Sparizione di Emanuela Orlandi

ragazza vaticana scomparsa il 22 giugno 1983
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Emanuela Orlandi (Città del Vaticano, 14 gennaio 1968), figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, scomparve in circostanze misteriose il 22 giugno 1983 all'età di 15 anni. Quella che all'inizio poteva sembrare la "normale" sparizione di un'adolescente, divenne presto uno dei casi più oscuri della storia italiana che coinvolse Vaticano, Istituto per le Opere di Religione (IOR), Banda della Magliana, Banco Ambrosiano e servizi segreti di diversi Stati, in un intreccio che non è ancora stato districato.

Il manifesto affisso nel 1983

Scomparsa

Emanuela Orlandi frequentava una scuola di musica in piazza Sant'Apollinare a Roma. Il giorno della scomparsa, nel tragitto che dal Vaticano la portava alla scuola, incontrò uno sconosciuto, alla guida di una BMW verde, che le offrì un lavoro di volantinaggio per la Avon (azienda di cosmetici), da svolgere durante una sfilata di moda e pagato esageratamente (circa 375.000 lire). Emanuela rispose che prima di accettare avrebbe dovuto chiedere il permesso ai genitori. Verso le ore 19:00, dopo essere uscita in anticipo dalla lezione, telefonò a casa per riferire la proposta che le era stata fatta e la sorella le disse di parlarne con la madre. Questo fu l'ultimo contatto che ebbe con la famiglia.

Dopo la telefonata, si confidò con un'amica e compagna della scuola di musica, Raffaella Monzi, che la accompagnò alla fermata dell'autobus, lasciandola alle 19:30. Poco dopo, Emanuela fu vista da un vigile urbano in servizio davanti al Senato (al quale Emanuela chiese dove si trovava la Sala Borromini) in compagnia di un uomo alto circa 1 m e 75, sui 35 anni, snello, con il viso lungo, stempiato, con una valigetta e una BMW scura metallizzata[1]. Altri testimoni la videro salire sull'auto. Dall'identikit che fu tracciato, un carabiniere del Nucleo Operativo di via in Selci notò la somiglianza con Enrico De Pedis[2], membro della Banda della Magliana.

Le ricerche e le telefonate

Poiché le forze dell'ordine avevano inizialmente pensato ad una scappatella, le prime ricerche furono condotte autonomamente dalla famiglia.
Il 25 giugno, però, dopo una serie di telefonate non attendibili, arrivò agli Orlandi una chiamata da parte di un uomo che diceva di chiamarsi Pierluigi, il quale raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo dei Fiori due ragazze, una delle quali vendeva cosmetici, aveva con sè un flauto e diceva di chiamarsi Barbara. "Pierluigi" riferì anche che "Barbara", all'invito di suonare il flauto, si sarebbe rifiutata a causa della vergogna che provava nell'indossare gli occhiali.
Tre ore più tardi "Pierluigi" richiamò, aggiungendo che gli occhiali di "Barbara" erano "a goccia, per correggere l'astigmatismo". Queste chiamate si rivelarono preziose per i familiari, poiché in effetti Emanuela era astigmatica, si vergognava di portare gli occhiali e suonava il flauto.
Il 26 giugno "Pierluigi", durante un'altra chiamata, aggiunse alcune informazioni su sè stesso: disse di avere 16 anni e di trovarsi in quella giornata con i genitori in un ristorante al mare. Comunicò anche che "Barbara" avrebbe suonato il flauto al matrimonio della sorella ma rifiutò ogni ulteriore collaborazione per rintracciare Emanuela e di incontrare di persona lo zio.
Il 28 giugno fu il turno di un certo "Mario" che, con un forte accento romano, disse di avere 35 anni. Anch'egli sosteneva di aver visto un uomo e due ragazze che vendevano cosmetici, una delle quali diceva di essere di Venezia e chiamarsi Barbara. Significativo risulta, durante la telefonata di "Mario", un piccolo dettaglio: quando gli viene chiesta l'altezza della ragazza, egli esita, come se non lo sapesse. In sottofondo, si sente una seconda voce, che dice "No, de' più"[3]. Sembra quindi che ci fosse un secondo uomo con lui, il quale aveva visto la ragazza, al contrario di "Mario".
In una seconda telefonata, "Mario" spiegò che "Barbara" gli aveva confidato di essersi allontanata volontariamente da casa. La famiglia, considerando quest'ipotesi impossibile, perse a questo punto fiducia nelle telefonate di "Mario" e "Pierluigi".

