Publio Clodio Pulcro (in latino Publius Clodius Pulcher; Roma, 93 o 92 a.C.[1]Roma, 52 a.C.) è stato un politico romano.

Fu una delle personalità di maggiore spicco del periodo immediatamente antecedente alle guerre civili del 49 a.C. Grazie a fedeli bande armate fu per anni padrone di Roma con una forma di squadrismo ante litteram che gettò la città nel caos.

Biografia

Origini familiari e giovinezza

Publio Claudio Pulcro nacque in data ignota: è tuttavia probabile, in base al cursus honorum che percorse, che sia nato tra il 93 e il 92 a.C.[1] Apparteneva per nascita alla nobile gens Claudia, che poteva a sua volta vantare lontane e gloriose origini: essa era nata dal sabino Attus Clausus, patronus di oltre cinquemila clienti, il cui nome era stato poi latinizzato in Appio Claudio. Nel corso dei secoli, numerosi esponenti della gens avevano raggiunto ruoli di particolare prestigio: tra essi, Appio Claudio Crasso, tra il 451 e il 449 a.C., aveva diretto i decemviri che avevano stilato le leggi delle XII tavole. Il ramo della gens Claudia a cui apparteneva la famiglia di Clodio, quello dei Pulcri, era nato dal figlio del censore Appio Claudio Cieco che si era battuto per favorire l'ingresso di plebei e liberti nella vita politica.[2]

I Claudi mantennero sempre una posizione di particolare influenza grazie alle vaste clientele di cui disponevano, e raggiunsero, nel corso di tutta la storia repubblicana, per ben ventotto volte il consolato, per cinque la dittatura e per sette la censura.[3] In particolare, furono i Pulcri a raggiungere il consolato negli anni 249, 212, 185, 184, 177, 143, 92, 79, 54 e 38 a.C., e la censura negli anni 169, 136 e 50 a.C.[2]

La gens Claudia, dunque, generò uomini del tutto diversi tra loro, a cui tuttavia gli storici riconoscono l'uso comune di mantenere una politica liberale con l'intento di guadagnare il potere personale,[4] e un comportamento altezzoso e violento nei confronti della plebe dal quale il solo Clodio seppe distaccarsi.[5]

Rimane tuttora sconosciuta l'identità della madre di Clodio: è probabile che sia stata una esponente della gens Servilia, benché in passato fosse particolarmente accreditata la teoria, oggi considerata poco realistica, che si trattasse di Cecilia, seconda figlia del nobile Quinto Cecilio Metello Balearico.[6] Il padre di Clodio, invece, fu Appio Claudio Pulcro, partigiano di Silla che, dopo un lungo esilio, rivestì il consolato nel 79 a.C. e fu poi proconsole in Macedonia, dove sconfisse in battaglia alcune tribù ribelli.[6] Clodio aveva anche due fratelli, entrambi più grandi di lui, Appio e Gaio, una sorella maggiore, Clodia, e due omonime sorelle minori.

Il padre di Clodio morì, già vecchio, nel 76 a.C., e la gestione del patrimonio familiare ricadde sulle spalle del fratello maggiore dello stesso Clodio, Appio.[7] Egli, che ricoprì nel 54 a.C. il consolato e morì pochi anni più tardi, si comportò in modo particolarmente brillante, e riuscì anche a dare in sposa le sorelle a personalità influenti.

Nel 62 o nel 61 a.C., Clodio sposò Fulvia.[8] Ella, sebbene di lontane ascendenze plebee, era stata adottata dal console del 62 a.C., Lucio Licinio Murena e possedeva un discreto patrimonio.[9] Dotata di un carattere autoritario e irruento, Fulvia riuscì abilmente a sottomettere a sé Clodio,[10] ma non gli fece mai mancare il suo sostegno durante tutta la sua vicenda politica, e gli rimase sempre fedele. I due generarono due figli: un maschio, Publio Clodio, che raggiunse la pretura attorno al 30 a.C. e che morì poi ancora in giovane età a causa degli stravizi, e una femmina, Clodia Pulcra, che attorno al 43 a.C. divenne moglie di Ottaviano.[9]

Rimane sconosciuto il percorso educativo di Clodio, assieme al suo carattere e al suo aspetto: non se ne ha infatti nessuna rappresentazione. Secondo Cicerone, il giovane Clodio, dopo la morte di suo padre, si sarebbe lasciato andare a relazioni incestuose con le sorelle e a scandalosi rapporti con vecchi lussuriosi;[11] il giudizio di Cicerone, tuttavia, potrebbe essere dettato dalla volontà di gettare discreditò sul suo oppositore politico, e non risulta dunque del tutto attendibile.[12] Clodio, assieme alla sorella maggiore, seppe radunare con sé un folto gruppo di amici, dissoluti eredi delle grandi famiglie aristocratiche, intavolando particolari rapporti con Gaio Scribonio Curione, Marco Antonio e Gaio Licinio Calvo.[13]

Carriera politica

Il servizio militare

Nel 73 a.C. il re del Ponto Mitridate VI, alleato con il genero Tigrane II, e invase la provincia romana di Bitinia, e successivamente quella d'Asia. Il comando delle legioni fu affidato a Lucio Licinio Lucullo, cognato di Clodio, che guidò con successo una controffensiva in Bitinia e Galazia e sconfisse Tigrane nel 69 a.C.[14] Tuttavia i legionari, temendo di doversi addentrare nel territorio asiatico,[14] si ammutinarono per ben due volte, costringendo Lucullo a ritirarsi verso sud. Clodio, che partecipando alla spedizione saliva il primo gradino del cursus honorum, ebbe in quel frangente modo di fomentare il malcontento che covava tra i legionari e contribuire al loro definitivo ammutinamento,[15] che permise a Mitridate e Tigrane di riconquistare le terre che Lucullo aveva loro strappato.[16]

«[2] Allora [Clodio] prestava servizio militare con Lucullo, senza essere tenuto - così credeva - in tanto onore quanto meritasse. Riteneva di essere il primo fra tutti, ma poiché per il suo carattere era lasciato dietro a molti, cominciò a metter su i soldati già appartenenti all'esercito di Fimbria e a incitarli contro Lucullo, diffondendo cattivi discorsi a uomini che non erano né maldisposti né disabituati a lasciarsi trascinare dalle arti della demagogia. [...] [6] Colpito nel morale [dai discorsi di Clodio], l'esercito di Lucullo si rifiutò di seguirlo contro Tigrane e contro Mitridate.»

La figura di Lucullo stava già subendo, all'epoca, un forte declino: il senato non ne tollerava l'arbitrarietà, i populares i trascorsi sillani, mentre gli equites lo accusavano di star prolungando la guerra in Oriente.[17] Le province dell'Asia Minore, dunque, furono gradualmente riassegnate ad altri magistrati, in modo tale da diminuire sempre l'area su cui Lucullo esercitava la propria giurisdizione; nel 67 a.C., infine, il tribuno Aulo Gabinio propose, per contrastare il fenomeno dei pirati, una legge straordinaria che assegnasse a Gneo Pompeo l'imperium su tutta l'area mediterranea.[17] Le pressioni del popolo, sobillato dal giovane Gaio Giulio Cesare, costrinsero il senato ad approvare la proposta, e Pompeo poté debellare i pirati in pochi mesi. Il tribuno Gaio Gabinio, dunque, propose nel 66 a.C. una nuova legge con la quale fece assegnare allo stesso Pompeo il comando della guerra mitridatica.[17]

L'azione di Clodio, che aveva favorito il fallimento di Lucullo, assecondava, dunque, quelli che erano gli interessi di Pompeo e della classe politica romana. Il giovane, tuttavia, per evitare la probabile vendetta legale di Lucullo, decise di rifugiarsi nella provincia di Cilicia, che era stata assegnata al cognato Quinto Marcio Re.[18]

Marcio Re, che doveva anche a Clodio la sua nomina a governatore provinciale, confidando forse nelle doti militari del giovane, lo pose a capo di una flotta.[18]

A Roma

Nel 62 a.C., tornato a Roma, fu coinvolto in un grosso scandalo che sconvolse l'opinione pubblica. Durante le solenni celebrazioni della Bona Dea (1 maggio), infatti, approfittando della situazione caotica di quei giorni, si introdusse camuffato da donna in casa di Cesare, per amoreggiare con la sposa di lui Pompea. Scoperto il tradimento, Cesare ripudiò Pompea, ma non prese nessun provvedimento contro Clodio, ormai idolo della plebaglia e legato alla sua stessa fazione politica. Clodio dovette comunque affrontare un processo indetto dal Senato, al termine del quale però sarà assolto grazie all'aiuto di giurati corrotti.

