Utente:Franco aq/sandbox5
Hodierna di Tripoli (circa 1110 – circa 1164) fu una delle figlie del Re di Gerusalemme Baldovino II e di sua moglie, la nobildonna di origini armene Morfia di Melitene.
Divenne contessa di Tripoli sposando, attorno al 1135, Raimondo II di Tripoli; ebbero due figli:
- Melisenda alla quale diedero lo stesso nome della regina,
- Raimondo III di Tripoli (1140 – 1187) Conte di Tripoli dal 1152 al 1187.
Hodierna fu la terza di quattro figlie: la sue sorelle maggiori furono Melisenda (moglie di Folco V d'Angiò) ed Alice (moglie di Boemondo II d'Antiochia), la sorella minore Ivetta fu badessa del convento di San Lazzaro di Betania). Le quattro sorelle erano molto unite; Hodierna potrebbe aver chiesto a Melisende di organizzare nel 1148 l'assassinio di Alfonso I di Tolosa, figlio di Raimondo IV di Tolosa, che era venuto a reclamare la Contea di Tripoli. Hodierna appoggiò Melisenda nella sua lotta con il figlio (nipote di Hodierna) Baldovino III. Nel 1152 Melisenda fu alla fine sconfitta, ma le fu assegnato il governo del piccolo feudo di Nablus, da dove lei ed Hodierna riuscirono ad influenzare l'elezione del Patriarca latino.
Nello stesso periodo Hodierna si trovò nel mezzo di controversia con suo marito Raimondo II di Tripoli. Hodierna, come le sue sorelle, era molto indipendente, ma Raimondo era un uomo geloso e la tenne in isolamenteo. Ci furono anche voci secondo le quali la loro figlia Melisenda fosse nata da una relazione extraconiugale di Hodierna. Sua sorella Melisenda e suo nipote Baldovino si recarono a nord per intervenire nel 1152. Hodierna e Raimondo accettarono di riconciliarsi, ma si decise anche che Hodierna sarebbe tornata a Gerusalemme con Melisenda per un breve periodo. Non appena lei lasciò Tripoli, Raymond fu ucciso dai Nizariti. Hodierna tornò immediatamente per assumere la reggenza della contea per suo figlio Raimondo III, che era ancora un bambino. Baldovino garantì l'appoggio dei nobili della contea, ed Hodierna gli permise di dare il castello di Tortosa ai Cavalieri templari, al fine di respingere un attacco che Nur ad-Din aveva lanciato quando aveva appreso della morte di Raimondo.
Hodierna rimase al capezzale di Melisende quando questa giacque morente nel 1161. Libero dall'influenza di sua madre Baldwin III prese personalmente il controllo di Nablus, scambiandola con Philippe de Milly che ricevette la Signoria di Oltregiordano in cambio. Hodierna diede il suo assenso alla transazione a nome di Melisende.
Sua figlia Melisenda avrebbe dovuto sposare l'imperatore bizantino Manuele I Comneno; l'accordo sembrava concluso e la giovane Melisenda veniva già considerata come "la futura imperatrice". Ma quando Manuele seppe della sua presunta illegittimità sposò invece Maria di Antiochia.
Non si conosce la data della morte di Hodierna, probabilmente fu negli anni 1160.
Secondo la Vida del trovatore Jaufré Rudel di Blaye, la leggenda della bellezza di Hodienra, riportata in Francia dai pellegrini, ispirò le canzoni sull'amor de lonh (amore lontano) di Rudel. La storia afferma che egli prese parte alla Seconda crociata allo scopo di vederla ma cadde ammalato e fu portato a terra morente. Si dice che Hodierna, appresa la notizia, scese dal suo castello e che Rudel morì tra le sue braccia. Questa romantica ma inverosimile storia sembra sia derivata dalla natura enigmatica dei versi di Rudel e dalla sua presunta morte nella coriciata. Edmond Rostand prese questa storia a base del suo dramma in versi del 1895 La Princesse lointaine, ma assegnò il ruolo femminile, invece che ad Hodierna, alla sua abbandonata figlia Melisenda.
Bibliografia
- (inglese) Steven Runciman, The Kingdom of Jerusalem and the Frankish East, 1100-1187, in A History of the Crusades, vol. II, Cambridge University Press, 1952. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Guglielmo di Tiro, Historia Rerum In Partibus Transmarinis Gestarum (A History of Deeds Done Beyond the Sea), a cura di E. A. Babock e A. C. Krey, traduzione di E. A. Babock e A. C. Krey, Columbia University Press, 1943. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- Hans E. Mayer, The Crusades. Oxford, 1965.
