Socialismo

ideologia politica di sinistra
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L'espressione "socialismo" comprende oggi teorie politiche o economiche che raccomandano un rinnovamento dell'organizzazione sociale in una prospettiva di giustizia sociale.

Per molti "socialista" equivale a "di sinistra". Con il socialismo hanno legami:

  1. l'anarchismo,
  2. il comunismo (marxismo, leninismo, stalinismo, maoismo),
  3. l’ecologismo e
  4. la socialdemocrazia.

Dal punto di vista storico il socialismo è una corrente di pensiero legata ai movimenti politici che a partire dal XIX secolo lottarono per modificare la vita sociale ed economica delle classi meno abbienti ed in particolare del proletariato.

Il movimento operaio da cui scaturì il socialismo pose per la prima volta il problema della giustizia sociale e dell'uguaglianza economica al centro dell'agenda politica. Trasformò radicalmente le forme della politica organizzandosi in partiti di massa e cercando di coordinare la propria attività politica a livello internazionale.

Il socialismo si oppone inizialmente al liberalismo classico, che postula il liberismo in economia, chiedendo invece la nazionalizzazione o la socializzazione di tutte o parte delle attività economiche. Contesta l'idea delle neutralità delle istituzioni statali rispetto alla lotta di classe e si batte per un mutamento del ruolo dello Stato o, addirittura, nella versione avanzata da Karl Marx e ripresa dall'anarchismo, per la sua eliminazione.

Sul piano internazionale il movimento socialista nasce come un movimento pacifista e favorevole all'autodeterminazione dei popoli, contrapponendosi al nazionalismo e all'imperialismo. Nella prassi tuttavia molti partiti socialisti o correnti di essi finiscono per abbandonare il pacifismo e l'internazionalismo, appoggiando le imprese belliche dei loro paesi con motivazioni patriottiche. Questo voltafaccia provoca in molti paesi polemiche e scissioni.

Partiti e movimenti estremamente diversi fra loro si sono definiti socialisti: molti di essi sopravvivono ancora oggi e formano una delle più importanti correnti politiche in Europa, nonché la principale componente della sinistra europea. Il movimento socialista conosce numerosissime scissioni, accuse reciproche di aver tradito gli ideali originari, etc. etc. La scissione più importante è probabilmente quella verificatasi all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre, che vede una larga fetta della sinistra dei partiti socialisti staccarsi e scegliere la denominazione comunista, già utilizzata in passato da alcuni teorici socialisti come Karl Marx. Per informazioni sul comunismo e su altre particolari correnti del socialismo si rimanda alle pagine relative, così come per l'illustrazione dettagliata delle dottrine dei vari pensatori socialisti.

Le origini. Il socialismo utopistico

I movimenti ottocenteschi derivano dalle lotte rivoluzionarie repubblicane, in particolare dall'esperienza della rivoluzione francese con il movimento dei Montagnardi e dei Sanculotti, e dalle rivolte contadine che dal Medioevo si ripetevano ciclicamente contro l'aristocrazia terriera; talvolta queste rivolte assumevano connotati religiosi che sfociavano nell'egualitarismo e nella comunione dei beni di produzione. Nel XIX secolo si ebbe il socialismo di Robert Owen in Inghilterra, mentre in Francia un'influenza sui primi movimenti l'ebbe anche il Sansimonismo, una corrente politico-religiosa che divulgava il pacifismo e la comunione dei beni in una società che avrebbe dato ad ogni individuo il ruolo a lui più congeniale. Nello stesso filone si inserì Auguste Blanqui.

I primi movimenti sono definiti socialismo utopistico ed hanno posto le basi della ideologia socialista, individuandone gli scopi e proponendo un modello volontario di vita sociale comune.

Il socialismo scientifico e le sue derivazioni

Il termine socialismo scientifico viene coniato da Karl Marx per indicare la sua visione del socialismo, illustrata nella sue numerose opere sulla società, la storia e l'economia. In opposizione al socialismo utopista Marx riteneva che la prassi del movimento operaio dovesse essere ispirata da una rigorosa analisi.

