Campagna dell'Africa Orientale Italiana
La Campagna Alleata in Africa Orientale della seconda guerra mondiale fu scatenata dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il 10 giugno del 1940.
Campagna Alleata in Africa Orientale | |
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La guerra in Africa Orientale
Corpi | Ufficiali | Sottufficiali | Truppa nazionale | Ascari | ||
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Regio Esercito | 5.131 | 5.228 | 37.054 | 181.895 | ||
Milizia | 858 | 1.439 | 24.345 | 0 | ||
Altri corpi° | 1.062 | 3.268 | 12.818 | 18.078 | ||
Totale | 7.051 | 9.935 | 74.217 | 199.973 | ||
Forze italiane presenti in Africa Orientale Italiana nel giugno 1940.
°Gli "altri corpi" sono i carabinieri (9.000), la guardia di finanza (1.800), la Regia Marina (10.200), la Regia Aeronautica (7.700) e la PAI, polizia Africa italiana (6.400). Fonte: Giorgio Rochat Le guerre italiane 1935-1943, Einaudi |
Nonostante l'Impero d'Etiopia fosse circondato da possedimenti nemici, all'inizio della guerra le truppe italiane erano in netta superiorità numerica: contro 91.203 nazionali e 199.973 ascari (per un totale di 291.176 uomini) si opponevano appena 20.000 britannici (comprese anche le truppe dei dominions, del Commonwealth e delle colonie): 3 battaglioni regolari britannici nei quasi 3mila chilometri del confine sudanese, 2 brigate dell'Africa orientale in Kenia (8.500 uomini, in parte sudafricani in parte coloni), 2 battaglioni fucilieri e 5 compagnie di cammellieri in Somalia britannica e 2 battaglioni indiani a Aden.
All'inizio del conflitto, il duca Amedeo d'Aosta aveva concepito un piano molto ambizioso ma difficilmente realizzabile: aprire una "direttissima" attraverso il Sudan e l'Egitto (2.500 km senza strade), seguendo il corso del Nilo per poter poi raggiungere i porti di approvvigionamento sul Mediterraneo. Ma da Roma giunse l'ordine di
Il duca, interpretando l'ordine in chiave di difesa attiva, attaccò su tutti i fronti cogliendo ovunque gli inglesi di sorpresa.
Gli italiani passarono pertanto passarono all'offensiva. In Kenia gli italiani conquistarono la zona intorno alle località di Moyale e Buna (l'occupazione italiana di queste due località si protrasse dal 15 luglio 1940 al 24 febbraio 1941) e il saliente di Mendera, spingendosi verso l'interno per oltre 100 chilometri. A est il 3 agosto iniziò la conquista della Somalia britannica; le forze italiane, comandate dal generale Guglielmo Nasi, portarono a compimento la campagna con l'occupazione di Berbera, la città principale, il 19 agosto. Furono occupate inoltre diverse località del Sudan: Cassala (a 20 km dalla frontiera con l'Eritrea) e Gallabat il 4 luglio, Kurmuk, Karora e Ghesan.
Il tempo lavorava tuttavia a favore degli inglesi: finita l'illusione di una guerra-lampo, rapidissima e vittoriosa, e dopo una parvenza di successo iniziale, l'Italia subì il contrattacco Alleato su più fronti dell'allora Africa Orientale Italiana. Gli inglesi poterono infatti contare sui rinforzi e rifornimenti che giunsero dal loro impero policentrico: non solo dalla madrepatria, ma anche dall'India, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda, dal Sudafrica. Nel novembre 1940 gli inglesi saggiarono le difese italiane avanzate di Gallabat e Metemma con un attacco che si risolse in un nulla di fatto: gli italiani sgomberarono Gallabat lasciando sul terreno 175 morti, ma gli inglesi, bombardati da terra e dal cielo, furono a loro volta costretti a lasciare il forte. Nel gennaio 1941 le forze italiane erano ancora in superiorità numerica (nonostante l'AOI fosse isolata dalla madrepatria), anzi erano cresciute numericamente a ben 340.000 uomini grazie al reclutamento di cittadini italiani ed etiopici a seguito dello scoppio della guerra; le forze britanniche invece potevano contare su oltre 250.000 uomini, senza contare le forze della guerriglia etiopica.
Sul fronte nord gli italiani vennero cacciati indietro dalla città di Cassala, conquistata pochi mesi prima e furono costretti a ripiegare in Eritrea. Lo scontro decisivo con gli inglesi si ebbe nella Battaglia di Cheren, dove le truppe italiane riuscirono a tenere le posizioni dal 3 febbraio al 27 marzo. Intanto, riconquistata la Somalia dai britannici nel marzo 1941, le truppe italiane furono respinte verso il centro dell'Etiopia sino a giungere alla resa con l'onore delle armi di Amedeo, terzo duca di Aosta viceré d'Etiopia sulle alture dell'Amba Alagi (Seconda battaglia dell'Amba Alagi).
Il 6 aprile Haile Selassie entrò a Debra Marcos e venne informato che le avanguardie di Alan Gordon Cunningham erano giunte alle porte della capitale dell'impero.
A Combolcià, pochi chilometri a sud di Dessiè, si trovavano postazioni difensive italiane; il raggruppamento di brigata sudafricana del generale Dan Pienaar impegnò l'artiglieria italiana con i suoi cannoni, mentre la fanteria raggiungeva le alture sui 1.800 metri. I sudafricani impiegarono 3 giorni per raggiungere gli obiettivi e, dopo che gruppo di guerriglieri etiopici si erano uniti a loro, presero d'assalto le postazioni italiane (22 aprile). I sudafricani ebbero 9 morti e 30 feriti e fecero 8.000 prigionieri.
Ad Addis Abeba, dove vivevano ben 40.000 civili italiani, i britannici affidarono l'amministrazione pubblica ai reparti della PAI (polizia dell'Africa italiana) che, spinti dal terrore e dalla rabbia, provocarono incidenti e agitazioni: spararono sui prigionieri etiopici non ancora liberati uccidendone 64, mentre un gruppo di ausiliari reclutati tra i civili uccise altri 7 etiopi durante una rissa[1]. A questo punto gli inglesi sono costretti a disarmare i soldati italiani e ad affidare l'ordine pubblico all'appena ricostituita polizia etiope. Il 5 maggio 1941 il negus Haile Selassie entra ad Addis Abeba su un'Alfa Romeo scoperta, preceduto dal colonnello Wingate su un cavallo bianco. Il negus Neghesti, appena rientrato nella sua reggia, esortò i suoi a non vendicarsi sugli italiani[2]:
Il 27 novembre 1941 cadde Gondar, ultima sacca di resistenza italiana in Africa Orientale.
Alcuni gruppi continuarono la resistenza sotto forma di guerriglia partigiana: "Fronte di Resistenza" e "Figli d'Italia".
Il ruolo della marina
La Regia Marina si era limitata a lasciare a Massaua 8 sommergibili e poco naviglio leggero per poter concentrare l'attacco sul grosso traffico inglese verso il Canale di Suez. Massaua cadde il 7 aprile 1941 e l'11 aprile il presidente Roosevelt dichiarò il Mar Rosso navigabile per le navi statunitensi[3].
I 590 convogli britannici che attraversarono il Mar Rosso dal giugno 1940 al maggio 1941 lamentarono un solo affondamento.
Nel solo mese di giugno ben 4 sommergibili divennero inutilizzabili a causa delle esalazioni di cloruro di metile dell'impianto di condizionamento dell'aria nelle temperature del Mar Rosso; gli altri, il Guglielmo, il Gauleo Ferraras, il Perla e l'Archimede, riuscirono a tornare in patria dopo una rocambolesca circumnavigazione dell'Africa: arrivati al Capo di Buona Speranza, si diressero a nord, lungo la costa occidentale dell'Africa, e raggiunsero il porto di Bordeaux, in Francia. Il 29 marzo, il Perla venne rifornito di carburante dall'incrociatore ausiliario tedesco Atlantis nell'Oceano Indiano; gli altri 3 sottomarini vennero invece riforniti di carburante dalla petroliera tedesca Nordmark nell'Atlantico meridionale tra il 16 e il 17 aprile. Tutti e quattro i sommergibili italiani raggiunsero Bordeaux tra il 7 e il 20 maggio.
La resistenza di Gondar
Anche dopo la conquista di Addis Abeba e l'episodio dell'Amba Alagi, resistette ancora per mesi interi la guarnigione italiana di Gondar, forte di circa 40.000 uomini [4] e comandata dal generale Guglielmo Nasi. Il generale amministrò egregiamente il suo avamposto: ridusse le razioni, organizzò un mercato indigeno, una sezione recuperi per sfruttare ogni materiale, una sezione pesca sul lago Tana. Così fino a ottobre la razione dei soldati italiani fu buona: 300 grammi di pane, 400 di carne, 200 di pesce al giorno e verdure in abbondanza. Ma ormai anche per Nasi si avvicinava la fine: il 27 novembre si scatenò la battaglia di Gondar e poco poterono i soldati italiani contro i carri armati britannici: le forze di Nasi, dopo essersi comportate egregiamente, si arresero e pagando con 4.000 morti (3.700 ascari e 300 italiani) e 8.400 feriti la sconfitta finale.Il Generale Nasi e le sue ultime truppe ottennero gli onori militari dagli inglesi.
Il sogno fascista
Nel corso della seconda guerra mondiale Mussolini ed altri suoi gerarchi progettarono un ingrandimento dell'Impero italiano, qualora si fosse fatta una conferenza di pace dopo la vittoria dell'Asse[5].
Questo progetto era basato nel congiungimento delle due sezioni dell'Impero italiano nel 1939 (la Libia e l'Africa Orientale Italiana) tramite la conquista dell'Egitto e del Sudan[6]. Ad esso si sarebbero aggiunte la Somalia inglese (effettivamente occupata dalle truppe italiane), Gibuti e la parte orientale del Kenya britannico[7].
Note
- ^ Giorgio Bocca, Storia d'Italia nella guerra fascista 1940-1943, Mondadori; pagina 315
- ^ ivi
- ^ Arrigo Petacco, La nostra guerra 1940-1945. L'avventura bellica tra bugie e verità, Mondadori; pagina 64
- ^ Battaglia di Gondar, su probertencyclopaedia.com.
- ^ General Pietro Maravigna. Come abbiamo perduto la guerra in Africa. Le nostre prime colonie in Africa. Il conflitto mondiale e le operazioni in Africa Orientale e in Libia. Testimonianze e ricordi. p. 127
- ^ Alberto Rovighi. Le Operazioni in Africa Orientale pag. 83
- ^ Franco Antonicelli(1961). Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945 pag. 107
Bibliografia
- Giorgio Bocca, Storia d'Italia nella guerra fascista 1940-1943, Mondadori.
- Andrea Molinari, La conquista dell'Impero. 1935-1941 La guerra in Africa Orientale; Hobby & Work.
- Arrigo Petacco, La nostra guerra 1940-1945. L'avventura bellica tra bugie e verità, Mondadori.
- Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta, Einaudi.