Storia della Francia

storia del territorio dello stato o della civiltà

Dalla preistoria sino ai nostri giorni, la storia della Francia può essere suddivisa in molti periodi distinti, soprattutto in funzione dei successivi avvicendamenti dinastici e di regimi politici.

Nonostante la Francia sia una tra le nazioni più antiche d'Europa, essa non si configura in quanto tale se non a partire dal Medioevo, peraltro senza che sia possibile individuarne una data di nascita precisa e irrefutabile. Tradizionalmente, la fondazione della Francia si fa risalire al 486, quando il re dei Franchi Clodoveo conquistò la maggior parte della Gallia. Il termine Francia venne impiegato ufficialmente per la prima volta a partire dal 1190, quando per definire Filippo Augusto nei documenti, venne usata la formula rex Francie invece di rex Francorum. Il termine "Francia" era peraltro già stato usato nella Chanson de Roland, scritta un secolo prima.

Protostoria

Le prime fonti scritte sui popoli insediati nei territori che divennero l'odierna Francia sono di origine greca. Se Tucidide dedica appena una quindicina di righe della sua ponderosa Storia delle guerre del Peloponneso in 8 libri alla fondazione di Marsiglia avvenuta due secoli prima,[1] il suo contemporaneo Erodoto si dimostra più attento alle vicende della Gallia dedicandovi diverse pagine delle sue Storie.

Com'è ovvio, la cultura di provenienza dell'autore fa sì che la fondazione greca sia l'elemento centrale della narrazione; le rare citazioni che trattano del resto della Gallia dimostrano la scarsa conoscenza di tali luoghi e delle popolazioni che li abitavano da parte degli antichi greci. Erodoto si sbilancia nella citazione di varie tribù, ad esempio dei Liguri nella regione marsigliese,[2] ma in generale lo fa senza dare riferimenti precisi sulla loro collocazione; fanno eccezione proprio i Liguri appena citati.

Gli scavi archeologici realizzati a Marsiglia hanno dimostrato che in realtà il sito era attivo anche in epoca antecedente alla "fondazione" greca, ma le attese vestigia "liguri" hanno dovuto cedere il posto ai ritrovamenti di origine celtica che sono stati messi in luce da tali campagne. È ormai noto che il bacino del Mediterraneo presentava già un'attività fervente e che i Focesi non erano né i primi, né i soli a operare in quell'area. I Fenici avevano messo piede sulle coste della Gallia già da alcuni secoli, ma la caratteristica discrezione di questo popolo di commercianti ridusse al minimo le tracce del loro passaggio. Eppure oggi è noto che i fenici erano in grado di sfruttare solide vie commerciali in Gallia e che probabilmente potevano contare anche su punti di scambio nella Gallia interna. Per quanto il dibattito storico in proposito abbia ancora toni abbastanza burrascosi, una cosa è certa: furono i Fenici a introdurre in Gallia l'alfabeto e la scrittura, innovazioni che i Galli decisero di non utilizzare.

 
'Platone e Aristotele', particolare della formella del Campanile di Giotto di Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze

È necessario attendere Aristotele, allievo di Isocrate e Platone (tra il 384 e il 332 a.C.), per trovare nelle fonti la prima menzione dei costumi dei Celti (dal greco Κελτοί, Keltoi), abitanti della regione celtica compresa tra il Rodano e le Alpi. Come la maggior parte degli storici antichi precedenti alla conquista romana, anch'egli insiste soprattutto sulle leggendarie ricchezze del luogo, sul grande valore dei suoi soldati e sui costumi barbari (intesi in senso moderno) di alcuni celti. Si tratta di fonti copiose[3] che continuano tuttavia a mettere in evidenza la scarsa conoscenza della Gallia nel mondo greco. Sia che si tratti di storici che di geografi, gli autori di questo periodo traggono infatti la loro ispirazione da testi già esistenti e non sottopongono mai a una verifica sul campo, attraverso i viaggi, le affermazioni tramandate dai loro predecessori.

I principati della prima Età del ferro (dall'850 al 450 a.C.)

Le indagini archeologiche consentono di intuire il manifestarsi di disordini di carattere militare e sociale nelle società relativamente stabili del tardo neolitico e dell'Età del bronzo. Tali disordini si possono far risalire circa all'850 a.C. ovvero all'inizio della Età del ferro, come indica il terminus postquem (la data di abbandono definitivo) per molti siti.

Le caratteristiche salienti del periodo sembrano legate al dominio di principati di dimensioni relativamente estese, retti da un'aristocrazia di stampo guerriero. Questi principi e principesse della celtica[4] organizzavano le proprie sepolture con armi e carri cerimoniali, come nel caso della Tomba di Vix nella Côte-d'Or (Borgogna) e di Hochdorf nel Württemberg. La scoperta delle tombe ha inoltre rivelato la presenza di oggetti di lusso provenienti da vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, tra cui l'Egitto, il che testimonia il carattere commerciale della ricchezza di tali ceti aristocratici.

 
Croce celtica

Intorno al 600 a.C. sulla costa del Mediterraneo, in un'ansa del fiume Lacydon, venne fondata la colonia commerciale di Massalia (Marsiglia) ad opera di marinai originari di Focea, città greca dell'Asia Minore. Prima e dopo tale data videro la luce altre colonie dello stesso tipo, in particolare nella zona costiera (Antibes è del 680 a.C.). Marsiglia assunse tuttavia un ascendente decisivo sulle città rivali intorno al 550 a.C., grazie all'afflusso massiccio di esuli focesi conseguente alla presa di Focea da parte dei Persiani. Rafforzata da tale sostegno, la città tentò per diversi secoli di mantenere un proprio ruolo autonomo tra vicini pericolosi quali i Celti, i Cartaginesi, gli Etruschi e infine i Romani. Dopo qualche illusione iniziale, fu però presto soverchiata dagli avversari e già dal IV secolo a.C. rientrò nei ranghi accontentandosi di un ruolo del tutto subalterno a Roma.

I Celti (dal 450 a.C. al II secolo a.C.)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Celti e Galli.

Tra il 450 e il 400 a.C. ebbero nuovamente luogo dei cambiamenti importanti in campo artistico e probabilmente anche politico. In tale periodo, che viene tradizionalmente considerato l'inizio della fase gallica in senso stretto, fece la sua comparsa nello spazio geografico francese la cultura di La Tène propriamente detta. Pur essendo ancora vivo il dibattito sulla interpretazione dei cambiamenti rilevati dalle indagini archeologiche, è tuttavia molto poco probabile che tale evoluzione sia da attribuirsi a una forma di "invasione", in quanto tale periodo è segnato in particolare dalla potenza militare dei Galli. Questi gruppi di conquistatori, in particolare Brenno (da non confondersi con l'omonimo del secolo precedente, autore del sacco di Roma), si spingevano con incursioni sino in Grecia (con il cosiddetto sacco di Delfi, nel corso delle spedizioni celtiche nei Balcani) e in Asia Minore (l'odierna Turchia), dove i Galati si stabilirono nella regione che prese nome Galazia, ove fondarono la città di Ancyra (Ankara). Si tratta del noto "Metus gallicus" che gelava il sangue nelle vene dei Romani... Le incursioni galliche avevano un carattere violento e terminavano con il pagamento di un forte riscatto: "Vae victis!" (Guai ai vinti!) era la frase attribuita al capo gallico Brenno. La stessa Roma, cittadina ancora modesta, venne colpita nel 387 o nel 390 a.C., dopo la battaglia del fiume Allia, da un'incursione nota come sacco di Roma. Marsiglia, che era alleata di Roma, contribuì al pagamento di una parte del riscatto preteso da Brenno.

Si trattava inoltre di un periodo di espansione, destinato a portare vari popoli gallici a imporsi in Gran Bretagna, in Spagna e nell'Italia settentrionale. Si ritrovano infatti gli Atrebati (da Arras) nel Sussex, dei Parisi (nella zona di Lutetia, l'attuale Parigi) nello Yorkshire, dei Senoni (da Sens) sull'Adriatico, dei Cenomani (da Le Mans) in Lombardia, dei Lingoni (da Langres) lungo il Po. Non è dato sapere se tali coincidenze nei nomi sono legate a movimenti migratori oppure ad attività di conquista da parte di piccoli gruppi che impongono il proprio nome alle popolazioni locali. Tali toponimi rimarranno legati ai territori e ai capoluoghi delle città galliche sino ai giorni nostri. La grande maggioranza delle città gallo-romane del basso impero assunse nuovamente il nome del popolo di cui era un tempo capitale; tale nome è ancora conservato nella forma francese moderna, sia per le città che per il territorio in cui si trovano: Biturigi (da Bourges): Berry, Petrocori (da Périgueux): Périgord, Namneti (da Nantes): Nantais, Bellovaci (da Beauvais): Beauvaisis, Turoni (da Tours): Touraine, Abrincati (da Avranches): Avranchin, Ruteni (da Rodez): Rouergue, e così via.

 
Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (recto)
 
Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (verso)

I territori di queste città formarono la struttura amministrativa di base dell'impero romano in Gallia. Anche le diocesi cristiane ne ripresero i nomi e i confini senza modifiche rilevanti fino alla Rivoluzione francese.

Contrariamente all'immagine tradizionale, ereditata dagli autori antichi, e all'immagine moderna che si è per molto tempo appiattita sulla considerazione dei Galli come barbari, le conoscenze odierne sembrano mostrare che la civiltà gallica, e più in generale, celta, nel suo periodo di massima espansione fosse particolarmente florida. Indicazioni come l'apparizione di vere e proprie città fortificate (oppida) di dimensioni di gran lunga superiori alle fortezze dei periodi precedenti, o ancora l'uso della moneta, sono dei tratti caratteristici di una civiltà non poi così lontana da quelle presenti in gran parte della penisola italica attorno al V o al IV secolo a.C.

Il periodo dell'indipendenza gallica (II - I secolo a.C.)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Gallia.

La prima attestazione del termine latino Galli in riferimento alle popolazioni galliche risale a Catone (ca. 168 a.C.), che se ne servì per indicare gli abitanti della Celtica che avevano invaso la pianura padana, Ovvero gli abitanti della Gallia cisalpina. Secondo tali fonti latine, in quel periodo le monarchie e oligarchie galliche sembrano cedere il potere a dei magistrati di origine elettiva detti vergobret. Le istituzioni galliche sembrano tuttavia ben più antiche.

I contributi che la Gallia ha apportato alla civiltà romana della tarda repubblica e poi dell'Impero non furono numerosi sotto il profilo linguistico ma piuttosto consistenti nell'artigianato e nell'arte militare (ad esempio, ne fanno parte la botte, la spada, la cotta di maglia e il sapone). Se si considerano l'anfora, la toga drappeggiata e le terme come altrettanti pilastri dell'Antichità, si nota che essi furono affiancati, in tarda età imperiale, dal barile, dal pantalone e dal sapone gallici.

