Rivoluzione industriale in Inghilterra
La rivoluzione industriale in Inghilterra, è stata delimitata da Thomas S. Ashton fra il 1760 e il 1830 e corrisponde alla prima rivoluzione industriale, comportando un insieme di rivoluzioni settoriali: dall’agricoltura ai trasporti, dalla popolazione alle innovazioni tecniche. Le cause di questo fenomeno d’industrializzazione non sono interamente definite, più elementi convergenti e reciprocamente trainanti l’hanno determinato. La macchina a vapore, con la quale spesso si identifica la rivoluzione industriale, è solo uno fra i tanti fattori dell’industrializzazione e solo una fra le innumerevoli innovazioni tecniche dell’epoca. La prima rivoluzione industriale inglese riguarda il settore tessile e metallurgico ed è preceduta dalla rivoluzione agricola. La seconda rivoluzione industriale inglese averrà attorno al 1850.
Rivoluzione agricola
La storia economica contemporanea ammette che senza una rivoluzione agricola precedente e concomitante, l’Inghilterra non avrebbe vissuto la rivoluzione industriale. Infatti, l’aumento del reddito agricolo dato dall’incremento della produttività nell’agricoltura amplia gli sbocchi del mercato interno per i prodotti industriali. Inoltre, l’incremento produttivo agricolo libera forza lavoro a favore dell’industria e permette allo stesso tempo di fornire cibo ad una popolazione in crescita. Effetti di traino dallo sviluppo agricolo al settore industriale si hanno con l’aumento della domanda di utensili agricoli incrementando la domanda di ferro prodotto dall’industria metallurgica. Viceversa, l’espansione dell’industria tessile favorisce la produzione agricola di cotone e di lana. La rivoluzione agricola inglese della seconda metà del XVIII secolo si è manifestata grazie a trasformazioni istituzionali come le recinzioni e innovazioni tecniche. Fra il 1700 e il 1810, il Parlamento inglese ha emanato una serie di enclosures acts (leggi sulle recinzioni) che obbligavano a recintare campi, prati e terre comuni. L’Inghilterra possedeva innumerevoli piccoli proprietari terrieri (yeomen) i cui possedimenti erano piccoli e sparsi impedendo l’iniziativa privata. Infatti, in ogni parrocchia, le terre erano generalmente raggruppate in tre campi dei quali uno rimaneva a riposo. Le leggi sulle recinzioni ebbero come effetto la redistribuzione e l’aggregazione dei terreni ingrandendone l’estensione. I piccoli proprietari terrieri furono le prime vittime di queste leggi, in quanto furono spesso obbligati a vendere le loro terre non possedendo risorse sufficienti per effettuare le recinzioni. Anche i cottagers, categoria di paesani più poveri non proprietari di terre, subirono conseguenze negative in quanto dipendevano principalmente dall’accesso alle terre comuni, destinate ora a scomparire. I cottagers possedevano solo alcuni animali e lavoravano a domicilio come tessitori. Piccoli proprietari terrieri e cottagers contribuirono però ad alimentare la forza lavoro della quale l’industria nascente necessitava. L’aumento della dimensione del singolo appezzamento di terra e la loro recinzione permisero un incremento della produttività agricola attraverso l’introduzione di nuove tecniche, generalmente definite con il termine Sistema di Norfolk, dal nome della contea inglese dove, verso la metà del XVIII e sotto la spinta del pioniere Lord Townshend, vennero applicate alle grandi proprietà terriere le principali innovazioni tecniche: drenaggio del suolo, spargimento di concime animale, rotazione delle terre sopprimendo i terreni lasciati a riposo. Altri pionieri furono Coke de Holkam (perfezionamento dell’aratro), Bakewell (miglioramenti nell’allevamento) e Arthur Young (diffusione delle nuove tecniche agricole). La produttività del lavoro agricolo aumento del 90% fra il 1700 e il 1800, mentre la popolazione attiva nell’agricoltura passò dal 70% al 37%.
