Gaetano Bresci

anarchico italiano (1869-1901), esecutore dell'omicidio di Umberto I
«Io non ho ucciso Umberto. Io ho ucciso il re. Ho ucciso un principio»

Gaetano Bresci (Prato, 11 novembre 1869Isola di Santo Stefano, 22 maggio 1901) è stato un anarchico italiano, autore dell'uccisione del re Umberto I.

Gaetano Bresci

Il regicidio

Uccise a Monza, la sera di domenica 29 luglio 1900, sparandogli contro tre colpi di pistola (o quattro, le fonti storiche non concordano), il re d'Italia, Umberto I di Savoia. Il sovrano stava rientrando in carrozza nella sua residenza monzese dopo aver assistito a un saggio ginnico cui seguì una premiazione presso la società sportiva Forti e Liberi. L'assassinio, immortalato in una celebre tavola del pittore Achille Beltrame per La Domenica del Corriere, avvenne sotto gli occhi della popolazione festante che salutava il monarca. Bresci si lasciò catturare dal carabiniere Andrea Braggio senza opporre resistenza; e fu lo stesso carabiniere a salvarlo, proteggendolo dal linciaggio a cui stava per essere sottoposto dalla folla inferocita.

Emigrato tempo prima a Paterson (New Jersey, USA), l'anarchico era rientrato appositamente in Italia con il preciso intento di uccidere Umberto I: intendeva così vendicare la strage avvenuta a Milano nel 1898, quando l'esercito guidato dal generale Bava-Beccaris sparò su una folla di manifestanti (il totale dei morti non è mai stato accertato, ma superò sicuramente il centinaio).

 
Bresci durante il processo

Bresci, difeso dall'avvocato Francesco Saverio Merlino, dopo il rifiuto di Filippo Turati, fu processato per regicidio e condannato a morte, con pena poi commutata in lavori forzati a vita da re Vittorio Emanuele III (fu l'ultimo caso che si ricordi in cui un re d'Italia commutò una pena). Alle ore 12 del 23 gennaio del 1901 dopo un trasferimento via mare sulla nave da guerra Messaggero il Bresci è rinchiuso nel suo ultimo domicilio. Per poterlo controllare a vista venne edificata per lui una speciale cella di tre metri per tre, priva di suppellettili, nel penitenziario di Santo Stefano, presso Ventotene (Isole Ponziane). Il suo numero di matricola è il 515.

Indossa la divisa degli ergastolani, con le mostrine nere che indicano i colpevoli dei delitti più gravi. I piedi sono avvinti in catena. Ogni giorno riceve il vitto di spettanza: una gamella di zuppa magra ed una pagnotta. Ha facoltà di acquistare generi alimentari allo spaccio, ma si avvale raramente di questa concessione. Delle sessanta lire depositate presso l'amministrazione dell'ergastolo (e spedite dall' America dalla moglie) riesce a spenderne meno di dieci. Il comportamento del detenuto è giudicato tranquillo, normale. Bresci riceve la visita del cappellano del carcere don Antonio Fasulo, ma rinunzia al conforto della conversazione. Si fa dare una Bibbia, che legge ogni tanto, poi, tra gli scarsi volumi della biblioteca carceraria, sceglie un vocabolario italiano-francese. Lo troverà aperto, quel pomeriggio del 22 maggio 1901 il direttore del carcere venuto a constatare la sua morte.

La morte

Il 22 maggio 1901, l'ufficio matricola della Regia Casa di Pena di Santo Stefano registra la morte del detenuto Bresci Gaetano fu Gaspero, condannato all'ergastolo per l'uccisione a Monza del re d'Italia. Alle ore 14,55 il secondino Barbieri, che aveva l'incarico di sorvegliare a vista l'ergastolano, ma che si era allontanato per alcuni minuti, scopre il corpo del Bresci, ormai cadavere, penzolare dall'inferriata, alla quale il recluso si era appeso per il collo mediante l'asciugamano in dotazione o secondo altri un lenzuolo. Accorre il direttore del carcere cavalier Cecinelli, accorre anche il medico, ma soltanto per constatare l'avvenuto decesso.

Tuttavia le circostanze della sua morte hanno sempre destato perplessità. Voci sotterranee fatte circolare da cella a cella e presto uscite dal penitenziario, avvalorano un'altra ipotesi. Tre guardie avrebbero fatto irruzione nella cella, avrebbero immobilizzato il Bresci buttandogli addosso una coperta e poi lo avrebbero massacrato a pugni. Nel gergo carcerario questo trattamento è chiamato fare il sanantonio. Serve a dare una lezione ai riottosi, qualche volta questa lezione è mortale. Un delitto di Stato sarebbe stato dunque la pena per un delitto contro lo Stato. Così come incertezza vi è anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti, fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di S. Stefano; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.

Molti sono quindi i misteri che circondano ancora la figura dell'anarchico venuto dall'America, come la fantasia popolare lo aveva ribattezzato. Riguardano prevalentemente dei documenti spariti misteriosamente: non è infatti mai stata trovata la pagina 515 che descriveva il suo status di ergastolano e le circostanze della sua morte; nessuna informazione su di lui è disponibile all'Archivio di Stato di Roma; non è mai stato ritrovato - come testimonia una approfondita biografia di Arrigo Petacco - il dossier che Giovanni Giolitti scrisse sulla vicenda Bresci.

Qualche anno dopo la morte del regicida, Ezio Riboldi, primo sindaco socialista di Monza, fece visitare la cappella espiatoria al giovane esponente della sinistra rivoluzionaria Benito Mussolini, il quale con un sasso puntuto incise la scritta: Monumento a Bresci[1].

Contesto storico in cui maturò l'uccisione di Umberto I di Savoia

Nel 1898, a circa 30 anni dall'annessione della Lombardia al Regno d'Italia, la situazione economica era gravissima. Si ricorda che in questi 30 anni emigrarono circa 519 000 lombardi.[2] A Milano, a seguito dell'aumento del costo della farina e del pane, il cui costo cresceva da anni a causa della tassa sul macinato imposta dal regno sabaudo, il popolo affamato insorse e assaltò i forni del pane.

L'insurrezione milanese durò vari giorni e fu repressa nel sangue con i fucili e i cannoni dai carabinieri al comando del generale piemontese Fiorenzo Bava-Beccaris, che poi per questa azione di ordine pubblico fu insignito con la Croce di grand'ufficiale dell'ordine militare di Savoia, «per rimeritare il servizio reso alle istituzioni e alla civiltà» da Umberto I re d'Italia. Nella feroce repressione militare si calcola che vi furono più di cento persone uccise (i dati non sono precisi) e centinaia di feriti. Tra le vittime i miserabili in fila per ricevere la minestra dei frati, sui quali si sparò a mitraglia.

Gaetano Bresci intese vendicare l'eccidio e rendere giustizia, perciò uccise il re Umberto I di Savoia in quanto responsabile in capo di questi tragici avvenimenti.

Reazioni

Tutti gli amici più stretti e i parenti di Bresci vennero arrestati nel tentativo di dimostrare che Bresci non aveva agito individualmente, ma aveva preso parte a un vastissimo complotto anarchico internazionale. Anche la polizia di Paterson fu mobilitata per dimostrare l'esistenza di tale complotto, ma non trovò assolutamente nessuna prova.

L'Avanti, divenuto capro espiatorio nonostante fosse affatto vicino agli anarchici, subì un'aggressione da parte dei conservatori, in seguito alla quale vennero arrestati alcuni lavoratori del giornale invece degli aggressori. Molti anarchici in tutta Italia furono arrestati, colpevoli di apologia di regicidio. In effetti, a Bresci venivano dedicate feste e brindisi, tanto in Italia quanto a Paterson.

Aneddoti

di Caramel Luciano - Bertozzi Massimo(rimasto incompiuto a causa della sua morte).

  • La città di Prato ha dedicato, nel 1976, una strada al concittadino anarchico. Si trova vicino a Piazza del Mercato Nuovo.
  • Bresci era solito portare sempre con sé una macchina fotografica (a dire il vero anche abbastanza costosa), una moda dei giovani americani del tempo. La macchina fotografica lo accompagnò anche il giorno in cui uccise Umberto I.
  • Bresci si distingueva dall'immigrato italiano medio, in quanto parlava correttamente l'inglese, aveva appunto una macchina fotografica, un piccolo lusso per l'epoca, ed in più interagiva molto con la comunità americana, al contrario di molti immigrati italiani (soprattutto i primi che arrivarono negli Stati Uniti) che, per motivi diversi, spesso si auto-ghettizzavano nelle Little Italy.
  • Bresci fu anche un donnaiolo, era molto spigliato con le ragazze, aiutato anche da una discreta cultura.
  • Bresci ebbe una figlia dalla consorte chiamata Gaetanina (fu lei, anarchica convinta, dopo la morte del padre a continuare le lotte per una vita migliore degli operai, che il padre aveva sostenuto anni prima).
  • Ascanio Celestini gli ha dedicato una canzone (trasmessa nel programma Parla con me di Serena Dandini l'8 febbraio 2007)[5] che parla di un assassino che entra «come un ladro nella casa del ladro» - cioè del padrone - per ucciderlo. Tale pezzo musicale è stato riproposto durante il Concerto del Primo Maggio in Piazza San Giovanni Laterano a Roma.
  • Vi è inoltre un'altra canzone dedicata al Regicidio: "La Savoiarda" del gruppo milanese DDT

Bibliografia

  • Francesco Saverio Merlino. La difesa di Gaetano Bresci alla Corte d'assise di Milano. Bologna, Casa Editrice La Controcorrente, 1912.
  • Ugoberto Alfassio Grimaldi. Il re "buono". Milano, Feltrinelli, 1970.
  • Cesare Gildo Silipo. Un re: Umberto 1, un generale: Bava Beccaris Fiorenzo, un anarchico: Gaetano Bresci. Milano, Il centro della copia, 1998
  • Giuseppe Galzerano. Gaetano Bresci: vita, attentato, processo, carcere e morte dell'anarchico che giustiziò Umberto I. Casalvelino Scalo, Galzerano, 2001.
  • Arrigo Petacco. L'anarchico che venne dall'America. Storia di Gaetano Bresci e del complotto per uccidere Umberto I. Milano, Oscar Mondadori, 2001. ISBN 88-044-9087-X

Voci correlate

Note

  1. ^ Cfr. Indro Montanelli, Ritratti, Rizzoli, 1988, pag. 296
  2. ^ Fonte: Centro Studi sull'emigrazione, di Roma
  3. ^ monumento Bresci
  4. ^ Caramel Luciano ;Bertozzi Massimo Carlo Sergio Signori 1906-1988. Sculture dipinti disegni. Catalogo della mostra Grafis ISBN: 8880810812
  5. ^ Parlaconme
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