Antichità

La fine dell'indipendenza gallica (dal 125 al 51 a.C.)

Le regioni sud-orientali della Francia, in particolare la Linguadoca e la Provenza, che erano chiamate "Gallia togata" in ragione dell'avanzato stato di romanizzazione alla fine dell'indipendenza, vennero conquistate dai Romani già prima della fine del II secolo a.C. Si tratta della provincia romana detta Gallia Narbonese, che si stende dai Pirenei alle Alpi passando per la valle del Rodano. Tali territori furono posti sotto il controllo di Roma in seguito all'atteggiamento ambiguo tenuto dai Galli nel corso delle guerre puniche, teatro dello scontro tra Roma e Cartagine.

Con il pretesto di fornire aiuti militari a Marsiglia, il generale romano Sestio Calvino conquistò i territori dei Salluvi costringendone il re alla fuga. Il nome romano si conserva oggi in quello della città di Aix-en-Provence (in latino Aquae Sextiae, "le acque di Sestio"), mentre quello della capitale dei Salluvi (che domina la città, sita sull'altopiano di Entremont, verso Nord) è andato perduto.

Nell'agosto del 121 a.C. i Romani, guidati dal console Fabio Massimo si scontrarono con un'alleanza di Arverni e Allobrogi presso la confluenza dell'Isère. Il pretesto dell'attacco verso questi ultimi, in effetti, fu proprio quello di aver dato asilo al re dei Salluvi. Il sovrano arverno Bituito venne fatto prigioniero e portato a Roma per partecipare al trionfo. Nello stesso momento gli Edui, un altro popolo gallico che si opponeva alla egemonia arverna, venivano ricevuti presso il Senato romano e proclamati "amici di Roma". Dopo questa sconfitta dei Galli, il resto dei territori situati a Sud e a Est dei monti Cévennes vennero sottomessi in breve tempo.

 
Vercingetorige davanti a Cesare

Intorno all'80 a.C., tuttavia, un capo gallico chiamato Celtillo, padre del futuro Vercingetorige, tentò di restaurare un potere dinastico nei confronti degli Arverni, analogo a quello del periodo di Luernio e Bituito. Il tentativo fallì e Celtillo venne arso vivo per mano dell'aristocrazia arverna. Il fratello di questi, Gobannitio, sembra essere stato il principale oppositore di questa manovra; è noto, infatti, che dopo la morte di Celtillo egli acquisì il predominio presso il suo popolo.

Le Guerre galliche

  Lo stesso argomento in dettaglio: Conquista della Gallia.

È necessario attendere il 58 a.C. perché l'ambizione personale di Giulio Cesare e la minaccia della pressione germanica sui Galli portino a un nuovo sconvolgimento degli equilibri politici. Il pretesto dell'intervento romano, in questo caso, fu la migrazione degli Elvezi; tali popolazioni, messe in fuga dalle incursioni dei Germani, tentarono di stabilirsi in Gallia (nel territorio dell'odierna Vandea) scatenando la collera di altri popoli gallici tra i quali gli Edui. Giulio Cesare, nominato poco tempo prima proconsole delle Gallie, fece quindi irruzione a Nord del Rodano al comando delle proprie legioni. Per legittimare la propria azione, fece ricorso a un senatoconsulto del 61 a.C. in cui si prometteva assistenza al popolo eduo.

La rivolta gallica e la vittoria di Cesare ad Alesia
  Lo stesso argomento in dettaglio: Vercingetorige e Battaglia di Alesia.

La guerra fu lunga e cruenta; nel gennaio del 52 a.C., con l'avvento al potere di Vercingetorige, gli Arverni e i popoli loro clienti si sollevarono contro l'esercito del proconsole. Giulio Cesare si trovò in una situazione di grave crisi di fronte alla determinazione dei Galli, la cui sollevazione aveva ormai assunto un carattere quasi generale. La vittoria romana venne conseguita grazie a una politica di assedi, incendi e più in generale di "terra bruciata" che riuscì a fiaccare l'impeto disorganizzato dei popoli gallici.

La Gallia comata conquistata da Giulio Cesare con le guerre galliche tra il 58 e il 51 a.C., data in cui cadde l'oppidum di Uxellodunum, ci è nota soprattutto attraverso l'opera del più autorevole protagonista del campo romano, lo stesso Giulio Cesare: il De bello gallico. Si tratta tuttavia di un testo da valutare con le dovute precauzioni, in quanto costituisce prima di tutto un manifesto politico. Fu proprio grazie al trionfo sul terror gallicum e alla capacità di sfruttare alla perfezione tale vittoria storica in termini politici che Giulio Cesare divenne "la" personalità principale dell'antichità.

La Gallia romana

 
Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71 d.C. per celebrare la vittoria nella prima guerra giudaica; il rovescio della moneta reca la scritta IVDAEA CAPTA, "Giudea conquistata"

I processo di romanizzazione e di pacificazione sembrano essere stati relativamente rapidi, quantunque non facili. Lo storico latino Giuseppe Flavio, anch'egli convertito allo stile di vita romano, porta i Galli ad esempio in questo settore, facendo notare che essi avrebbero avuto le risorse militari adeguate a cacciare i Romani.

La romanizzazione delle élite fu pressoché immediata; il fenomeno fu reso più forte dalla redazione delle Tavole di Lione, con le quali l'imperatore Claudio garantì ai Galli l'accesso al Senato romano. Anche alcune testimonianze epigrafiche suggeriscono che vari druidi divennero romani dopo la conquista, forse per opportunismo o per paura di rappresaglie, essendo stata vietata la loro dottrina. In ogni caso, il sincretismo romano diede origine a una vera e propria "Gallia romana". Gli archeologi e gli storici hanno quindi adottato il termine gallo-romani per indicarne gli abitanti nel periodo successivo alla conquista, benché tale termine non sia mai stato utilizzato dai contemporanei, che continuarono a identificarsi come "Galli".

Nel 21 d.C. l'imposizione di nuove misure fiscali spinse alla rivolta diversi popoli gallici, tra cui gli Andecavi e i Turoni. Un eduo di nome Julius Sacrovir si mise alla testa dei contadini insorti nella regione di Nevers e fronteggiò le truppe romane con gli ausiliari galli di cui era al comando. Sconfitto, si diede la morte immolandosi.

Nel 69 il batavo Civilis sollevò le sue truppe in Belgio, durante la lotta per l'Impero che opponeva Vitellio e Vespasiano. Il lingone Julius Sabinus, un ufficiale gallo assistito da due ufficiali treveri, riuscì a sconfiggere tre legioni romane di stanza lungo il Reno. Dopo aver spezzato le Tavole di Lione, si fece proclamare "Cesare" ma venne ben presto sconfitto dai Sequani. Catturato dai romani dopo essersi dato alla macchia per nove anni, venne ucciso mediante supplizio insieme alla sua sposa.

Questo episodio che testimonia di un'opposizione tra diversi popoli gallici - Sabinus era anch'egli alleato di alcuni Germani - è da intendersi più come una indicazione di disordini interni che non della volontà di mettere fine a una qualsiasi dominazione romana. La pace che seguì tali sollevazioni - se si trattò di "pace armata" - venne mantenuta sino ai disordini della metà del III secolo.

 
Aulo Vitellio Germanico, imperatore romano, raffigurato in una moneta del 69 d.C.

Queste "rivolte" sono state in effetti per lungo tempo presentate in chiave nazionalista; è probabile che dopo gli orrori della guerra (che potrebbe aver causato fino a un milione di morti) la maggior parte dei popoli gallici aspirasse alla pace, di cui i Romani erano i nuovi garanti. Inoltre, il regime era relativamente piacevole per le élite galliche, che seppero approfittare con rapidità dei benefici legati alla romanità (divertimenti, cultura, agi, ecc.) vedendo al contempo confermate le proprie prerogative al servizio di Roma.

Lo storico Michel Reddé[5] mostra come la tradizione guerriera dell'aristocrazia gallica sia stata utilizzate con profitto, dapprima per assicurare la pace interna (gli equites della rinomata cavalleria gallica conservarono i propri equipaggiamenti e le proprie tradizioni, mantenendo l'uniformità di reclutamento all'interno di uno stesso popolo per ciascuna delle ali e riconoscendo ad alcuni capi il privilegio di battere moneta, come accadde per il sequano Togirix), in seguito nell'ambito dell'impresa che porterà alla conquista della Germania.

In effetti, le truppe romane destinate alla pacificazione della Gallia vennero trasferite a guardia del limes (lungo il Reno e il Danubio) che protesse efficacemente la Gallia per ben tre secoli; già verso il 12 a.C. l'esercito romano non era più presente entro i confini della Gallia.

Le crisi del III secolo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi del III secolo e Invasioni barbariche del III secolo.

Mentre in vari luoghi dell'Impero la crisi del III secolo consentiva alle spinte secessioniste di coagularsi, verso la metà del III secolo Franchi e Alamanni varcarono il Reno per darsi al saccheggio della Gallia (258). Per quanto effimero e privo di carattere nazionale, in questo contesto vide la luce il cosiddetto Impero delle Gallie ad opera del generale Postumo (260). Questi fu però ben presto ucciso dalle sue stesse truppe (268) e la secessione delle province galliche venne repressa da Aureliano nel 273.

Nello stesso periodo, lo stato di crisi economica e sociale spinse delle bande di bagaudi in rivolta contro l'autorità imperiale a rifugiarsi nelle regioni boscose o meno popolate. L'Impero romano riuscì a superare la crisi e presentarsi con maggior forza sotto Diocleziano (284 - 313 o 316) grazie all'istituzione della Tetrarchia e la resistenza dei bagaudi gallici venne fiaccata proprio da Massimiano, generale di Diocleziano e futuro imperatore.

Le invasioni germaniche (406 - VI secolo)

 
Il regno dei Vandali nel 457-461

Nella notte del 31 dicembre 406 l'Impero romano subì una importante invasione; favoriti dal gelo che aveva chiuso nella sua morsa le acque del fiume, gruppi di Vandali, Suebi, Alani e altri popoli germanici varcarono in massa il limes imperiale attraversando il Reno ghiacciato.

Nonostante gli sforzi e i buoni risultati militari di Flavio Ezio contro gli invasori, il potere imperiale in Gallia continuò a perdere terreno e i quadri dell'Impero a disgregarsi fino al trasferimento del potere politico nelle mani dei "re"; questo processo proseguì sino alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476)

Nel frattempo, sin dalla metà del III secolo altri popoli barbari avevano iniziato a stabilirsi nei territori imperiali. Durante il IV secolo, erano presenti in Gallia con status diversi - talvolta sotto forma di federazione (fœderati), talvolta come coloni (laeti). Fu in particolare l'esercito romano a subire l'influenza barbara: i ricchi possidenti gallo-romani dovettero venire a patti con i capi barbari delle fazioni rivali già da prima della scomparsa del potere imperiale romano.