Rivoluzione dei trasporti
All’inizio del XVIII secolo, le vie di comunicazione inglesi erano in ritardo rispetto a quelle di altri paesi europei, fra i quali la Francia. Tuttavia, nella seconda metà del XVIII secolo, in Inghilterra si assiste alla costruzione di strade e canali fornendo un contributo determinante per lo sviluppo degli scambi commerciali e per la formazione del mercato interno. Fra il 1760 e il 1774, il Parlamento inglese, con l’intento di permettere uno spostamento rapido delle proprie truppe in ogni stagione dell’anno, ha emanato una serie di atti legislativi per migliorare le strade esistenti e per costruirne di nuove attraverso il sistema del pedaggio (turnpike roads) che incoraggiò l’iniziativa privata. John Metcalf, Telford e Macadam furono fra i primi costruttori di strade. L’assembramento e la redistribuzione delle terre agricole realizzato grazie alle recinzioni favorì la costruzioni di strade, in quanto si poteva più facilmente identificare e stabilire il tracciato della strada da costruire. I primi canali vennero costruiti per il trasporto di carbone ad uno industriale o domestico. Ispirandosi a quanto realizzato dai francesi, il Duca di Bridgewater, che possedeva miniere di carbone a Worsley, fece costruire fra il 1759 e il 1761 un canale – il primo in Inghilerra - per trasportare il carbone verso le fabbriche di Manchester. La fote riduzione del costo di trasporto permise di ridurre il prezzo di vendita del carbone incentivando ad altre iniziative simili tale da determinare negli ultimi decenni del XVIII una sorta di “febbre dei canali” sostenuta da iniziative private. Tutte le attività economiche poterono trarre beneficio dal sostanziale miglioramento delle vie di comunicazione che ne risultava. Contrariamente ad altri paesi (Stati Uniti e Giappone), la costruzione di reti ferroviarie non fu un elemento principale della rivoluzione industriale inglese. La ferrovia potè espandersi solo con l’introduzione della macchina a vapore che non avvenne prima del 1830.
Rivoluzione demografica
Dopo essere stata stabile con tendenze pure a regredire, la popolazione inglese ha iniziato attorno al 1750 a crescere sempre più rapidamente. Da 5,8 milioni all’inizio del secolo, passerà a 9.1 milioni (1800) fino a superare i 40 milioni (1914). I tassi di crescita demografica superano facilmente il 5% con periodi a tassi superiori anche al 10-15%. Le cause di questo sviluppo sono state inizialmente attribuite alla riduzione della mortalità e al progresso in campo medico. Tuttavia, il vaccino contro il vaiolo di Jenner è stato introdotto solo dopo il 1796. I progressi della medicina avranno infatti effetto solo durante i primi decenni del XIX secolo. L’aumento demografico registrato a partire dal 1750 è dato dall’effetto forbice: riduzione del tasso di mortalità e aumento del tasso di natalità determinati da fattori economici, primi fra tutti il miglioramento alimentare apportato dalla rivoluzione agricola. L’aumento del tasso di fecondità va però anche ascritto ai matrimoni più precoci e alle nascite illegittime che hanno accompagnato lo sviluppo urbano e la vita di fabbrica. Lo sviluppo demografico non è però un fattore sufficiente per dare avvio all’industrializzazione. Al contrario, potrebbe essere causa di povertà se la produzione economica non riesce a progredire con lo stesso ritmo. Determinante è allora l’apporto delle innovazioni tecniche che permettono di incrementare sostanzialmente la capacità produttiva dell’Inghilterra.
Rivoluzione tecnica
La rivoluzione industriale è un processo che permette di passare da un sistema produttivo artigianale basato su strumenti manuali ad un sistema industriale basato sulla macchina. L’invenzione di nuove tecniche, di nuovi macchinari e l’applicazione di nuove fonti energetiche sono quindi centrali per la rivoluzione industriale. Occorre distinguere, come ci ricorda Schumpeter, fra l’invenzione e l’innovazione. La prima, generalmente risultato di una persona intellettualmente brillante, non si traduce necessariamente nella seconda, applicazione di un’invenzione ad una determinata attività con diffusione ad un intero settore. L’invenzione, attività più intellettuale che pratica, ha raramente arricchito il proprio ideatore, mentre l’innovazione ha riempito le tasche degli intraprendenti innovatori che hanno fiutato l’interesse di applicare a fini produttivi una tecnica inventata. Ci ricorda sempre Schumpeter, che un’innovazione non trova origine solamente da un’innovazione tecnica, ma può anche derivare dalla creazione di un nuovo prodotto o dalla conquista di nuovi mercati. Fra gli inventori si classa Samuel Crompton, ideatore della Mule, mentre fra gli innovatori si conta Arkwright.