Ipotesi

Presunti collegamenti con l'attentato a Giovanni Paolo II

Domenica 3 luglio 1983 il Papa, durante l'Angelus, rivolse un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando per la prima volta l'ipotesi del sequestro.[4]

Il 5 luglio, giunse una chiamata alla sala stampa vaticana. All'altro capo del telefono un uomo, che parlava con uno spiccato accento straniero (ribattezzato dalla stampa "l'Amerikano"), affermò di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo che molti altri elementi erano già stati forniti da altri componenti della sua organizzazione, Pierluigi e Mario, e richiese l'attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano[4]. Chiamava in causa Mehmet Ali Ağca, l'uomo che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro un paio di anni prima, chiedendo un intervento del pontefice, Giovanni Paolo II affinché venisse liberato entro il 20 luglio.

Un'ora dopo, l'uomo chiamò a casa Orlandi, e fece ascoltare ai genitori un nastro con una voce di ragazza, forse di Emanuela. Tuttavia la registrazione poteva essere precedente alla scomparsa della ragazza.

Nei giorni successivi, l'uomo insistette affinché Wojtyła si muovesse per la liberazione di Ali Ağca entro il 20 luglio, ma il Papa non ha alcun potere sull'autorità giudiziaria italiana, da cui la liberazione del killer turco dipendeva.

Il 17 luglio, venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Ağca, la richiesta di una linea telefonica diretta con il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato, e si sentiva la voce di una ragazza che implorava aiuto, dicendo di sentirsi male. Alcuni giorni più tardi, in un'altra telefonata, "l'Amerikano" chiese allo zio di Emanuela di rendere pubblico il messaggio contenuto sul nastro, e di informarsi presso il cardinale Agostino Casaroli, riguardo ad un precedente colloquio.

In totale, le telefonate dell'"Amerikano" furono 16, tutte da cabine telefoniche. Nonostante le richieste di vario tipo, e le presunte prove, l'uomo (mai rintracciato) non aprì nessuna reale pista da battere.

Alla scomparsa di Emanuela verrà anche collegata la sparizione di un'altra adolescente, Mirella Gregori anche lei quindicenne, scomparsa il 7 maggio 1983 da Roma e mai più ritrovata.

Nel comunicato n. 20 del 20 novembre 1984, i Lupi grigi dichiarano di custodire nelle loro mani entrambe le ragazze.
La "pista turca" dei Lupi grigi è stata sconfessata dall'ex ufficiale della Stasi Günter Bohnsack, il quale ha dichiarato che i servizi segreti della Germania Est sfruttarono il caso di Emanuela Orlandi scrivendo finte lettere a Roma per consolidare la tesi che metteva in relazione Ağca con i Lupi Grigi, al fine di scagionare la Bulgaria dalle accuse durante le indagini per l’attentato a Papa Giovanni Paolo II[5]. L'estraneità dei Lupi grigi fu confermata da un pentito della Banda della Magliana Antonio Mancini, che nel 2007 ha dichiarato «Si diceva che la ragazza era robba nostra, l'aveva presa uno dei nostri»[6].

Presunti collegamenti con lo scandalo IOR ed il caso Calvi

Secondo alcuni giornali e pubblicazioni, l'identikit dell'Amerikano, stilato dall'allora vicecapo del SISDE Vincenzo Parisi in una nota rimasta riservata fino al 1995, corrisponderebbe a monsignor Paul Marcinkus, che all'epoca era presidente dello IOR, la "banca" vaticana: gli specialisti del SISDE, analizzando i messaggi e le telefonate pervenute alla famiglia, per un totale di 34 comunicazioni, ne ritennero affidabili e legati a chi aveva effettuato il sequestro 16, che riguardavano una persona con una conoscenza approfondita della lingua latina, migliore di quella italiana (che probabilmente era stata appresa successivamente al latino), probabilmente di cultura anglosassone e con un elevato livello culturale e una conoscenza del mondo ecclesiastico e del Vaticano, oltre alla conoscenza approfondita di diverse zone di Roma (dove probabilmente aveva abitato).[7]