Nel V secolo Childerico, uno di tali barbari divenuto re (rex) dei Franchi salii, consolidò in modo stabile il potere militare del suo popolo sui territori situati a Nord della Loira mediante delle campagne militari al servizio del nuovo magister militum Egidio contro i Visigoti, poi al fianco del suo successore Paolo contro i Sassoni e infine contro gli Alamanni, rafforzando il regno dei Franchi. Alla morte di Paolo, Childerico sembrò conquistarsi un ruolo di difensore del clero cattolico, forse grazie ai rapporti che stabilì a Parigi, dove risiedette spesso, con santa Genoveffa.

Nel 464, alla morte di Egidio, gli successe il figlio Siagrio "mantenendo in tal modo questa porzione distaccata dell'Impero come bene personale e facendosi attribuire il titolo di re dei Romani".[6] Childerico tornò allora in Belgio per difendere la frontiera dagli attacchi degli Alemanni. Alla sua morte, nel 481, divenne re dei Franchi Clodoveo, il suo unico figlio.

Medioevo - (476 caduta dell'Impero romano d'Occidente)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Francia medioevale e Regno franco.

I Merovingi (V - VII secolo)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Merovingi.
 
San Remigio battezza Clodoveo

Il nome della regione francese deriva naturalmente dai Franchi. Dopo la scomparsa dell'ultimo imperatore d'Occidente nel 476, i successi militari e politici di questo popolo germanico e la conversione al Cristianesimo del suo re Clodoveo (ca. 496-498) consentirono ai Franchi occidentali di conquistare praticamente tutta la Gallia. Uno dei fattori del loro successo fu l'adesione dei sovrani alla religione cattolica, condivisa dalla potente aristocrazia gallo-romana; viceversa, gli altri popoli barbari stabilitisi nell'Europa occidentale (quali ad es. Burgundi e Visigoti) professavano l'arianesimo. Si tratta tuttavia di un concetto da affrontare con prudenza. La conversione eccezionale di Clodoveo venne sfruttata dai Capetingi, in epoca molto successiva, per attribuire alla Francia il titolo di "figlia primogenita della Chiesa".

Contrariamente a un'idea diffusa, Clodoveo non tentò di germanizzare la Gallia; fece al contrario leva sulle attribuzioni che gli derivavano dall'autorità romana, come i titoli di patrizio e di console. Il suo titolo di re venne confermato dall'imperatore di Bisanzio e dal papa.

Le ricerche storiche sulla data di inizio del Medioevo, almeno negli ultimi trent'anni, si stanno orientando verso il riconoscimento dell'esistenza di una età tardo-antica, un periodo di transizione durante il quale si mantengono i tratti principali della civiltà della fine dell'Antichità, almeno sino al IX secolo. Il luogo elettivo per tale prosecuzione dell'Antichità è proprio la Francia, che non conobbe le "età oscure" che affrontarono ad esempio i Britanni sotto gli attacchi degli Irlandesi e poi degli Anglosassoni. Simbolo della simbiosi tra Gallo-Romani e Franchi, tra il 508 e il 510 Clodoveo fa adottare una legge che stabilisce una rigida eguaglianza tra le due componenti del suo popolo; inoltre, pone fine alla schiavitù in senso antico.

La geografia politica del territorio evolve in funzione di guerre, crisi e successioni: il regno di Clodoveo viene presto diviso tra Neustria e Austrasia, che diventano con la Borgogna passata ai Franchi le forze politiche principali della "Gallia" nel VI secolo. Il popolo franco si espande a oriente.

Grazie agli sforzi della propaganda carolingia, che si adoperò con forza per sminuire il ruolo dei Merovingi, si è creduto per molto tempo che questo periodo corrispondesse a un'epoca di decadenza; in particolare, la fase finale del periodo merovingio è associata al mito dei "re fannulloni". In realtà a partire dal principio del VII secolo il potere reale s'indebolisce a favore dell'aristocrazia franca, in particolare dei "maestri di palazzo" di entrambe le regioni del regno. Tra di essi il più noto fu Carlo Martello, che sconfisse nel 732 un esercito musulmano nei pressi di Poitiers. Con questa vittoria, i Franchi misero fine alla conquista musulmana in Europa e sfruttarono la confusione esistente nel Sud del paese per instaurare o rafforzare la propria autorità sull'Aquitania, sulle regioni a Sud di Lione e di Clermont-Ferrand.

I Carolingi (VII - X secolo)

 
Il regno dei Franchi sotto Carlo Magno.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Carolingi.

I Carolingi o Pipinidi furono una famiglia di origine austrasiatica alla quale appartennero diversi maestri di palazzo dei sovrani merovingi, tra cui Carlo Martello, prima della conquista della corona franca, avvenuta con Pipino il Breve (751). Pipino stabilì un regno di grandi dimensioni intervenendo anche al di là delle proprie frontiere, dando origine tra l'altro allo Stato della Chiesa dopo una campagna contro i Lombardi.

Il regno dei Franchi (regnum francorum) unificato dai primi sovrani carolingi conobbe la sua maggiore espansione sotto Carlo Magno il quale, dopo essere stato eletto dei suoi pari, si fece incoronare dal Papa "imperatore dei Franchi e dei Romani" nel giorno di Natale dell'800. Nella cerimonia viene esaltata tutta la magnificenza della Roma antica, dallo sfarzo dei paramenti alla ricchezza dei titoli al potere dei simboli; nulla fu risparmiato per rafforzare l'autorità dell'Imperatore d'Occidente.

 
Statua di Carlo Magno davanti al Museo Storico di Francoforte sul Meno

Carlo Magno estese i confini del regno verso Est fino alla Sassonia (dilatatio regni), verso la Bretagna a Ovest e fino ai Paesi baschi verso Sud. Il suo regno, benché ristabilisse la pompa imperiale romana, segnò la fine dell'Antichità tardiva. Nonostante le attività di propaganda molto efficaci, l'attuale giudizio storico su questo "Impero" in gran parte virtuale è piuttosto critico.

Fu tuttavia necessario circa mezzo secolo perché la Francie (termine che indicò in primo luogo i territori originali del regno franco) potesse dare i natali alla France (Francia). Quest'ultima venne in un primo tempo indicata con il nome di Francie occidentale per contrapporla alla Francie orientale, sotto il regno di Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno. Il giuramento di Strasburgo dell'842 e il trattato di Verdun dell'843 completarono la distinzione tra i territori destinati a diventare le odierne nazioni francese e tedesca.

Nell'845 Nominoë, missus dominicus di Bretagna (Princeps Veneticae civitatis) disperse l'esercito franco nella battaglia di Ballon, obbligando Carlo il Calvo a riconoscere l'indipendenza della regione bretone. I Franchi persero Rennes, Nantes e la regione di Rezé (pays de Retz). Nell'856, con il trattato di Louviers, Erispoë assunse ufficialmente il titolo di Re di Bretagna. Successivamente, il trattato di Entrammes (863) riconobbe alla Bretagna la Maine e una parte dell'Angiò; nell'868, il trattato di Compiègne ne affermò i diritti sulla penisola del Cotentin et sulla regione di Avranches.

I primi Capetingi (XI - XII secolo)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Capetingi.

Succeduti agli ultimi Carolingi, i primi Capetingi avevano poteri limitati sui loro vassalli più potenti, che erano a capo di interi principati. Viceversa, il dominio reale era ridotto in pratica alla sola regione dell'Île-de-France, una mera vestigia del ducato di Francia di Roberto il Forte. Nonostante ciò, i Capetingi furono in grado di rendere ereditaria la successione (contrariamente agli ultimi Carolingi) grazie all'associazione dei propri discendenti alla corona quando il sovrano era ancora in vita, una pratica che venne mantenuta fino a Filippo Augusto. Grazie a un'abile politica praticata da molti esponenti della dinastia, garantirono inoltre l'espansione del dominio reale originario sino a trasformarlo in uno dei regni più potenti d'Europa.

Occorre tuttavia sgombrare il campo da equivoci sulla natura di tale dominio. Nel sistema feudale tutti i grandi feudatari del regno sono tenuti all'omaggio nei confronti del sovrano. I vassalli più prestigiosi del re di Francia erano i sovrani di Angiò e d'Inghilterra. Questo cosiddetto "Impero plantageneto" aveva raggiunto dimensioni ragguardevoli, estendendosi dai Pirenei alla Scozia passando per l'Aquitania, l'Angiò, la Normandia e l'Inghilterra. Considerando i soli domini posti sotto la sua amministrazione diretta il re di Francia era più debole, ma in termini di vassallaggio si trovava effettivamente al vertice del potere feudale. Questa situazione divenne presto intollerabile per i sovrani anglo-angioini, tanto che il contrasto sfociò in non meno di due guerre dei cent'anni. Nonostante ciò, occorre chiarire che i re d'Inghilterra erano vassalli del re di Francia unicamente per i territori che da tale regno dipendevano. Erano invece gli unici signori del regno d'Inghilterra, semplice provincia dell'Impero plantageneto il cui cuore era nell'Angiò; i monarchi "inglesi" di questo periodo nascevano, trascorrevano la loro vita e venivano sepolti sul continente.

Il Consolidamento dello stato francese (fine del XII - XIII secolo)

Appena salito sul trono, Filippo II dovette fare i conti con una coalizione ostile che raggruppava la Champagne e la Fiandra, questione che venne risolta nel luglio 1185 con la firma del trattato di Boves. Ciò consentì a Filippo di dedicarsi interamente ai suoi obiettivi primari: la cacciata degli anglo-angioini dal territorio francese e la modernizzazione dello Stato. A quell'epoca, i rappresentanti dei Plantageneti erano Riccardo Cuor di Leone e il fratello Giovanni Senzaterra. Il primo morì nel 1199 lasciando solo al potere il secondo, sul quale si addensarono le nubi di una ventilata invasione dell'Inghilterra (1213), destinata a non avere seguito.

Benché in posizione di debolezza, Giovanni tentò di reagire formando una coalizione con l'imperatore tedesco Ottone IV e il conte di Fiandra, che era anche re del Portogallo. La marina inglese affondò in effetti la flotta francese nel maggio 1213, ma le sorti del conflitto si decisero a terra, a Bouvines. Il 27 luglio 1214 Filippo II ottenne una decisa vittoria sulla coalizione nella battaglia di Bouvines, segnando una svolta cruciale nella storia dell'Occidente. A partire da quel momento, infatti, mentre la Francia si avviò con decisione sulla via della centralizzazione, in Inghilterra i grandi baroni pretesero e ottennero l'adozione della Magna Carta con una forte limitazione delle prerogative reali e in Germania l'estrema frammentazione dei domini controllati dall'Imperatore si protrasse fino alla metà del XIX secolo.

