Concupiscenza

inclinazione o tendenza dell'uomo a peccare

La concupiscenza è un termine che possiede diverse sfumature a seconda degli ambiti in cui viene utilizzato. Un primo significato è quello che indica la condizione umana di brama, desiderio, rivolta in particolare ai piaceri sessuali.

Il primo ad utilizzare questo termine in questo senso è Aristotele il quale sostiene che il piacere umano ha sia una connotazione spirituale sia una materiale. Il piacere pertanto può essere provato sia per un bene spirituale sia per uno «sensibile», ma, mentre nei primi solo l'anima è in grado di recepirli, nei secondi tale piacere può essere recepito sia dall'anima sia dal corpo. In questa prospettiva la concupiscenza designa il desiderio di questa seconda specie di piacere.

Nella teologia cattolica è definita concupiscenza la brama di possesso e la debolezza intrinseca della natura umana che porta l'uomo a commettere il peccato, di qualunque natura esso sia. Essa non è considerato un peccato quanto un'inclinazione verso il male, ed è considerata uno dei segni del peccato originale. Nel protestantesimo essa costituisce addirittura il peccato originale stesso, per cui l'uomo è già "condannato" alla nascita.

Lo stesso argomento in dettaglio: Concupiscenza (Bibbia).

Nel giansenismo la concupiscenza ha assunto un ruolo centrale poiché costituisce la ragione principale della corruzione umana la quale ha origine con il peccato originale quando Adamo con la sua scelta ha rivolto verso le creature quell'amore che avrebbe dovuto rivolgere solo al Creatore. Per tale ragione secondo il giansenismo l'individuo ha una inclinazione naturale al male e solo Dio può concedere agli eletti la grazia della salvezza. Il giansenismo in tal modo si pone in forte contrasto con il Molinismo che invece sostiene la tesi della grazia sufficiente per la quale la salvezza può sempre essere raggiunta dagli uomini.

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