Presunti collegamenti con la Banda della Magliana

Nel luglio del 2005, alla redazione del programma Chi l'ha visto?, in onda su Rai Tre, arrivò una telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi era necessario andare a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare e controllare «del favore che Renatino fece al cardinal Poletti». Nello sconcerto generale, nella prima puntata del settembre 2005, i telespettatori e l'Italia intera scoprirono così che "l'illustre" defunto altri non era che il capo della Banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto "Renatino". L'inviata Raffaella Notariale era riuscita a ottenere e fornire l'incredibile prova che il boss era sepolto in territorio vaticano: le foto della tomba e i documenti originali relativi alla sepoltura voluta dal cardinale Ugo Poletti, allora presidente della Cei. Il 20 febbraio 2006, un pentito della Banda, Antonio Mancini, sostenne, intervistato dal giornalista Fiore De Rienzo per Chi l'ha visto?, di aver riconosciuto nella voce di Mario quella di un killer al servizio di De Pedis, tale "Rufetto"[8]. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica però, non confermarono quanto dichiarato da Mancini. Alla redazione del già citato programma di Rai Tre giunse poi una cartolina raffigurante una località meridionale che presentava il seguente testo: «Lasciate stare Renatino».
Il 30 giugno 2008, Chi l'ha visto? trasmise la seconda parte della telefonata anonima del luglio 2005, lasciata inedita fino ad allora. Dopo le rivelazioni sulla tomba di De Pedis e del cardinal Poletti, la voce aggiungeva «E chiedete al barista di via Montebello, che pure la figlia stava con lei… con l'altra Emanuela». Il bar si rivelò appartenere alla famiglia di Mirella Gregori, altra ragazza scomparsa a Roma il 7 maggio 1983 in circostanze misteriose ed il cui rapimento venne collegato a quello Orlandi[9].
La redazione di Chi l'ha visto? è stata minacciata nel luglio 2008 anche da un'altra telefonata anonima da parte di un certo "biondino".

Le testimonianze della Minardi

Il 23 giugno del 2008, esattamente un giorno dopo il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi, la stampa italiana ha riportato le dichiarazioni agli organi giudiziari di Sabrina Minardi, ex-moglie del calciatore della Società Sportiva Lazio Bruno Giordano, che tra la primavera del 1982 ed il novembre del 1984 ebbe una relazione con Enrico De Pedis. Secondo quanto detto dalla Minardi, Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa ed il suo corpo, rinchiuso dentro un sacco, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica.
In quella occasione, secondo la Minardi, De Pedis si sarebbe sbarazzato anche del cadavere di un bambino di 11 anni ucciso per vendetta, Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Il piccolo Nicitra fu però ucciso il 21 giugno 1993, ben dieci anni dopo l'epoca alla quale la Minardi fa risalire l'episodio, e tre anni dopo la morte dello stesso De Pedis, avvenuta all'inizio del 1990. Un anno e mezzo prima che venisse interrogata, Sabrina Minardi aveva concesso la sua prima intervista alla giornalista Raffaella Notariale, l'inviata di Rai Tre che aveva scoperto la sepoltura del boss dei Testaccini, Enrico De Pedis, all'interno della basilica di Sant'Apollinare.
Stando a quanto riferito da Sabrina Minardi, il rapimento di Emanuela Orlandi sarebbe stato effettuato materialmente da Enrico De Pedis, su ordine del monsignor Paul Marcinkus «come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro».
Nel particolare, la Minardi ha raccontato di essere arrivata in auto (una Autobianchi A112 bianca) al bar del Gianicolo, dove De Pedis le aveva detto di incontrare una ragazza che avrebbe dovuto «accompagnare al benzinaio del Vaticano». All'appuntamento arrivarono una BMW scura, con alla guida "Sergio", l'autista di De Pedis e una Renault 5 rossa con a bordo una certa "Teresina" (la governante di Daniela Mobili, amica della Minardi) e una ragazzina confusa, riconosciuta dalla testimone come Emanuela Orlandi. "Sergio" l'avrebbe messa nella BMW alla cui guida andò la Minardi stessa. Rimasta sola in auto con la ragazza, la donna notò che essa «piangeva e rideva insieme» e «sembrava drogata». Arrivata al benzinazio, trovò ad aspettare in una Mercedes targata Città del Vaticano, un uomo «che sembrava un sacerdote» che la prese in consegna[6][2].
La ragazza avrebbe trascorso la sua prigionia a Roma, in un'abitazione di proprietà di Daniela Mobili in via Antonio Pignatelli 13, che aveva «un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'Ospedale San Camillo» (la cui esistenza, oltre ad un piccolo bagno ed un lago sotterrano, è stata accertata dagli inquirenti il 26 giugno 2008[9]). Di lei si sarebbe occupata la governante della signora Daniela Mobili, "Teresina"; secondo la Minardi, la Mobili, sposata con Vittorio Sciattella, era vicina a Danilo Abbruciati, altro esponente di spicco della Banda della Magliana, coinvolto nel caso Calvi e che dispose il restauro della palazzina in via Pignatelli[3].
La Mobili ha negato di conoscere la Minardi o di avere avuto un ruolo nel rapimento, poiché in quegli anni si trovava, così come il marito, in prigione. Tuttavia la Minardi si è sempre riferita alla governante "Teresina", che effettivamente lavorava nell'appartamento in quel periodo, anche se non aveva la patente[10][11].
Successivamente, la Minardi ha citato un altro componente della Banda (corrispondente ad un vecchio identikit[12]) che, rintracciato dalle forze dell'ordine, ha confessato che il rifugio in via Pignatelli era sì un nascondiglio, «ma non per i sequestrati, per i ricercati. Era il rifugio di "Renatino"», negando la connessione fra l'ex boss della Magliana e il rapimento Orlandi[13].