Divenuto tribuno della plebe nel 58 a.C. grazie proprio all'appoggio di Cesare, dominò Roma approfittando dell'assenza del generale partito per le campagne militari in Gallia e grazie ai vari gruppi armati a lui legati, e in virtù dell'incondizionata fiducia della quale godeva presso la plebe. In quel periodo formulò la lex Clodia, legge che condannava all'esilio i magistrati che avevano condannato a morte cittadini romani senza un processo regolare. Era questo un chiaro attacco politico rivolto al nemico Cicerone che nel 63, ai tempi della congiura di Lucio Sergio Catilina aveva fatto giustiziare cinque cittadini coinvolti nel colpo di Stato. Dopo l'approvazione della legge, Cicerone fu costretto a lasciare Roma, i suoi beni furono confiscati e la sua casa distrutta.

Altre leggi di una certa importanza varate da Clodio furono quelle che limitarono il potere dei censori e degli auspici aumentando invece quello dei comizi. Favorì anche la distribuzione gratuita del grano presso i più poveri.

Nel 57 a.C. non poté evitare il ritorno a Roma di Cicerone, dopo diciotto mesi di esilio. Ritorno che avveniva mentre l'altro suo fiero e capace avversario politico Tito Annio Milone diveniva tribuno della plebe.

Edile nel 55 a.C., Clodio si candidò alla pretura due anni dopo, in un clima politico sempre più carico di tensione e veleni, mentre Cesare affrontava l'ultima resistenza dei Galli guidati da Vercingetorige e il Senato guidato da Catone e Scipione mostrava sempre più la sua intolleranza alle vittorie del generale romano. Ben presto la contesa elettorale degenerò in veri e propri scontri armati. Il 20 gennaio del 52 a.C. gli uomini di Clodio e Milone (che si era candidato come console) si scontrarono sulla via Appia a Boville. Clodio fu ferito e poi ucciso per ordine di Milone. I disordini che scoppiarono alla morte di Clodio costrinsero il Senato a eleggere console senza collega Pompeo, che riuscì a stento a riportare la situazione al suo status quo. Conseguenza di questa nomina fu, di lì a poco, la rottura fra Cesare e Pompeo, e poi la guerra civile.

Note

  1. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 13.
  2. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 14.
  3. ^ Svetonio, Tiberio, 1.
  4. ^ Syme, La rivoluzione romana, p. 21.
  5. ^ Svetonio, Tiberio, 2.
  6. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 16.
  7. ^ Varrone, De re rustica, III, 16, 1-2.
  8. ^ Dopo la morte di Clodio, Fulvia sposò Gaio Scribonio Curione, e dopo la morte di quest'ultimo (49 a.C.), divenne moglie di Marco Antonio. Fu lei, nel 40 a.C., a suscitare contro Ottaviano il bellum Perusinum.
  9. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 19.
  10. ^ Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri IX, III, 5, 3.
  11. ^ Cicerone, De haruspicum responsis, 20; 42.
  12. ^ Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 20.
  13. ^ Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 21.
  14. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 22.
  15. ^ Plutarco, Lucullo, 34, 4-5.
  16. ^ Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 24.
  17. ^ a b c Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 25.
  18. ^ a b Fezzi, Il tribuno Clodio, p. 26.

Bibliografia

  • P. Moreau, Clodiana religio. Un procès politique en 61 av. J.-C., Paris, Les Belles Lettres, 1982
  • W.J. Tatum, The Patrician Tribune. Publius Clodius Pulcher, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1999
  • L. Fezzi, Il tribuno Clodio, Roma-Bari, Laterza 2008
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