Nicola Consiglio (Bisceglie, 21 febbraio 1874Bisceglie, 3 dicembre 1975) è stato un giurista italiano, esperto di affari ecclesiastici.

Laureatosi brillantemente in giurisprudenza all’Università di Napoli nel 1896, entrò in magistratura nel 1900 e fu assegnato quale pretore a Trani. Successivamente venne chiamato alla Direzione generale per gli affari di culto presso il Ministero della Giustizia dove si occupò della spinosa questione del santuario di Pompei dopo la morte del suo fondatore Bartolo Longo (1926). Benché cattolico liberale e non allineato al fascismo, fu stretto collaboratore del ministro Alfredo Rocco, che lo volle come successore di Domenico Barone nelle trattative con Francesco Pacelli, il cardinal Pietro Gasparri e monsignor Francesco Borgongini Duca per l’elaborazione tecnica e la stesura dei Patti Lateranensi del 1929. Redasse inoltre la legge del 1930 che dava disciplina e riconoscimento giuridico alle comunità israelitiche, anche questa frutto di incontri e trattative bilaterali e giudicata molto positivamente dalle Comunità Ebraiche italiane. Passato alla Direzione generale degli affari penali, qui terminò la sua carriera nel 1941 per raggiunti limiti di età con il titolo di procuratore generale onorario della Corte di Cassazione.

Oltre all’adorata moglie, la nobildonna Matilde Carcano figlia del duca Domenico Carcano di Trani, amò appassionatamente la sua città natale, Bisceglie, dove era solito ritornare appena poteva staccarsi dagli impegni del lavoro e dove per tutti era “sua eccellenza”. La sua casa in via Giulio Frisari 27, dimora avita fin dal Settecento (cui risale la struttura con loggiato interno su due piani) contenente dipinti di scuola napoletana e di Salvator Rosa, è tuttora nota come Palazzo Consiglio. Qui poté festeggiare il secolo di vita, omaggiato fra gli altri dall’arcivescovo di Bisceglie, monsignor Giuseppe Carata. I suoi concittadini ne hanno perpetuato la memoria intitolandogli una via.


Giorgio Melchiori
Cresciuto alla scuola di anglistica creata da Mario Praz alla Sapienza di Roma, Giorgio Melchiori si dedicò all’attività accademica fin dai primi anni della Seconda guerra mondiale, dopo una breve parentesi come redattore presso l’agenzia ANSA di Roma. Fu l’Università di Torino a vedere i suoi esordi, ma nel 1947 ritornò a Roma, prima alla Sapienza e quindi all’Università Roma Tre, dove insegnò a lungo lingua e letteratura inglese divenendo col tempo una sorta di figura mitologica, un “mostro sacro” ammirato dai colleghi e idolatrato dai suoi studenti. Autore prolifico di saggi critici, la ricchezza della sua produzione non andò mai a scapito dell’alta qualità della ricerca, sia quando affrontò le scelte antologiche dei Poeti metafisici inglesi (Milano, 1964) e di John Donne (Milano, 1983), sia nelle approfondite indagini sull’opera dell’irlandese James Joyce (Joyce barocco, Bulzoni; Joyce: il mestiere dello scrittore, Einaudi). Tuttavia, l’autore cui dedicò le sue maggiori e migliori attenzioni fu William Shakespeare (Shakespeare: politica e contesto economico, Bulzoni; Shakespeare all’opera. I drammi nella librettistica italiana, Bulzoni).

Apprezzato maestro di tutti gli anglisti italiani, Melchiori fu riconosciuto come uno dei più autorevoli esperti di letteratura in lingua inglese e un vero e proprio specialista di Shakespeare, tanto da essere insignito nel 1991 del titolo di “Commander of the British Empire”. Fu anche membro onorario dell’International James Joyce Foundation e dello Shakespeare Birthplace Trust, socio della British Academy, dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei, vincitore del premio Grinzane Cavour per traduttori nel 1986 e del premio di storia letteraria Natalino Sapegno nel 2005. Nella sua vasta bibliografia, ricca di edizioni critiche di singoli drammi shakespeariani, spiccano due opere fondamentali: l’edizione critica del Teatro completo di Shakespeare per “I Meridiani” della Mondadori (9 volumi, 1976-91) e il saggio Shakespeare. Genesi e struttura delle opere (Laterza, 1999? 2001) in cui ricostruì il processo creativo del “bardo”, inquadrandolo nel contesto di una vita dedicata per intero a una professione soggetta alle esigenze dello spettacolo, alle condizioni sempre mutevoli delle scene londinesi, ai condizionamenti e agli stimoli di un pubblico variegato e partecipe, e infine alle interferenze di una censura sempre vigile in un clima di profonda e rapida evoluzione.

Con altri due noti anglisti italiani, Nemi D’Agostino e Agostino Lombardo, anch’essi allievi di Mario Praz, nel 1975 pubblicò Teatro elisabettiano. Marlowe, Webster, Ford (Accademia Olimpica).

Bibliografia