Disambiguazione – Se stai cercando il singolo omonimo di David Bowie, vedi Space Oddity (canzone).
Michele859/Sandbox5
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«È più che un disco. È un’esperienza. Un’espressione della vita come gli altri la vedono. I testi sono pieni della grandeur di ieri, dell'immediatezza di oggi e della frivolezza di domani. Merita la vostra attenzione.»


Space Oddity è il secondo album dell’artista inglese David Bowie, pubblicato nel 1969 per la Philips Records e ristampato su compact disc per la prima volta dalla RCA nel 1984. Nel Regno Unito l'album uscì col titolo David Bowie mentre negli Stati Uniti venne pubblicato dalla Mercury Records col titolo Man of Words/Man of Music. Nel 1972 venne nuovamente distribuito dalla RCA come Space Oddity, il titolo col quale è maggiormente conosciuto (anche per evitare confusione con l'album precedente, anch'esso intitolato David Bowie).[2] Nella versione originale, così come nella prima edizione in CD, non compare la traccia Don't Sit Down.

Pur essendo considerato da molti il primo album effettivo di David Bowie (ed il primo giudicato degno di ristampa dalle case discografiche), Space Oddity risulta, rispetto agli standard di Bowie, un album stranamente non bene a fuoco. A metà strada fra la psichedelia da vaudeville dei suoi inizi e le suggestioni glam del successivo The Man Who Sold the World, l'album presenta una sensibilità folk rock, dominata in gran parte dalla preoccupazione del cantante per l'andamento altalenante del suo idillio con il movimento hippy e dal fallimento della sua relazione con la fidanzata Hermione Farthingale. I riferimenti autobiografici dei testi sono più evidenti rispetto ai suoi lavori precedenti e, mentre gli album successivi si rivolgeranno ad aree più profonde e oscure della psiche di Bowie, le canzoni contenute in Space Oddity suscitano un'impressione di sincera confessione. Nonostante la sua identità musicale ancora embrionale, molti brani dell'album, in particolare Unwashed and Somewhat Slightly Dazed, Wild Eyed Boy from Freecloud e Cygnet Committee, cominciano ad offrire la dimostrazione del suo talento di paroliere.


Tracce

Tutte le tracce sono scritte da David Bowie.

  1. Space Oddity – 5:14
  2. Unwashed and Somewhat Slightly Dazed – 6:10
  3. (Don't Sit Down)* – 0:39
  4. Letter to Hermione – 2:30
  5. Cygnet Committee – 9:30
  6. Janine – 3:19
  7. An Occasional Dream – 2:56
  8. Wild Eyed Boy From Freecloud – 4:47
  9. God Knows I'm Good – 3:16
  10. Memory of a Free Festival – 7:07

* Don't Sit Down non è presente nelle versioni del 1972 e del 1984.

Formazione

Registrazione

Le registrazioni dell'album iniziarono il 20 giugno 1969 agli studi Trident di Soho, dove Dudgeon supervisionò la title track e la versione di Wild Eyed Boy from Freecloud presente nel singolo. David Bowie iniziò in quell'occasione la collaborazione con alcuni musicisti che avrebbero lavorato ancora con lui, molti alla prima esperienza o quasi. Tra questi vanno ricordati il bassista Herbie Flowers, che avrebbe in seguito suonato in Diamond Dogs e in Transformer di Lou Reed, Rick Wakeman, che negli anni successivi avrebbe fatto parte di gruppi quali Strawbs e Yes, il batterista Terry Cox, proveniente dal gruppo folk dei Pentangle e Mick Wayne, chitarrista del gruppo underground Junior's Eyes (e autore dell'effetto del decollo del missile nella title track).

Durante le registrazioni vennero utilizzati complessivamente 8 violini, 2 viole, 2 violoncelli, 2 contrabbassi e 2 flauti per gli arrangiamenti orchestrali di Paul Buckmaster (noto per la sua collaborazione con Elton John).

A metà luglio, mentre la Mercury e la Philips si preparavano a promuovere il singolo Space Oddity, pubblicato precipitosamente sulle due sponde dell’Atlantico in tempo per la spedizione lunare dell’Apollo 11, le registrazioni degli altri brani proseguirono ai Trident Studios. Tony Visconti reclutò per l'occasione altri membri dei Junior's Eyes: il chitarrista Tim Renwick (che avrebbe collaborato con i Pink Floyd nel periodo post-Roger Waters), il bassista John Lodge (da non confondere con l'omonimo bassista dei Moody Blues) e il batterista dei Rats, John Cambridge. Il cantante della stessa band, Benny Marshall, si sarebbe aggiunto più avanti contribuendo con un assolo di armonica.