Nel viaggio di ritorno verso Parigi, il popolo francese rese vivaci omaggi al re vincitore, e l'accoglienza di quest'ultima fu degna dei trionfi della Roma antica. Si tratta della prima espressione di un sentimento nazionale francese. In seguito ai trionfi e alle conquiste territoriali a Filippo II venne tributato l'appellativo romano di Augusto, prendendo quindi il nome di Filippo Augusto.

Dopo la battaglia di Bouvines, che segna la fine della prima guerra dei cent'anni combattuta contro gli inglesi, la Francia di Filippo Augusto conobbe un secolo di pace. Inoltre, il clima più clemente del XIII secolo, con estati calde, pochi inverni rigidi (1219, 1225, 1234, 1235, 1276 e 1292) e scarsa diffusione delle epidemie, favorì un consistente aumento della popolazione, che arrivò a 16 milioni di abitanti a fronte degli 8 della Germania e dei 2 dell'Inghilterra. Solo nel 1225 si ebbe una carestia di ampie proporzioni.

Crisi e mutazioni del basso Medioevo (XIV - XV secolo)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dei cent'anni.

La dinastia capetingia s'interruppe in modo tumultuoso, con il regno successivo di tre dei figli di Filippo IV. Gli scandali legati alle infedeltà coniugali delle nuore del re minarono gravemente il prestigio della monarchia. Il primogenito e successore di Filippo, Luigi X, morì prematuramente lasciando un erede postumo che visse solo per pochi giorni, Giovanni I. Il fratello di Luigi, sino allora reggente, divenne quindi re con il nome di Filippo V. Morto anche quest'ultimo senza eredi, la corona passò infine al terzo fratello, Carlo IV.

In mancanza di eredi maschi in linea diretta per l'ultimo dei Capetingi, il potere venne trasferito al ramo cadetto della Casa di Valois. Questa scelta si scontrava con le ambizioni di un altro pretendente, Edoardo III, re d'Inghilterra la cui discendenza da Filippo il Bello era attraverso la linea materna. La Legge salica, già invocata in passato da Filippo V per escludere dalla successione la figlia di Luigi X, venne usata anche in questo caso dai maggiori feudatari per allontanare la pretesa del re inglese, vista come un grave pericolo per la loro indipendenza. Tale contesa fu la causa diretta della guerra dei cent'anni.

 
Giovanna d'Arco

Questo periodo segna definitivamente il distacco tra i due Stati, avviati su percorsi diversi in campo sociale ed economico. La Francia, ricca di acqua e più soleggiata, si presta meglio all'agricoltura. Si orienta quindi verso una società rurale, religiosa e feudale, guidata da un potere centralizzato e indicato da Dio (grazie a Giovanna d'Arco), accettato dal popolo a condizione che garantisca sicurezza e benessere materiale. L'élite deve quindi assumere un comportamento coerente con il codice cavalleresco per giustificare il proprio stato. Viceversa l'Inghilterra, dal clima piovoso, è più adatta allo sviluppo della pastorizia, in particolare di quella ovina. Lo sviluppo si concentra nelle città e nell'artigianato. Le esigenze della libertà d'impresa si fanno sentire, l'efficienza assume un valore prioritario.

Durante questo interminabile conflitto, il territorio francese fu il campo chiuso di combattimenti sporadici ma accaniti tra i re di Francia e d'Inghilterra. Gli inglesi erano privilegiati dalla superiorità tattica del proprio esercito (in particolare degli arcieri) e furono in grado di infliggere alla cavalleria francese, nonostante un forte squilibrio numerico, due cocenti sconfitte a Crécy e Poitiers. Carlo V ebbe la capacità di evitare le grandi battaglie preordinate e affidò a valorosi condottieri come Bertrand du Guesclin la riconquista del territorio, riprendendo una a una le piazzeforti nemiche con una strategia di assedi successivi.

Nel 1337 agli inglesi restava il controllo unicamente della Guyenne e di Bayonne, Calais e Cherbourg. Durante il regno di Carlo VI, colpito da pazzia nel 1393, i grandi del regno stabilirono alleanze in funzione delle proprie strategie personali e la situazione divenne molto difficile. I parenti più prossimi del re, il fratello Luigi I d'Orléans e il potente duca di Borgogna Giovanni senza paura intesero cogliere l'occasione per estendere il proprio potere; ne scaturì un'aspra rivalità culminata nell'assassinio di entrambi i protagonisti e nel tentativo di modificare la successione per scalzare il delfino Carlo VII. Questi venne infatti costretto alla fuga da Parigi, meritandosi l'appellativo sprezzante di "piccolo re di Bourges" dopo l'assassinio di Giovanni senza paura, mentre gli inglesi riuscirono a far nominare il proprio sovrano grazie all'appoggio dei Borgognoni.

Ma la chiave del conflitto risiedeva nella scelta della nazionalità. A causa delle strategie di saccheggi e scorrerie (le cosiddette cavalcate), gli inglesi erano odiati dal popolo e sostenuti principalmente dagli artigiani e dagli universitari delle città. Il ruolo di Giovanna d'Arco fu in questo contesto più politico che militare, agendo da catalizzatore di questa volontà "di ricacciare gli inglesi fuori dalla Francia".

Giovanna partecipò all'assedio di Orléans e dopo la battaglia di Patay insistette affinché l'incoronazione di Carlo VII si tenesse a Reims (collocazione dal grande valore simbolico e che fu interpretata all'epoca come un ulteriore segnale divino, in quanto Reims era al centro del territorio borgognone). La sua azione consentì di rilegittimare la nascita del re, mettendo a tacere le voci che lo indicavano come figlio naturale del duca d'Orléans e rendendone possibile l'ascesa al trono. A sua volta, questo fatto spianava la strada verso la riconquista del territorio francese.

Viceversa, il ruolo militare di Giovanna d'Arco fu modesto: nell'inverno del 1429, dopo aver conquistato il villaggio di Saint-Pierre-le-Moûtier venne bloccata davanti al borgo di La Charité-sur-Loire prima di essere fatta prigioniera di fronte a Compiègne (24 maggio 1430). La fine del conflitto era ormai vicina: dopo che Carlo VII si fu rappacificato con i duchi di Borgogna (Trattato di Arras, 1435) gli inglesi si trovarono privi di un potente alleato e del sostegno necessario sul terreno, venendo obbligati ad abbandonare la Francia nel 1453.

 
La Francia alla fine del XV secolo.

I re di Francia tornarono allora a godere di prestigio e autorità, anche se si trovarono comunque a fronteggiare avversari temibili quali i duchi di Borgogna, i Granduchi d'Occidente Filippo il Buono e Carlo il Temerario, principali rivali di Carlo VII e del figlio di questi Luigi XI. Ai possedimenti in Borgogna si sono infatti aggiunti i Paesi Bassi, arrivando a costituire uno dei regni più potenti d'Europa. Alla morte di Carlo il Temerario (1477), però, una parte dei suoi possedimenti andò in eredità alla figlia Maria di Borgogna, moglie di Massimiliano d'Austria, aprendo un nuovo fronte di pericolo.

Con la conclusione del Medioevo ebbe termine anche l'epoca dei grandi principati: prima il ducato di Borgogna (1482) e poi quello di Bretagna, sconfitto nel 1488 e unito al regno di Francia nel 1532.

La Francia in età moderna

  Lo stesso argomento in dettaglio: La Francia in età moderna.

La Pace di Etaples (1492) marca, per alcuni, l'inizio dell'età moderna in Francia.

Dopo la guerra dei Cento Anni (1337-1453) e il Trattato di Picquigny (1475) – la sua fine ufficiale – nel 1492-1493, Carlo VIII firmò ulteriori tre trattati three con Enrico VII di Inghilterra, Massiimiliano I di asburgo, e Ferdinando II di Aragona rispettivamente ad Étaples (1492), Senlis (1493) e a Barcellona (1493). Questi tre trattati sgombrarono la via alla Francia di intraprendere le lunghe Guerre d'Italia (1494-1559), che diedero inizio alla Francia moderna.

Il Rinascimento francese

  Lo stesso argomento in dettaglio: Francia rinascimentale.

Nonostante il rapido recupero economico e demografico dopo la peste nera del Trecento, furno però vanificati da una serie di conflitti, come le Guerre d'Italia (1494-1559), dove gli sforzi francesi furono vanificati dal maggior potere degli Asburgo in Europa.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre d'Italia.

Ludovico Sforza, cercando un alleato contro la Repubblica di Venezia, incoraggiò Carlo VIII di Francia di invadere l'Italia, con il pretesto della pretesa al trono del Regno di Napoli, all'epoca sotto controllo aragonese. Quando Ferdinando I di Napoli morì nel 1494, Carlo invase la penisola. Per diversi mesi, le armate francesi si spostarono in Italia indisturbate, poichégli eserciti dei condottieri degli staterelli italiani non furono in grado di resistere. Il saccheggio di Napoli porovocò una reazione e contro esse, venne formata la Lega di Venezia. Le truppe italiane sconfissero quelle francesi nella battaglia di Fornovo, obbligando così carlo a tornarsene in Francia. Ludovico, avendo tradito i francesi a Fornovo, conservò il suo trono fino al 1499, quando il successore di Carlo, Luigi XII di Francia, invase la Lombardia e assediò Milano.

Nel 1500, Luigi, avendo raggiunto un accordo con Ferdinando II di Aragona per dividere Napoli, marciò verso sud da Milano. Nel 1502, le armate francesi e aragonesi alleate presero controllo del regno meridionale, ma l'accordo durò poco e si arrivò a una nuova guerra tra Luigi e Ferdinando. Nel 1503, Luigi, essendo stato sconfitto nella Battaglia di Cerignola e nella Battaglia del Garigliano, fu obbligato ad abbandonare Napoli, che venne lasciato al controllo del viceré spagnolo Ramon de Cardona. Le armate francesi sotto il comando di Gaston de Foix inflissero agli spagnoli una tavolgente sconfitta nella Battaglia di Ravenna nel 1512, ma Foix venne ucciso durante la battaglia e i francesi furono sostretti a lasciare l'Italia; intanto gli svizzeri invasero Milano, i quali rimisero sul trono Massimiliano Sforza. La Lega Santa fu vittoriosa, ma si divise ben presto; nel 1513 Venezia si alleò con la France, accordandosi tra loro sulla partizione della Lombardia.