A Marx si deve la nozione di lotta di classe, illustrata nel Manifesto del Partito Comunista. Marx si propone nelle sue opere di dimostrare come il capitalismo, gestito dalla borghesia opprimesse il proletariato (lavoratori industriali) nella fase storica in cui scriveva. Nell'opera Das Kapital (Il Capitale), Karl Marx analizza come i capitalisti comprassero forza lavoro dai lavoratori ottenendo il diritto di rivendere il risultato dell'attività produttiva ottenendo così profitto (vedi marxismo per i dettagli); questo, secondo Marx, porta ad una ingiusta e insostenibile distribuzione della ricchezza.

Per Marx era solo questione di tempo: le classi lavoratrici di tutto il mondo, presa coscienza dei loro comuni obiettivi, si sarebbero unite per rovesciare il sistema capitalista che le opprimeva, ridistribuendo le ricchezze loro ingiustamente sottratte. Lo considerava un risultato inevitabile di un processo storico in atto.

Dalle rovine del capitalismo sarebbe sorta, dopo un periodo di transizione (dittatura del proletariato), una società in cui lo Stato avrebbe controllato i mezzi di produzione, la loro proprietà sarebbe passata alla società stessa nel suo complesso (lo Stato era destinato a dissolversi). La proprietà privata sarebbe stata limitata agli effetti personali. La conseguenza della proprietà collettiva dei mezzi di produzione sarebbe stata, nell'ottica di Marx, la fine della divisione della società in classi sociali e, di conseguenza, la fine dello sfruttamento e la piena realizzazione dell'individuo. L'ateismo, caratteristica del socialismo marxista, era una conseguenza logica del materialismo dialettico che il marxismo adottava come metodo.

Le idee di Marx vengono sviluppate in molte direzioni diverse: alcuni pensatori prendono da Marx solo il metodo di analisi della società, mentre il nascente movimento socialista ne abbraccia con entusiasmo la parte rivoluzionaria, mettendo in secondo piano il pensiero dei socialisti non marxisti come gli anarchici Pierre-Joseph Proudhon o Michail Bakunin e i già citati utopisti.

Fu nel segno di Marx che fu creata la Prima Internazionale Socialista (o Associazione internazionale dei lavoratori), l'organizzazione che raggruppava i movimenti socialisti di tutta Europa.

Presto si evidenzia tuttavia una grande divisione tra i seguaci delle idee di trasformazione sociale di Marx e i socialisti in genere.

Il socialismo riformista

I cosiddetti socialisti riformisti o gradualisti come Karl Kautsky in Germania, Filippo Turati in Italia o i marxisti austriaci vedevano con favore le esperienze democratiche e repubblicane come possibile approdo delle istanze di cambiamento della società.

I primi socialisti riformisti non mettevano in discussione l'idea che il socialismo fosse la naturale evoluzione della società occidentale, che come era evoluta dal feudalesimo al capitalismo borghese per la crisi del feudalesimo stesso, sarebbe dovuta evolvere naturalmente da capitalista in socialista per via delle contraddizioni interne del capitalismo. Ma ritenevano che il passaggio si sarebbe verificato gradualmente, attraverso una serie di riforme sociali.

Il revisionismo


  Lo stesso argomento in dettaglio: Revisionismo del marxismo.

Fu chiamata revisionista la corrente moderata e riformista del marxismo che sorse verso la fine del XIX secolo, originata dall'osservazione che il comportamento dell'economia capitalistica non sembrava corrispondere alle previsioni del marxismo.

Dopo la depressione degli ultimi decenni del XIX secolo, era iniziato un nuovo periodo di prosperità che sembrava riabilitare il libero commercio e la fiducia nel capitalismo. Il maggior esponente del revisionismo fu il tedesco Eduard Bernstein (1850- 1932).

La socialdemocrazia

Si definisce socialdemocrazia quell'insieme di movimenti socialisti che accettano il concetto di economia di mercato, di proprietà privata ed il muoversi all'interno delle istituzioni liberali.

La socialdemocrazia si pone tra il socialismo riformista e il socialismo rivoluzionario. Essa, pur ponendosi in prospettiva critica nei confronti del capitalismo, non ritiene ancora tempo per una sua totale abolizione.

Il ruolo che si assicurarono i partiti socialdemocratici nei decenni tra il XIX e XX secolo fu quello di lottare contro il riformismo borghese, che avrebbe portato la classe operaia a legarsi troppo al sistema capitalistico, e contro l'avventurismo rivoluzionario che avrebbe portato a scontrarsi con le strutture ancora solide del sistema. La socialdemocrazia non tende a farsi garante della sopravvivenza del sistema, ma vuole lavorare al suo interno per portare uno spirito di rinnovamento e di trasformazione costante.

Gli anni tra i due conflitti mondiali, con la proposizione di due modelli forti come quello sovietico e quello fascista, segnarono un momento di flessione. Socialismo e comunismo giunsero spesso allo scontro frontale, in cui i socialisti vennero trattati da "socialtraditori" o "socialfascisti", per ritrovare successivamente un progetto comune contro il regime fascista e nazista.

Nel secondo dopoguerra, la socialdemocrazia riassume in occidente un ruolo di forza politica dominante, capace di proporre significative trasformazioni, come la nazionalizzazione di alcuni settori produttivi, l'instaurazione di un'economia mista e il raggiungimento di forme di sicurezza sociale per i lavoratori.

Le socialdemocrazie contemporanee sono partiti politici che hanno abbandonato l'idea della divisione della società in classi contrapposte e ogni progetto rivoluzionario di stampo ottocentesco; del vecchio modello rimane solo la prospettiva internazionalista che ribadisce il principio di un'azione comune tra tutte le forze socialiste dei singoli paesi, nel rispetto delle diverse storie nazionali, delle diverse situazioni economiche e della pluralità delle tradizioni culturali ed ideologiche.

Il socialismo rivoluzionario

I socialisti riformisti pensavano che il socialismo fosse la naturale evoluzione della società occidentale, che sarebbe dovuta evolvere naturalmente da capitalista in comunista per via delle contraddizioni interne del capitalismo, tramite una sequenza di riforme.

Pur concordando su tale evoluzione, i socialisti rivoluzionari come Rosa Luxemburg in Germania o Giacinto Menotti Serrati in Italia pensavano invece che questo cambiamento non sarebbe mai avvenuto spontaneamente, ma avrebbe richiesto una rivoluzione.

Dopo la Rivoluzione russa del 1917 e la terza internazionale del 1919 il socialismo rivoluzionario coincise sostanzialmente con il comunismo.

Socialismo di Stato

In senso generale con socialismo di stato si intende qualsiasi varietà di socialismo che si basa sulla proprietà dei mezzi di produzione da parte dello stato. Il socialismo di stato viene spesso indicato semplicemente come "socialismo"; il termine "di stato" viene solitamente aggiunto solo dai socialisti con una visione differente, desiderosa di criticare il socialismo di stato; ad esempio, gli anarchici.

Oggi, molti partiti politici europei della sinistra, sono sostenitori di varie forme di proprietà statale in forma di socialdemocrazia. Questi socialisti moderati non sostengono il rovesciamento dello stato capitalista in una rivoluzione socialista, quindi accettano anche la continuazione dell'esistenza dello stato capitalista e del sistema economico capitalista, ma rivolto verso fini più sociali.

I socialisti democratici ragionano su una graduale e pacifica transizione dal capitalismo al (pieno) socialismo, ma attraverso l'evoluzione piuttosto che la rivoluzione (Comunque, nella moderna terminologia politica, "socialismo democratico" e "socialdemocrazia" sono spesso usati in maniera intercambialbile).

Per contro, il Marxismo sostiene che una rivoluzione socialista è l'unico modo pratico per implementare cambi radicali nel sistema capitalistico. Inoltre, sostiene che dopo un certo periodo di tempo sotto il socialismo, lo stato deve "scomparire", producendo una società comunista.

Naturalmente, lo stato non è svanito negli stati comunisti del XX secolo. Alcuni Marxisti difendono ciò sostenendo che semplicemente, il periodo di transizione non si era concluso. Altri Marxisti denunciano quegli stati "comunisti" come Stalinisti, sostenendo che la loro leadership era corrotta e aveva abbandonato il Marxismo conservandone solo il nome. In particolare, alcune scuole Trotzkiste del Marxismo definiscono questi stati col termine socialismo di stato per contrapporli al vero socialismo; altre correnti Trotzkiste usano il termine capitalismo di stato, per enfatizzare l'assenza del vero socialismo.

I socialisti libertari si spingono oltre, deridendo anche il Marxismo come socialismo di stato. Essi usano il termine principalmente come contrasto con la loro forma di socialismo, che prevede la proprietà collettiva dei mezzi di produzione senza intervento dello stato.

Voci correlate