Tony Visconti ammise molti anni dopo che il suo contributo all'album fu piuttosto "naif" e approssimativo: «In realtà non sapevo molto di qualità timbrica e ignoravo come pompare la sonorità degli strumenti impiegati nel rock... Comunque sono orgoglioso di diversi brani nei quali mi sono sentito più a mio agio, grazie al fatto che sapevo suonare il basso e il flauto, come Letter to Hermione e An Occasional Dream».[3] Uno dei contributi più significativi di Visconti è sicuramente rappresentato dalla "sfarzosa" versione orchestrale da cinquanta elementi di Wild Eyed Boy From Freecloud.

Le registrazioni proseguirono a intermittenza fino a metà ottobre, punteggiate da alcune interruzioni causate dalla morte del padre di David, Haywood, avvenuta il 5 agosto, e da alcune esibizioni come quelle ai festival di Malta e Monsummano Terme. Il 16 agosto, inoltre, si tenne l’evento all’aperto al Beckenham Recreation Ground che David commemorò in Memory of a Free Festival e che avrebbe generato anche Cygnet Committee.

Influenze

Nelle melodie sinuose e nella strumentazione classica vi sono indizi del movimento progressive che cominciava a fiorire in quel periodo, pur senza l'enfasi e la tracotanza spesso associata al genere. L'influenza dominante è comunque quella di Bob Dylan, del quale risuonano nel disco echi dei primi lavori, il suono "spigoloso" delle chitarre acustiche, gli assoli di armonica e i versi di protesta. Lo stesso David Bowie dichiarò sulla rivista Disc & Music Echo di aver cantato «come avrebbe fatto Dylan se fosse nato in Inghilterra».

Dal punto di vista musicale, Bowie era ancora alla ricerca di una propria identità vocale. Oltre al pastiche in stile Bee Gees della stessa Space Oddity, vi si trovano tracce di Simon and Garfunkel e persino di Josè Feliciano (in brani come Letter to Hermione e An Occasional Dream), alcuni accenni a Marc Bolan e una cantilena in stile beatlesiano tipo Hey Jude al termine di Memory of a Free Festival. A proposito del suo mix di folk, ballate e rock progressivo, gli editori del New Musical Express Roy Carr e Charles Shaar Murray, hanno detto: «Alcune cose appartenevano al Bowie del '67 e altre a quello del '72, ma nel 1969 sembrava tutto così incoerente. In pratica, Space Oddity può essere visto retrospettivamente come tutto ciò che Bowie è stato e un pò di quello che sarebbe diventato...».

I singoli

Dall'album sono stati estratti due singoli: Space Oddity, pubblicata l’11 luglio del 1969 con Wild Eyed Boy from Freecloud come lato B, e Memory of a Free Festival, pubblicato il 12 giugno del 1970 (brano diviso in due parti tra lato A e B). Il brano Space Oddity è stato pubblicato anche nel 1973, negli Stati Uniti, con The Man Who Sold the World come lato B e nel 1975, in un maxi singolo che conteneva Changes e Velvet Goldmine. Sempre nel 1975, Space Oddity è stata pubblicata in Italia come lato B del 45 giri che aveva Fame come lato A e nel 1979 il singolo è stato ripubblicato a lati "invertiti".

Le altre tracce

  • Unwashed and Somewhat Slightly Dazed

Lungo e rabbioso brano che rimanda a Bob Dylan e ad un mondo fatto di pacifismo, hippy e canzoni di protesta. Presenta alcuni tra i versi più incisivi della prima produzione di Bowie e uno scintillante assolo di armonica di Benny Marshall, voce solista dei Rats. Lo stile e il contenuto, ribollenti del più violento immaginario riscontrato finora nelle sue composizioni, anticipano gli studi sull’alienazione e la pazzia che si troveranno nei due album successivi.