Luigi comandò un'altra invasione di Milano, ma venne sconfitto nella Battaglia di Novara, alla quale seguiro una serie di vittorie per la Lega Santa, nelle quali le armate francesi, veneziane, e scozzesi vennero irrimediabilmente sconfitte. Comunque la morte di Papa Guilio II lasciò la Lega senza una leadership, e quando il successore di Luigi, Francesco I, sconfisse gli svizzeri nella Marignano nel 1515, la Lega collassò, e nei trattati di Noyon e Brussels, abbandonarono alla Francia e a Venezia l'Italia del Nord.

L'ascesa di Carlo di Spagna al trono imperiale, una posizione alla quale anche Francesco I mirava, portò al collasso le relazioni tra la Francia e gli Asburgo. Nel 1519, un'invazione spagnola nella Navarra, nominalmente feudo francese, diede il pretesto a Francesco di iniziare la guerra; così armate francesi strariparono in Italia ed iniziarono una campagna per scacciare Carlo da Napoli. I francesi, tuttavia, vennero opposti efficacemente dalle tattiche dei tercios spagnoli e subirono una serie di rovinose sconfitte a Bicocca e a Sesia contro le truppe spagnole sotto il comando di Fernando de Avalos. Con Milano minacciata, Francesco portò un'armata in Lombardia nel 1525, solo per venire battuto e catturato nella Battaglia di Pavia; imprigionato a Madrid, Francesco fu obbligato ad accettare molte concessioni sui suoi territori italiani nel "Trattato di Madrid" (1526).

 
Francesco I, di Jean Clouet

L'inconcludente guerra tra Carlo e Francesco iniziò con la morte di Francesco Maria Sforza, duca diMilano. Quando il filgio di Carlo Filippo ereditò il ducato milanese, Francesco invase l'Itala, conquistando Torino, ,a fallì la presa su Milano. In risposta, Carlo invase la Provenza, avanzando fino a Aix-en-Provence, ma tornò in Spagna senza attaccare la città fortificata di Avignone. La Tregua di Nizza mise fine alla guerra, lasciando Torino in mani francesi, ma senza aver fatto effettivi cambiamenti nella mappa d'Italia. Francesco, alleandosi con Solimano I dell'Impero Ottomano, lanciò una invasione finale dell'Italia. Una flotta Franco-Ottomana conquistò la città di Nizza nel agosto 1543, mentre laid siege to the citadel. The defenders were relieved within a month. The French, under François, Count d'Enghien, sconfisse un esercito Imperiale nella Battaglia di Ceresole nel 1544, ma i francesi non riuscirono a penetrare nella Lombardia. Carlo ed Enrico VIII d'Inghilterra procedettero per invadere la Francia meridionale, assediando Boulogne e Soissons. La mancanza di cooperazione tra gli eserciti inglesi e spagnoli, assieme alla cresciuta aggressività degli attacchi ottomani, obbligarono Carlo ad abbandonare queste conquiste, venendo restaurato di fatto lo status quo ante.

Nel 1547, Enrico II di Francia, che succedette a Francesco I al trono, dichiarò guerra contro Carlo con lo scopo di riconquistare l'Italia e di assicurare alla Francia il dominio sulle questioni europee. Un'offensiva in Lorena ebbe successo, ma il tentativo dell'invasione francese in Toscana nel 1553 fu bloccato nella Battaglia del Marciano. L'abdicazione di Carlo nel 1556 divise l'Impero Asburgico tra il figlio Filippo e il fratello Ferdinando, e lo spostamento della guerra nelle Fiandre, dove Filippo, insieme a Emmanuele Filiberto di Savoia, sconfissero i francesi a San Quintino. L'entrata in guerra dell'Inghilterra dopo di quel anno, portò alla conquista francese della città di Calais, l'ultimo possedimento inglese nella terraferma francese, e le armate francesi puntellavano i possedimenti francesi nei Paesi Bassi; ma Enrico fu costretto ad accettare la Pace di Cateau-Cambrésis, inella quale rinunciava qualsiasi pretesa sull'Italia.

Guerre di Religione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre di religione in Francia.

Non appena le guerre d'Italia finirono, la Francia fu immersa in una crisi domesitica con gravi conseguenze. Nonostante la conclusione di un Concordato tra la Francia e il Papato (1516), che garantiva alla corona la nomina dei vescovi, la Francia fu profondamente colpita dai tentativi della riforma protestante di riompere l'unità cattolica. Una crescente minoranza protestante su base urbana, gli Ugonotti, affrontarono la dura repressione all'epoca di re Enrico II. Dopo la morte di Enrico II durante un torneo, il paese venne retto dalla vedova Caterina de' Medici e dai suoi figli Francesco II, Carlo IX e Enrico III. La reazione cattolica comandata dal potente Duca di Guisa culminò nel massacro degli Ugonotti del 1562, il primo delle guerre di religione, durante la quale eserciti inglesi, tedeschi e spagnoli intervennero in una o nell'altra delle fazioni rivali. Contrari alla monarchia assoluta, gli Ugonotti teorizzavano il diritto di ribellione e la legittimità del tirannicidio.

Le guerre di religione culminarono nella guerra dei Tre Enrichi nella quale Enrico III assassinò Enrico di Guisa, capo della lega cattolica, appoggiata dagli spagnoli, e a sua volta il re venne ucciso. Dopo gli assassini di Enrico di Guisa ed Enrico Valois, il conflitto terminò con l'ascesa al trono del protestante Enrico di Borbone e il suo susseguente abbandono del protestantesimo (Espediente del 1592) effettiva nel 1593, la sua accettazione dalla maggior parte dell'establishment cattolico (1594) e dal Papa (1595), e la sua promulgazione del decreto di tolleranza, conosciuto come l'Editto di Nantes (1598), che garantiva libertà di culto ed equità civile.

La Francia nel Sei-Settecento

 
Enrico IV di Francia di Frans Pourbus il giovane.

La pacificazione della Francia sotto Enrico IV fu un elemento essenziale per l'inizio dell'egemonia francese in Europa, sebbene alla sua morte avvenuta nel 1610, la reggenza di sua moglie Maria de Medici sopportò conflitti interni con le famiglie nobili. La Francia iniziava allora la sua espanzione oltremare: i francesi iniziarono a commerciare in India e Madagascar, fondarono in America settentrionale la Nuova Francia e penetrarono nella regione dei Grandi Laghi e del Mississippi, crearono piantagioni nelle Indie occidentali ed estesero i loro contatti commerciali nel Levante ed alargarono la loro marina mercantile.

 
In azzurro i possedimenti francesi verso il 1750.

Il figlio di Enrico IV Luigi XIII e il suo ministro (1624-1642) Cardinal Richelieu, elaborarono una politica antitetica alla Spagna e al imperatore germanico durante la guerra dei Trenta anni (1618-1648). Dopo aver domato una rivolta degli Ugonotti spalleggiata dagli inglesi (1625-1628), la Francia intervenne direttamente (1635) nel conflitto prestando soccorso all'alleata (protestante) Svezia.

Dopo le morti del re e del cardinale, la Pace di Westfalia (1648) assicurò l'accettazione universale della frammentazione politica e religiosa della Germania, ma la reggenza di Anna d'Austria e del suo ministro Cardinale Mazzarino conobbero una crescente rivolta conosciuta come la Fronda (1648-1653) che arrivò a una guerra contro la Spagna (1653-1659). Il Trattato dei Pirenei (1659) formalizzò l'annessione alla Francia(1642) del Rossiglione dopo il collasso della effimera Repubblica catalana.

Durante il regno di Luigi XIV (1643-1715), la Francia divenne la potenza dominante in Europa, grazie anche all'abilità diplomatica di Mazzarino (1642-1661), successore di Richelieu e alle politiche economiche di Colbert (1661-1683). Nuove guerre (la guerra di devoluzione 1667-1668 e la guerra franco-olandese 1672-1678) portarono ulteriori conquiste territori (l'Artois, le Fiandre occidentali e la contea di Borgogna, lasciata all'impero nel 1482), ma al prezzo della crescente opposizione delle potenze rivali.

 
Luigi XIV
Re di Francia e di Navarra
By Hyacinthe Rigaud (1701)

La cultura fu parte dell'egemonia francese. Nel primo Seicento, pittori francesi dovevano recarsi a Roma per sprovinciallizzarsi (Nicolas Poussin, Claude Lorrain), ma Simon Vouet portò il gusto per il barocco, riassunto nella Académie de peinture et de sculpture, nei dipinti di Charles Le Brun and the sculpture of François Girardon. With the Palais du Luxembourg, the Château de Maisons e Vaux-le-Vicomte, l'archittettura francese venne ammirata all'estero anche prima della costruzione di Versailles o la colonnata del Louvre. Il salone della cultura parigina mise a punto gli standards del gusto a partire dagli anni Trenta, e con Pascal, Descartes, Bayle, Corneille, Racine e Molière, la letteratura francese toccava la sua punta massima.

Messo sul trono inglese Guglielmo d'Orange nel 1688, l'alleanza antifrancese del 1689 inaugurò l'inizio di un secolo di conflitti ad intermittenza, nel quale la Gran Bretagna iniziava a giocare un ruolo importante, cercando in particolare di tenere la Francia fuori dai Paesi Bassi.

La battaglia di La Hougue (1692) fu quella decisiva nella guerra dei Nove anni (1689-1697), nella quale venne affermata la supremazia della Royal Navy britannica.

Dopo la guerra dei Nove anni, la Francia riuscì a prendere solo Haiti. La guerra di successione spagnola (1701-1713) finì con lo sfracelo del sogno di Luigi XIV di un impero Franco-Spagnolo dei Borboni: i due conflitti esaurirono le forze francesi, tra l'altro già indebolite dai cattivi raccolti degli anni Novanta e del 1709, oltre che perdita della manodopera specializzata di fede ugonotta conseguente alla revoca (1685) dell'Editto di Nantes.

Il regno di Luigi XV (1715-1774) vide inizialmente un ritorno alla pace e alla prosperità sotto la reggenza di Filipoo d'Orléans (1715-1723), di cui politiche vennero seguite anche dal primo ministro Cardinal Fleury (1726-1743), Nuovo guerre di successione contro l'Impero (1733-1735 e 1740-1748) che vennero combattute non solo in Europa orientale, ma anche in America e in India. Si arrivò alla stipula del Trattato di Aquisgrana, con la quale si raggiunse solo una breve tregua. Intanto stava rafforzandosi notevolmente la Prussia, che diventò un nemico della Francia, così venne sancita l'alleanza con i tradizionali nemici degli Asburgo, (la "rivoluzione diplomatica" del 1756) in contrapposizione alla Gran Bretagna e alla Prussia, potenze emergenti. La nuova alleanza portò alla costosa e fallimentare guerra dei Sette anni (1756-1763). La sconfitta in Nordamerica e in India ridimensionò la potenza coloniale francese.

