Palagianello
Template:S comuni Template:Comune Palagianello ( Palascianijdd nel dialetto locale ) è un comune di 7.855 abitanti della provincia di Taranto, sorge a 133 m s.l.m..

Storia
Da Magnifica Università a Comune aggregato
Prima della sua aggregazione a Palagiano, avvenuta agli inizi del XIX secolo, Palagianello aveva autonomia amministrativa, quale Università, in virtù delle prammatiche di Ferrante primo d'Aragona, promulgate nella seconda metà del '400. La certezza dell’autonomia amministrativa è data dal fatto che Palagianello era compreso tra le Università tenute al pagamento di 7 grani per fuoco per il mantenimento delle compagnie dei Cavallari che perlustravano il litorale i quali, in caso di necessità, davano l’allarme ai caporali delle torri e correvano ad avvisare gli abitanti delle zone direttamente minacciate. Per Palagianello la torre di riferimento era Torre Lato (ancora esistente). Nell’elenco delle Università obbligate a pagare le imposte per il mantenimento del Corpo dei Cavallari, stranamente, non compaiono Castellaneta, Laterza e Palagiano. Lo sono, invece, Ginosa, Massafra, Mottola. A capo della Magnifica Università di Paligianello, come scritto in un antico documento, era il Sindaco coadiuvato da tre eletti. Il Sindaco e gli eletti, le cui prestazioni erano gratuite con la sola eccezione del Cancelliere che veniva retribuito con 6 ducati l'anno, duravano in carica un anno vale a dire dal 1° settembre al 31 agosto dell'anno successivo. Il giorno 14 agosto il Sindaco in carica convocava, a mezzo bandi, i cittadini nella Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo - che è di proprietà comunale per antico possesso( ), l'unica dell'epoca dove l'università della medesima Terra è solita riunirsi per trattare i pubblici affari- per dare corso alle operazioni preliminari delle elezioni che avvenivano il successivo giorno quindici.
L’unione a Palagiano
Con legge 2 agosto 1806, n. 130, eversiva della feudalità, furono automaticamente abolite insieme ai feudi le esili strutture amministrative delle Università (Comuni). Con Legge 8 dicembre 1806, n°272 il Regno di Napoli fu ripartito in tredici Province elevate, poi, a quattordici suddivise in Distretti e Circondari L’art. 2 della predetta legge prevedeva che “Per facilitare l’Amministrazione delle Comunità minori di mille abitanti, potranno le medesime essere riunite fra loro, e con le altre maggiori fino ad un numero non maggiore di tremila, combinando le ragioni di località e di lontananza”. Il riordino amministrativo aggregò Palagianello – che godeva di autonomia amministrativa quale Universitas – al Comune di Palagiano di cui divenne frazione, l’unica del settore occidentale della Sottointendenza di Taranto, con la conseguenza che Palagianello fu sottoposta al trattamento tipico che i comuni capoluoghi riservano alle frazioni, ossia scarsa attenzione da parte degli Amministratori alle condizioni sociali della popolazione, l’impiego di esigui mezzi per migliorare la situazione economica. Sicché i proventi dei boschi, dei pascoli etc. ed ogni altra entrata furono amministrati dal Comune di Palagiano a beneficio di quella popolazione. In questo periodo si ebbe in Palagiano il rafforzamento del ceto dei c.d. civili e dei possidenti, in altri termini di quella piccola borghesia rurale le cui famiglie percorsero strada sia nell’ambito delle attività economiche sia nell’ambito delle cariche pubbliche. L’Abolizione della feudalità fece emergere questo ceto che era costituito dal massarotto, dall’ex massaro di campo, dall’ex fittavolo poi colono, dall’ex fittavolo dei pascoli comunali, in seguito divenuto possessore degli stessi per essere stato ritenuto il migliore dei coltivatori e ricco possidente per graziosa determinazione del sindaco, peraltro, espressione di quel ceto dei civili. Pochissimi anni dopo l’aggregazione, le terre civiche, come accertato in occasione delle verifiche demaniali, subìrono i massicci assalti da parte dei cittadini di Palagiano, quasi sempre amministratori, tant’è che centinaia di ettari di terreno civico era nel possesso di quattro o cinque persone. Masseria Capone, Masseria Carano (poi Lacaita), Masseria Conocchiella, Masseria Martellotta, Masseria Masella, Masseria Petrosa, Masseria Vito Cataldo o Visciolo, toponimi inesistenti sulle carte anteriori al 1806, sono nate tutte nel demanio civico; ciò la dice lunga sul comportamento degli Amministratori comunali, sempre gli stessi, peraltro imparentati fra loro mediante una ragnatela di matrimoni. L’esempio è dato dalla composizione del Consiglio comunale del 1866 Ancora più significatica è la composizione della Giunta Municipale del 1871 (Cfr, deliberazione del 25 aprile 1871) che era composta da persone tutte della stessa famiglia. Che l’Ente Comune, poi, fosse un’azienda a conduzione familiare è confermato da un fatto verificatosi nella seconda metà del secolo XIX.
Il distacco
Nel periodo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il malcontento per lo stato di abbandono della frazione fece sì che tra la gente incominciasse a balenare l'idea di separazione che sfociò in due richieste: una di distacco da Palagiano e aggregazione al Comune di Mottola e l'altra di scissione e costituzione in comune Animatore del primo fermento un cittadino, discendente di uno dei maggiori occupatori del demanio civico, consigliere comunale in rappresentanza della frazione Palagianello, che vide frustrata la sua azione da una forte opposizione da parte del Consiglio comunale di Palagiano che ricorse a tutti i mezzi per non approvare l'azione separatista. La proposta fu boicottata dagli amministratori di Palagiano, a differenza del Consiglio comunale di Mottola il quale si era pronunciato sollecitamente ed unanimemente per l'annessione. Il problema era maliziosamente eluso e rinviato a colpi di maggioranza, ma certamente non risolto a favore di Palagiano perché l'iniziativa degli elettori di Palagianello, fortemente sostenuta dal consigliere che si aspettava dall'annessione al Comune di Mottola quei benefici e quei miglioramenti che da Palagiano non poteva ottenere.
Verso l’autonomia
Era avvenuto che alcuni cittadini, fra i quali Gaetano Terzuoli, Giuseppe Di Fonzo, Giulio Murgiano ed altri che, per ragioni di lavoro frequentavano l'agro di Ginosa, conobbero Davide Lenge il quale, trasferendosi a Palagianello, spinse i cittadini ad interessarsi della cosa pubblica, fino ad allora monopolio quasi esclusivo di poche persone di Palagiano. Il Lenge seppe imporsi subito all'attenzione della cittadinanza, poiché come suo primo atto impostò il problema dell'autonomia di Palagianello. Contestualmente al problema dell'autonomia furono impostati ed attuati due questioni - strettamente collegati fra loro - di carattere socio-politico, ovverosia la costituzione della Lega dei Contadini e la Cooperativa di Consumo fra i Lavoratori di Palagianello Mentre le questioni socio-economiche erano affrontate subito, quella dell'autonomia, invece, trovava le resistenze degli Amministratori di Palagiano che, dopo molti rinvii, finalmente, posero all'ordine del giorno la domanda degli elettori di Palagianello per la costituzione della frazione in Comune autonomo, che fu discussa dal Consiglio comunale nella seduta del 9 ottobre 1906.
Distacco della Frazione Palagianello dal Comune di Palagiano e costituzione in Comune Autonomo
Il 7 giugno 1907 la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 142 pubblicò:
Legge 6 giugno 1907, n. 318
VITTORIO EMANUELE III
Per Grazia di Dio e Volontà della nazione
RE D'ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato.
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1
La frazione di Palagianello è staccata dal Comune di Palagiano e costituita in Comune.
Art. 2
Il Governo del Re è autorizzato a dare esecuzione alla presente legge. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Vittorio Emanuele
Data a Roma, addì 6 giugno 1907
V. Il Guardasigilli: Orlando
Storia dello stemma comunale
La forma attuale dello stemma fu sancita il 4 agosto 1913 con deliberazione del Consiglio Comunale n. 48, mediante la quale fu riconosciuto ed adottato. Successivamente, con Decreto Ministeriale del 2 settembre 1914, trascritto nel libro araldico degli Enti Morali, al Volume I, pagina 38, il giorno 6 settembre 1914, il Comune di Palagianello ottenne l'autorizzazione a farne uso. In quel Decreto lo stemma è descritto "di azzurro alla mucca pascente col vitello poppante, il tutto d'argento". Il motto recita: "Medicina Dei". Corrispondente all'ebraico Raph-El (Raffaele) vale a dire Medicina di Dio, oppure Dio risana, oppure Dio guarisce - va riferito all'Arcangelo San Raffaele, forse, all'epoca, patrono di Palagianello. Secondo le regole araldiche la figura dello stemma di Palagianello appartiene a quelle così dette "naturali", infatti, vi sono rappresenti la mucca ed il vitello (fauna) ed il prato (flora), mentre, sempre secondo le regole araldiche, il colore azzurro rappresenta il firmamento e l'oceano ed esprime amore e gelosia; l'argento, invece, rappresenta la luce e l'aria fra gli elementi.
Geografia
Palagianello sorge a 133 m s.l.m. Data l'estensione di soli 43,27 km², il comune risulta il più piccolo della zona occidentale della provincia di Taranto. Il territorio della città è spartito in otto contrade: Serra Pizzuta, Parco del Casale, Parco di Stalla, Conche, Sacramenti, Titolato, Conocchiella e Difesella.
