numerosi anarchici spagnoli che però erano stati abbondantemente prezzolati dall’ambasciatore tedesco.
Finalmente, a cospetto dell’ambasciatore francese, lo informò che con la sua visita sottolineava la richiesta tedesca di libertà commerciale e di uguali diritti, e che intendeva trattare con il sultano come capo di una nazione indipendente. Dopo aver conferito anche con il sultano Abdelaziz fece ritorno all’Hamburg, che salpò per Gibilterra. La crisi era ufficialmente aperta.
Scoppia la crisi
In Inghilterra, Re Edoardo VII dichiarò che lo sbarco a Tangeri era stata l’iniziativa più nociva e ingiustificata intrapresa dall’imperatore tedesco da quando era salito al trono. Ma l’ammiraglio John Fisher, andò ben oltre e in una dichiarazione al Ministro degli Esteri inglese Henry Lansdowne arrivò ad affermare: “Sembra un’occasione d’oro per combattere la Germania alleati della Francia, e spero che lei saprà approfittarne… Potremmo avere la flotta tedesca, il canale di Kiel e lo Schleswig-Holstein in una quindicina di giorni.” [6]
Il Cancelliere Bülow, intanto, mandava il conte Christian Tattenbach, ambasciatore a Lisbona, a Fez per rafforzare la posizione del sultano e respingere le pretese francesi. “Il conte Tattenbach era un bavarese di razza e possedeva l’animo coraggioso e l’incrollabile saldezza che caratterizza quella forte gente.” [7]
Nello stesso tempo, il 19 aprile 1905, in Francia, la posizione del Ministro Delcassé iniziava a farsi difficile. In una seduta alla Camera fu attaccato dai socialisti e solo tiepidamente appoggiato dal Presidente del Consiglio Maurice Rouvier. Mentre tutti i governi le cui nazioni avevano collaborato all’accordo di Madrid, furono invitati dal sultano, su consiglio di Bülow, ad una conferenza sul Marocco.
A Londra però il ministro degli esteri francese sembrava riscuotere più successo che a Parigi. Il Times non cessava di chiamare Delcassé il “Grande Francese”, minacciando e sbeffeggiando nel contempo la Germania. L’idea di una conferenza per il Marocco era respinta assolutamente come un’umiliazione e una capitolazione. [8]
Delcassé dovette ad un certo punto capire fin dove poteva osare. Se agire ancora con una semplice pressione politica sul sultano, oppure proporre al suo governo di giocare la carta dell’invasione del Marocco dall’Algeria. Per questa eventualità, egli si sentiva forte per il sostegno inglese che nessun trattato però assicurava si sarebbe trasformato in appoggio militare. E la Germania, con l’esercito più potente d’Europa, avrebbe attaccato la Francia approfittando della debolezza dell’alleato russo? Per carpire le intenzioni del governo tedesco, Delcassé decise di inviare a Berlino un suo stretto collaboratore, il funzionario Maurice Paléologue (futuro ambasciatore a San Pietroburgo).
La missione Paléologue
Merita di essere riportato un brano dei diari di Paléologue per descrivere lo stato di agitazione che si era diffuso presso alcuni ambienti diplomatici francesi. L’inviato di Delcassé arrivò nella capitale tedesca il 23 aprile 1905.
“Arrivo alle 18 a Berlino, stazione di Potsdam. Bihourd [9] mi aspetta al treno. Le sue prime parole mi stupiscono: -Ebbene? Mi portate l’ordine di cedere? [10] Se continuiamo la politica di Delcassé, sarà la guerra!... Sì, la guerra!... E allora siamo perduti! –Eh via! – gli dico per calmarlo. Ma lui riprende ansimando: -Sì per la via in cui ci siamo messi, si arriva alla guerra senza fallo!... Voi non avete idea di quanto sia forte la Germania!... Noi non siamo in grado di resisterle… Vi ripeto: se non cediamo immediatamente, sarà la guerra, e saremo perduti!- Tutto ciò è detto, anzi gridato, sulla banchina della stazione, in mezzo a trecento persone e a due passi dal domestico in livrea, la cui coccarda tricolore ci designa alla curiosità del pubblico.” [11]
Nei giorni seguenti l’idea che si formò Paléologue, ascoltando varie fonti, fu che la Germania non voleva la guerra, ma non avrebbe esitato a farla per salvaguardare i suoi diritti sul Marocco. Né un intervento dell’Inghilterra sarebbe bastato a fermarla. Nei circoli militari tedeschi, infatti, date le difficoltà sofferte dalla Russia, si riteneva che il momento fosse favorevole ad un conflitto con la Francia. Un informatore segreto, assicurò inoltre Paléologue che “l’eminenza grigia” degli ambienti governativi tedeschi, Friedrich von Holstein, era più influente e più francofobo che mai. Quando il Cancelliere Bülow o l’imperatore apparivano ammorbidirsi con la Francia, Holstein si rivolgeva allo Stato Maggiore dell’esercito che interveniva subito di rincalzo.[12]
A Paléologue, in quei giorni venne anche in mente il caso del "Vendicatore". Un anno prima un ufficiale tedesco di alto grado che adottò lo pseudonimo di "Vendicatore" (Le Vengeur) aveva rivelato ai servizi segreti francesi che la Germania aveva preparato una “vasta offensiva straripante e respingente", la quale si sarebbe sviluppata in territorio belga, sulle due rive della Mosa, per raggiungere la valle della Oise e aggirare così il sistema fortificato francese dell’Est.[13] Si trattava del Piano Schlieffen che, con qualche variante, fu effettivamente attuato dall’esercito tedesco nel 1914.