Settore tessile
Il settore tessile del XVIII secolo era costituito da mercanti-manufatturieri che si servivano di lavoratori a domicilio, i quali erano anche attivi nell’agricoltura, per la cardatura, la filatura e la tessitura dei tessuti fornendo loro la materia prima e riacquistando da loro il prodotto finito (putting-out-system). Progressi tecnici avvengono nella tessitura con l’invenzione nel 1733 della spoletta volante di John Kay. Questa determinò un aumento nella velocità di tessere ma incrementò il disequilibrio nei confronti della filatura che non riusciva a produrre altrettanto velocemente. Hargreaves (Spinning-Jenny, 1765), Arkwright (Water-Frame, 1767), Samuel Crompton (Mule, 1774-79) e Kelly (Mule automatica, 1790) brevettarono macchine per filare il cotone riducendo questo disequilibrio. Arkwright, avendo senso degli affari e un’evidente attitudine ad innovare, installò la Water-Frame in fabbriche costruite ai bordi di fiumi per sfruttarne l’energia motrice dell’acqua. La tessitura vide un nuovo progresso tecnico con la costruzione della prima macchina automatica per tessere di Cartwright (1785), inizialmente mossa da cavalli e dal 1789 dalla macchina a vapore. Le nuove tecniche di filatura e tessitura rimpiazzarono, malgrado iniziali resistenze, il lavoro a domicilio basato su tecniche manuali e portano alla costruzione di fabbriche nelle quali i nuovi macchinari venivano messi in funzione e verso le quali converge la forza lavoro. Nasce così il capitalismo industriale. La produzione di tessuti in cotone aumenta vertiginosamente, così come la richiesta di cotone greggio che viene sempre più importato. La loro qualità permette di sostituire i prodotti cotoniferi importati, fino a quel momento, dall’India. I progressi tecnici dall’industria del cotone si estendono all’insieme dell’industria tessile, in particolare alla lana.
Settore metallurgico ed estrattivo
La legna era il principale combustibile utilizzato per fondere minerali di ferro. L’insufficienza di riserve boschive e il loro rapido declino costituiva un collo di bottiglia problematico tale da frenare la produzione di ferro. Abraham Darby identifica fra il 1709 e il 1710 il modo di utilizzare il carbone fossile la cui combustione negli altiforni permette di produrre la ghisa accelerando lo sviluppo, parallelamente, della produzione di ferro e di carbone. L’invenzione del puddlage, brevettato da Henry Cort nel 1784, completa le tecniche necessarie allo sviluppo della metallurgia. La domanda di carbone aumentava sotto la pressione dello sviluppo della metallurgia mentre il macchinismo permettava di migliorare i metodi e le condizioni di lavoro nelle miniere. La macchina a vapore, quale nuova fonte di energia, permise la costruzione di macchine in ferro sempre più grandi creando un effetto di traino sull’industria metallurgica.
Macchina a vapore
Benché nota fin dal XVI secolo, la macchina a vapore si sviluppò con le costruzioni di Savery e di Thomas Newcomen per la costruzione di pompe a vapore utilizzate per evacuare l’acqua dalle miniere di carbone e di rame. Fu però James Watt a costruire il primo vero modello di macchina a vapore (1769), che divenne il simbolo della rivoluzione industriale, migliorando quella di Newcomen. Solo nel 1782, Watt definì come trasformare il movimento d’oscillazione in movimento circolare permettendo, grazie anche all’apporto di John Roebuck e di Mathew Boulton, un utilizzo pratico della macchina a vapore. Nel 1785, la prima macchina a vapore venne istallata in una filatura, mentre nel 1800 c’erano 11 macchine a vapore a Birmingham, 20 a Leeds e 32 a Manchester.
Fonti
- Maurice Niveau, Histoire des faits économiques contemporains, Presses Universitaires de France, 1989.