Thomas Jefferson
Thomas Jefferson (Contea di Albemarle, 13 aprile 1743 – Charlottesville, 4 luglio 1826) è stato un politico statunitense. È stato il terzo presidente degli Stati Uniti d'America. È considerato uno dei padri fondatori della nazione ed il suo volto è ritratto anche sul Monte Rushmore. Fu il principale autore della Dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776.
Fu anche architetto: suoi ad esempio i progetti per il Campidoglio di Richmond, il campus dell'Università della Virginia e la sua casa di Monticello.
Biografia
Figlio di un pioniere della Virginia originaio del Wales, Jefferson nacque in una benestante famiglia della Virginia. Suo padre, Peter Jefferson, era un ricco terriero che aveva sposato Jane Randolphs la madre di Jefferson, la quale discendeva da una delle più influenti famiglie dell'epoca. Dei suoi anni di infanzia non si sa molto, tranne alcune informazioni generiche. Jefferson aveva nove fratelli, due dei quali nacquero però già morti. Fu istruito da degli insegnanti privati e a partire dal 1760 studiò al William and Mary College, dove si laureò a vent'anni. Conosceva i classici greci e latini, studiava anche italiano, francese e spagnolo, si interessava di matematica e architettura, oltre ad essere un ottimo suonatore di violino.
Nel 1772 sposò una vedova ventitreenne, Martha Skelton, dalla quale ebbe sei figli. Seguendo l'esempio del padre, divenne giudice di pace, e poi fu rappresentante dell'assemblea della Virginia e nel 1775 fu eletto al Congresso continentale.
Carriera politica
Dopo aver esercitato per un breve periodo il mestiere di avvocato fino al 1776, Jefferson riuscì a divenire deputato nella House of Burgesses, la camera bassa del parlamento della Virginia. Nel 1774 pubblicò un breve saggio con il titolo A Summary View of the Rights of the British America che doveva fungere da manuale per i deputati della Virginia inviati presso il congresso continentale, e che diede grande fame a Jefferson di pensatore e precursore del pensiero patriottico americano.
Sempre nel 1774 Jefferson venne nominato deputato presso il congresso continentale. Assegnato alla commissione per la dichiarazione di indipendenza, Jefferson fu incaricato di elaborare la prima bozza della dichiarazione di indipendenza, che fu poi rivista da John Adams.
Verso la fine del 1776 ritornò in Virginia dove fu rieletto nuovamente nel parlamento della Virginia. Nuovamente deputato della Virginia si dedicò alla completa revisione delle allora vigenti leggi nello stato della Virginia elaborando in soli tre anni 126 disegni di legge. Di particolare importanza sono i disegni di legge a favore dell'abolizione del diritto dei primogeniti, a favore della libertà di credo e a favore della completa revisione del sistema scolastico allora vigente.
Nel 1779 fu eletto governatore della Virginia. Rimase in carica dal 1779 al 1781 durante il periodo della guerra di indipendenza. Durante questo periodo la Virginia fu occupata per ben due volte dalle forze armate inglesi che in entrambe le occasioni occuparono la città di Richmond, la quale sarebbe divenuta poi più tardi la capitale della Virginia. Fu anche accusato di non aver fatto abbastanza per mettere in sicurezza la città di Richmond, ma una commissione di inchiesta successivamente nominata a causa delle polemiche createsi lo scagionò da ogni accusa.
Dopodiché Jefferson si ritirò dalla scena politica per qualche tempo e ritornò alla sua tenuta a Monticello. Il 6 settembre 1782 morì poi sua moglie durante il parto della sua sesto figlio Lucy Elisabeth.
Dal 1785 fino al 1789 Jefferson venne inviato come diplomatico a Parigi, e non poté quindi partecipare in modo diretto alle discussione che riguardavano la costituzione degli Stati Uniti. Ciò nonostante la costituzione elaborata dalla convenzione di Philadelphia lo soddisfò, anche se come poi più tardi fece notare avrebbe voluto l'aggiunta di una Bill of Rights che proteggesse i diritti dell'individuo. Durante il suo periodo a Parigi Jefferson si innamorò profondamente della già spostata pittrice Malerin Maria Cosway, anche se tra i due non ci fu mai una relazione.
Durante il suo periodo di diplomatico Jefferson effettuò anche numerosi viaggi in Italia settentrionale ed in Francia meridionale, dove studiò a fondo l'architettura e le diverse opere d'arte che ebbe occasione di vedere. Fece anche dei viaggi in Belgio ed in Olanda fino a spingersi ai confini con la Germania.
Sempre durante il suo periodo di diplomatico in Francia Jefferson divenne partecipe della rivoluzione francese che appoggiò per quanto poté. Diede importanti contributi nell'elaborazione dei diritti umani prima di lasciare la Francia nel settembre del 1789 per ritornare in America.
Dopo il suo ritorno in America Jefferson fu nominato da George Washington ministro degli esteri degli Stati Uniti.
Nel ruolo di ministro degli esteri, Jefferson divenne assieme al suo collega allora Ministro del tesoro Alexander Hamilton il braccio destro di Washington. tuttavia con il passare del tempo si crearono posizioni di contrasto tra Hamilton e Jefferson. Così se ad esempio Hamilton era favorevole alla creazione di una banca centrale, Jefferson sosteneva che la vigente costituzione non dava l'autorità necessaria al governo per poter fondare una banca centrale. Un altro punto di attrito tra i due riguardava il sovvenzionamento dell'industria. Mentre il newyorkese Hamilton era favorevole a sovvenzionare l'industria, Jefferson originario di una famiglia di terrieri era propenso a favorire l'agricoltura e gli agricoltori. Infine se Jefferson era fortemente filo francese, Hamilton rivendicava le origini anglosassoni del suo paese favorendo rapporti più stretti con la Gran Bretagna.
Le divergenze tra i due sfociarono infine con la formazioni di due schieramenti contrapposti che portarono alla creazione dei primi due partiti d'America. Jefferson divenne così con l'aiuto di James Madison e James Monroe fondatore del partito democratico repubblicano mentre Hamilton fu il fondatore del partito federalista. Gli attriti tra i due partiti proseguirono fino al 1793 nonostante i numerosi tentativi di mediazione del presidente per mitigare glia animi. Deluso dall'atteggiamento del suo rivale e del fatto di non essere riuscito a pervenire ad una mediazione, Jefferson si ritirò a Monticello dove si dedicò all'ampliamento della sua tenuta.
Ma anche questa assenza dalla scena politica fu breve. Tre anni più tardi fu nominato dal partito repubblicano come candidato alle elezioni presidenziali. Contrariamente a quanto avviene oggi il presidente e vicepresidente non venivano eletti separatamente ma bensì assieme. Il candidato con il maggiore numero di voti diveniva presidente degli stati uniti mentre il candidato con il secondo numero maggiore di voti diveniva automaticamente vicepresidente. Di conseguenza non capitava di rado che fossero eletti due persone di schieramenti diversi.
E proprio questo avvenne nel 1796. John Adams divenne presidente con 71 voti mentre il suo candidato per la vicepresidenza Thomas Pinckney perse con 59 voti contro Jefferson per soli nove voti di differenza, mentre Aaron Burr il candidato alla vicepresidenza di Jefferson divenne 4 con 30 voti.
In veste di vicepresidente Jefferson aveva il compito di presiedere il Senayto. Durante questo periodo Jefferson pubblicò un manuale sulle procedure del Senato intitolato A Manual of Parliamentary Practice.
Durante il periodo di mandato di Adams le relazioni tra Francia e Stati Uniti si inasprirono, tanto che nel 1789 si era giunti all'orlo di una guerra. Per questo motivo il congresso approvò il Alien e Sedition Act. Questi davano al presidente il potere di arrestare ed espellere cittadini che provenivano da paesi che si ritenevano ostili, oltre a proibire articoli che incitassero alla critica ingiustificata nei confronti dei funzionari si stato, introducendo per la prima volta nella storia americana il reato di vilipendio.
In particolar modo da parte del partito repubblicano queste nuove leggi furono interpretate come un attacco diretto alla libertà dei cittadini. Secondo Jefferson infatti tali leggi erano in contrasto con il primo articolo della costituzione, che garantiva il diritto di stampa e di pensiero. Jefferson e Madison presero quindi la decisione nel 1789, di deliberare per il parlamento della Virginia e del Kentucky la cosiddetta Kentucky and Virginia Resolutions. Come nel dibattito al riguardo della creazione di una Banca centrale, Jefferson si basò sul principio che il rapporto tra il potere centrale e quello dei singoli stati fosse regolato da un patto e che le competenze che riguardavano il potere centrale fossero applicabili solo li dove la costituzione esplicitamente lo prevedesse. Secondo Jefferson quindi ogni decisione presa al di fuori dell'area di competenza assegnata dalla costituzione sarebbe quindi una palese violazione di quartultima. Infine fu Madison a placare gli animi riassumendo le idee di Jefferson in forma più pacata. Due anni più tardi alla fine del mandato di Adams furono indette nuove elezioni presidenziali che videro il partito repubblicano gli stessi candidati della precedente elezione, mentre il partito federale decise di candidare Adams e Charles Cotesworth Pinckney.
Presidenza
Jefferson fu eletto presidente nel 1801. Da subito dovette occuparsi delle cosiddette "nomine di Mezzanotte"; l'uscente amministrazione federalista, infatti, negli ultimi giorni aveva nominato un gran numero di giudici federali (naturalmente su posizioni ad essa gradite) ed anche il nuovo Presidente della Corte suprema, John Marshall. Jefferson contestò la validità di queste nomine, sostituendo i giudici nominati. Il punto culminante di questa disputa fu la famosa sentenza della Corte suprema "Marbury contro Madison". La "guerra contro la magistratura" finì quando Jefferson non riuscì a far dimettere un giudice della Corte suprema particolarmente ostile.
Sotto il suo mandato gli USA acquistarono dalla Francia la Louisiana per 14,5 milioni di dollari. Un altro fondamentale episodio della presidenza di Jefferson fu l'esplorazione del nord-ovest del paese, la Spedizione di Lewis e Clark, comandata agli ufficiali Meriwether Lewis e William Clark, che diede il vero e proprio avvio alla conquista dell'Ovest e allo sterminio e l'oppressione dei nativi americani che abitavano da sempre quei luoghi.
Nel 1805 attuò il primo intervento militare statunitense fuori dal territorio nazionale, con il bombardamento di Tripoli contro la guerra di corsa barbaresca nel Mediterraneo che minacciava i traffici commerciali americani nel Mediterraneo. A parte questo episodio Jefferson fu un pacifista convinto, tanto che ridusse considerevolmente le spese militari. Il resto della sua amministrazione fu occupato dal problema dei diritti di neutralità, che gli USA rivendicavano di fronte a Francia e Gran Bretagna (all'epoca in guerra fra loro).
Nel 1809 scadde il suo secondo mandato. Nel 1808 varò una legge che proibiva l'importazione degli schiavi, ma già nel momento in cui fù firmata si sapeva che sarebbe risultata del tutto innefficace.
Si ritirò nella sua tenuta di Monticello, nei pressi di Charlottesville in Virginia dove morì il 4 luglio 1826, il giorno del cinquantenario dell'Indipendenza, lo stesso giorno in cui morì anche il suo predecessore John Adams.
Aspetti controversi
Nella Dichiarazione del 1776 Jefferson delineò il profilo della nuova nazione americana definendo gli indiani d'america degli "spietati selvaggi" da eliminare o addomesticare. Questo progetto si attuo con la sua presidenza e la colonizzazione dei nuovi territori che portarono allo sterminio dei nativi americani.
Altro aspetto crontroverso è l'inserimento all'interno della Dichiarazione d'indipendenza del 1776 nel secondo paragrafo "tutti gli uomini sono stati creati uguali ..." che Jefferson scrisse di suo pugno pur essendo uno schiavista e possendendo più di 200 schiavi di cui rifiutò la liberazione perfino nell'atto testamentario con cui invece dispose la loro vendita a pagamento dei debiti lasciati in sospeso. Nel 1814 respinse sdegnato la richiesta da parte di John Quincy Adams di dare un sostegno pubblico alla causa antischiavista.
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