 
Luigi XVI
Ultimo re della Francia di Antico Regime. Dipinto di Antoine-François Callet.

Avendo perso il suo impero coloniale in America, qualche anno dopo la Francia vide una buona possibilità di rifarsi dallo smacco ricevuto dai britannici. Così la Francia venne in soccorso degli insorti americani durante la guerra d'indipedenza. La gerra venne conclusa con la stipula del Trattato di Parigi del 1783.

Mentre lo stato si espandeva, si fecero largo nuove idee che mettevano in discussione il ruolo del re nello stato. L'opera di Montesquieu descrisse la separazione dei poteri. Altri filosofi francesi guadagnarono una forte influenza politica e culturale a livello mondiale, tra cui Denis Diderot, Voltaire e Jean-Jacques Rousseau, il quale con il suo Contratto sociale fu un catalizzatore per le riforme sociali in Europa. Fiorirono anche le scienze. Lo scienziato Antoine Lavoisier lavorò per rimpiazzare le arcaiche unitù di misura e di peso, con un sistema coerente. Lavoisier formulò il principio di conservazione e scoprì l'ossigeno e l'idrogeno.

Con il governo profondamente in debito, Luigi XVI permise le riforme radicali di Turgot e Malesherbes, ma la disaffezione dei nobili portarono alle dimissioni di Turgot e di Malesherbes 1776. Jacques Necker li rimpiazzò. Luigi sostenne la rivoluzione americana dal 1778, ma nel Trattato di Parigi del 1783, i francesi guadagnarono poco, tranne che un ovvio aumento del debito, e il governo fu costretto giocoforza ad aumentare le tasse (come la "vingtième") e i prestiti. Necker si dimise nel 1781, per essere sostituito temporaneamente da Calonne e da Brienne, ma ritornò nel 1788. All'epoca della Rivoluzione francese del 1789, la Francia era in una profonda crisi istituzionale e finanziaria, ma gli ideali dell'Illuminismo iniziarono ad entrare nella società più colta.

Il 21 settembre 1792 la monarchia francese venne effettivamente abolita con la proclamazione dellarepubblica.

La Francia in età contemporanea

La Francia nel periodo rivoluzionario (1789-1815)

La Rivoluzione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione francese.

Alla fine del Settecento le finanze francesi erano dissestate. Nel 1787 il minstro delle finanze di Luigi XVI, Charles Alexandre de Calonne, convocò un'assemblea di notabili, ai quali, tra l'altro saltando i parlamenti regionali, veniva chiesto di approvare una nuova tassa sui possedimenti fondiari, che comprendeva anche le proprietà dei nobili e del clero. L'assemblea non apprvò la tassa, invece chiese al re di convocare gli stati generali. Nell'agosto del 1788 Luigi XVI fu d'accordo di convocare gli stati generali per il maggio 1789. Mentre il terzo stato chiese la doppia rappresentanza per bilanciare gli altri due stati, il voto veniva fatto per ordine e quindi la doppia rappresentanza divenne inutile. Questo portò al terzo stato di ritirarsi dagli stati generali. I rappresentanti del terzo stato si riunirono e si proclamarono assemblea nazionale. Intanto il re per prevenire la nascita dell'assemblea, ordinò la chiusura della Salle des Etats dove l'assemblea si riuniva. Dopo aver trovato le porte chiuse e guardate a vista, si incontrarono il 20 giugno 1789 in una sala adibita al gioco della pallacorda e giurarono di non separarsi fino a che non fosse stata approvata una nuova costituzione. Intanto si aggregarono alcuni membri del primo e del secondo stato.

Dopo che il re licenziò il suo ministro delle finanze, Jacques Necker, perché questi aveva dato il supporto ai rappresentanti del Terzo Stato, affioravano preoccupazioni che la legittimità dell'assemblea nazionale poteva essere minacciata dai monarchici. Parigi intanto fu travolta da rivolte. La plebaglia aveva il supporto dalla Guardia francese, con incluse armi e soldati, poiché i ceti dirigenti reali avevano abbandonato la città. Il 14 luglio 1789 gli insorti posero gli occhi sugli armamenti all'interno della fortezza della Bastiglia, visto anche come simbolo della tirannia. Gli insorti assediarono la Bastiglia, uccidento il governatore de Lunay e molte delle sue guardie. Gilbert du Motier, eroe dell'indipendenza americana prese a comando la Guardia nazionale e il re fu obbligato a riconoscere la coccarda tricolore. Sebbene venne ritrovata la pace, molti nobili videro il nuovo ordine come non accettabile, così emigrarono per spingere i regni vicini a dichiarare guerra al nuovo regime. Per questo periodo di instabilità, lo stato venne colpito per diverse settimane tra il luglio e l'agosto 1789 da un periodo di violenti conflitti di classe.

Nell'agosto 1789 l'Assemblea Nazionale adottò la Dichiarazione dell'uomo e del cittadino, come un primo passo in vista di emanare una costituzione. Usando la dichiarazione d'indipendenza americana, definisce una serie di diritti individuali e collettivi. Influenzata dalla dottrina del diritto naturale, questi diritti venivano considerati naturali e universalmente validi. L'Assemblea Nazionale sostituì le province storiche della Francia con ottantatre dipartimenti, amministrati uniformamente e approsimativamente uguali uno dall'altro in estensione e popolazione. Il 4 agosto 1789, con il decreto d'Agosto, l'Assemblea abolì il feudalesimo, spazzando via sia i diritti signorili del Primo Stato sia la decima raccolta dal Secondo Stato. In corso di poche ore il clero, i nobili, città, compagnie e via dicendo, persero i loro secolari privilegi. L'Assemblea abolì alcuni simboli dell''Ancien Régime, come le livreee l'araldica. Nonostante gli intrighi dell'aristocrazia più conservatrice, l'Assemblea continuava a lavorare per dare una nuova costituzione. Una nuova organizzazione giudiziaria fece dei magistrati indipendenti al trono. Il legislatore abolì anche gli uffici ereditari, eccetto la monarchia. Nei casi criminali bisognava trovare le prove. Il re aveva l'unico potere di proporre la guerra, ma con la decisione definitiva del potere legislativo. L'Assemblea decise di abolire le dogane interne e soppresse le corporazioni di arti e mestieri.

La Rivoluzione causò un massiccio avvicendamento di poteri dalla Cjiesa Cattolica allo Stato. Sotto l'Antico Regime, la Chiesa era l'ente con maggiori proprietà fondiarie. Il legislatore decretò nel 1790 l'abolizione di raccogliere, da parte dell'autorità ecclesiastica, una tassa sui raccolti, la cancellazione dei privilegi speciali goduti dal clero e la confisca delle proprietà della Chiesa. L'Assemblea risolse in parte la crisi finanziaria della Francia con le confische ai danni della Chiesa.

Quando della plebaglia da Parigi attaccò il palazzo reale di Versailles nell'ottobre 1789, la famiglia reale fu costretta a trasferirsi nel palazzo delle Tuileries a Parigi. Successivamente nel giugno 1791 la famiglia reale tentò di scappare in segreto, per ricercare appoggio dalle potenze alleate, ma il re venne scoperto a Varennes e Luigi e la famiglia furono riportati a Parigi, sotto arresto alle Tuileries.

Intanto stavano formandosi le fazioni all'interno dell'Assemblea. Gli oppositori alla rivoluzione si sedevano nei posti alla destra. Poi c'erano i monarchici liberali, che si ispiravano alla monarchia britannica. Il "Partito Nazionale", di centro o centro-sinistra, rappresentava idee più estreme. Tuttavia la maggioranza dell'Assemblea era maggiormente a favore di una monarchia costituzionale, invece di una repubblica. Con la costituzione del 1791 si decise pertanto di lasciare Luigi XVI come re, il quale però doveva prestare giuramento sulla costituzione. Il re doveva dividere il potere con l'Assemblea, ma restava il diritto di veto e la scelta dei suoi ministri.

L'Assemblea Legislativa si radunò per la prima volta l'1 ottobre 1791 e si trovò nel caos già in meno di un anno. L'Assemblea consisteva di circa 165 foglianti, monarchici costituzionali, alla destra, circa 330 girondini, repubblicani liberali e giacobini, repubblicani radicali, alla sinistra ed infine circa 250 deputati non affiliati. Il re pose subito il veto su alcune questione, come la minaccia di morte agli espatriati che rifiutarono la Rivoluzione e il giuramento del clero. Nel corso di un anno si arrivò a una crisi costituzionale.

Intanto nelle questioni estere, nella dichiarazione di Pillnitz dell'agosto 1791, l'Imperatore Leopoldo II, il Conte Carlo di Artois, il futuro Carlo X, e Guglielmo II di Prussia fecero della causa di Luigi XVI la loro. Questi nobili chiesero che l'Assemblea fosse dissolta sotto minaccia di guerrra, ma, invece di far impaurire i francesi, li fecero infuriare. Come conseguenza i confini vennero militarizzati. Con la Costituzione del 1791 venne adottata la monarchia costituzionale, così il re sostenne la guerra contro l'Austria per incrementare la sua popolarità. Con l'arrivo dell'esercito prussiano in Francia, si stavano formando i primi dubbi sulla condotta dell'aristocrazia. Queste tensioni culminarono nei massacri di settembre. Dopo le prime vittorie dell'esercito rivoluzionario nella battaglia di Valmy il 20 settembre 1792, il giorno dopo venne proclamata la Prima repubblica francese. Durante gli ultimi mesi del 1792, le armate rivoluzionarie occuparono i Paesi Bassi austriaci, la riva sinistra del Reno, la Savoia e Mulhouse. Nel frattempo venne costituita la Convenzione nazionale.

 
Maria Antonietta condotta al patibolo. Schizzo di Jacques-Louis David.

Dopo l'emissione del manifesto di Brunswick del luglio 1792 che minacciava la popolazione francese dagli attacchi austriaci e prussiani, Lugi XVI venne sospettato di tradimento, venen così arrestato e, assieme alla famiglia, imprigionato. In una sessione dell'Assemblea Legislativa, venne sospesa la monarchia. Poco meno di un terzo dei deputati erano presenti alla votazione, la maggioranza di essi erano Giacobini. Il re venne processato, condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793. La regina Maria Antonietta seguì il marito al patibolo il 16 ottobre.

L'esecuzione del re indignò tutta l'Europa monarchica e provocò la formazione della prima coalizione antifrancese. La prima repubblica venne assalita da tutte le parti, sia dall'esterno sia dall'interno, nella primavera del 1793. In marzo, l'ovest della Francia, in particolare la Vandea fu agitata da una rivolta fiolomonarchica, cattolica e controrivoluzionaria. A Parigi scoppiò una rivolta dei sanculotti. In un stato di crisi, i Montagnardi, la parte più radicale della Rivoluzione, cacciarono i girondini dalla Convenzione agli inizi di giugno del 1793. I Montagnardi istaurarono un governo estremamente centralizzato, nel quale le decisioni sono prese da un comitato di salute pubblica, dominato dalla personalità di Robespierre. Venenro prese misure straordinarie contro i nemici, veri e presunti, della Rivoluzione. Nel periodo del Terrore almeno diciottomila persone, accusate di attività controrivoluzionaria, furono ghigliottinate, o perlomeno, giustiziate con altra modalità. La popolarità di Robespierre iniziò a declinare, così il 27 luglio 1794 venne arrestato e poi ghigliottinato. Il nuovo governo venne formato in prevalenza da girondini sopravvissuti al periodo del Terrore e, dopo aver preso il potere, iniziarono la loro vendetta verso i giacobini e anche a giustiziarne (periodo del Terrore bianco).

La Convenzione approvò la "Costituzione dell'anno III" il 17 agosto 1795, un peblisito la ratificò in settembre e entrò in vigore il 26 settembre. La nuova costituzione creò il Direttorio e il sistema bicamerale. Il parlamento consisteva in cinquecento rappresentanti e duecentocinquanta senatori. Il potere esecutivo andava così al Direttorio, composto di cinque membri, nominati dal Consiglio degli Anziani, su una lista redatta dal Consiglio dei Cinquecento. La nazione desiderava, al momento tranquillizzarsi per rimarginare le ferite. Chi volle la ressurrezione dell'Antico Regime e d'altro canto, chi volle ristabilire il Terrore, erano in numero insignificante. Le possibilità di interferenze straniere stavano diminuendo, dato che la prima coalizione era collassata. I quattro anni di governo direttoriale fu un periodo di forti inquetudini, poiché continuarono le atrocità, i provvedimenti arbitrari e l'odio tra le parti. Il Direttorio durò fino al 1799 quando Bonaparte formò il Consolato.

Età Napoleonica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Primo impero francese.
 
Napoleone sul suo trono Imperiale, di Jean Auguste Dominique Ingres

Nel 1796 la Francia rivoluzionaria restava ancora in guerra con l'Austria, la Gran Bretagna, Napoli e la Sardegna. Contro l'Austria furono organizzate due spedizioni, una a nord, comandata dai generali Moreau e Jourdan, e l'altra a sud, con al comando Napoleone Bonaparte; una terza spedizione aveva lo scopo di sbarcare in Irlanda. Mentre la spedizione in Gemania si rilevò un disastro, la campagna d'Italia del giovane comandante cèrso fu travolgente. Tra il 1796 e il 1798 venne occupata tutta la penisola. In Italia, Svizzera e Olanda si formarono le "repubbliche sorelle".

Dopo le folgoranti vittorie in Italia Napoleone ebbe l'idea di invadere l'Egitto, un alleato della Gran Bretagna, e il Direttorio fu d'accordo sull'impresa. Sulla via dell'Egitto Napoleone conquistò Malta dai Cavalieri di San Giovanni. L'esercito francese sconfissero gli Ottomani nella Battaglia delle Piramidi. Mentre la campagna di terra fu un successo, la flotta britannica, comandata dall'ammirraglio Nelson distrusse quella francese nella Battaglia del Nilo. Saputo della disfatta francese, gli ottomani misero in piede un esercito per attaccare Napoleone in Egitto, ma Napoleone ancora una volta preferì di contrattaccare. Venne anche pianificata l'invasione della Siria, ma fallì nell'assedio di Acri, e Napoleone dovette ritornare in Europa, lasciando una significante parte dell'esercito in Egitto. Gli uomini rimasti in Egitto subirono un attacco congiunto dalle forze britanniche e mammelucche, ma vennero respinte nell'assedio del Cairo nel marzo 1800. Comunque le malattie falciarono le truppe francesi, tanto che furono costrette ad arrendersi lo stesso.

Quando Napoleone ritornò in Francia, il Direttorio era minacciato dalla seconda coalizione antifrancese. Intanto i realisti e i loro alleati sognavano di restaurare la monarchia, mentre gli austriaci e i prussiani non accettarono le perdite territoriali subite nelle guerre precedenti. I russi espellero i francesi dall'Italia in battaglie, mentre gli austriaci sconfissero l'esercito francese in Svizzera. In questo periodo di gravi difficoltà Napoleone arrivò al potere con un colpo di stato e instaurò il regime del Consolato nel 1799. Gli austriaci vennero battuti nelle battaglie di Marengo e Hohenlinden nel 1800. Intanto una flotta francese, comandata dall'ammiraglio Louis-René Levassor de Latouche Tréville trovò alcuni successi in mare contro i britannici. Alla fine la seconda coalizione fu sconfitta e la pace venne ristabilita in due distinti trattati: il trattato di Lunéville e quello di Amiens. Nel 1803 Napoleone cedette il territorio della Louisiana al governo statunitense, territorio considerato indifendibile.

 
In verde, i territori ceduti dalla Francia agli Stati Uniti nel 1803.

Il 21 marzo 1804 entrò in vigore il codice napoleonico su tutti i territori sotto controllo francese. Il 18 maggio Napoleone venne incoronato Imperatore dal senato, cosicché fondando il primo impero francese. Tecnicamente il dominio di Napoleone era costituzionale, e, benché autocratico, era molo più avanzato rispetto alle altre monarchie europee dell'epoca. La proclamazione dell'impero francese venne indotta al momento della guerra contro la terza coalizione antifrancese. L'esercito francese venne ribattezzato La Grande Armée nel 1805 e Napoleone fece uso della propaganda propaganda e del nazionalismo per controllare la popolazione francese. L'esercito francese raggiunse una confortante vittoria nella battaglia di Ulm, dove un intero esercito austriaco venne battuto. Ciononostante una flotta franco-spagnola subì un grave rovescio a Trafalgar e tutti i progetti per invadere l'Inghilterra diventarono così impossibili. Tuttavia Napoleone inflisse agli eserciti austro-russi una grave disfatta ad Austerlitz, distruggendo così la terza coalizione antifrancese. La pace venne sancita con il trattato di Presburgo, l'impero austriaco perse il titolo di Sacro Romano Impero e venne creata da Napoleone la Confederazione del Reno sugli ex territori austriaci.

La distruzione del Sacro Romano Impero e la drammatica sconfitta austriaca causò l'entrata in guerra della Prussia a fianco della Gran Bretagna e della Russia; quest'alleanza formò la quarta coalizione antifrancese. Sebbene di fronte a queste tre grandi potenze, la Francia non era da sola a combatterle, dato che aveva una complessa rete di alleanze, per non parlare di stati "vassalli". I prussiani, in numero maggiore, vennero sconfitti nella Battaglia di Jena-Auerstedt nel 1806; Napoleone conquistò Berlino ed arrivò fino nella Prussia orientale. In Prussia orientale, l'Impero Russo fu sconfitto nella Battaglia di Friedland. Le condizioni di pace vennero dettate nei Trattati di Tilsit, nei quali la Russia doveva entrare nelBlocco Continentale e la Prussia dovette cedere la metà dei suoi territori alla Francia. Su queste perdite territoriali prussiane venne formato il Ducato di Varsavia e le truppe polacche entrarono nella Grande Armée in notevoli numeri.

 
Il Primo impero francese all'apice.

Liberato dagli impegni ad oriente, Napoleone tornò ad ovest, perché la Francia era ancora in guerra con la Gran Bretagna. Solo due paesi erano neutrali nella guerra: Svezia e Portogallo, e Napoleon puntò gli occhi sulla seconda delle due. Nel Trattato di Fontainebleau, venne siglata un'alleanza Franco-Spagnola in funzione antiportoghese, poiché la Spagna mirava di annettersi il Portogallo. Gli eserciti francesi entrarono in Spagna per attaccare il Portogallo, ma assediarono le fortezze spagnole e rilevarono a sorpresa il regno. Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, fu fatto re di Spagna dopo l'abdicazione di Carlo IV. Questa occuppazione della penisola iberica fece scoppiare un'ondata di nazionalismo e ben presto gli spagnoli e portoghesi unitamente, combatterono i francesi usando la tattica dellaguerrilla, dsconfiggendoli nella Battaglia di Bailén. La Gran Bretagna inviò un aiuto in Portogallo, così l'esercito francese evacuò dal Portogallo, come definito nella Convenzione di Sintra dopo la vittoria alleata nella Battaglia di Vimeiro. La Francia allora controllava effettivamente la Catalogna e Navarra. Un altro attacco francese fu lanciato sulla Spagna, diretto da Napoleone in persona. Intanto l'Impero Francese cominciava a non essere più considerato invincibile. Nel 1808 l'Austria formò la Quinta coalizione antifrancese con l'obiettivo di annientare l'Impero Francese. Gli austriaci sconfissero i francesi nella Battaglia di Aspern-Essling, ma le sorti si capovolsero nella Battaglia di Wagram; intanto i polacchi, alleati di Napoleone, sconfissero gli austriaci nella Battaglia di Raszyn (1809). Sebbene non decisiva come le sconfitte precedenti, il trattato di pace causò la perdita, da parte dell'Austria, di ulteriori territori.

 
Napoleone Bonaparte si ritira da Mosca, dopo la disastrosa campagna di Russia.

Nel 1812 scoppiò la guerra con la Russia, impegnando Napoleone nella disastrosa guerra pattriotica. Napoleone assemblò il più grande esercito che l'Europa non avesse mai visto prima, comprese truppe da tutti i stati sottomessi, per invadere la Russia, che aveva abbandonato il blocco continentale e stava preparando n esercito ai confini con la Polonia. Dopo una lunga marcia e un'incocludenteBattaglia di Borodino, nei pressi di Mosca, la Grande Armée conquistò Mosca, però la trovò incendiata e semidistrutta. Questo faceva parte della tattica russa, ossia di fare "terra bruciata". Sebbene ci fossero state battaglie, come quella di Maloyaroslavets, l'esercito napoleonico lasciò la Russia decimato dalla rigidità dell'inverno russo. Intanto in Spagna le truppe francesi furono sconfitte nella Battaglia di Vitoria e nella Battaglia dei Pirenei. Poiché la guerrilla spagnola divenne incontrollabile, l'esercito francese evaquò dalla Spagna. La Francia, avendo perso in questi due fronti, gli stati precedentemente conquistati da Napoleone videro l'opportunità di rispondere all'attacco. Si formò quindi la Sesta coalizione antifrancese e gli stati tedeschi della Confederazione del Reno passarono dall'altra parte. Napoleone fu sconfitto nella Battaglia di Lipsia e sopraffatto da eserciti molto più numerosi del suo nella campagna dei sei giorni.

