Roberto Calvi
Roberto Calvi, (13 aprile 1920 - Londra, 17 giugno 1982), è stato un banchiere e finanziere italiano, soprannominato dalla stampa il banchiere di Dio, per via della sua vicinanza al Vaticano.
Da semplice impiegato di banca, diventa nel 1975 presidente di una banca privata strettamente legata allo IOR, il Banco Ambrosiano, che riesce a controllare, grazie ad amicizie con membri della loggia massonica segreta P2 (di cui in seguito farà parte) ed a rapporti con esponenti del mondo degli affari e della mafia. In poco tempo diviene uno dei finanzieri più aggressivi, intrecciando una fitta rete di società create in paradisi fiscali con lo IOR, la banca vaticana.
Le crisi del Banco Ambrosiano
La prima crisi del Banco si ebbe nel 1977, quando una mattina di novembre Milano si svegliò tappezzata di cartelloni in cui vennero denunciate presunte irregolarità del Banco ambrosiano. Artefice del gesto fu Michele Sindona, un banchiere siciliano in affari con Calvi e come lui piduista. Fu una ripicca, poiché Sindona aveva chiesto soldi a Calvi per "tappare i buchi" delle sue banche e Calvi aveva rifiutato. La situazione si stabilizzò celermente, ma il 17 aprile 1978 alcuni ispettori della Banca d'Italia entrarono nel Banco Ambrosiano, dove rimasero per alcuni mesi, uscendo con un rapporto pieno di irregolarità che fu consegnato al giudice Emilio Alessandrini. Egli purtroppo non riuscì nemmeno a leggerlo, ucciso da un attentato del gruppo terroristico di estrema sinistra Prima Linea; il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi e il capo della vigilanza Mario Sarcinelli che avevano ordinato l'ispezione vennero invece accusati dal magistrato Antonio Alibrandi di alcune irregolarità nella gestione di un altro caso finanziario. I due imputati vennero definitivamente prosciolti nel 1983 dopo essere stati comunque tagliati fuori dal caso sul Banco Ambrosiano. Intanto per Calvi, anche questa seconda crisi, forse con qualche aiuto, fu superata; non fu però l'ultima: le seguenti, di carattere finanziario ed in particolare di mancanza di liquidità per il Banco, furono arginate facilmente grazie ai finanziamenti della BNL e dell'ENI per circa 150 milioni di Dollari, per cui Calvi dovette pagare tangenti a Claudio Martelli e Bettino Craxi. Il "castello di carte" dell'Ambrosiano crollò nel 1981 con la scoperta della loggia P2 che lo proteggeva: Calvi si ritrovò senza alcuna difesa contro lo scandalo appena scoppiato e cercò l'intervento del Vaticano e dello IOR, ma poco meno di due mesi dopo venne arrestato per reati valutari, processato e condannato.
Tentativo di salvataggio
In attesa del processo di appello, Calvi venne rilasciato in libertà provvisoria e poté tornare a presiedere il Banco. Nel tentativo di trovare fondi per il salvataggio dei conti strinse rapporti con Flavio Carboni, un finanziere sardo legato ad ambienti politici e malavitosi romani come la Banda della Magliana, legami che portarono, forse, al tentato omicidio di Roberto Rosone, direttore generale del Banco, vittima di un attentato da parte di Danilo Abbruciati, un boss della banda della Magliana, a causa delle perplessità espresse rispetto ad alcuni finanzaiamenti concessi dal Banco a delle attività di Carboni senza la presenza delle dovute garanzie.
La situazione precipitò comunque, Calvi e Carboni cercarono ancora l'intervento dello IOR, che però rifiutò loro un aiuto di fronte ai numerosi fatti criminosi di cui si veniva via via a conoscenza.
Il giallo della Morte
Con l'aiuto di personaggi legati a Carboni, Calvi fuggì a Londra e qualche giorno dopo il suo corpo venne trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi in circostanze molto sospette. La magistratura inglese liquidò la morte di Calvi come suicidio, basandosi su una perizia medico-legale, nonostante tutte le evidenze dimostrassero il contrario. Sei mesi dopo, la sentenza venne annullata dall'Alta Corte per vizi formali e sostanziali ed il giudice che emise la sentenza addirittura incriminato per irregolarità; il secondo processo britannico lasciò aperta sia la porta del suicidio, sia quella dell'omicidio. Un processo italiano si aprì solo nel 1988 come causa civile, dove si stabilì che Roberto Calvi era stato ucciso, imponendo a un'assicurazione il risarcimento di 3 milioni di dollari alla famiglia.
Il Processo
Il processo penale italiano si è aperto successivamente con imputati Flavio Carboni ed il boss di Cosa Nostra Pippo Calò accusati dell'omicidio del presidente del Banco Ambrosiano, attualmente il processo è sospeso in attesa di nuove perizie che attestino con precisione la natura della morte di Calvi.
Gli argomenti a favore dell'accusa girerebbero intorno alle circostanze della morte di Calvi, in particolare una serie di coincidenze presentatesi quella sera, come una telefonata effettuata dalla camera dove alloggiava il banchiere, tempi morti nella ricostruzione, etc. Inoltre ci sarebbe la reale difficoltà di accesso per un uomo di 60 anni al luogo in cui era stata legata la corda, e una serie di perizie di carattere fisico sul livello del Tamigi che proverebbero la morte dolosa di Calvi.
D'altro canto, la sostanziale assenza di prove che accuserebbero gli imputati e l'assenza di un movente forte scagionano temporaneamente Carboni e Calò.
La frase "il Banco Ambrosiano non è mio, io sono soltanto il servitore di qualcuno" pronunciata da Roberto Calvi durante il processo per reati valutari ha lasciato comunque molti dubbi sugli eventi. Delle recenti affermazioni della famiglia di Calvi vorrebbero legare quella frase ad alcuni esponenti del Vaticano e la scomparsa di Emanuela Orlandi (la ragazza scomparsa in Vaticano nel 1983 e tuttora al centro di un giallo internazionale) a queste vicende.