Voci correlate
Il portale Donne nella storia non esiste
Gli accordi
Nel settembre 1108, Alessio chiese che Boemondo negoziasse con lui nell’accampamento imperiale a Diabolis (Devol). Boemondo, con l’esercito non più in grado di sconfiggere Alessio in battaglia a causa dell’epidemia che lo aveva colpito, non ebbe altra scelta che accettare.
Egli ammise di aver violato il giuramento del 1097,[1] ma rifiutò di riconoscere che questo fatto fosse rilevante nelle presenti circostanze poiché, dal punto di vista di Boemondo, anche Alessio aveva violato gli accordi tornando indietro mentre i crociati erano assediati in Antiochia, nel 1098. Alessio accettò di considerare nulli i giuramenti del 1097.[2] I termini specifici del trattato furono negoziati dal generale Niceforo Briennio, e furono registrati da Anna Comnena:[3]
- Boemondo accettò di diventare vassallo ed homo ligius (o ἄνρωπος λίζιος) dell’imperatore, ed anche del figlio ed erede di Alessio Giovanni;[4]
- egli accettò di contribuire alla difesa dell’impero, in qualunque momento ed in qualunque luogo gli fosse richiesto in cambio di un pagamento annuale di 200 talenti per questo servizio;
- gli fu dato il titolo di sebastos e quello di dux (duca) di Antiochia e gli furono assegnate, come feudi imperiali, Antiochia ed Aleppo (quest’ultima non era controllata né dai Crociati né dai Bizantini, ma era sottinteso che Boemondo avrebbe tentato di conquistarla);
- egli accettò di restituire Laodicea ed altri territori della Cilicia ad Alessio, e di non attaccare i territori armeni;
- egli accettò la nomina da parte di Alessio di un Patriarca Greco-Ortodosso, scelto "tra i discepoli della grande chiesa di Costantinopoli" (la restaurazione del Patriarca Ortodosso fu un segno di sottomissione all’impero, ma sollevò dei problemi di diritto canonico di difficile soluzione[5]).[6] ;
- se uno dei vassalli di Boemondo - in particolare il suo nipote Tancredi di Lecce – avesse rifiutato di onorare il trattato, Boemondo avrebbe dovuto fargli intendere ragione.
I termini furono negoziati in conformità alla cultura occidentale di Boemondo, così egli si vide come vassallo feudale di Alessio, con tutti gli obblighi che questo implicava secondo le usanze occidentali: egli era tenuto ad assistere militarmente l’Imperatore, ad eccezione delle guerre nelle quali era coinvolto egli stesso, ed a servirlo contro tutti i suoi nemici in Europa ed in Asia.[7]
Anna Comnena ha descritto la procedura con dettagli molto ripetitivi, con Boemondo che di frequente precisava i propri errori ed elogiava la benevolenza di Alessio e dell’Impero; il tutto fu probabilmente piuttosto umiliante per Boemondo. D’altra parte l’opera di Anna aveva lo scopo di celebrare suo padre (Alessio) ed i termini del trattato potrebbero non essere del tutto esatti.
"I swear to thee, our most powerful and holy Emperor, the Lord Alessio Komnenos, and to thy fellow-Emperor, the much-desired Lord Giovanni Porphyrogenitos that I will observe all the conditions to which I have agreed and spoken by my mouth and will keep them inviolate for all time and the things that are for the good of your Empire I care for now and will for ever care for and I will never harbor even the slightest thought of hatred or treachery towards you [...] and everything that is for the benefit and honor of the Roman rule that I will both think of and execute. Thus may I enjoy the help of God, and of the Cross and of the holy Gospels." |
Oath sworn by Boemondo, concluding the Trattato di Devol, as recorded by Anna Comnena[8] |
Gli accordi verbali furono scritti in due copie, una per Alessio e l’altra per Boemondo. Secondo quanto riportato da Anna, i testimoni venuti dal campo di Boemondo che sottoscrissero la sua copia del trattato furono: Mauro De Monte vescovo di Amalfi e Legato pontificio, Renard vescovo di Tarentum ed il clero minore che li accompagnava; l’abate del monastero di S. Andrea in Brindisi insieme a due dei suoi monaci ed un certo numero di pellegrini senza nome (probabilmente soldati dell’esercito di Boemondo). Testimoni del trattato per la corte imperiale di Alessio furono il sebastos Marino di Napoli, Ruggero figlio di Dagoberto, Pietro Aliphas, Guglielmo di Gand, Riccardo di Salerno, Goffredo di Mailli, Hubert figlio di Raoul, Paolo Romano, gli ambasciatori Peres e Simon dall’Ungheria, e gli ambasciatori Basilio l’Eunuco e Costantino.[9] Molti dei testimoni di Alessio erano occidentali che avevano importanti posizioni nell’esercito bizantino e nella corte imperiale;[10] Basilio e Costantino erano ambasciatori al servizio dei parenti di Boemondo in Italia meridionale.