Napoleone abdicò il 6 Aprile 1814, e venne esiliato nell'isola di Elba. Il Congresso di Vienna invertì i cambiamenti politici che accaddero durante le guerre. I tentivo di Napoleone di restaurare l'Impero, un periodo chiamato come i Cento giorni, finì con la sua sconfitta finale a Waterloo nel 1815. La monarchia venne successivamente restaurata e Luigi XVIII divenne re.

La Restaurazione e la "Monarchia di luglio"

  Lo stesso argomento in dettaglio: Restaurazione francese e Monarchia di luglio.
 
Re Luigi XVIII di Francia.

A seguito della sua sconfitta nel 1815, la monarchia dei Borboni venne definitivamente restaurata in Francia. Luigi XVIII divenne re il 6 aprile 1814, e, dopo i cento giorni di Napoleone, l'8 luglio 1815. Il 4 giugno 1814 il nuovo re, capendo che ormai i cambiamenti politici e sociali dei venticinque anni precedenti erano irreversibili, diede il beneplaito per una nuova carta costituzionale con la quale limitava alcuni suoi poteri. Tuttavia venne riaffermata la monarchia di diritto divino. Al re venne ancora riservata l'iniziativa di emanare le leggi, ma dovevano essere votate dal parlamento, il quale era diviso in due camere, la prima era la camera dei pari, i cui membri erano nominati dal re, l'altra, la camera dei deputati, i cui membri venivano eletti con suffragio censitario.

 
Re Carlo X di Francia.

A Luigi XVIII succeddette nel 1824 il fratello Carlo X. Diversamente dal fratello maggiore, Carlo non capì i mutamenti che aveva portato il periodo rivoluzionario, tanto che provò a rinverdire i simboli dell'Antico Regime. In questo periodo della Restaurazione borbonica, la Francia venne agitata da conflitti latenti tra i monarchici reazionari e la borghesia liberale. Nel 1830 Polignac, ministro di Carlo X, fece pubblicare alcune ordinanze di chiaro stampo reazionario, come il ristabilimento della censura per la stampa, la dissoluzione delle camere, la modificazione del suffragio censorio, in senso ancor più restrittivo. Allo stesso tempo, il 12 giugno 1830, Polignac sfruttò la debolezza del Bey di Algeri per invadere l'Algeria. La notizia della caduta di Algeri raggiunse Parigi proprio nel momento in cui scoppiarono delle sommosse che condussero alla rivoluzione di luglio. Carlo X abbandonò Parigi ma la monarchia sopravvisse, con l'arrivo al regno di Luigi Filippo d'Orléans, esponente di un ramo cadetto dei Borboni e considerato di orientamento liberale. Il principale cambiamento stava che il concetto di sovranità nazionale rimpiazzò la sovranità di diritto divino. Questo cambiamento si manifestò anche sull'intitolazione del Luigi Filippo, non più "re di Francia", ma bensì "re dei francesi". La bandiera tricolore rimpiazzò definitivamente la bandiera borbonica. Per onorare le vittime della Rivoluzione di luglio, Hector Berlioz, compose un Requiem; rivide anche la Marsigliese, che divenne l'inno nazionale della Francia. Durante il regno di Luigi Filippo d'Orléans l'alta borghesia, legata allae banche e alla grande impresa, diventò dominante in Francia. Così la monarchia di luglio corrispnde agli inizi dell'industrializzazione della Francia. Lo sviluppo della ferrovia fu spettacolare. La rivoluzione industriale creò una nuova classe sociale, quella dei proletari urbani. Con questi sconvolgimenti sociali, per rimediare alla e inguistizie sociali stavano mettendo le prime radici in Francia le idee anarchiche e socialiste, come formulato dai pensatori Pierre-Joseph Proudhon e Louis Blanc.

In quegli anni la colonizzazione francese nei territori d'oltremare ricevette nuovi impulsi. L'occupazione dell'Algeria si estese anche all'entroterra. Nel 1842 i generali Binger, Crozat e Marchand si lanciarono alla conquista della Costa d'Avorio, ma doverono far fronte alla resistenza dei Samory.

La Seconda Repubblica

Nel 1848 il regno di Luigi Filippo, al termine di una lunga crisi, cadde travolto dalle proteste popolari; abdicò fuggendo in Inghilterra e lasciando il regno al nipote Luigi Filippo II, che aveva appena dieci anni. Il Parlamento però decise di proclamare la Repubblica; aveva così inizio la Seconda Repubblica francese. Essa ebbe breve vita, in quanto Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone, eletto a sorpresa presidente della Repubblica nel 1848, solo tre anni dopo, con un colpo di stato, scioglie l'Assemblea Nazionale, si assicura i pieni poteri e fa quindi votare un plebiscito che ratifica la nascita del Secondo Impero.

Il Secondo Impero

  Lo stesso argomento in dettaglio: Secondo impero francese.

Napoleone III regnò fino al 4 settembre 1870, quando subì la disfatta di Sedan, durante la guerra franco-prussiana, in cui fu anche fatto prigioniero. Si formò un governo provvisorio di "salute pubblica", con a capo Léon Gambetta prima e Adolphe Thiers poi, che portò all'armistizio con la Prussia e alla repressione della Comune di Parigi. Le prime elezioni, tenutesi nel 1871, videro il successo delle fazioni monarchiche, che però erano divise tra di loro su chi scegliere come re. Dopo 4 anni di incertezza istituzionale, finalmente nel 1875 fu proclamata la Terza Repubblica.

La Terza Repubblica

La Terza Repubblica francese fu il sistema politico in vigore per quasi settant'anni, dal 1871 (ma ufficialmente dal 1875) alla disfatta del 1940. Era un regime parlamentare, con una presidenza della Repubblica dai pochi poteri, un Parlamento privo di partiti organizzati e caratterizzato dalla breve durata dei governi.

La Francia nel XX secolo (1914-presente)

Anche se vincitrice nella prima e nella seconda guerra mondiale, la Francia soffrì gravi perdite in termini di vite, impero, benessere, forza lavoro e grado di nazione dominante. Di fatto la vittoria nella prima guerra mondiale è l'ultimo successo militare francese. Dopo la Grande Guerra la Francia si adoperò per rendere la Germania più innocua possibile, condannandola a enormi spese di riparazione, riducendone al minimo le forze armate, annettendosi l'Alsazia Lorena e occupando la Renania. E' anche alla politica di punizione francese che si deve l'ascesa al potere di Hitler. Per cautelarsi da un'eventuale nuova aggressione tedesca, venne costruita un'imponente linea difensiva sul confine franco-tedesco, la Linea Maginot. Dopo la salita al potere del partito nazista, la Francia, insieme alla Gran Bretagna, pur di evitare una nuova guerra adottò una politica arrendevole alle crescenti richieste tedesche, permettendo il riarmo della Germania, l'annessione dell'Austria e lo smembramento della Cecoslovacchia, a cui pure avevano promesso aiuto. La Conferenza di Monaco del settembre '38 fu celebrata in Francia come un grande successo diplomatico che evitava la guerra, ma in realtà fu un successo effimero. Le richieste tedesche non si fermarono, così Gran Bretagna e Francia cambiarono politica, mettendo sotto la propria protezione la Polonia, altro bersaglio germanico. All'attacco tedesco del settembre '39 la Francia e la Gran Bretagna risposero con la guerra. Era iniziata la Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto sancì l'uscita di scena della Francia dal gruppo delle grandi potenze mondiali: fino al maggio '40 la Francia non iniziò alcuna azione offensiva contro la Germania, confidando nelle proprie linee difensive e in una soluzione diplomatica del conflitto. Nel maggio del '40 la Germania invase la Francia, aggirando la Linea Maginot dal Benelux. In un solo mese sconfisse le forze armate francesi, più il corpo di spedizione britannico inviato in aiuto. Il 22 giugno si ha la resa della Francia. L'intera costa atlantica e la Francia del nord passarono sotto controllo militare tedesco, mentre le colonie e la Francia meridionale restavano formalmente indipendenti. Si formò un governo in esilio, la cosiddetta Francia Libera, che continuò la guerra a fianco dei britannici. L'occupazione durò fino al '44, quando gli Alleati sbarcarono in Normandia. A prova della perdita di importanza francese, alla Conferenza di Yalta, dove si decisero le linee guida da seguire una volta sconfitta la Germania, Charles de Gaulle non fu invitato. Ciò nonostante le furono assegnate zone d'occupazione in Germania e Austria. In più si annesse dall'Italia i comuni di Briga e Tenda, mentre non chiese nessun compenso territoriale alla Germania.

A partire dal 1958 la forma di stato è una democrazia semi-presidenziale (nota come Quinta Repubblica), con un presidente della Repubblica eletto direttamente avente anche alcune funzioni di governo, che non ha ceduto alle croniche instabilità sperimentate nei precedenti regimi parlamentari. Durante la Guerra Fredda la Francia tentò di seguire una politica autonoma dalle due super-potenze, ma di fatto non vi riuscì: la Crisi di Suez dimostrò chiaramente che l'equilibrio del mondo era cambiato. Lentamente perse tutte le sue colonie, spesso in modo violento (Vietnam, Algeria).

Negli ultimi decenni, la riconciliazione e la cooperazione della Francia con la Germania si è rivelata centrale per l'integrazione economica dell'Europa, compresa l'introduzione dell'Euro nel gennaio 1999.

Oggi, la Francia è in prima fila tra gli stati europei che cercano di sfruttare lo slancio dato dall'unione monetaria per portare avanti la creazione di un apparato politico, di difesa e di sicurezza europeo più unificato ed efficace.

Come altri paesi europei, tra le sfide più importanti che la Francia si trova ad affrontare nel XXI secolo è quella degli importanti cambiamenti etnici e culturali dovuti ai forti flussi migratori, specialmente da paesi ex-colonie francesi.

Note

  1. ^ Tucidide, Storia delle guerre del Peloponneso, I, 13
  2. ^ Erodoto, Storie, V, 9.
  3. ^ Cfr. Edme Cougny (a cura di), Extraits des auteurs Grecs concernant l'histoire et la géographie des Gaules. Parigi: Renouard, 1878-1892.
  4. ^ Cfr. Patrice Brun, Princes et princesses de la celtique. Le Premier âge du fer en Europe, 850-450 av. J.-C.. Parigi: Errance, 1987.
  5. ^ Michel Reddé, L'armée romaine en Gaule. Parigi: Errance, 1996. ISBN 2877721191
  6. ^ Ivan Gobry, Les premiers rois de France: La dynastie des Mérovingiens. Parigi: Tallandier, 1998. ISBN 2235021719

Bibliografia

  • Alain Decaux raconte l'Histoire de France aux enfants, Perrin, 1995

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