(inglese)
«My tissue is rotting
where the rats chew my bones
and my eye sockets empty
see nothing but pain»
(italiano)
«La mia carne marcisce
dove i topi mangiano le mie ossa
e l'orbita vuota dei miei occhi
non vede altro che dolore»
(inglese)
«My head’s full of murders
where only killers scream»
(italiano)
«La mia testa è piena di delitti
dove urlano solo gli assassini»

I bersagli della sua ira sono i simboli del capitalismo e del privilegio (banchieri, carte di credito, costosi quadri di Braque), disseminati lungo il testo della canzone. A suo tempo, fu lo stesso Bowie a fornire alcuni indizi sul significato del brano. Suo padre Haywood era morto durante le sessioni dell’album e, nel novembre 1969, Bowie disse al biografo George Tremlett che il brano «descrive il mio stato d’animo nelle settimane che seguirono la morte di mio padre». Gran parte del testo, tuttavia, sembra riguardare un ragazzo torturato dall’insicurezza per l’opinione che ha di lui la sua ragazza, che appartiene a una classe sociale più elevata. Nell’ottobre del 1969, Bowie dichiarò a Disc & Music Echo che Unwashed and Somewhat Slightly Dazed è «una canzoncina piuttosto bizzarra che ho scritto perché un giorno in cui ero molto trasandato mi sono accorto che la gente per la strada mi guardava in modo buffo. Parla di un ragazzo la cui fidanzata lo considera socialmente inferiore».[1] Anche se questa spiegazione non esclude l’influenza della morte di suo padre, appare alquanto divergente da quello che avrebbe detto a Tremlett soo tre settimane dopo. Il brano venne eseguito nelle sessioni BBC del 20 ottobre 1969 e del 5 febbraio 1970. Quest’ultima versione molto energica è corroborata dalla presenza della chitarra di Mick Ronson.


  • Don't Sit Down

Questo pezzo "usa e getta" (della durata di circa 40 secondi) comincia con Bowie che canticchia «yeah yeah baby yeah...» prima di scoppiare in una risata. Escluso dalla riedizione del 1972, è ricomparso nella ristampa della Rykodisc del 1990.


  • Letter to Hermione

La canzone forse più (dolorosamente) intima dell’album è indirizzata a Hermione Farthingale, compagna, musa ispiratrice e collaboratrice di Bowie che abbandonò il cantante nel febbraio 1969 dopo aver completato la sua parte nel video Love You Till Tuesday. A novembre dello stesso anno, Bowie disse al biografo George Tremlett che le due canzoni per Hermione contenute in Space Oddity (questa e An Occasional Dream) lo rispecchiavano «in uno stato d’animo lacrimoso e romantico. Le ho scritto una lettera, ma poi ho deciso di non spedirla. La canzone è quello che avrei voluto dirle».[1] La versione del demo registrato con John Hutchinson nell’aprile del 1969 (contenente anche altre tracce dell’album, compresa Space Oddity) era del tutto simile al brano finito tranne per il titolo. In quella fase Bowie era più enigmatico riguardo alla destinataria e aveva chiamato la canzone I’m Not Quite. Nel 2000, nel corso del documentario Golden Years della BBC Radio 2, rivelava che aveva recentemente fatto una stupefacente scoperta: «aveva ripreso a scrivermi circa due o tre mesi dopo, questa è la cosa straordinaria. Lo avevo completamente rimosso dalla mia mente». Robert Smith ha rivelato che A Letter to Elise, successo dei Cure del 1992, doveva il titolo alla canzone di Bowie [rif?].


  • Cygnet Committee

Questa prolissa e intricata composizione venne sviluppata partendo dal demo acustico intitolato Lover to the Dawn, registrato con John Hutchinson nell’aprile del 1969. Non c’è traccia dell’intensità ritmica e della complessità musicale, o dello sfogo anti-hippy presenti nel brano dell’album. La parte iniziale del testo, di argomento piuttosto intimo, si sviluppa al contrario in una furiosa arringa diretta contro Hermione, che lo aveva appena lasciato: «Don’t be so crazy, bitter girl… we’re not just sitting here digging you» («Non fare la matta, ostinata ragazza… non abbiamo intenzione di stare seduti ad ammirarti»)

