Testimonium Flavianum
Il testimonium flavianum è l'insieme di due passi nelle Antichità giudaiche dello storico ebreo Flavio Giuseppe e rilevanti per il dibattito sulla storicità di Gesù. Si tratta infatti di due paragrafi che, se autentici, sarebbero tra i primi documenti storici di origine non cristiana a menzionare Gesù: l'opera fu infatti pubblicata nel 93. Tuttavia, essendo tutte le copie dell'opera pervenute fino all'epoca contemporanea, inclusa l'edizione araba recentemente scoperta, tramandate da copisti cristiani, l'autenticità del testimonium è stata disputata sin dal XVI secolo;[1] quasi tutti gli studiosi moderni affermano che il testimonium sia un passo spurio introdotto da un copista prima dell'XI secolo.[2]
Antichità giudaiche e testimonium flavianum
Flavio Giuseppe era un nobile ebreo, membro del Sinedrio che combatté contro i Romani durante la prima guerra giudaica (66-74), per poi essere catturato e collaborare col generale e successivamente imperatore Tito Flavio Vespasiano. Trasferitosi a Roma alla corte imperiale, scrisse due opere storiche in lingua greca, la Guerra giudaica (75), in cui racconta la rivolta ebraica e la sua soppressione da parte di Vespasiano, e le Antichità giudaiche (93), in cui narra la storia del suo popolo da Abramo ai suoi tempi.
Nelle Antichità racconta della condanna a morte per lapidazione di Giacomo il Minore, avvenuta nel 62 in questi termini:
Il secondo brano, quello propriamente noto come testimonium flavianum, afferma:
Versione araba del X secolo
Nel 1971 il professor Shlomo Pinés dell'Università Ebraica di Gerusalemme scoprì una nuova versione delle Antichità, contenuta in un'opera del X secolo, la Storia universale di Agapio, vescovo di Hierapolis[3]. Una traduzione che, pure essendo anch'essa di origine cristiana, non conteneva i probabili inquinamenti delle altre versioni note all'epoca. Non si conosce una spiegazione del perché questo manoscritto differisca dagli altri e quale sia la sua storia; alcuni studiosi ritengono che l'autore abbia riportato il passo citandolo a memoria. Così si presenta il testo incriminato nella versione di Agapito:
La genuinità del testo sarebbe confermata da due indizi: in primo luogo un vescovo cristiano difficilmente avrebbe tolto dei giudizi lusinghieri su Gesù, se ci fossero stati. In secondo luogo anche questa versione, in seguito, definisce Giacomo "fratello di Gesù": un copista cristiano non avrebbe di certo utilizzato il termine fratello, vista la polemica già in atto in seno alla Chiesa sui possibili fratelli di Gesù[4].
Note
- ^ La prima affermazione di falsità del brano è attribuita al giurista e filologo protestante Hubert van Giffen (latinizzato in Gifanio, 1534–1616), sebbene le sue opere pervenute non contengano questa posizione; il primo a pubblicare una confutazione dell'autenticità del brano fu il teologo luterano Lucas Osiander (Osiandro, 1535-1604), il quale affermò che si trattava di un passo spurio (Epitomes historiae ecclesiasticae, ii c. 7, Tubinga, 1592).
- ^ Uno studio su 87 articoli pubblicati nel periodo 1937-1980 riguardo il testimonium ha rivelato che «la stragande maggioranza di questi mette in dubbio la sua autenticità in tutto o in parte» (Feldman, p. 490).
- ^ Gli Ebrei portano le prove storiche dell'esistenza di Gesù, articolo dell'International Herald Tribune, 14 febbraio 1972.
- ^ Vittorio Messori, Ipotesi su Gesù, SEI, Torino, 1976, pag. 196-199.
Bibliografia
- Feldman, Louis H (1989), "A Selective Critical Bibliography of Josephus", in Feldman, Louis H & Hata, Gohei, Josephus, the Bible, and History, Leiden: E.J. Brill, ISBN 9004089314