Robert Jay Lifton

psichiatra statunitense (1926-2025)

Robert Jay Lifton (New York, 16 maggio 1926) è uno psichiatra statunitense. È conosciuto per gli studi sugli effetti della guerra sulla psiche umana.

Cenni biografici

Dal 1951 a 1953 ha reso servizio militare nell'aviazione militare americana in Giappone e in Corea. Ha insegnato alla Washington School of Psychiatry, all'Università di Harvard e al John Jay College of Criminal Justice dove affianca un corpo di studi sulla violenza umana.

Con il saggio I medici nazisti. La psicologia del genocidio (1986) affronta per la prima volta lo studio del ruolo dei medici nazisti nell'Olocausto e la razionalizzazione dei loro crimini.

Gli studi di Lifton

Lifton si recò ad Hong Kong per intervistare 40 soggetti, cinesi e occidentali, sottoposti al regime coercitivo di indottrinamento ed alla fine degli esperimenti elaborò un modello di spiegazione del fenomeno, che definì, allo stesso modo dei cinesi, con il nome di "riforma (controllo) del pensiero", anziché "lavaggio del cervello".[1] La "riforma (controllo) del pensiero" viene inquadrata come una tecnica più sottile del "lavaggio del cervello", perché il nemico è invisibile, ignoto.[2]

Lifton descrisse il processo di "riforma del pensiero" come la combinazione di una coercizione proveniente dall'esterno, unita ad una esortazione interiore che sfrutti i sensi di colpa e di vergogna, con gli stessi criteri e le stesse promesse dei movimenti religiosi, rinforzata dalla speranza in una guarigione terapeuta|terapeutica dell'ostaggio-malato. [1]


Lifton suddivise in otto i temi psicologici e sociali che possono indurre uno stato di assolutismo ideologico:

  • controllo dell'ambiente e della comunicazione;
  • misticismo intorno alla istituzione manipolatrice;
  • necessità di purezza politica e ideologica atta a conservare in uno stato di constante senso di colpa i membri e per valutare come impuro tutto il mondo esterno;
  • culto della confessione
  • scienze sacre e verità assoluta dogmatica e non discutibile;
  • linguaggio riduttivo e infarcito di slogan e cliché;
  • dottrina sopra l'individuo;
  • dispensazione della esistenza e dei fatti culturali (libri, arte, ecc.).[1][3]

Note

Bibliografia

  • I medici nazisti. La psicologia del genocidio, Milano, BUR - Biblioteca Universale Rizzoli, 2003.