Il tema del brano dell’album, intriso di una rabbia dylaniana da era Vietnam, è il senso di disinganno provato da Bowie di fronte alla frivola riduzione a slogan e alla svendita dei valori del movimento hippy e, forse, più specificamente del laboratorio artistico con base a Beckenham, che aveva contribuito a fondare nel 1969. Quattro anni prima, Bob Dylan aveva lanciato il suo famoso avvertimento a "non seguire i leader" e qui Bowie ribadisce il concetto, raccomandando ai suoi ascoltatori di non seguire nemmeno i leader cosidetti "alternativi". La sua sfiducia e rifiuto delle figure dei guru (una presa di posizione abbastanza d’attualità nel periodo immediatamente seguente alle recenti esperienze dei Beatles) è una sorta di corrente sotterranea presente nei testi di Bowie per tutti i primi anni settanta. Cygnet Committee, il cui testo contiene riferimenti a Desolation Row di Dylan e un beatlesiano love is all we need, cresce d’intensità e collera prima di implodere nel canto cautamente ottimistico I want to live su un implacabile ritmo in 5/4. Nel novembre 1969, Bowie disse al biografo George Tremlett che Cygnet Committee era la canzone migliore dell’album e che sarebbe stata pubblicata come singolo se la casa discografica non si fosse opposta. «Volevo farne un singolo ma nessun altro pensava che fosse una buona idea. Beh, forse è un po’ lunga. Sono io che faccio delle considerazioni sul movimento hippy, raccontando come è partito bene ma anche come si è rovinato quando gli hippy sono diventati come tutti gli altri, materialisti ed egoisti».(bassman e bowiewonderworld). In Music Now! spiegava che la canzone «era un esempio di come si può usare una canzone per attaccare quelli che non sanno che fare di se stessi. Cercare di mostrare alla gente la via da percorrere. Si mettono addosso tutto quello che gli viene detto d’indossare e ascoltano la musica che gli dicono di ascoltare». Nella stessa intervista Bowie avvertiva, evocando per la prima volta idee che lo avrebbero ripetutamente ossessionato negli anni seguenti, che «questa nazione reclama un capo. Dio solo sa cosa sta cercando, ma non si rende conto che può andare sotto un Hitler. Questo Paese è pronto per essere sottomesso da chiunque abbia una personalità abbastanza forte da comandare». Alla luce di queste considerazioni, Cygnet Committee assume l’aspetto di una selvaggia esplorazione delle pericolose e tormentate relazioni tra moda, carisma, celebrità, pratiche messianiche e estremismo politico che più tardi avrebbero impregnato molte delle più famose opere di Bowie e che suonano come un avvertimento riguardo al fatto che l’alternativa alla presa di coscienza individuale non può essere che il totalitarismo………………………………………………….


  • Janine

La traccia preferita da Tony Visconti tra quelle registrate durante le sessioni di Space Oddity, potrebbe apparire come uno scherzoso ammonimento ad una ragazza un po’ petulante. In realtà la canzone contiene versi che suggeriscono più complesse implicazioni.

(inglese)
«If you take an axe to me
you'll kill another man not me at all»
(italiano)
«Se vieni da me con un'ascia
ucciderai un altro uomo certo non me»
(inglese)
«I've got to keep my veil on my face»
(italiano)
«Devo tenere il velo sulla mia faccia»
(inglese)
«But I've got things inside my head that even I can't face»
(italiano)
«Ma ho delle cose nella testa che non posso guardare neppure io»

Versi come questi fanno vedere Janine come un primo esempio del fittizio distanziamento da sé che assumerà proporzioni leggendarie nel decennio successivo. La versione del demo registrato con John Hutchinson presenta minime differenze nel testo e una inaspettata evoluzione nel refrain finale di Hey Jude dei Beatles. In quel nastro, Bowie rivela che Janine «è la ragazza di un tizio chiamato George che disegna bellissime copertine di album». In realtà si tratta di George Underwood, suo amico d’infanzia e collaboratore, come lasciò intendere in un’intervista rilasciata nell’ottobre di quell’anno alla rivista Disc & Music Echo: «È un po’ difficile spiegarla senza apparire sgradevole. Riguarda il mio vecchio amico George e una ragazza con cui usciva in quel periodo. È come io pensavo che lui avrebbe potuto vederla».[1] Ne furono registrate due versioni nel corso delle sessioni BBC del 20 ottobre 1969 e del 5 febbraio 1970 e inizialmente si pensò di farla uscire come singolo dopo Space Oddity (era stato annunciato anche su New Musical Express nel novembre 1969 [rif?]) ma poi il progetto fu abbandonato. In seguito la canzone scomparve dal repertorio di Bowie, anche se la versione dell’album fu inclusa nel raro singolo promozionale di All the Madmen uscito negli USA [rif?].