Affiora anche il personaggio di Giulio Andreotti, presso il quale la Minardi racconta di essere andata a cena due volte, assieme al compagno De Pedis, a quel tempo già ricercato dalla polizia. La donna specifica però che Andreotti «non c'entra direttamente con Emanuela Orlandi, ma con monsignor Marcinkus sì».

Le dichiarazioni della Minardi, benché siano state riconosciute dagli inquirenti come parzialmente incoerenti (anche a causa dell'uso di droga da parte della donna in passato) hanno acquistato maggior credibilità nell'agosto 2008, a seguito del ritrovamento della BMW che la stessa Minardi ha raccontato di aver utilizzato per il trasporto di Emanuela Orlandi e che risulta appartenuta prima a Flavio Carboni, imprenditore indagato e poi assolto nel processo sulla morte di Roberto Calvi, e successivamente ad uno dei componenti della Banda della Magliana[14].

La pubblicazione dei verbali resi alla magistratura dalla Minardi ha suscitato le proteste del Vaticano, che, per bocca di padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, ha dichiarato che oltre alla "mancanza di umanità e rispetto per la famiglia Orlandi, che ne ravviva il dolore", ha poi definito come "infamanti le accuse rivolte a Mons. Marcinkus, morto da tempo e impossibilitato a difendersi".[15]

Note

  1. ^ L'intervista a Chi l'ha visto? del vigile urbano
  2. ^ a b Puntata di Chi l'ha visto? del 30 giugno 2008, I Parte
  3. ^ a b Puntata di Chi l'ha visto? andata in onda il 7 luglio 2008
  4. ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di "Chi l'ha visto" di RAI3. Poiché la prima rivendicazione del rapimento da parte de "l'Amerikano" è del 5 luglio 1983, solo una fonte interna al Vaticano, a conoscenza dei fatti, e dotata di sufficiente autorevolezza per influire sul comportamento del Papa, avrebbe potuto suggerire al Papa stesso di prendere la drammatica iniziativa di lanciare un appello ai rapitori. Unico precedente di un simile "appello ai rapitori" da parte di un Papa è il triplice "appello ai rapitori di Aldo Moro" lanciato da Papa Paolo VI nel 1978 (vedi Caso Moro, I comunicati e la trattativa)
  5. ^ Lo scambio Orlandi-Ali Agca fu un' invenzione di noi della Stasi, intervista a Bohnsack ne "la Repubblica" del 26 giugno 2008
  6. ^ a b Caso Orlandi, parla la superteste, "Rapita per ordine di Marcinkus", articolo de "la Repubblica" del 23 giugno 2008
  7. ^ Estratti del libro EXTRA OMNES L'infinita scomparsa di Emanuela Orlandi di Gaja Cenciarelli, ZONA 2006, ISBN 8889702176 , relativi ai documenti desecretati delle inchieste del SISDE svolte al tempo
  8. ^ Il video dal sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 23 giugno 2008
  9. ^ a b Emanuela Orlandi sul sito di Chi l'ha visto?, aggiornamento del 30 giugno 2008
  10. ^ "Non sono io la carceriera, quando è scomparsa ero in galera", articolo de "la Repubblica del 26 giugno 2008
  11. ^ L’ex donna del boss: «Io col rapimento non c’entro nulla», articolo da "il Giornale" del 26 giugno 2008
  12. ^ Caso Orlandi, un nuovo sospettato Perquisizione a un ex della Magliana, articolo de "la Repubblica" del 29 giugno 2008
  13. ^ "La Orlandi? In quel bunker si nascondeva Renatino", articolo de "la Repubblica" del 4 luglio 2008
  14. ^ «Sequestro Orlandi, ecco l’auto». Parcheggiata da 13 anni, articolo da "Il Corriere della Sera" del 14 agosto 2008
  15. ^ Vatican Diplomacy: «Il Vaticano: “Accuse infamanti su Marcinkus”»

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni