Sergio De Caprio

militare e politico italiano

Sergio De Caprio, detto anche Capitano Ultimo, (...) è un carabiniere italiano, che è stato a capo del Crimor.

Biografia

Ex allievo della scuola militare Nunziatella,ahahahahhahahahaahahahhaahhahahahhhahahahhahhhahaahhahahahahah, in seguito vince il concorso per la prestigiosa accademia militare di Modena. Dopo aver prestato servizio presso la compagnia di Bagherìa, entra nel Raggruppamento operativo speciale, comunemento detto ROS. E' qui che fonda il CRIMOR, da lui nominata Unità militare combattente. Scelse per questo gruppo i carabinieri relegati ai margini dall'Arma, per i più svariati motivi. Ora Tenente Colonnello dei Carabinieri, Ultimo è l'ufficiale che arrestò il 15 gennaio 1993, a capo del Crimor, Salvatore Riina.

De Caprio, come ricompensa per tale atto, si vide smembrare la squadra. Chiese quindi il trasferimento al NOE, il Nucleo Operativo Ecologico. "Non amo la gente che porta la cravatta, i cravattari non sono per me, ma a volte certe realtà sono per chi vuole la cravatta più bella, la macchina più bella, o per qui vuole stare a lavorare vicino casa; a me di stare vicino casa non me ne importa nulla".

Accusa di favoreggiamento

Indagato dalla procura di Palermo, fu poi prosciolto dall'accusa di favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra. L'indagine era partita a causa dalla mancata perquisizione del covo di Salvatore Riina: dopo l'arresto del boss i carabinieri sotto il comando del capitano Ultimo dovevano perquisire l'edificio ma chiesero la sospensione della procedura per "esigenze investigative" (l'idea era quella di individuare altri membri della cosca che sarebbero entrati a portare in salvo i parenti del boss) che fu concessa dalla procura - stando a quanto afferma l'allora procuratore Caselli - «in tanto in quanto fosse garantito il controllo e l' osservazione dell' obiettivo».[1]

A distanza di due settimane si scoprì che quell'osservazione era stata sospesa prematuramente dai carabinieri all'insaputa della procura e senza che fosse stata effettuata alcuna perquisizione. Nel frattempo il covo era stato ormai abbandonato dalla famiglia di Riina e completamente svuotato. De Caprio e Mori sostennero che c'era stato un equivoco nella comunicazione con la procura poiché non avevano espresso l'intenzione di sorvegliare il covo in modo continuativo.

I carabinieri definirono la sospensione dell'osservazione una «iniziativa autonoma della quale la Procura non era stata informata». Secondo i sostenitori dell'accusa di favoreggiamento sarebbero esistiti elementi indiziari per ritenere che i capi del ROS abbiano mentito alla procura facendole credere che il covo sarebbe stato sorvegliato in modo continuativo. De Caprio ha sostenuto in sua difesa:

«Io non specificai se l' attività di osservazione sul complesso di via Bernini sarebbe o meno proseguita nei giorni successivi... Io non volevo fare sorveglianza... Quella lì era la casa di Riina. Per me, forse ho sbagliato le valutazioni, rimane la casa, l' abitazione del sangue di Riina, non la base logistica della latitanza di Riina. Per me non aveva valore investigativo come non lo ha oggi l' abitazione di Provenzano a Corleone dove ha la moglie e i figli»

Secondo le ricostruzioni degli eventi un gruppo di affiliati alla mafia entrò indisturbato portando in salvo i parenti del boss, svuotando la cassaforte e verniciando le pareti per cancellare le impronte.

L'assoluzione

Il processo si concluse con l'assoluzione "perché il fatto non costituisce reato": la corte ha stabilito la sussistenza di una erronea valutazione dei propri spazi di intervento da parte degli imputati, di gravi responsabilità disciplinari per non aver comunicato alla procura la propria intenzione di sospendere la sorveglianza e si legge che “l’omessa perquisizione della casa” in cui il boss mafioso Riina aveva vissuti gli ultimi anni della sua latitanza, insieme con la sua famiglia, e “l’abbandono del sito sino ad allora sorvegliato” hanno “comportato il rischio di devianza delle indagini che, difatti, si è verificato, stando alle manifestazioni di sollievo e di gioia manifestate da Bernardo Provenzano e da Benedetto Spera”. [2] [3] [4] [5] Tuttavia a fronte di queste responsabilità secondo la corte non sussistono prove che dimostrino il fine doloso nei comportamenti degli imputati.

Filmografia

Personaggio divenuto noto al pubblico anche grazie a tre fiction, andate in onda su canale 5, dal nome "Ultimo", "Ultimo - La sfida" e "Ultimo - L'infiltrato". Possiede un sito personale, dove trovare documentazione sull'antimafia.

Collegamenti esterni

Note