Nessuna delle due copie è sopravvissuta. Erano scritte in latino o greco: entrambe le ipotesi sono ugualmente probabili dato il numero di occidentali presenti, molti dei quali dovevano conoscere il latino; forse furono usate entrambe le lingue.
Non è chiaro fino a che punto la notizia delle concessioni di Boemondo si diffuse attraverso l’Europa poiché solo pochi cronisti accennano al trattato; Fulcherio di Chartres dice semplicemente che Boemondo ed Alessio si riconciliarono.[11]
Analisi
Note
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 348-349
* Norwich, Byzantium:The Decline and Fall, 48 - ^ L’unica clausola dei precedenti accordi tra Alessio e Boemondo che non fu dichiarata nulla fu l’atto di "omaggio feudale" da parte di Boemond ad Alessio (Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 349).
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 348-358
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 349-350
* Norwich, Byzantium:The Decline and Fall, 48 - ^ J. Richard, The Crusades, c.1071 - c.1291, 131
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 354-355
* Norwich, Byzantium:The Decline and Fall, 48 - ^ J. Richard, The Crusades, c.1071 - c.1291, 130
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 357
- ^ Anna Komnene, The Alexiad, XIII, 357-358
- ^ A. Kazhdan, Latins and Franks in Byzantium, 93-94
- ^ Fulcherio di Chartres, Expedition to Jerusalem, XXXV
Fonti
Fonti primarie
- (inglese) Anna Comnena, Libri X - XIII, in Alessiade, tradotto da Elizabeth A. S. Dawes, Medieval Sourcebook. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- Fulcherio di Chartres, La fondazione del regno di Gerusalemme, in Gioia Zaganelli (a cura di), Crociate - Testi storici e poetici, Introduzione di Gioia Zaganelli, Meridiani Classici dello spirito, Segrate, Mondadori, 2004.
- (inglese) Fulcherio di Chartres, Capitolo XXXV, in Harold S. Fink (a cura di), A History of the Expedition to Jerusalem 1095-1127, tradotto da Frances Rita Ryon, introduzione di Harold S. Fink, The University of Tennessee Press, 1969. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (FR) Fulcherio di Chartres, Chapter XXXV, su HISTOIRE DES CROISADES, gallica.bnf.fr, Gallica. URL consultato il 02-08-2008.
- (inglese) Guglielmo di Tiro, Historia Rerum In Partibus Transmarinis Gestarum (A History of Deeds Done Beyond the Sea), traduzione di E. A. Babock e A. C. Krey, Columbia University Press, 1943. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (LT) Guglielmo di Tiro, HISTORIA RERUM IN PARTIBUS TRANSMARINIS GESTARUM, su thelatinlibrary.com, The Latin Library. URL consultato il 02-08-2008.
Fonti secondarie
- (inglese) Michael Angold, The Byzantine Empire, 1025-1118, in Rosamond McKitterick (a cura di), The New Cambridge Medieval History, Cambridge University Press, 2005, ISBN0-521-41411-3. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) John W. Birkenmeier, Historical Overview of the Eleventh- and Twelfth-Century Byzantium, in The Development of the Komnenian Army: 1081–1180, Brill Academic Publishers, 2002, ISBN9-004-11710-5. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Bernard Hamilton, William of Tyre and the Byzantine Empire, in Charalambos Dendrinos, Jonathan Harris, Eirene Harvalia-Crook e Judith Herrin (a cura di), Porphyrogenita: Essays on the History and Literature of Byzantium and the Latin East in Honor of Julian Chrysostomides, Ashgate Publishing, Ltd., maggio 2003, ISBN 0-754-636968. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (EN) Jessica Holifield, Tancred and Bohemond: Brothers-in-arms or Arch Rivals? (PDF), in University of Leeds (School of History). URL consultato il 12 settembre 2007.
- (inglese) Andrew Jotischky, Crusade and Settlement, 1095-c. 1118, in Crusading And The Crusader States, Pearson Education, 2004, ISBN0-582-41851-8. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Alexander Kazhdan, Latins and Franks in Byzantium: Perception and Reality from the Eleventh to the Twelfth Century (PDF), in Angeliki E. Laiou - Roy Parviz Mottahedeh (a cura di), The Crusades from the Perspective of Byzantium and the Muslim World, Dumbarton Oaks Research Library and Collection, 2001, ISBN0-884-02277-3. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Tia M. Kolbaba, Byzantine Perceptions of Latin Religious Errors (Themes and Changes from 850 to 1350) (PDF), in Angeliki E. Laiou - Roy Parviz Mottahedeh (a cura di), The Crusades from the Perspective of Byzantium and the Muslim World, Dumbarton Oaks Research Library and Collection, 2001, ISBN0-884-02277-3. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Ralph-Johannes Lilie, The Crusades and Byzantium, in Khalil I. Semaan (a cura di), The Crusades: Other Experiences, Alternate Perspectives, Global Academic Publishing, 2003, ISBN1-586-84251-X. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Paul Magdalino, The Empire of Manuel I Komnenos, 1143–1180, Cambridge University Press, 2002, ISBN 0-521-52653-1. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) John Norwich, Byzantium:The Decline and Fall, Penguin, 1995, ISBN 0-670-82377-5. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (inglese) Jean Richard, From the First to the Second Crusade, in The Crusades, C. 1071-c. 1291, tradotto da Jean Birrell, Cambridge University Press, 1999, ISBN0-521-62566-1. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- John G. Rowe, Paschal II, Bohemond of Antioch and the Byzantine Empire, in Bulletin of the John Rylands Library, vol. 44, 1966-67, pp. 165-202.
- (inglese) Steven Runciman, The first Crusade, Cambridge University, 1980, ISBN 0-521-23255-4. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- Matthew Spinka, Latin Church of the Early Crusades, in Church History, vol. 8, n. 2, giugno 1939, pp. 113-131, DOI:10.2307/3160650. URL consultato il 20 settembre 2007.
- (inglese) Peter Stephenson, The Rise of the West, I: Normans and Crusaders (1081-1118), in Byzantium's Balkan Frontier: A Political Study of the Northern Balkans, 900-1204, Cambridge University Press, 2000, ISBN0-521-77017-3. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
- (EN) Andrew Stone, John II Comnenus (A.D. 1118-1143), in Online Encyclopedia of Roman Emperors. URL consultato l'11 settembre 2007.
Ulteriori letture
- (EN) Thomas S. Asbridge, The Creation of the Principality of Antioch, 1098–1130. The Boydell Press, 2000.
- (EN) Jonathan Harris, Byzantium and the Crusades. Hambledon and London, 2003.
- (EN) Ralph-Johannes Lilie, Byzantium and the Crusader States, 1096–1204. Trans. J.C. Morris and J.C. Ridings. Clarendon Press, 1993.
- (EN) Kenneth M. Setton, ed., A History of the Crusades, Vols. II and V. Madison, 1969–1989.
Emiro turco Selgiuchide di Edessa.
La città di Edessa fu presa dalle truppe selgiuchidi nel 1086; Il sultan Malik Shah I, non fidandosi dell'ambizione di suo fratello Tutush che aveva appena sconfitto Suleyman I, l'affidò a Buzan [1].
Nel 1093 Tutush I tentò di approfittare della travagliata successone a suo fratello Malik Shah I (morto nel novembre 1092) a Bagdad per deprivare i figli di Malik Shah, suoi nipoti. Egli impose a Aq Sunqur al-Hajib, governatore di Aleppo ed a Buzan, di unirsi a lui, ma questi, per fedeltà verso il figlio del loro vecchio signore, defezionarono durante la battaglia di Tutush contro Barkiyaruq (uno dei figli di Malik Shah), obbligando Tutush a battere in ritirata.
Deciso a vendicarsi, nel 1094 Tutush diede battaglia a Ruyan, vicino ad Aleppo, contro i coalizzati Aq Sunqur al-Hajib, Kerbogha e Buzan, li sconfisse e fece decapitare Aq Sunqur al-Hajib e Buzan, [2], mentre Kerbogha rimase prigioniero.
Nle 1095 un ex ufficiale dell'armeno Philaretos Brakhamios, Thoros, eliminò facilmente la guarnigione turca di Edessa e s'impadronì della città gettando le basi della Contea di Edessa.
Note
Bibliografia
- (francese) René Grousset, 1095-1130 L'anarchie musulmane, in Histoire des croisades et du royaume franc de Jérusalem, Vol. I, Parigi, Perrin, 2006 [1934], ISBN 2-262-02548-7. Lingua sconosciuta: francese (aiuto)
Voci correlate
Collegamenti esterni
- (EN) Charles Cawley, West Asia & North Africa, Chapter 5. Iran and Iraq, su fmg.ac, Foundation for Medieval Genealogy, luglio 2006). URL consultato il 25-05-2008.
- (FR) Dinastia selgiuchide, su web.genealogie.free.fr. URL consultato il 25-05-2008.
Franco aq/sandbox5 | |
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Stato | {{{nazione}}} |
Divisione 1 | Abruzzo, province di L'Aquila e Pescara |
Lunghezza | 42 km |
Portata media | 29,69 m³/s |
Bacino idrografico | 300 km² |
Nasce | Gran Sasso |
Sfocia | nel fiume Saline |
Il fiume Tavo nasce sul Gran Sasso, in località Pietrattina, a 1.560 m.s.l.m., vicino al monte Guardiola (1.828 m.), al margine orientale dell’altopiano di Campo Imperatore; scorre in direzione W-E, SW-NE perpendicolarmente alla costa.
Iinizia il suo corso tra le altissime pareti rocciose del Vallone d'Angora dove le acque delle sorgenti "Pisciarelli" si aggiungono alle sue; attraversa la più ampia Valle D'Angri e, in località Mortaio D'Angri, si insinua turbinosamente nella stretta forra della Bocca dell'Inferno; riceve le acque dalla spettacolare Cascata del Vitello d'Oro, alta 28 metri.
Nel Parco Nazionale è popolato dalla trota fario mentre una grande varietà di specie animali come la biscia dal collare, il picchio rosso maggiore, il merlo acquaiolo, la ballerina bianca e la ballerina gialla, trova un habitat ideale nella rigogliosa vegetazione della zona ripariale, caratterizzata da pioppo bianco, nero, salice bianco e salice rosso.
Riceve i primi scarichi inquinanti nella valle sotto Farindola e le sue contrade, che attraversa su un letto ghiaioso.
Tra le colline subappenniniche fino a Penne, dove uno sbarramento[1] forma l’invaso artificiale del Lago di Penne che dal 1987 è Area naturale protetta. La siccità degli ultimi anni ha lasciato spesso il lago in secca.
Nelle acque rilasciate dalla diga confluisce il Fosso dell'Acqua Ventina, che proviene da Penne ed è molto inquinato dagli scarichi.
Il Tavo prosegue attraverso i comuni di Loreto Aprutino, Pianella, Moscufo, Collecorvino e Cappelle sul Tavo, un territorio collinare a destinazione agricola e zootecnica, e la captazione di acqua si fa più intensa nell'ultimo tratto, dove ci sono industrie e molte cave di ghiaia.
Termina in una pianura alluvionale in località Congiunti, all'altezza del confine tra Cappelle sul Tavo e Città Sant'Angelo dove, unendosi con il fiume Fino, dà origine al fiume Saline.
Il Tavo ha un regime torrentizio, la sua portata media giornaliera è di 29,69 metri cubi al secondo, rilevata per un trentennio immediatamente a valle della diga di Penne, alla stazione di misura di San Pellegrino. La sempre maggiore captazione delle acque per uso potabile e l'abbassamento della falda acquifera causato dalla costruzione del Traforo del Gran Sasso, negli anni 70, hanno ridotto fortemente la portata delle sorgenti (Mortaio d'Angri, Acquasanta, Vitella d'Oro) che confluiscono nel fiume che, di conseguenza nei periodi di siccità è quasi privo di acqua.
Principali affluenti, entrambi da destra, sono il Fosso del Canneto ed il torrente Gallero, quest'ultimo nasce alle pendici orientali del Gran Sasso, dal monte Morrone (1315 m), scorre per 10 chilometri con un andamento meandriforme nell'ultimo tratto e in località Penne, nei pressi di Castiglione, confluisce nel Tavo.
Note
- ^ Gestione ed esercizio della diga di Penne sul fiume Tavo, su nopress.it, Consorzio di Bonifica Centro Saline-Pescara-Alento-Foro. URL consultato il 19-09-2008.
Collegamenti esterni
- Primo rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Abruzzo - Anno 2001 (PDF), su artaabruzzo.it, A.R.T.A. - Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente - Abruzzo, 204-205. URL consultato il 19-09-2008.
- Aspetti idrologici, su nopress.it, Consorzio di Bonifica Centro Saline-Pescara-Alento-Foro. URL consultato il 19-09-2008.
- La cascata della Vitella d'Oro da Farindola (PE), su lagagransasso.it. URL consultato il 19-09-2008.
42°29′02″N 14°05′40″E confluenza del Tavo e del Fino nel Saline.
Franco aq/sandbox5 | |
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Stato | {{{nazione}}} |
Divisione 1 | Abruzzo |
Lunghezza | 10 km |
Bacino idrografico | 34 km² |
Nasce | Località Congiunti, dalla confluenza tra Fino e Tavo |
Sfocia | Mare Adriatico |
Il fiume Saline ha origine dalla confluenza dei fiumi Fino e Tavo nella località "Congiunti" all’altezza del confine tra Città Sant'Angelo e Cappelle sul Tavo, scorre per circa 10 chilometri in una valle intensamente urbanizzata ed industrializzata soggetta a periodiche e pericolose esondazioni e sbocca nell’Adriatico in località “Saline”, al confine tra l'abitato di Marina di Città Sant'Angelo e Montesilvano.
Il toponimo deriva dall'antico nome romano Salinum Flumen dovuto all’esistenza di importanti saline presso la foce, l'area tra la foce del Saline e quella del torrente Piomba era il pagus romano Ad Salinas.
Il Saline presentava una certa ricchezza sotto il profilo botanico[1] ed alla sua foce si fermavano uccelli migratori e stanziali, oggi però proprio nell'area della foce, sono presenti grandi complessi edilizi, un esteso sistema di argini e scogli, scarichi fognari, un porticciolo.
Numerosi scarichi, e la forte speculazione edilizia hanno portato ad una situazione di estremo degrado[2] [3] dell'intero fiume, l'oasi WWF "Foce del Saline" è stata abbandonata.
Il bacino idrografico complessivo dei fiumi Fino-Tavo-Saline ha un'estensione di 612 chilometri quadrati.
Note
- ^ * Sulle sponde del Saline (PDF), su provincia.pescara.it, Provincia di Pescara. URL consultato il 27-09-2008.
- ^ Enrico Nardecchia, Veleni nel Saline, sequestrati undici terreni, in il Centro, 26 agosto 2008, p. 5. URL consultato il 27/09/2008.
- ^ * S.I.N. “FIUMI SALINE E ALENTO” SINTESI DEI PRIMI RISULTATI DELLA CARATTERIZZAZIONE (PDF), su regione.abruzzo.it, REGIONE ABRUZZO & A.R.T.A. - Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente - Abruzzo. URL consultato il 27-09-2008.
Collegamenti esterni
- Primo rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Abruzzo - Anno 2001 (PDF), su artaabruzzo.it, A.R.T.A. - Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente - Abruzzo, 204-205. URL consultato il 19-09-2008.
- Aspetti idrologici, su nopress.it, Consorzio di Bonifica Centro Saline-Pescara-Alento-Foro. URL consultato il 19-09-2008.
42°31′33″N 14°09′07″E foce del Saline.
Franco aq/sandbox5 | |
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Stato | {{{nazione}}} |
Divisione 1 | Abruzzo, province di Teramo e Pescara |
Lunghezza | 40 km |
Bacino idrografico | 106 km² |
Nasce | Giove (monte) |
Sfocia | Adriatico |
Il torrente Piomba nasce sul versante settentrionale di Monte Giove a 679 m.s.l.m., nel territorio del comune di Cermignano, attraversa Cellino Attanasio, lambisce Montefino, Elice, Atri, Città Sant'Angelo, ancora Atri ed infine Silvi.
Sfocia nell'Adriatico tra Marina di Città Sant'Angelo (PE) e Silvi Marina (TE), la sua parte terminale costituisce il confine tra la provincia di Pescara e quella di Teramo, che ospita i nove decimi del suo corso nel territorio della Comunità Montana del Vomano, Fino e Piomba, a vocazione agricola e zootecnica, dove le sue acque sono utilizzate maniera eccessiva per l'irrigazione ed inquinate dagli scarichi.
La portata è modesta e spesso si annulla nei periodi di secca.
Collegamenti esterni
- Primo rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Abruzzo - Anno 2001 (PDF), su artaabruzzo.it, A.R.T.A. - Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente - Abruzzo, p. 203. URL consultato il 19-09-2008.
- Valle del Fiume Piomba, in Itinerari di conoscenza tra opere e natura nelle montagne teramane, Centro Documentale. URL consultato il 28-09-2008.
42°31′50″N 14°08′45″E foce del torrente Piomba.
Franco aq/sandbox5 | |
---|---|
Stato | {{{nazione}}} |
Divisione 1 | Abruzzo |
Lunghezza | 23 km |
Bacino idrografico | 168 km² |
Nasce | Monte Corno |
Sfocia | Vomano |
Il fiume Mavone è il tributario più ricco d’acqua perenne del fiume Vomano, nel quale confluisce da destra circa 9,4 chilometri a valle dell'abitato di Montorio al Vomano, vicino alla località Sant'Agostino.
Nasce dall'omonima sorgente sul versante orientale del Monte Corno (2.912 m.) ed inizia il suo corso nel fosso Inferno di Corno; riceve le acque dei fossi Spoledra, San Nicola (vicino a Fano a Corno) e Vittore. Poi dalla destra idrografica, vicino a Isola del Gran Sasso, accoglie il suo maggior affluente, il torrente Ruzzo, che a sua volta ha già ricevuto le le acque del Malepasso e della Fossaceca. Da Castelli arrivano poi le acque del fosso Leomogna e da Castiglione della Valle, infine, quelle del fosso Fiumetto.
Le acque del Ruzzo e del Mavone sono captate a fini idroelettrici dall'ENEL e potabili dall'Acquedotto del Ruzzo.
Collegamenti esterni
- Primo rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Abruzzo - Anno 2001 (PDF), su artaabruzzo.it, A.R.T.A. - Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente - Abruzzo, pp. 201-202. URL consultato il 19-09-2008.
- Valle del Fiume Vomano e Mavone, in Itinerari di conoscenza tra opere e natura nelle montagne teramane, Centro Documentale. URL consultato il 28-09-2008.
- Fiume Vomano, su ruzzo.it, Ruzzo RETI S.p.a. URL consultato il 28-09-2008.
42°30′08″N 13°39′33″E il Mavone a Isola del Gran Sasso.
Il terremoto in Cilicia del 1268 fu uno dei più tremendi, morirono oltre 60.000 abitanti[1] di quello che, all'epoca era il Regno armeno di Cilicia, nell'attuale Turchia.
Note
Bibliografia
- (inglese) Cornelius Walford, The Famines of the World, Past and Present, Manchester, Ayer Publishing, 1970 [1879], ISBN:0833736698. URL consultato il 3 giugno 2008. Lingua sconosciuta: inglese (aiuto)
Collegamenti esterni
- (EN) Most deadly earthquakes in history, su worldbook.com, 04-06-2008.
I Selgiuchidi (oppure Turchi Selgiuchidi [1], (TR) Selçuklular ; in persiano سلجوقيان Ṣaljūqīyān; (AR) سلجوق Saljūq oppure السلاجقة al-Salājiqa ); è stata una dinastia turca [2] e persiana, [3] di religine Musulmana Sunnita che governò parte dell'Asia centrale e del Medio Oriente dal XI al XIV secolo. Essi crearono l'Impero Selgiuchide che si estendeva dall'Anatolia al Punjab e fu l'obiettivo della Prima crociata. The dynasty had its origins in the Turcoman tribal confederations of Central Asia and marked the beginning of Turco power in the Medio Oriente. After arriving in Persia, the Seljuqs adopted the Persian culture [4] [5] [6] and language [7] [8] , and played an important role in the development of the Turko-Persian tradition which features "Persian culture patronized by Turkic rulers." [9] Today, they are remembered as great patrons of Persian culture, art, letteratura, and persiana [7] [8] [10] and are regarded by some as the cultural ancestors of the Western Turks - the present-day inhabitants of Azerbaigian , Turchia, and Turkmenistan.
Note
- ^ "Turchi Selgiuchidi" in varie pubblicazioni
- ^
- Jackson, P. (2002). Review: The History of the Seljuq Turks: The History of the Seljuq Turks.Journal of Islamic Studies 2002 13(1):75-76; doi:10.1093/jis/13.1.75.Oxford Centre for Islamic Studies.
- Bosworth, C. E. (2001). Notes on Some Turkish Names in Abu 'l-Fadl Bayhaqi's Tarikh-i Mas'udi. Oriens, Vol. 36, 2001 (2001), pp. 299-313.
- Dani, A. H., Masson, V. M. (Eds), Asimova, M. S. (Eds), Litvinsky, B. A. (Eds), Boaworth, C. E. (Eds). (1999). History of Civilizations of Central Asia. Motilal Banarsidass Publishers (Pvt. Ltd).
- Hancock, I. (2006). ON ROMANI ORIGINS AND IDENTITY. The Romani Archives and Documentation Center. The University of Texas at Austin.
- Asimov, M. S., Bosworth, C. E. (eds.). (1998). History of Civilizations of Central Asia, Vol. IV: The Age of Achievement: AD 750 to the End of the Fifteenth Century, Part One: The Historical, Social and Economic Setting. Multiple History Series. Paris: UNESCO Publishing.
- ^
- Josef W. Meri, "Medieval Islamic Civilization: An Encyclopedia", Routledge, 2005, p. 399
- Michael Mandelbaum, "Central Asia and the World", Council on Foreign Relations (May 1994), p. 79
- Jonathan Dewald, "Europe 1450 to 1789: Encyclopedia of the Early Modern World", Charles Scribner's Sons, 2004, p. 24: "Gli eserciti Turcomanni provenienti da oriente spinsero i bizantini fuori dalla maggior parte dell’Asia Minore ed instaurarono il sultanato persianizzato dei Selgiuchidi."
- ^ Ram Rahul. "March of Central Asia", Indus Publishing, pg 124:"The Selgiuchidi conquest of Persia marked the triumph of the Sunni over Shii but without a decline in Persian culture. The Selgiuchidis eventually adopted the Persian culture.
- ^ C.E. Bosworth, "Turkish expansion towards the west", in UNESCO HISTORY OF HUMANITY, Volume IV: From the Seventh to the Sixteenth Century, UNESCO Publishing / Routledge, p. 391: "While the Arabic language retained its primacy in such spheres as law, theology and science, the culture of the Selgiuchidi court and secular literature within the sultanate became largely Persianized; this is seen in the early adoption of Persian epic names by the Seljuq Rulers (Qubad, Kay Khusraw and so on) and in the use of Persian as a literary language (Turkish must have been essentially a vehicle for every days speech at this time). The process of Persianization accelerated in the thirteenth century with the presence in Konya of two of the most distinguished refugees fleeing before the Mongols, Baha al-din Walad and his son Mawlana Jalal al-din Rumi, whose Mathnawi, composed in Konya, constitutes one of the crowning glories of classical Persian literature."
- ^ Mehmed Fuad Koprulu, "Early Mystics in Turkish Literature", Translated by Gary Leiser and Robert Dankoff, Routledge, 2006, pg 149: "If we wish to sketch, in broad outline, the civilization created by the Selgiuchidis of Anatolia, we must recognize that the local, i.e. non-Muslim, element was fairly insignificant compared to the Turkish and Arab-Persian elements, and that the Persian element was paramount/The Selgiuchidi rulers, to be sure, who were in contact with not only Muslim Persian civilization, but also with the Arab civilizations in al-jazlra and Syria - indeed, with all Muslim peoples as far as India — also had connections with {various} Byzantine courts. Some of these rulers, like the great 'Ala' al-Dln Kai-Qubad I himself, who married Byzantine princesses and thus strengthened relations with their neighbors to the west, lived for many years in Byzantium and became very familiar with the customs and ceremonial at the Byzantine court. Still, this close contact with the ancient Greco-Roman and Christian traditions only resulted in their adoption of a policy of tolerance toward art, aesthetic life, painting, music, independent thought - in short, toward those things that were frowned upon by the narrow and piously ascetic views [of their subjects]. The contact of the common people with the Greeks and Armenians had basically the same result. [Before coming to Anatolia], the Turks had been in contact with many nations and had long shown their ability to synthesize the artistic elements that thev had adopted from these nations. When they settled in Anatolia, they encountered peoples with whom they had not yet been in contact and immediately established relations with them as well. Ala al-Din Kai-Qubad I established ties with the Genoese and, especially, the Venetians at the ports of Sinop and Antalya, which belonged to him, and granted them commercial and legal concessions. Meanwhile, the Mongol invasion, which caused a great number of scholars and artisans to flee from Turkistan, Iran, and Khwarazm and settle within the Empire of the Seljuqs of Anatolia, resulted in a reinforcing of Persian influence on the Anatolian Turks. Indeed, despite all claims to the contrary, there is no question that Persian influence was paramount among the Seljuqs of Anatolia. This is clearly revealed by the fact that the sultans who ascended the throne after Ghiyath al-Din Kai-Khusraw I assumed titles taken from ancient Persian mythology, like Kai-Khusraw, Kai-Ka us, and Kai-Qubad; and that. Ala' al-Din Kai-Qubad I had some passages from the Shahname inscribed on the walls of Konya and Sivas. When we take into consideration domestic life in the Konya courts and the sincerity of the favor and attachment of the rulers to Persian poets and Persian literature, then this fact [i.e. the importance of Persian influence] is undeniable. With- regard to the private lives of the rulers, their amusements, and palace ceremonial, the most definite influence was also that of Iran, mixed with the early Turkish traditions, and not that of Byzantium."
- ^ a b O.Özgündenli, "Persian Manuscripts in Ottoman and Modern Turkish Libraries", Encyclopaedia Iranica, Online Edition, (LINK)
- ^ a b Encyclopaedia Britannica, "Seljuq", Online Edition, (LINK): "... Because the Turkish Seljuqs had no Islamic tradition or strong literary heritage of their own, they adopted the cultural language of their Persian instructors in Islam. Literary Persian thus spread to the whole of Iran, and the Arabic language disappeared in that country except in works of religious scholarship ..."
- ^ Daniel Pipes: "The Event of Our Era: Former Soviet Muslim Republics Change the Middle East" in Michael Mandelbaum,"Central Asia and the World: Kazakhstan, Uzbekistan, Tajikistan, Kyrgyzstan, Turkemenistan and the World", Council on Foreign Relations, pg 79. Exact statement: "In Short, the Turko-Persian tradition featured Persian culture patronized by Turcophone rulers."
- ^ M. Ravandi, "The Seljuq court at Konya and the Persianisation of Anatolian Cities", in Mesogeios (Mediterranean Studies), vol. 25-6 (2005), pp. 157-69