  • An Occasional Dream

«Si tratta di un’altra riflessione su Hermione, dal cui ricordo sono stato a lungo ossessionato»[1] dichiarò Bowie nel 1969. In effetti, il brano segue lo stesso percorso di Letter to Hermione, lamentando l’implacabile marcia del tempo:

(inglese)
«In our madness
we burnt one hundred days
time takes time to pass
and I still hold some ashes to me»
(italiano)
«Nella nostra follia
abbiamo bruciato un centinaio di giorni
Ci vuol tempo per far passare il tempo
e ne conservo ancora le ceneri»

I "cento giorni" rimpianti da Bowie si riferiscono al periodo in cui abitò con Hermione in una stanza arredata in Clareville Grove, South Kensington, alla fine del 1968. Il fascino esercitato su Bowie dal potere della nostalgia e dall’incessante incedere del tempo avrebbe costituito la chiave di volta della sua produzione negli anni settanta, forse in modo più evidente in alcune canzoni di Aladdin Sane. La versione del demo dell’aprile 1969 era molto simile alla versione definitiva, tranne che per un verso supplementare cantato da John Hutchinson in sottofondo alla voce solista di Bowie. La canzone fu inclusa nella sessione BBC del 5 febbraio 1970.


  • God Knows I'm Good

Altra canzone di protesta "alla Bob Dylan" rivolta contro alcuni dei bersagli consueti del movimento hippy tra cui il capitalismo, le preoccupazioni nazionalistiche e soprattutto la "meccanizzazione sociale". «La comunicazione di massa ha sottratto alla nostra vita una tale quantità di cose che ora è quasi completamente indirizzata alle macchine piuttosto che ai normali esseri umani», disse Bowie nel 1969 a Disc & Music Echo.[1] «Al giorno d’oggi non si trova più nessuno con cui parlare dei propri problemi, così questa canzone parla di una donna che ruba una confezione di carne in scatola, di cui ha disperatamente bisogno ma che non può comprare, in un supermercato e viene presa».[1] Il brano venne incluso nella sessione BBC del 5 febbraio 1970 ed è stato poi inserito in Bowie at the Beeb, oltre che in alcuni bootleg come The Day and the Moon del 1990, Radio Hype del 1997 e Unwashed del 2003. Una cover di God Knows I'm Good è stata eseguita dagli islandesi Bellatrix ed è presente nell’album tributo Diamond Gods: Interpretations of Bowie del 2004.

Altre uscite

Così come le tracce pubblicate su 45 giri, anche le altre canzoni sono state inserite in numerose raccolte comprese ....

Uscita e accoglienza

L'album uscì nel Regno Unito il 14 novembre del 1969 e si rivelò da subito un fiasco dal punto di vista delle vendite, a dispetto di alcune critiche favorevoli. Penny Valentine della rivista Disc & Music Echo definì il disco «piuttosto drammatico e snervante, ma la visione di Bowie appare simile a quella del più recente Dylan. È un disco dal quale in molti si attendono parecchio. Non credo che rimarranno delusi».[4] Music Now! accolse l'album definendolo «profondo, meditativo, esplorativo, rivelatore».[4] Altri giudizi furono comunque meno entusiastici. Su Music Business Weekly il titolo della recensione fu piuttosto esplicativo: "Il troppo ambizioso Bowie è una delusione". Ancora, «Bowie appare un po' incerto sulla direzione da scegliere ed ha scritto una collezione di pezzi che vanno dal folk al canto indiano passando per il R&B. Sembra molto più a suo agio con temi folk, sia nella scrittura che nel canto, e dovrebbe concentrarsi per sviluppare questo talento».

Anche se il singolo Space Oddity aveva raggiunto la 5a posizione nelle classifiche inglesi, il grande successo della title track ebbe sull'album effetti più negativi che positivi soprattutto perché si trattava del pezzo meno rappresentativo del disco. Questa non fu comunque la sola ragione della mancata entrata in classifica dell'album. Nel novembre del 1969, proprio in coincidenza col miglior piazzamento del singolo in classifica e con l'uscita del'album, la direzione della Philips dovette affrontare una notevole riorganizzazione dell'organico. Bowie vide così sparire alcuni dei suoi maggiori sostenitori all'interno della compagnia e la promozione dell'album ne risultò danneggiata proprio nel momento in cui avrebbe dovuto ricevere una significativa spinta verso l'alto. A marzo del 1970, l'album aveva venduto nel Regno Unito poco più di 5000 copie.

La situazione era ancor più scoraggiante negli Stati Uniti. Space Oddity uscì negli USA nel febbraio del 1970 ma le vendite furono insignificanti e l'album non ricevette molte recensioni. Il magazine Zygote lodò la title track e Memory of a Free Festival ma nel resto dell'album venne riscontrata una mancanza di fluidità e orecchiabilità. La recensione concludeva affermando che «Bowie è discontinuo. Quando riesce è eccellente, quando fallisce è quasi insopportabile». Nancy Erlich del New York Times avrebbe scoperto il disco un anno dopo lodandolo come «una buona collezione di materiale rock in tutta la sua varietà, melodicamente accattivante, arrangiato in modo interessante ed accurato» e aprezzando i testi per i loro «quasi infiniti di lettura».

La riedizione del 1972 ebbe maggiore successo dal punto di vista commerciale, sia in patria che oltreoceano. Pubblicata sulla scia della svolta avvenuta con Ziggy Stardust, la nuova versione scalò le classifiche inglesi fino alla posizione numero 17 e rimase nelle charts per 37 settimane.[5] Negli Stati Uniti, la riedizione raggiunse la 16a posizione nel 1973 e rimase nella classifica di Billboard per 36 settimane.[5]

Dopo la prima del 1984, Space Oddity ha avuto altre due riedizioni in formato CD, una nel 1990 e una nel 1999. In quella del 1990 della Rykodisc ci sono 3 tracce bonus registrate nel 1970 (oltre a Don't Sit Down): Conversation Piece, pubblicata come lato B del singolo The Prettiest Star, e le due parti di Memory of a Free Festival presenti come lato A e B nell'omonimo singolo. Nell'edizione rimasterizzata della EMI uscita nel 1999 non ci sono le bonus tracks ma è presente la versione originale di Don't Sit Down.

Copertina

La copertina originale dell'album pubblicato nel Regno Unito raffigura David Bowie su uno sfondo blu ispirato da un disegno di Victor Vasarely, il fondatore della Op Art, mentre il retro è un disegno stile flower power del vecchio amico George Underwood, ispirato da alcuni aspetti dei testi dell’album e molto simile a quello che era apparso sulla copertina del primo disco dei T. Rex, My People Were Fair and Had Sky in Their Hair... But Now They're Content to Wear Stars on Their Brows, pubblicato l’anno prima. Nel disegno si possono osservare un ritratto di Hermione Farthingale, un astronauta, uno spinello acceso e una donna piangente (confortata da un Pierrot notevolmente simile al personaggio di Ashes to Ashes).

La copertina della riedizione RCA del 1972 presenta nuove fotografie, sia sul lato anteriore che sul retro, scattate alla Haddon Hall dal fotografo Mick Rock (con un Bowie con sembianze che richiamano quelle di Ziggy Stardust). Nelle note di copertina viene erroneamente indicato il 1968 come data di registrazione del brano Space Oddity.

Note

  1. ^ a b c d e f g Music Now!, su bowiewonderworld.com, www.bowiewonderworld.com. URL consultato il 13-01-2009. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "wonderworld" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ Scheda di Space Oddity, su teenagewildlife.com, www.teenagewildlife.com. URL consultato il 27-08-2008.
  3. ^ Tony Visconti parla di Space Oddity, su tonyvisconti.com, www.tonyvisconti.com. URL consultato il 27-08-2008.
  4. ^ a b Raccolta di articoli su Music Now!, su bowiewonderworld.com, www.bowiewonderworld.com. URL consultato il 28-08-2008.
  5. ^ a b Billboard, su teenagewildlife.com, www.teenagewildlife.com. URL consultato il 09-01-2009.

Bibliografia

  • Roy Carr e Charles Shaar Murray - Bowie: An Illustrated Record. Eel Publishing, 1981.
  • David Buckley - Strange Fascination. Virgin Books, Londra, 1999.
  • Nicholas Pegg - David Bowie - L'Enciclopedia. Arcana, Roma, 2002.
  • George Tremlett - David Bowie: Living on the Brink. Carroll & Graf, 1997.

Voci correlate

  • [[]]
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  • [[]]

Collegamenti esterni

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