Tornato a Parigi il 26 aprile, Paléologue dichiarò fermamente al suo superiore: “Sul terreno su cui vi siete messo, non potete sperare in un successo contro la Germania, perché su questo terreno essa arriverà fino alla guerra, e l’opinione pubblica francese non vi seguirà.” [14] Delcassé andò su tutte le furie.
"Gli inglesi pronti a sbarcare!"
Una visita in Francia di Edoardo VII e l’appoggio dello Zar Nicola II, incoraggiarono Delcassé a proseguire lungo la strada della fermezza. Ma gli ambienti militari francesi temevano il peggio: il generale Jean Marie Toussaint Péndezec, membro dello Stato Maggiore, confessò a Paléologue: “Un attacco improvviso dalla Germania!... Non potremmo resistergli!... Sarebbe peggio che nel 1870!...[15] La nostra disfatta sarebbe ancora più rapida e completa!... Pensate, caro amico: anzitutto, nessun soccorso dalla Russia! (…) Avete letto la dichiarazione di Hervé [16] nell’ultimo comizio socialista: -All’ordine di mobilitazione risponderemo con lo sciopero dei richiamati.- E l’alto comando? Peggio ancora! Il generalissimo Brugère [17] è dimissionario e non è ancora sostituito. Delle nostre cinque armate dell’Est, due sono prive di comandante. (…) Ora conoscete la situazione. Non è terribile?” [18]
Nessuno poteva sapere fin dove i “falchi” tedeschi (Holstein e lo Stato Maggiore) sarebbero potuti arrivare, benché nel contegno della Germania molti francesi ravvisassero, giustamente, una gran parte di bluff.
Il 12 maggio 1905, cedendo alle istanze dei suoi più stretti collaboratori, Delcassé ordinava all’ambasciatore francese a Londra, Paul Cambon, di mettere l’Inghilterra alle strette. Si chiedeva chiarezza su un eventuale impegno militare nel caso di un attacco tedesco alla Francia. Tre giorni dopo, però, il presidente del consiglio Rouvier, si pronunciava categoricamente contro l’apertura di tali trattative. Il timore era che se i tedeschi fossero venuti a sapere di questi negoziati avrebbero attaccato subito la Francia, prima che un eventuale accordo difensivo fosse stato stipulato.
In Marocco, intanto, aizzato da Tattenbach, confidente e servitore di Holstein, il sultano manteneva fermi i diritti della sua piena sovranità. Per cui tutto rimaneva come in uno stato di febbrile sospensione, fin quando, il 28 maggio 1905, non si ebbe la notizia che la flotta russa del Baltico, dopo una lunghissima traversata, era stata completamente distrutta dalla flotta giapponese presso l’isola di Tsushima. La potenza militare e il prestigio della Russia erano compromessi per i mesi a venire, e anche la posizione della Francia si indeboliva.
Nonostante ciò, Delcassé, sempre più isolato in patria, manteneva la sua posizione verso il Marocco. Egli assicurò decisamente e ripetutamente ai ministri suoi colleghi, che in caso di attacco tedesco l’Inghilterra era pronta a far sbarcare in Germania, nello Holstein, fino a 150.000 uomini, i quali avrebbero inevitabilmente sottratto truppe tedesche al confine con la Francia. [19]
Dimissioni di Delcassé
Presto Delcassé, però, avrebbe dovuto fare i conti con un altro evento. Il 4 giugno, i servizi segreti francesi decifravano un telegramma che l’ambasciatore tedesco a Roma Anton Monts aveva inviato al Ministro degli Esteri italiano Tommaso Tittoni. L’ambasciatore tedesco avvertiva:
“Il Governo tedesco ha motivo di ritenere che il signor Saint-René-Taillandier, inviato a Fez,[20] abbia minacciato il Sultano di fare occupare militarmente certi punti del Marocco, per obbligarlo a respingere le richieste della Germania. Se le truppe francesi oltrepassano il confine marocchino, come seguito a tale minaccia, le truppe tedesche varcheranno immediatamente il confine francese.” [21]
Questo telegramma ha, per alcuni versi, dell’incredibile, dato che l’ambasciatore tedesco a Roma, Monts, che si vantava di discendere da un aristocratico della Linguadoca, era caduto sotto l’influenza del suo collega francese Camille Barrère. Questi era intimo amico di Delcassé e con Monts e il ministro del tesoro italiano Luigi Luzzati aveva tentato in più modi di rompere l’isolamento del ministro degli esteri francese. [22] Fatto sta che, invece, quel telegramma di Monts, compromise definitivamente la posizione di Delcassé.
Informato del telegramma, il giorno dopo, il presidente del consiglio Rouvier si recò all’Eliseo, dove disse al Presidente della Repubblica Émile Loubet: “Delcassé ci conduce alla guerra. Tra lui e me non vi è più collaborazione possibile. Domani obbligherò il Consiglio dei ministri a scegliere tra la sua politica e la mia; domani uno di noi due avrà lasciato il potere.” [23]
Il 6 giugno 1905 fu tenuto a Parigi il Consiglio dei Ministri decisivo. Delcassé sostenne che, se la Francia insisteva saldamente nel suo rifiuto della Conferenza sul Marocco, la Germania avrebbe ceduto, e cioè preferito una umiliazione alla guerra. Il Ministro della Guerra, Maurice Bertaux, si mostrò meno fiducioso. Il Presidente del consiglio Rouvier espresse la convinzione che Delcassé si ingannava se credeva che la Germania stesse bluffando e il Consiglio dei ministri votò per la partecipazione alla Conferenza sul Marocco, quindi, contro Delcassé. Questi allora si alzò, dichiarò di dimettersi dal governo e lasciò, profondamente offeso, la sala.[24]
Il giorno delle dimissioni di Delcassé, Guglielmo II conferì al Cancelliere tedesco conte Bülow, il titolo di principe. La Conferenza sul Marocco si tenne in Spagna, ad Algeciras, nel 1906.
Note
- ^ Balfour, Guglielmo II e i suoi tempi, Milano, 1968, pag. 334.
- ^ Sonnino, Diario, Bari, 1972, Vol I, pagg. 447, 465, 466.
- ^ Balfour, Guglielmo II e i suoi tempi, Milano, 1968, pag. 334.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pag. 109.
- ^ Guglielmo II, Memorie, Milano 1923, pagg. 96, 97.
- ^ Balfour, Guglielmo II e i suoi tempi, Milano, 1968, pagg. 337, 338.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pag. 115.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pag. 115.
- ^ Paul Bihourd, ambasciatore francese a Berlino.
- ^ Cedere alla proposta di conferenza.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 276, 277.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 280, 281.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pag. 286.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 281, 282.
- ^ Il riferimento è alla guerra franco-prussiana del 1870-1871.
- ^ Gustave Hervé (1871-1944), socialista, convinto assertore dell’idea dell’insurrezione in caso di guerra.
- ^ Henri Joseph Brugère, comandante in capo dell’esercito francese.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 291.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pag. 120.
- ^ Inviato dal governo francese.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 319.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pag. 116.
- ^ Paléologue, Una svolta decisiva della politica mondiale, Milano 1934, pagg. 319.
- ^ Bülow, Memorie, Milano 1931, Vol II, pagg. 120, 121.
Bibliografia
- Guglielmo II, Memorie dell’Imperatore Guglielmo II scritte da lui stesso, Mondadori, Milano 1923.
- Bernhard von Bülow, Denkwürdigkeiten, 1930-31 (Ediz.Ital. Memorie, Mondadori, Milano 1930-31, 4 volumi. Vol. I : Dalla nomina a Segretario di Stato alla Crisi Marocchina, Vol. II: Dalla Crisi Marocchina alle dimissioni da Cancelliere, Vol. III: Guerra Mondiale e catastrofe, Vol. IV: Ricordi di gioventù e diplomazia).
- Maurice Palèologue, Una svolta decisiva della politica mondiale (1904-1906), Mondadori, Milano, 1934.
- Michael Balfour, The Kaiser and his Times, 1964 (Ediz. Ital. Guglielmo II e i suoi tempi, Il Saggiatore, Milano, 1968).
- Sidney Sonnino, Diario, Editori Laterza, Bari 1972, 3 volumi (Vol. I: 1886/1912, Vol. II: 1914/1916, Vol. III: 1916/1922).