Luoghi di interesse
A causa della presenza della gravina di Palagianello, sono numerose le cripte affrescate presenti nelle campagne contigue al comune; ecco le più importanti:
- Cripta dei Santi Eremiti
- Cripta di San Nicola
- Cripta di Sant'Andrea
- Cripta di San Gerolamo
Chiesa Madonna delle Grazie
Via antico santuario
Per giungere all’antica Chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie bisogna percorrere via Antico Santuario che inizia all'altezza del Castello feudale per terminare, dopo un tortuoso tracciato di circa 240 metri, innanzi Cappella come comunemente chiamata dai Palagianellesi. Via Antico Santuario - sulla quale peraltro si affacciavano le grotte destinate ad abitazione oltre alla "Chiesa anonima" descritta, su segnalazione di Roberto Palmisano, dal Prof. Caprara( ) - in alcuni vecchi documenti a volte è riportata col nome di Via Cappella altre volte, invece, è denominata Via Madonna delle Grazie". Originariamente doveva essere solo un sentiero che portava alla "Cappella", alla cripta di S. Girolamo ed a Serrapizzuta. Il periodo in cui la via ha subìto la trasformazione, da sentiero a strada, non è dato saperlo. Certamente nella prima metà del secolo XIX doveva già avere le caratteristiche di strada, atteso che il Consiglio Comunale di Palagiano, nella seduta ordinaria autunnale del 18 novembre 1866, ritenne di discutere "Sulla convenienza di una strada nell'abitato di Palagianello detta della Madonna delle Grazie". Quell’atto deliberativo riporta che:
"...nell'abitato di Palagianello vi ha una strada rasente la così detta Gravina, denominata Madonna delle Grazie, la quale poggia sopra arcate di fabbrico che sfondate in vari punti riesce non solo malagevole e disastroso il cammino, ma rimarrebbe ancora segregato una parte dell'abitato qualora non si dasse riparo".
All’adozione dell’atto consiliare si pervenne sulla base di un programma approvato dalla Giunta Municipale che aveva “… fatto levare un progetto di sistemazione della strada sudetta dall’Architetto Sig. Giovanni Galli che porta la spesa a L. 700”, poi discusso ed approvato. Questa strada ha una lunga storia di eventi franosi provocati da infiltrazioni di acqua pluviale. Danni si verificarono nella notte fra il 1° ed il 2 dicembre 1924, quando una frana interessò la strada per una lunghezza di circa 10 metri. L'evento fu di portata tale da indurre il Sindaco dell'epoca ad emettere ordinanza di sgombero di tre case-grotta abitate da altrettante famiglie( ). I processi erosivi delle piogge, le infiltrazioni, le alterazioni chimiche provocate dalle acque di circolazione ed altre cause naturali oltre all'intervento dell'uomo, hanno creato le premesse per altri crolli. Il 2 dicembre 1958, infatti, agli abitanti di altre due case-grotta fu ordinato lo sgombero; ancora due ne furono emesse per un evento franoso verificatosi il 24 aprile 1961 fino ad arrivare ad un’ordinanza, emessa il 16 marzo 1968, di totale chiusura della strada con conseguente divieto di accesso. Uno degli ultimi crolli è quello avvenuto il 4 novembre 1984, a seguito del quale il Sindaco dell'epoca emanò ulteriore ordinanza, in vigore fino al 2001, con la quale vietava l'accesso ed il transito della "Via Antico Santuario"( ). La zona - che è stata oggetto di studio nel 1924 da parte di un tecnico del Genio Civile, nel 1971 da parte di un Geologo e nel 1995 da parte di un gruppo di Geologi - a detta dei tecnici potrebbe, in futuro, essere interessata da ulteriori fenomeni di crollo.
La cappella
In stretta connessione con Via Antico Santuario è la storia della Chiesa della Madonna delle Grazie, ovverosia della Cappella. I primi documenti, del seicento, che riguardano l'antica Chiesa, la presentano già aperta al culto, ma tacciono sulle sue origini. L'esistenza di questa Chiesa non è documentata da testimonianze scritte anteriori al XVII secolo. Ne parla per la prima volta, per quanto risulta dai documenti finora consultati, Mons. Luigi della Quadra, Vescovo di Mottola, nella sua relatio ad limina del 20 ottobre 1670 dalla quale apprendiamo, fra l'altro, che la Chiesa di Santa Maria delle Grazie aveva un patrimonio di 800 fra pecore e capre, il cui reddito, per colpa del suo predecessore, andò perduto dal momento che il gregge parte fu venduto e parte ucciso. Nell'apprezzo della Terra di Palagianello redatto il 1° settembre 1676, il Regio Ingegnere Luise Nauclerio fa sapere che
"...Vi è una cappella di S. Maria delle Grazie sita nell'ultimo della strada verso la detta Gravina di Castellaneta (Palagianello), posta dentro una grotta, cavata nel monte con diversi nicchi, la Sagrestia, Campanile e Campana piccola, vi è una fabrica principiata per abitazione di convento, ed altre comodità, nell'ultimo vi è un piccolo giardino con cisterna d'acqua con chiava di bronzo e cavalletto per uso dei servizi di detta acqua, la quale Cappella semprè stata delli Padroni fatta a loro spese, e quelli l'anno somministrato ogni cosa per suo sostentamento, e divini officij, e come anche si vede l'arma( ) dipinta in d.ta Cappella degli olim D.ni Roberti. In detta Cappella vi si celebrano alcune messe la settimana e Monsignore di Mottola ha eletto per suo arbitrio un cappellano per la celebrazione di dette messe, quali si pagano dall'Entrata, che detto Monsignore riceve dagli animali pecorini e caprini che pascolano nel suo territorio, che tiene a Massafra..."
Dal documento si ricava in modo esplicito che la "Cappella" è stata scavata nel tufo tra il XV ed il XVI secolo, tenuto conto che i Domini Roberti, con certezza, sono stati feudatari di Palagianello dalla seconda metà del '400. Un documento, conservato presso l'Archivio Capitolare di Castellaneta, riporta la notizia della visita fatta al Santuario di S.Maria delle Grazie da Mons. Lepore, il quale scrive di aver trovato tutto in perfetto ordine, il Santuario ben conservato e ancora meta di pellegrinaggio. Un evento calamitoso colpì l'antico luogo di culto nel 1885. La notizia è riportata da Marco Lupo il quale scrive:
"Fò notare al lettore che il terremoto, avvenuto nell'agosto 1885, l'urto di una frana, distaccatisi dall'altopiano, ne sfondò la sua volta, restando incolume il solo altare maggiore ed un dipinto, che porta la data 1608".
Solo una parte della Cripta fu immune dalle conseguenze del terremoto: l'aghion della primitiva chiesa rupestre, con l'altare maggiore, l'unico, su cui vi era un affresco raffigurante la Madonna con Bambino; ai lati dell'altare altri due dipinti uno dei quali datato 1608, certamente raffigurante S. Antonio, forse per la presen00za di frati, visto che nell'apprezzo del 1676 è riportato che
"...vi è una fabrica principiata per abitazione di convento...".
Come abbiamo visto, l’antico luogo di culto, posto all’estrema periferia del paese sul ciglio del burrone, incastonato, - se così può dirsi – in un paesaggio veramente suggestivo, con notevoli tracce di insediamenti rupestri, constava di due corpi, l’uno in muratura e l’altro scavato in un banco di roccia tufacea. Il corpo anteriore, in muratura di conci di tufo, fu costruito verso la fine del XIX secolo, in quanto, nel terremoto, avvenuto nell’agosto del 1885, l’urto di una frana, distaccatasi dall’altipiano, sfondò la volta del Santuario. Dalle gravi conseguenze di quell’evento calamitoso risultò incolume solo una parte – quella posteriore - l’aghion della primitiva chiesa rupestre, con l’altare maggiore appoggiato alla parete volta a mezzogiorno, su cui era affrescata l’immagine della Vergine delle Grazie – al centro – ed ai lati due immagini di S. Antonio, a piè di una delle quali era segnata la data 1608, epoca di probabile rifacimento di precedenti pitture o segno dela presenza di frati francescani officianti il pio luogo. La pronta ricostruzione della facciata e la dotazione, oltre quella esistente, di una campana recante la data del 1898, stanno a dimostrare il fervido attaccamento della comunità di Palagianello al vetusto monumento, centro non solo della festa patronale celebrata ogni lunedì di pasqua, ma delle ricorrenze mariane di ogni anno. La stessa chiesa, inoltre, era sede della confraternita omonima costituitasi nella seconda metà del XVIII secolo e riconosciuta con sovrana sanzione approvata con Decreto del 30 maggio 1824 da Ferdinando IV di Borbone. Un centro quindi non solo di carattere religioso, ma, in certo senso, simbolo e continuazione di quell’insediamento rupestre da cui ha avuto origine La Magnifica Università di Palagianello, ora Comune di Palagianello. Ottantasette anni dopo quel terremoto, la Chiesa, ancora una volta, fu colpita da un evento calamitoso: la notte del 30 dicembre 1972 la "Cappella", così chiamata dai fedeli, crollò per l'azione della pioggia particolarmente copiosa e violenta che si era abbattuta durante il giorno su Palagianello, cancellando l'Antico Santuario che nel tempo era stato: luogo eletto dai palagianellesi per il culto mariano; sede della Confraternita di Maria SS. delle Grazie, la cui fondazione fu approvata con Decreto del 30 maggio 1824; luogo di sepoltura fra il XVII secolo e gli inizi del XIX.
Natura giuridica del terreno
Dopo la breve e necessaria premessa di carattere storico è opportuno che tutti sappiano che il suolo su cui insisteva e sul quale è sorto il nuovo Santuario non faceva, né è parte, delle terre ex feudali che furono soggette alla divisione in massa. Quel suolo insiste su terre di demanio civico comunale, precisamente su quello denominato Parco del Casale che, dopo la legge abolitiva della feudalità, fu restituito ai cittadini di Palagianello, giusta Sentenza della Commissione Feudale del 20 giugno 1810, ossia in epoca precedente ed al di fuori del procedimento di divisione in massa dei territori ex feudali. Non è il caso in questa sede di descrivere le vicende e le faccende dei demani civici di Palagianello, tuttavia è opportuno evidenziare che già agli inizi del ‘900, in sede di formazione del nuovo catasto terreni il suolo su cui insiste il Santuario, Antico e Nuovo, venne riportato al foglio di mappa n. 4:
• .part. 93, sub 1, a nome dell’Amministrazione Fondo Culto-Livellario al Comune di Palagianello, per la parte della “Cappella” che era scavata in grotta; • la parte costruita venne indicata, sia in catasto sia in pianta, con la lettera “A” per una superficie di 92 mq, sotto il nome di Fabbricato per il Culto;
E' opportuno evidenziare una circostanza, ovverosia che tra le annotazioni del catasto è riportata la nota che il possesso della particella 93 veniva contestato all’Amministrazione del Fondo Culto dal sig. Gennaro Trisolini. Leggendo gli atti delle tre verifiche demaniali effettuate tra il 1911 ed il 1958, anche se non chiaramente riportato, si può affermare che sia il sottosuolo (grotta) ricadente nella particella 93/1 del foglio di mappa n. 4 sia il suolo individuato nella mappa con la lettera “A”, derivato dalla vecchia strada vicinale Precipizio-Serrapizzuta, sono da considerarsi occupazione.
Castello feudale
Il castello sorge sul punto più alto del paese, in posizione strategica per controllare il territorio circostante. Dalla sua sommità si può osservare il territorio a 360 gradi fino alle montagne della Sila (Calabria). Esiste un rapporto di continuità tra le case scavate in gravina e il castello, la cui costruzione iniziata probabilmente nella prima metà del XVI secolo ad opera della famiglia Domini Roberti per la difesa del casale di Palagianello, terminata, ma non del tutto, nel XVIII secolo sotto il dominio dei Caracciolo. Il castello, che presenta una massiccia pianta quadrangolare con un grande cortile centrale, munito di quattro torrioni agli angoli esterni, possiede tutte le caratteristiche strutturali difensive dei fortilizi del XVI secolo. L’ingresso attuale del castello è posto sul lato sud, mentre originariamente era ubicato ad ovest e vi si accedeva mediante un ponte levatoio situato sopra un fossato, ancora oggi esistente, che costeggia l’intero lato ovest e parte del lato nord. Il ponte levatoio è stato sostituito da un ponte in muratura a due archi. Nel piano inferiore sono situati i magazzini e le stalle mentre in quello superiore si trovano i locali che erano adibiti ad abitazione del feudatario; in corrispondenza dell’ingresso, al termine della scalinata che porta al piano superiore si trova un vasto salone per riunioni di rappresentanza con volta a vela, sorretta da archi absidali, sulla quale è affrescato lo stemma gentilizio. In una stanza al piano terra è localizzata una botola che porta ad un passaggio segreto che sfocia nella gravina di Palagianello. Il Maniero, in alto è merlato tutto intorno con la presenza di numerose feritoie. Nel 1874 il vecchio ingresso venne chiuso per ricavarne una cappella in onore della Vergine dei sette dolori progettata dall’architetto Gabriele Califano, su commissione del conte Antonio Stella Caracciolo. La Cappella è stata data in uso perpetuo dal Conte Caracciolo alla Confraternita dell’Addolorata. Il Maniero è certo sia stato costruito, sia pure parzialmente, dai Domini Roberti, i quali avevano in possesso il feudo di Palagianello sin dall’anno 1467 . La prima notizia scritta, conosciuta, dell'esistenza del Castello è riportata in un documento conservato nell'Archivio della Badia di Cava dei Tirreni, quando riporta che nel 1525 Vincenzo Domini Roberti controllava vasti territori "dal suo Castello di Palascianello"( ). Nel Cedolario di Terra d'Otranto( ) è riportato ancora che: "In anno 1568 - 12 d'agosto, li SS.ri Luocotenente et Presidente della Regia Camera, vendirno et alienarno a Gio: Vinc.° Domini Roberti il Castello di Palagianello in Otranto con suo Castello seu fortezza, case seu Palazzo...". Mentre il cedolario consente di stabilire con assoluta certezza che già nel 1568 il "Castello seu fortezza" era costruito, l'apprezzo( ), redatto dal regio ingegnere Luise Nauclerio il 1° settembre 1676 consente di individuarne l'ubicazione. Da quel documento si rinviene la notizia che "in testa della Piazza (l'attuale Piazza De Gasperi) vi è un Castello seu casa per abitazione del barone". Le caratteristiche proprie del fortilizio, costruito cioè secondo i canoni difensivi affermatisi durante il regno di Carlo V, si riscontrano nel Castello di Palagianello: "Il complesso difensivo, che rappresenta tipologicamente un termine di transizione tra il castello e la residenza fortificata, fu costruito in mazzaro. . .Ha pianta quadrangolare e cortile centrale di eguale forma. Ai quattro spigoli è munito di torrioni quadrangolari. Un toro marcapiano, accompagnato da una sottile ornamentazione, lo cinge tutt'intorno dividendo al livello del piano, la parte bassa appena scarpata dalla superiore a pareti verticali. . Il castello, monumento nazionale dal 1924. . .è circondato da un profondo fossato traverso cui si accedeva tramite un ponte levatoio.. ." ( ) Il battesimo di quattro figli di Tiberio Domini Roberti, che evidentemente dimorava nel "castello"( ), amministrati nella Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo tra il 1593 ed il 1602, conferma l'esistenza, nella seconda metà del cinquecento, della "fortezza" che nell'apprezzo del 1676 era così descritto: ". . .consiste in una salita di fabrica a cordoni, principiando dalla Piazza della Terra, e nell'ultimo si trova un largo che circonda il Palazzo che dalla parte verso ponente e verso la gravina di Castellaneta (Palagianello) tiene l'entrata con ponte alzatoio, quale Palazzo è di forma quadro, con gran torrioni angolati, ma non finiti ed anche il fosso dalla parte della facciata tantum, do'è la porta entrando si trova un coverto a lamia, ed appresso il Cortiglio scoverto con una cisterna grande, cavata dentro pietraviva, della quale se ne servono anche li vassalli per loro commodità. A sinistra del detto cortile scoverto vi è una camera a lamia con cancellata al detto scoverto, e finestrato fuori. Appresso vi è un'altra stanza grande a lamia con porta, similmente al Cortiglio, e da questa stanza si viene ad un'altra Camera a lamia dei Torrione, dov'è la bocca di una Camera sotterranea di un quarto di miglio di lunghezza circa, che và ad uscire dalla Gravina di Castellaneta (Palagianello). Appresso s'entra ad un'altra stanza con porta accosto alla bocca della cisterna sudetta appresso alla detta si va ad un'altra stanza del Torrione ad uso di cucina. In testa detto cortiglio scoverto vi è un lamione per uso di cavallarizza capace di venti cavalli, dalla quale si va una stanza del terzo Torrione, e seguendo appresso verso la scala sotto di essa vi è commodità di Rimessa per la Carrozza, ed appresso la detta scala a destra di d.to Cortiglio Coverto vi sono due stanze le Moline e Centimolo, et nell'interno vi è l'altra stanza del quarto Torrione divisa per stalletta, e Carcere, et ascendendo alla grada principale per due tese scoverte per causa a se non finita, si viene sopra il lamione della Cavallerizza, quale avrà da essere Sala, oggi scoverto si viene dentro il Torrione verso ponente, e passando più avanti per scoverto si va in cinque stanze a Lamia coverte con tetti, quali sono abitabili per essere finiti, e dette sono a sinistra del Cortiglio, vi manca per finire dett'abitazione di fabbricarsi tre altre facciate a torno". Evidentemente lo stato del castello, alla data dell’apprezzo, doveva corrispondere a quello lasciato dai De Ribera, che furono feudatari dal 1633 al 1669, i quali ebbero appena il tempo di far costruire, forse, la copertura dello scalone d’ingresso. Difatti, l’unico segno tangibile della presenza dei De Ribera è lo stemma di famiglia incastonato nell'arco dello scalone( ) . Ancora uno stemma è murato al centro della volta dello stesso scalone. Dopo il 1678, i Caracciolo, marchesi di Santeramo in provincia di Bari e Cervinara in provincia di Avellino, i quali avevano acquistato il Feudo di Palagianello dalla famiglia De Ribera, continuarono i lavori di completamento che, peraltro, non furono del tutto portati a termine poiché la torre posta a Nord-Ovest è ancora incompiuta. I documenti attestano che al Castello si accedeva mediante un ponte "alzatoio" il quale scavalcava il fossato, ancora oggi esistente, lungo il lato Ovest del maniero. In seguito, e precisamente nel 1874, su progetto dell'architetto Gabriele Califano( ), l'originario ingresso fu trasformato per ricavarne una Cappella cui attualmente si accede mediante un ponte in muratura a due archi e pavimentato in basolato calcareo, in sostituzione del vecchio ponte levatoio. La Chiesetta, nella quale si conserva una statua di pregevole fattura, di mano ignota, di Cristo Morto, ha struttura rettangolare e si sviluppa ad una sola navata di 8 metri di lunghezza per 4,5 metri di larghezza. L'unico altare, in marmo policromo, è posto nell'abside semicircolare ricavata invadendo il cortile interno del Castello All'interno, sulla porta d'ingresso, all'altezza dell'ammezzato è stata ricavata una tribuna alla quale si accede mediante una scala che scende dal primo piano. La tribuna, probabilmente, dava la possibilità alla servitù, visto che la scala sfocia nella cucina, di assistere ai riti religiosi. E' antica tradizione che, da questa Chiesetta, il Venerdì Santo abbia inizio la processione dei Misteri. Dopo la modifica, nella facciata Sud del Castello fu ricavato l'ingresso sul quale è murato lo stemma dei Caracciolo, meglio Rocco Stella-Caracciolo. Perché Rocco Stella. Era accaduto che nel 1707 Marino Caracciolo, per non aver giurato fedeltà al sovrano in esecuzione della Prammatica emessa da Giorgio Adamo Conte di Martinez quale Plenipotenziario, con poteri di Viceré, di Carlo III d’Austria, aveva subito il sequestro del feudo di Palagianello( ) Il matrimonio, in seconde nozze, con Anna Copons di Barcellona, avvicinò Marino Caracciolo al Conte Rocco Stella (del quale la Copons era cognata) per merito del quale ebbe il dissequestro del feudo, la nomina a generale di cavalleria dell'esercito austriaco e l’eredità di una tenuta in Mòdling che fu di proprietà del Conte Rocco Stella, comprendente il Castello di Wartenstein ed il villaggio Grimmenstein nella regione di Bucklige Welt in Austria.( ) Per dettato testamentario nel Maggiorato, fondato nel 1720 nella signoria di Wartenstein, dovevano succedersi i secondogeniti dei Caracciolo di Santeramo, con l’obbligo di anteporre al proprio il nome di Rocco Stella. Il primo Caracciolo possessore di Wartenstein fu il marchese Pasquale, il quale lo amministrò in nome del figlio minorenne. Nel 1784 il Maggiorato passò al secondo figlio Giovanni Battista Caracciolo al quale, nel 1806, succedette Franz Antonio Caracciolo che ebbe in possesso Wartenstein fino al 1855 quando il figlio Carlo gli subentrò. L'ultimo dei Caracciolo possessori di Wartenstein fu Franz Antonio che, nel 1870, lo vendette al Principe del Liechtenstein. Durante il periodo dal 1943 al 1962 il Castello fu, prima occupato da un Comando di soldati Polacchi del Gen. Anders e, successivamente, la parte Est utilizzata per le prime fasi della lavorazione del tabacco. Il Castello, che dal 1979 fa parte del patrimonio del Comune di Palagianello per averlo acquistato, è stato abitato dal Conte Antonio Rocco Stella nato Caracciolo di Santeramo fino al 1950, anno della sua morte. Il Fortilizio, attualmente è interessato da lavori di consolidamento e ristrutturazione, tuttavia, se si fa un paragone tra la descrizione del Castello fatta nel 1676 e le attuali condizioni del maniero, bisogna dire che esso conserva le linee severe di una residenza di campagna a nello stesso tempo di un fortilizio che nulla concede a leziosaggini o barocchismi di sorta. Il completamento del fabbricato eseguito tra la fine del seicento e gli inizi del settecento dai Caracciolo nulla innovò rispetto al progetto originario del cinquecento impostato su basi di essenzialità, concretezza e di poderosa solidità. Dall’esame degli ambienti tuttavia non si può dedurre lo status dei feudatari Domini Roberti che vi abitarono certamente dal 1560 al 1640 e meno che mai dei Caracciolo che non vi abitarono mai perché risiedevano per la maggior parte dell’anno in Napoli e nella stagione estiva nel feudo di Cervinara in Provincia di Avellino.
Organizzazione strutturale del Castello
Il complesso difensivo che rappresenta tipologicamente un termine di transizione tra il castello e la residenza fortificata, è costruito in mazzero, ha pianta quadrangolare e cortile centrale di eguale figura. Si sviluppa su una superficie complessiva di 1.640 mq. Il cortile centrale ha lati di metri 13,20 x 14,20. Ai quattro spigoli è munito di torrioni quadrangolari di dimensioni poco diverse fra loro. Un toro marcapiano, accompagnato da un sottile ornamento, lo cinge tutto intorno dividendo, al livello del primo piano, la parte bassa appena scarpata dalla superiore a pareti verticali. Un cornicione continuo ad archetti lo corona alla sommità. L’ingresso attuale del Castello si trova sul lato Sud dello stesso mentre, originariamente si trovava sul lato Ovest e vi si accedeva tramite un ponte levatoio sopra un fossato, ancora oggi esistente, che costeggia l’intero lato Ovest e parte del lato Nord. Il ponte levatoio è stato sostituito da un ponte in muratura a due archi. Il vecchio ingresso è stato chiuso ed ha dato spazio ad una cappella, ancora oggi esistente, progettata nel 1874 dall’architetto Gabriele Califano. Sull’ingresso principale, che come prima detto è ubicato sul lato Sud, è stato incastonato lo stemma gentilizio dei conti Stella-Caracciolo rappresentato da uno scudo, sormontato da una corona, lavorato a bassorilievo all’interno del quale, è raffigurato un leone rampante che guarda a sinistra ed una stella a otto punte. Entrando dal suddetto ingresso si arriva nel cortile ove affacciano tutti gli ingressi degli ambienti posti al piano terra. Sul lato Nord, alle spalle del Castello vi è un locale (certamente di epoca successiva alla costruzione del castello) munita di scala esterna in muratura che porta al primo piano; si tratta di una scala secondaria poiché per salire al primo piano vi è quella principale molto ampia cui si accede direttamente dal cortile ed è situata immediatamente a sinistra dell’ingresso stesso. I muri perimetrali, di spessore rilevante (metri 2,20) sono a sacco con paramenti in conci di tufo di notevoli dimensioni (cm. 50 X 100) e nucleo centrale in scapoli di tufo e pietrame calcareo informe con malta di calce e terra rossa. Le coperture di tutti gli ambienti del piano terra sono realizzate con volte a botte: Le aperture nei muri, siano esse finestre o porte, sono realizzate con piattabande in conci di tufo. Il pavimento del cortile è in basolato calcareo. Negli ambienti abitati il pavimento è in ceramica mentre negli altri ambienti è realizzato con mattoni in terracotta. Le pareti esterne presentano le murature di conci di tufo a faccia vista, mentre quelle interne sono prive di intonaco e imbiancate a latte di calce. A destra dell’ingresso, con accesso diretto dal cortile, si trova un locale di grandi dimensioni (mt. 8,10 X 14,20) destinato a ricovero dei cavalli; infatti, nel suo interno, sono ancora esistenti tre mangiatoie. PRIMO PIANO Salendo l’ampia scala principale si trova, in corrispondenza dell’ingresso del piano superiore, un vastissimo salone di rappresentanza (mt. 8 X 14). Il salone, la cui struttura orizzontale di copertura è una volta a schifo, è ornato da una serie di lunette che lo coronano tutto intorno. Il salone è illuminato da ben cinque finestre, delle quali due si affacciano nel cortile, due sul lato Sud ed una sul lato Est. Dal salone si può entrare sia negli ambienti situati sul lato Est sia nel torrione posto a Sud-Est, sia nell’unica scala che porta sul piano di copertura e, infine, nella scala che porta in un locale situato al secondo piano del torrione Sud-Est.
Primo piano
La maggior parte degli ambienti del primo piano presentano una copertura fatta con volte a schifo. Sul lato ovest vi sono quattro ambienti che presentano delle volte a vela, mentre i locali posti nei torrioni presentano delle volte a botte. In uno di questi locali vi è una piccola scala che scende nella cappella sottostante. Due locali del primo piano sono stati realizzati, in epoca sicuramente successiva a quella di costruzione del castello, due soppalchi cui si accede tramite due scale in muratura molto strette. I muri sono a sacco con paramenti esterni in conci di tufo e nucleo centrale in scapoli di tufo e pietrame calcareo informe legati con malta di calce e terra rossa. Al di sopra del toro marcapiano che segna l’elemento di separazione del piano terra dagli altri piani, si nota che i filari di conci di tufo presentano due diversi spessori e precisamente vi sono 6 filari di conci dello spessore di 50 cm. A ridosso del toro (tale spessore è uguale a quello dei filari sottostanti) mentre i rimanenti filari sono dello spessore di 30 cm. Tutto questo fa supporre che il castello fu edificato in epoche diverse, anche se si è notato che i quattro petti che affacciano sul cortile presentano filari di conci di spessore costante di 30 cm. Le aperture dei muri, siano esse finestre o porte sono realizzate con piattabande in conci di tufo o pietra da taglio. I pavimenti dei locali sono per lo più in cemento pressato. Le pareti esterne presentano la muratura di conci di tufo a faccia vista. Le pareti interne sono intonacate ed imbianchite a latte di calce. Tutte le finestre sono provviste di una grata in ferro. La quota di calpestio dei locali situati al primo piano è di metri 4,80.
Secondo piano
Il secondo piano si sviluppa solo sul lato Ovest del castello che affaccia sulla gravina. Vi si accede tramite una piccola e pericolosa scala in muratura posta all’ingfresso del primo piano. Prima di raggiungere il secondo piano si arriva in una stanza posta a livello intermedio (quota di calpestio metri 7,60) la quale presenta una finestra che affaccia sul lato Sud del castello. Un lungo e stretto corridoio permette l’ingresso nelle quattro stanze del secondo piano divise fra loro da tramezzature di 30 cm. Le tre finestre del corridoio, le cui piattabande sono realizzate in conci di tufo, affacciano sul cortile interno, mentre le finestre delle stanze si trovano sul lato Ovest. Le chiusure orizzontali di copertura sono caratterizzate da volte a botte, mentre il pavimento è in mattoni di cemento pressato. Il secondo piano rappresenta un corpo aggiunto costruito in epoca sicuramente successiva alla costruzione del Castello.
Piano di copertura
Al piano di copertura di accede tramite una sola scala in muratura, stretta e lunga, con inizio nelle vicinanze del salone del primo piano. La copertura è a terrazzo lungo tutto il lato Nord, sul torrione Nord-Est e su parte del lato est; nella rimanente parte è a tetto con tegumento in coppi. Il manto di copertura è realizzato in mattoni di cemento. Lungo tutto il contorno esterno sui lati Sud, Est ed Ovest sono distribuite delle aperture (archibugiere) che mettono in risalto il carattere difensivo del fortilizio. Infatti, attraverso questi piccoli spazi era possibile difendersi senza essere colpiti. Sul lato Nord, invece, vi è un muro molto alto in tufo certamente realizzato in epoca successiva a quella di costruzione del Castello.
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[1]

Collegamenti
I collegamenti stradali principali sono rappresentati da (vedi):
- Autostrada A14 Bologna-Taranto (barriera di Massafra) da e per l'Italia settentrionale
- S.S. 7 ter
- S.S. 7 Appia da e per Brindisi
L'Aeroporto di Taranto-Grottaglie "Marcello Arlotta" effettua servizi di linea per il traffico passeggeri con voli charter. Gli aeroporti più vicini sono:
Amministrazione
Voci correlate
- ^ Dati tratti da:
- Popolazione residente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1991 (PDF), su ebiblio.istat.it, ISTAT.
- Popolazione residente per territorio – serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno.