Template:Comune

«Bisognerebbe trovarsi in questa terra in un bell'autunno per godere l'amenità della sua posizione e delle sue feste campestri; un vago teatro, allegre danze, vivaci merende, e tutte quelle altre festività che piacciono tanto più, quanto più siamo disgiunti dalla città. Giace questo paesello alle falde dell'erta e brulla montagna a cui la somiglianza della configurazione diede il nome di Corni di Canzo, lunati cocuzzoli, il più alto de' quali sorge piedi parigini 1076 al di sopra del livello del mare.»

Canzo (nell'idioma locale, Canz[1]) è un comune italiano di 5.165 abitanti in provincia di Como, nel Triangolo Lariano, tra le Prealpi lombarde. È il paese più settentrionale della Brianza, capoluogo della Comunità Montana del Triangolo Lariano.

Geografia

«Il borgo di Canzo è posto all'imboccatura della Valassina, a' piedi della tanto conosciuta montagna dei Corni, così chiamata dalla sua cresta, che la natura foggiò biforcuta, arida, rigida, d'un colore bigio cinereo, e qual veramente si conviene alla forma ed al colore delle corna, da cui prese il nome.»

È l'ultimo paese dell'Alta Brianza, al confine con la Valassina (da cui è separato dalla cascata della Vallategna), situato nella Val Ravella circondata dai monti Cornizzolo (nell'idioma locale, Curnisciöö), Corni di Canzo (Còrni o Curunghèj), Barzaghino (Barzaghìn) e Scioscia (Sciòscia).

È attraversato dal torrente Ravella (Ravèla), lungo il quale si è formato il centro storico, e ad ovest marginalmente dal fiume Lambro (Lambar) in corso torrentizio, proveniente dalla limitrofa Valassina; inoltre sono presenti molte fonti nelle montagne del paese ed un lago, il lago del Segrino, in comune con i paesi di Eupilio (Eupìli) e di Longone al Segrino (Lungùn).

L'altitudine del territorio comunale va da un minimo di 360 ad un massimo di 1.371 m s.l.m..

 
Canzo evidenziato tra i comuni della Provincia di Como.

Storia

Nascita del borgo

Il toponimo Canz deriva probabilmente dal latino Cantius, a sua volta derivato da una radice celtica [2].

Le tracce più antiche di colonizzazione umana del territorio canzese risalgono all'ultima fase della glaciazione wurmiana, durante il periodo mesolitico (circa 10.000 anni fa). L'accampamento di caccia situato a quota 900 m sul monte Rai (Raj) fu utilizzato durante il periodo estivo, continuativamente fino all'età del bronzo medio.

L'epoca eneolitica (circa 4.000 anni fa) è segnata dall'importante testimonianza di una tomba a cista con stele, ritrovata in località Büdracch. La tomba è stata totalmente ricostruita nel giardino delle scuole secondarie di primo grado.

L'età del bronzo antico è testimoniata da un insediamento sulla riva nordorientale del lago del Segrino, il cui ritrovamento ebbe un certo peso per la conoscenza delle prime popolazioni stanziali nell'alta Brianza.

L'insediamento sul sito dell'attuale abitato risale all'epoca romana, alla quale si deve inoltre il tracciamento delle strade principali per scopi militari e commerciali. Relativamente a questo periodo è stata scoperta una pietra miliare vicino al lago del Segrino, che indicava le distanze lungo la via strata (via lastricata), mentre nel 1822 venne messa alla luce una tomba romana con le sue suppellettili.

Medioevo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Corte di Casale.

Nei secoli dopo la scomparsa dell'Impero Romano, Canzo fece parte del contado milanese della Martesana (pur mantenendo di fatto un'accentuata autonomia comunale) ed in seguito divenne feudo del monastero di Sant'Ambrogio. Il toponimo della Martesana e del vicino paese di Castelmarte sono stati messi in relazione con un culto del dio Marte e alla presenza di ex legionari. Nel 1162 Federico Barbarossa lo cedette al monastero di San Pietro al Monte di Civate. In seguito Canzo entrò a far parte dei domini dei Visconti, che nel 1403 vi istituirono la Corte di Casale.

Nel 1472 gli Sforza, succeduti ai Visconti nel ducato di Milano, cedettero la Corte di Casale alla ricca famiglia di armaioli (fabbricanti di armi) dei fratelli Negroni detti Missaglia, che avevano richiesto la concessione per la presenza di miniere di ferro[3]. Lo stemma della cosiddetta Cumünanza da Canz, trascurato durante il Regno d'Italia e riadottato nel 2002, rappresenta infatti "tre forni all'antica a guisa di alveari, per la fusione del ferro"[4]. Nel Novecento la tradizione siderurgica si riversò nella fabbricazione di forbici, di cui Canzo divenne importante centro, benché fino a questo secolo l'economia prevalente fosse quella agricola (nel 2007 è stato creato un "angolo del lavoro", con una berta storica, ovvero maglio a caduta libera per la fabbricazione delle forbici, in piazzetta Turati).

Epoca moderna

 
Mappa del 1837 mostrante il territorio canzese

Nel 1526 l'esercito spagnolo in lotta contro il ducato di Milano occupò Canzo, tenuta dal condottiero di ventura Niccolò Pelliccione (riguardo il quale esistono nella tradizione molti aneddoti leggendari), al soldo del duca Francesco II Sforza. Dopo la morte di questi, Canzo, come tutto il ducato di Milano, passò sotto il dominio spagnolo e successivamente sotto quello austriaco.

Dopo l'estinzione della famiglia dei Missaglia nel 1667 la Corte di Casale passò ai marchesi Crivelli, che vi introdussero l'industria della seta e alla fine del XVIII secolo le filande attive erano sette. Nel 1786, nell'ambito della riorganizzazione del territorio, Canzo fu unito alla nuova provincia di Como. Nei secoli XVIII e XIX, fu capoluogo del Mandamento IV.

Tuttavia il legame con Milano rimane sempre molto forte fino ad oggi, grazie alla villeggiatura milanese (vennero costruite ville e il teatro), promossa a inizio Ottocento dalla costruzione della Strada di Niguarda e un secolo dopo dalla ferrovia. Canzo inoltre appartiene all'arcidiocesi di Milano, quindi al rito ambrosiano, e non alla diocesi di Como.

Demografia

Abitanti censiti[5]

L'incremento demografico a partire dagli anni cinquanta, che ha sfiorato il raddoppio della popolazione in 50 anni, è riconducibile agli effetti di una natalità sempre elevata, alla netta riduzione della mortalità infantile, all'aumento della speranza di vita e dall'altra parte da un costante fenomeno immigratorio verso Canzo.

Se negli anni cinquanta e sessanta il flusso migratorio fu indotto dal boom economico con la conseguente richiesta di manodopera dal Mezzogiorno, successivamente lo sviluppo urbanistico, generando un incremento nell'offerta abitativa, ha attirato molti nativi brianzoli, meneghini e valassinesi.

A partire dall'ultimo decennio del secolo scorso, anche Canzo è stata interessata dal fenomeno dell'immigrazione da Paesi più poveri, in parte stimolata dalla richiesta, da parte delle piccole industrie locali, di manodopera a basso costo e non qualificata.

I cognomi più diffusi e più tipici di Canzo sono Pina (probabilmente nato durante la dominazione spagnola) e Paredi (l'antico cognome degli alp), e tra i cognomi più antichi si trovano Paredi, Pellizzone, Carpani, Prina, Ponti, Gerosa, Gavazzi, Conti, Sormani, Masciadri.

Cultura locale

Dialetto

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dialetto canzese.

Il dialetto canzese è un dialetto del lombardo occidentale parlato da circa 2.000 persone del paese. È simile agli altri dialetti della Brianza, al Milanese e al Comasco. Presenta varianti anche all'interno del paese.

Feste e sagre

Giubiana da Canz

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giubiana.
«E sicome la stabiliss la leg 40 dal '868
che dopo 'l process gh'è la luganega e 'l risott,
la sentenza a la fin la pò vess pronunziada:
la Giubiana, stasira, ca la sia brusada!»

La Giubiana è una tradizione brianzola e piemontese consistente nel mettere al rogo il pupazzo di una vecchia che rappresenta i mali dell'inverno e dell'anno trascorso. La festa si svolge l'ultimo giovedì di gennaio. Al rogo segue una cena di risotto con salsiccia (lügànega), e vin brülé.

Il significato della manifestazione è quello di un rito propiziatorio che consiste principalmente nella coesione conviviale (risotto e vin brulé) della comunità attorno ad un simbolo (falò), nella pubblica denuncia dei mali passati (processo) e nella meditazione morale (dramma allegorico). Si presenta quindi come un sacrificio spirituale che richiama simbolicamente la Messa e che riunisce la comunità, benché in modo profano, secondo uno stesso spirito cristiano, che emana dalle parole e dal vigore civile della manifestazione.

A Canzo la celebrazione è particolarmente articolata, essendo presenti il processo in canzese con la sentenza dei Regiuu, ovvero gli anziani autorevoli del paese, e altri personaggi simbolici e tradizionali, quali la fata acquatica Anguana (proveniente dal Cèpp da l'Angua), l'Òmm Selvadech (cioè "uomo selvatico", personaggio della mitologia alpina; abita il Cimìn da Ténura), l'Urzu ("orso", che esce dalla tana alla Cròta dal Bavèsc, simbolo della forza istintiva che deve essere domata) e il Casciadùr ("cacciatore", che doma e fa ballare l'orso), il Bòja ("boia" che rappresenta la condanna del male), i Cilòstar (cioè "coloro che reggono i candelabri", incappucciati, che simboleggiano la luce che vince il Male), i Bun e i Gramm ("buoni e maligni", bambini vestiti di bianco e di nero, tinti in volto, che con il suono delle campanelle e con il rumore delle latte invitano le forze del bene e scacciano il maligno), l'Aucatt di caus pèrs (l'avvocato delle cause perse, quello venuto dal foro di Milano per difendere la Giubiana), il Barbanégra (l'indovino), gli Scarenèj (i rappresentanti della vicina campagna di Scarenna, legata storicamente con i contadini canzesi), le Strij picitt (le streghe che fanno paura ai bambini), la Cumàr da la Cuntrada (che legge il testamento della Giubiana), i Diauj da la bèla vus (diavoli che cantano l'ode alla Giubiana), i Pumpiér (i pompieri in bicicletta, in costume storico e con la pompa dell'Ottocento), il Pastùr (il rappresentante in maschera del mestiere pastorizio; suona il corno), l'Alpée (abitante dell'alp; trasporta le corna di caprone), i Buschiröö (maschera del boscaiolo), il Carètt di paisàn ("carretto dei contadini"), il Traìn (lo "slittone" con le fascine), ed altri ancora, che percorrono in processione con il popolo parte del centro storico. La festa è arricchita da vestiti tradizionali e da suggestivi addobbi, tra cui la gamba russa (cioè "rossa") e i paramenti a lutto, com'è anche la musica dei tamburi, della banda e dei baghèt. I nuclei importanti sono il dramma allegorico in piazza, il processo e il momento del falò; inoltre, nella mattina prima della manifestazione vi è la ricerca e la cattura della Giubiana da parte dei bambini, cui viene offerta in premio la cioccolata. L'atmosfera è di forte sacralità e festosità, grazie al simbolismo, di origine celtica e cristiana, presente in tutta la manifestazione.

Carnevale e Quaresima

Nel rito ambrosiano il calcolo dei giorni di Quaresima viene effettuato contando anche le domeniche, portando così i giorni quaresimali feriali a 36, pari alla decima dei giorni dell'anno. Perciò comincia quattro giorni dopo rispetto al rito romano, e questo provoca l'allungamento del carnevale sino al sabato e lo spostamento dell'imposizione delle ceneri alla domenica. Il culmine delle manifestazioni carnevalesche non è quindi il martedì grasso ma il sabato di Carnevale, quando si svolgono sfilate in maschera, composte da singoli partecipanti e da associazioni.

Cargà i alp

Ogni anno, in corrispondenza dell'antica festa celtica di Bealtaine, è ripercorso un originale (ma allo stesso tempo antico) itinerario fra i monti di Canzo, rievocante l'antichissima usanza del cargà i alp (ovvero la transumanza verso gli alpeggi), che avveniva in queste zone fino alla metà del Novecento. Il viaggio, che dura tutta la giornata, termina con una cena didattica al Terz Alp.

Macc

Festa primaverile dei ragazzi di leva, che portano in paese dai boschi la Pianta dal Macc ("pianta del maggio"), un abete rosso (péscia) e, dopo averlo privato delle fronde ad eccezione della cima, e decorato con nastri colorati, lo installano in una piazzetta. Quindi il tronco viene marchiato con il numero dell'anno della classe e vi si issa un pupazzo (rampeghìn), rappresentante la gioventù che si arrampica e sale. Importante è anche il saggio aiuto degli anziani. La festa, di origine celtica, è presente in varie forme anche in altri luoghi d'Italia, dove viene chiamato "albero della cuccagna" o "calendimaggio", e d'Europa, come in Spagna, dove viene chiamato Mayo (o cucaña). Il nome, in entrambi i casi, corrisponde a quello del mese di maggio.

Festa del Sole - Festa di Òman

La Festa del Sole di Mezza Estate ha origini antichissime, celtiche e poi romane, ed è assimilabile ad altre feste estive come il Ferragosto (che a Canzo si festeggiava la prima domenica d'agosto). Il suo nome celtico è Lughnasadh, cioè festa in onore del dio Lugh, signore del sole, paragonabile con il Sol Invictus; si celebra in una giornata nei dintorni del solstizio d'estate. Viene sovrapposta alla tradizionale Festa di Òman, estintasi cent'anni or sono, in cui si celebrava la mascolinità, legata sempre ad immagini di forza e fertilità proprie del sole. Lo stesso sole che fecondava le messi alpine: dunque si coglie l'occasione per ricordare anche l'importanza della coltura montana nell'economia-tradizione agricola d'un tempo, simboleggiata dall'alp e dal suo , simbolo della cultura patriarcale e del saggio e stabile rapporto dell'uomo con la natura. Dalla Festa di Òman deriva l'uso di legare un fiocchetto rosso alla patta degli uomini e di decorare con nastri e fiocchi colorati cappelli ed altro. Si sale in corteo da Gajum al Prim'Alpe, dove si svolgono giochi (da fòrza e da malizia), refezioni tradizionali, canti, riti simbolici, tra cui il suono del corno del pastore, la s'ciupetada, la lettura dell'Ode al Rè di Alp.

Fera di üsei

Si tratta di una fiera internazionale degli uccelli e della caccia, tenuta in una giornata di domenica d'agosto nel "campo di Miro" (comprendente la piazza Giovanni XXIII, il parco giochi, il palazzetto dello sport e la piazzetta dei Caduti Alpini). Comprende un mercato (specialmente di oggetti venatori e da pesca), la vendita di uccelli, cani e animali da cortile, concorsi e mostre canine e dimostrazioni e gare di chioccolo, tiro con carabina, falconeria e lancio di piccioni viaggiatori. Nel parco Barni di prima mattina, si svolge inoltre una gara di canto per uccelli, con premi divisi per specie. Nacque nella forma attuale nel 1963 ed ha fatto da modello a numerose manifestazioni del genere nei paesi circostanti. È organizzata dalla canzese Associazione Cacciatori.

Biofera

 
Vista di un cortile di Villa Meda durante la Biofera.

Il secondo fine settimana di settembre, nei cortili ed interni di Villa Meda, si svolge la Biofera, una fiera mercato nella quale artigiani, agricoltori e trasformatori, selezionati accuratamente, presentano i loro manufatti ed i prodotti di agricoltura biologica, sono presenti esposizioni di terapie, farmaci e rimedi di medicina alternativa. Contemporaneamente si tengono conferenze sui temi del rapporto uomo-natura e altri settori conducono il visitatore alla riscoperta di usanze e conoscenze tradizionali. In questa fiera sono confluiti anche elementi della vecchia Festa di Nost, con danze, concerti, canzoni, laboratori, esercizi, degustazioni guidate, ritualità, dimostrazioni, teatro, divertimenti per bambini e competizioni tipiche, legate alla tradizione celtica. In quanto fiera della cultura biologica, essa è tra le più importanti in Italia, assieme alla Fierucola di Firenze ed alla fiera biologica di Trieste.

Castagnate

 
Castagne.

Come è tipico in tutta la Lombardia, a Canzo si svolgono le "castagnate", ovvero manifestazioni di diverso genere in cui ci riunisce per mangiare prevalentemente caldarroste (biröll). La principale è la castagnata alpina, organizzata dal gruppo Alpini di Canzo.

Natale

Oltre alla presenza di suonatori girovaghi di pive, baghèt e pifferi, accompagnati dal cafè dal pügnatìn (un tipico caffè speziato) e dalla distribuzione dei ceppi di Natale, contribuiscono alla creazione di un'atmosfera natalizia altre iniziative, quali convivi a base di trippa in minestrone (büsechìn da la vigilia) da parte di alcune associazioni (Alpini, Cumpagnia di Nost, Cacciatori...), e la messa natalizia in aurora (Mèssa Prima), con la lettura del Vangelo in canzese.

Festa patronale e fiera di santo Stefano

Nel giorno del santo (26 dicembre) si tiene una processione solenne e, come da tradizione brianzola, si brucia un pallone bianco appeso al soffitto della chiesa durante la messa principale delle ore 10:30. In via Rimembranze e nel piazzale Giovanni XXIII si svolge la fiera di Santo Stefano, che ha sempre attirato compratori e curiosi da tutta la Brianza. Nel periodo natalizio, in concomitanza con la festa patronale, vi sono a Canzo le giostre e il circo sulla piazza del mercato, un tempo in piazza della chiesa.

Mercati periodici

Il normale mercato settimanale si svolge ogni mercoledì sulla piazza Giovanni XXIII (in passato si teneva nella piazza della chiesa e nel portico antico). Inoltre si fa mercato il 26 dicembre, festa patronale di Santo Stefano. D'estate, di domenica, nel suggestivo Parco Barni, vi è il mercato domenicale (detto strasc e besasc), abbinato alla "Piccola Bagutta"[6].

Video Festival di Canzo

Presso il Teatro Sociale, si svolge la rassegna competitiva per cortometraggi, organizzata dalla Provincia di Como, dalla Comunità Montana del Triangolo Lariano, dal Comune, dalla Pro Loco e dalla Biblioteca di Canzo. È una manifestazione tra le più prestigiose del suo genere, con una giuria di grande qualità. Sotto l'organizzazione di Mauro Antonelli è arrivato alla XV edizione e, dopo gli spostamenti da settembre a novembre e dicembre, per motivi economici, nel 2007, l'evento non ha avuto luogo.

Specialità gastronomiche del paese

 
Sacchetto dei Nocciolini di Canzo
  • Nocciolini di Canzo: piccoli dolci simili all'amaretto secco, a base di farina di nocciole, con l'aggiunta di albumi montati, zucchero e aromi particolari, in vendita in alcune pasticcerie del paese. La produzione più celebre è quella Citterio, della cosiddetta "Fabbrica dei Nocciolini". Sono riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale dalla Regione Lombardia.
  • Vespetrò: liquore a ricetta segreta, di origine savoiarda, brevettato dal canzese Scannagatta. È stato prodotto fino agli anni '60-'70, venduto in tipiche bottiglie strette ed allungate. La produzione di questo liquore (con coriandolo ed altre erbe), diffuso e rinomato in passato, trova testimonianza nelle guide Baedeker di inizio Ottocento, che lo indicano come soggetto di rilevanza per il paese. Recentemente è ricominciata la sua produzione.
  • Pulénta e lacc: polenta bollente in latte freddo, preparata specialmente presso gli alp ed i rifugi. La polenta tipica della zona è gialla e solida.
  • Témpia cui sciger: tempia di maiale con i ceci, cucinata un tempo in tutte le botteghe del paese in occasione del Dì di Mòrt (Commemorazione dei Defunti).
  • Funghi trifolati: tipica di Canzo secondo il manuale Vecchia Brianza in cucina[7].
  • Tordi arrosto, Uccellini con la polenta e Poccen de salsa e fongs secch (intingolo di salsa di pomodoro e funghi secchi): sempre secondo il manuale citato.
  • Coq-au-vin e Boeuf-à-la-mode (stracotto di manzo): ricette portate a Canzo da Stendhal.

Costume tipico

 
La raggiera femminile, chiamata Sperada, composta da gügiùn, spadinn e cügiaritt.

Il costume tipico femminile corrisponde all'abito delle grandi occasioni delle donne brianzole nella sua forma ottocentesca. Essenzialmente si tratta di gonna e busto marroni con grembiule, scialle e camicetta bianchi, oltre a una raggiera di spadine traforate d'argento per tenere i capelli raccolti (uno spillone [gügiùn/spüntùn] con due pomi ovali caratterizza le ragazze da marito, che fidanzandosi aggiungono la serie a raggiera di spilloni [cügiaritt] e spadine traforate e uno spillone centrale dopo il matrimonio [spadinn]), agli zoccoli ecc.

Il costume tipico maschile lascia più concessioni al vestiario ottocentesco di tutti i giorni, poiché l'abito elegante maschile si era ormai quasi uniformato allo stile comune europeo. Un abito più semplice e quotidiano può essere composto da pantaloni (anche alla zuava) e panciotto solitamente marroni in fustagno o velluto rigato, da una camicia bianca o a quadri, da zoccoli in legno con fascia di cuoio, da un cappello di feltro. Un vestito più elegante e ricco può avere una cravattina o un fiocco, la camicia può essere ornata da merletti, si possono usare delle scarpe scure, un orologio da tasca con la catenella, una giacchetta. Altri elementi aggiuntivi possono essere un foulard (solitamente su fondo rosso), il mantello nero di lana pesante impermeabile (tabaar), una penna o dei fiori sul lato del cappello, una sciarpa di lana ecc.

Le calze, la sciarpa, il foulard, il fiocco ecc. sono solitamente rossi, in quanto considerato il colore più festoso. Esistono numerose varianti a seconda della festa, della stagione, dello strato sociale e della professione (ad esempio il colletto del murnée è senza risvolto, il gilet dell'alpée è nero).

Musica

Associazioni musicali sono: il Centro Musicale Canzo, presso il quale si tengono corsi di vari strumenti e dal quale CMC è nata una nuova banda; l'Associazione Culturale Musicale "M° Carlo & Maria Colombo" con Coro, Orchestra (da 10 a 30 elementi) e Corpo Musicale; il Coro A.N.A. di Canzo; la Corale parrocchiale e il coretto "Santo Stefano".

Molto sentito è il canto popolare, che si esprime nelle tradizionali forme lombarde; è tendenzialmente polifonico, con testi in dialetto, italiana o in altre lingue; la voce può essere accompagnata da strumenti quali la fisarmonica. Un'altra forma musicale tipica di queste zone è il canto ambrosiano, utilizzato in alcune solennità, monodico (cfr. Cantus Firmus) e basato su diatonia e antifonia. Nel canto alpino e in altri canti tipici, vi è la prevalenza assoluta dell'a cappella.

Lavoro


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Personalità legate a Canzo

 
Filippo Turati.
 
Salvatore Fiume all'opera nel suo studio di Canzo.

Associazioni

Principali associazioni culturali/sociali

  • Amici della banda
  • Associazione Nazionale Alpini
  • Associazione Nazionale Carabinieri
  • Associazione Volontaria di P.S. e P.A. SOS
  • Centro di aggregazione "Piera Mazza"
  • Centro Musicale Canzese
  • Circolo Culturale "F. Turati"
  • Associazione Culturale Musicale "M° Carlo & Maria Colombo"
  • Corale "Santo Stefano"
  • Coretto Oratorio "Santo Stefano"
  • Cumpagnia di Nost
  • Filodrammatica Canzese
  • Fondazione "Raverta"
  • Gruppo folcloristico Fit-Fucc
  • Gruppo Naturalistico Brianza
  • Gruppo Natura "Marco Bomman"
  • La Margherita Spazio Aperto
  • Mobeel - Associazione Culturale
  • Pro Canzo
  • Società Operaia di Mutuo Soccorso

Principali associazioni sportive

  • A.S. Canzo
  • Associazione Cacciatori
  • Atletica Triangolo Lariano
  • Bocciofila Canzese
  • C.A.I. Sezione di Canzo
  • Ciclo Team Canzo
  • Club Ippico Ravella
  • Gruppo Sportivo Oratorio
  • K3 Volley Team
  • Karate Do Canzo
  • Moto Club Canzo
  • Polisportiva Canzese 2001
  • U.S. Canzese
  • U.S. Giovanile Canzese

Organizzazione ecclesiastica

La parrocchia prepositurale di Canzo ha sede presso la Basilica Prepositurale Plebana di Santo Stefano protomartire. Il titolo prepositurale fu concesso nel 1899 quando 21 Aprile Papa Leone XIII, con decreto, dichiarò che i parroci di Canzo sarebbero divenuti prevosti pro tempore sed non ad personam legando perciò il titolo alla sede; nella stessa data il card. Ferrari istituì il Vicariato foraneo di Canzo (1906-1971), comprendente le parrocchie di Caslino d’Erba, Castelmarte, Corneno, Galliano, Longone e Proserpio andando a confermare quelle Parrocchie che già de facto costituivano una pieve con città capopieve in Canzo sin dalla costituzione della Corte di Casale; l'ultimo vicario fu Mons. Gino Molon in quanto, nel 1972 con l'abolizione dei vicariati foranei, il vicariato di Canzo fu suddiviso tra i decanati di Erba e di Asso. Il prevosto è solitamente accompagnato da un altro presbitero (vacante).

L'oratorio (Sacro Cuore), costituito attualmente dalle due sedi di via Sombico (ex oratorio maschile) e di via Rimembranze (ex oratorio femminile), è retto da un coadiutore (vacante), mentre l'oasi monastica di San Francesco è curata da un altro sacerdote (don Ezio Brambilla). Quest'ultima ha ospitato recentemente anche mons. Franco Brovelli, per un ministero di accompagnamento spirituale dei sacerdoti. Sono presenti anche le chiesette di San Miro al Monte e di San Michele al Lazzaretto. In via Sombico hanno sede le Suore di Carità delle sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa dette di Maria Bambina, addette alla pastorale parrocchiale, mentre in via Risorgimento vi è la casa di preghiera delle suore Serve di Gesù Cristo.

La Prepositura di Canzo appartiene al decanato di Asso (del quale è la parrocchia più popolosa), della Zona Pastorale III di Lecco dell'Arcidiocesi di Milano. Si segue il rito ambrosiano.

L'attuale parroco è don Erminio Burbello, prevosto e decano.

Il parroco di Canzo, in quanto prevosto (dal 1899), ha diritto a portare la talare marezzata con mozzetta paonazza con filettatura e bottoni cremisi, la croce pettorale con cordone giallo e la ferula (di cui sono conservati tre esemplari), mentre la cappa magna paonazza con filettatura cremisi, sebbene sia stata abolita, viene utilizzata a discrezione del prevosto (sovrastata dalla mozzetta). Nel giorno del suo ingresso vestiva con rocchetto con contromaniche rosse, doppia mantellina paonazza bordata cremisi, cappamagna sovrastata dalla mozzetta e croce pettorale con cordone giallo. La berretta è marezzata e a scelta con fiocco nero o paonazzo, il saturno è damascato. Il diritto allo stemma araldico è stato soppresso. In quanto decano, è delegato ad amministrare nel decanato la Cresima a nome del Vescovo. Per questo scopo può indossare la mitria bianca semplice e la croce pettorale con cordone giallo. Il prevosto di Canzo, inoltre, come da decreto di Papa Leone XIII, dopo cinque anni di permanenza nel suo mandato acquisisce de facto il titolo di monsignore con la possibilità di vestire gli abiti del Prelato Domestico (oggi Prelato d'onore di Sua Santità).

Trasporti

Template:LeNord/Milano-Canzo Il paese è punto terminale della linea ferroviaria di proprietà regionale Milano-Canzo/Asso, gestita dal Gruppo FNM.

Sul territorio comunale, sono presenti due stazioni:

I servizi di trasporto pubblico sono completati da linee dirette di autobus per Como, Erba, Bellagio, oltre a numerose linee indirette. Le strade principali sono la provinciale verso la Valassina (Strada di Niguarda) e la SS 40 (Arosio - Canzo) verso la Brianza meridionale attraverso Erba.

Luoghi d'interesse

«Affrettato, come lo dev'essere un romanziere da giornale, non mi diperderò o lettore, nel descriverti, come pur avrei in animo, le condizioni topografiche, industriali ed economiche di questo paese ch'è, fuor di dubbio, una delle più ricche, svegliate e patriottiche fra le grosse borgate del contado lombardo.
E di tutto ciò, tu, mio lettore, potrai convincerti in persona, se, visitando il borgo di Canzo nelle tue gite autunnali, avrai agio di ammirare i vari opifici, i bei palazzi, il grazioso teatro e le amene ville dei dintorni, e, meglio ancora, se, intrattenendoti coi borghigiani, ne apprezzerai il carattere franco, ospitale, congiunto a quella squisitezza di sentimenti patriottici, a quel criterio politico, che, sgraziatamente, non si trova con troppa frequenza negli altri grossi centri della campagna lombarda, particolarmente in quella parte di essa che si chiama la Bassa.»

Luoghi naturali

«Questo paese posto sotto un cielo ridente, ove natura parla ai cuori sensitivi col linguaggio della più cara dolcezza [...]»

I boschi

 
Tratto della strada che porta al Primm Alp.

I boschi di Canzo, oggigiorno più abbondanti a causa dell'imboschimento delle aree un tempo adibite a fienagione e pascolo, sono composti da alberi quasi esclusivamente cedui come roveri, castagni, noci, frassini, faggi, betulle, tigli, abeti rossi, ippocastani, sorbi, tassi, noccioli, aceri, agrifogli, allori, bagolari, bossi, rovi, pungitopi ecc. Negli ultimi decenni in alcune zone montane sono stati piantumate distese di pini, che in verità non appartengono alla vegetazione locale. Sono presenti inoltre piante coltivate come viti, gelsi, meli, pruni, fichi, albicocchi, peri, cachi ecc. Vi sono numerose specie di piante erbacee e fiori (alcuni protetti). Si pratica la caccia al capanno, quasi esclusivamente uccellagione, specialmente di turdidi.

Prati e coltivi


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I principali prati o terreni coltivati ora edificati sono le località: Tera Russa, Lagüsc, Crann a bass, Doss, Camp da Miro, Valicc, Zìgur, Crusett, Vigna da la Tur, Piazöra, Maj, Zoch dal merlo, Vigna, Vignöra, Ruassee, Murunera, La Pista, Curnaa, Pian da Mirabela, Pignascia, Nuell, Pè da Nepi, Gerascia, La Pietra, Cà növa, Gerett, Parisùn, Sota la strada da Preserp, Tumb, Campasc, Budracch, Caravazz, Doss di Sant.


Fonti di Gajum e altre fonti

«Questa amena e solitaria altura fa dimenticare la fatica della sua ascesa, mercé i variati e pittorici prospetti che di tratto in tratto presenta, fra' quali uno e forse il migliore è la fontana di Gajumo, in un bacino quasi circolare posto ai piedi del suddetto romitaggio.»
 
I tipici tavoli in pietra presenti alle fonti di Gajum a partire da fine '800

Le fonti da Gajum si trovano sul versante destro del Torrente Ravella, alla quota di m. 485 s.l.m., al bivio delle strade che portano agli alp ed al Santuario di San Miro.

Il nome delle "Fonti di Gajum" è italianizzato dal canzese Gaümm (dalla radice celtica ga=recipiente, pancione), che significa mallo, in quanto sopra alla fontana era presente un grosso noce e i malli cadevano nella vasca. La fama della bontà di quest'acqua è così diffusa che di fronte alle fontanelle vi è sempre una fila di persone, provenienti da tutta la Brianza e dal milanese con bottiglie vuote e taniche da riempire; una ordinanza comunale limita a sei il numero di bottiglie riempibili consecutivamente. Secondo l'antica tradizione contadina, Gajum è la terza fonte più pregiata di Canzo.

Le Fonti di Gajum sono un classico punto di sosta e di ristoro per gli escursionisti da più di un secolo, tipici sono i tavoli ed i sedili in pietra, ancora esistenti nel luogo, e risalenti a quando queste fonti furono scoperte, dal punto di vista turistico durante l'Ottocento. Nel bosco, sopra le fonti, nei secoli scorsi venne eretta una Cappella dedicata alla Madonna Addolorata (Madòna di Sètt Dulùr), tuttora ben conservata.

Negli anni sessanta fu creata, da alcuni canzesi una società per imbottigliare l'acqua della fonte; questa società venne poi assorbita dalla Bognanco, ed ora l'impianto, non più attivo, è di proprietà del Comune. Una piccola parte dell'acqua di Gajum è immessa nell'acquedotto comunale ed un'altra parte è condotta fino ad una fontana interna nel giardino di Villa Meda.

Nel territorio canzese sono presenti molte altre sorgenti: ogni alp fu costruita in corrispondenza di una o più fonti, necessarie per la vita dell'alp; altre sorgenti sono presenti nella valle di Pesora e presso l'eremo di San Miro, oltre che in altri luoghi meno accessibili lungo i versanti della Val Ravella. Per l'abbondanza d'acqua, anche rispetto ai paesi circostanti, sono presenti in paese molte fontanelle pubbliche di acqua potabile, e ancor più ce n'erano in passato. Per quanto riguarda la sacralità delle fonti, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

Lago del Segrino

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lago del Segrino.
 
Il Lago del Segrino visto dal belvedere della Büdrachèra.

Il lago, di origine glaciale, situato in una stretta valle tra i monti Cornizzolo e Scioscia, ha una tipica forma allungata (1.800 m in senso nord-sud, per una larghezza massima di 200 m). Le sue acque, poco profonde, sono di color verde intenso e purissime, in quanto tutte le sorgenti sono sotterranee: è un'area verde protetta. Si ritiene che il suo nome derivi dal latino Fons Sacer, ossia Fonte Sacra, trasformatosi col tempo in Sacrinum e quindi Segrìn (in dialetto locale). È famoso per la qualità delle sue acque e per la sua felice e tranquilla posizione, che ispirò numerosi scrittori dell'Ottocento. Per l'origine della sacralità del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

Gli Alp

 
Fonte d'acqua e lavello in pietra al Primm Alp.

Gli alp sono frazioni montane, abitate un tempo tutto l'anno, che potevano ospitare fino a cento contadini ciascuno, con numerosi capi da allevamento. Vi si praticava un'agricoltura montana, che richiedeva prati, campi e boschi puliti, per evitare il rimboschimento e assicurare la necessaria esposizione al sole, atta a contrastare il clima rigido. Essi sono costituiti da un unico blocco abitativo, imperniato sulla curt, a cui si aggiungono talvolta altri piccoli edifici, quali i casèj e le ghiacciaie, per la conservazione degli alimenti.

I più importanti alp si trovano lungo la strada acciotolata che dalle "Fonti di Gajum" sale verso la "Colma", lungo il versante destro della Val Ravella, e sono chiamati col numerale secondo la disposizione lungo l'itinerario:

  • Primo Alpe (Primm Alp), detto anche Alpe Grasso (Alp Grass) per la sua fertilità, a quota 720 m. L'Alp venne abbandonato negli anni cinquanta dalle famiglie che storicamente vi abitavano, quando la sua area venne inglobata nella Riserva dei Corni di Canzo e venne gestita dal Corpo forestale dello Stato, che organizzò parte del prato sottostante come vivaio di piante. A seguito del trasferimento di competenze al servizio forestale regionale, l'edificio principale venne ristrutturato preservandone i tipici lineamenti architettonici originari, ed è dato in gestione ad una cooperativa di educazione ambientale, contiene un piccolo museo naturalistico, specifico dell'area, funge da ostello per queste attività educative e per volontari ecologici. Un muro esterno è stato attrezzato come palestra artificiale di arrampicata. Vi è un giardino botanico; da qui parte un sentiero, recentemente arricchito da sculture di gnomi.
  • Secondo Alpe (Segùnt Alp), detto anche Alpe Betulli o Alpe del Sole (Alp dal Suu), perché ben esposto al sole, a quota 790 m. Vi nacque san Miro, ma fu abbattuto e abbandonato negli Cinquanta e recentemente vi sono stati condotti degli scavi che hanno permesso di individuare la planimetria degli antichi fabbricati. Quando i lavori saranno completati, verranno allestiti un punto di ritrovo culturale e alcuni campi coltivati a cura delle associazioni canzesi.
  • Terz'Alpe (Terz Alp), detto anche Alpe Piotti, a quota 793 m. Si trova alla base della salita per i Corni di Canzo, ed all'incrocio con i sentieri (percorribili anche in bicicletta) che collegano la Val Ravella con la Colma e il Cornizzolo. Fino a pochissimo tempo fa vi si proseguiva la tradizione degli alp, era abitato permanentemente tutto l'anno, con un piccolo pascolo di mucche; inoltre durante i fine settimana fungeva da trattoria e punto di ristoro per gli escursionisti.

Alpeggi minori sono l’Alpètt, l’Alp a vòlt... ubicati a mezzacosta del monte Cornizzolo, lungo il versante che dà sulla Ravella, abbandonati da tempo e quindi con le parti in muratura in rovina.

I Corni di Canzo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Corni di Canzo.
 
I Corni di Canzo.

I Corni di Canzo, in lingua locale Còrni o Curunghèj o Colonghej, sono tre cime rocciose, di cui due sono più visibili (Curunghelùn e Curunghelìn), aventi la forma di corna. Il corno più alto raggiunge i 1371 m s.l.m.. Sono meta prediletta degli escursionisti e in alcuni tratti ci sono delle ferrate; è presente il rifugio SEV. Alle pendici dei Corni sono collocati i tre alp maggiori di Canzo. A valle scorre il torrente Ravella.

Il Cornizzolo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cornizzolo.
 
Cima del monte Cornizzolo.

Questa montagna, in lingua locale Curnisciöö, 1241 metri s.l.m., è sormontata da una croce, opera dei mastri fabbri di Canzo. A circa 1100 m vi sono il rifugio Marisa Consiglieri e la Cappella degli Alpini. La presenza millenaria di innumerevoli luoghi di culto la rendono montagna sacra. Sono presenti diversi alp su tutti i versanti, mentre sul lato di Civate vi sono edifici rustici chiamati "casotte". Di notevole interesse storico-architettonico è l'Abbazia di San Pietro al Monte e il sottostante Oratorio di San Benedetto, del XI secolo in stile romanico. La montagna è molto conosciuta dai ciclisti e dagli appassionati di deltaplano e parapendio.

Luoghi di culti plurimillenari

 
Geologia dei monti locali, da Paleontologie lombarde di Antonio Stoppani.

Fin dalla colonizzazione celtica, tutta la valle di Canzo fu legata al culto dell'acqua, di cui vi è magnifica abbondanza, e della pietra[8]. Un esempio della diffusione di questi culti acquatici è quello della Fons Sacer (lat. Fonte Sacra) del lago del Segrino, trasformatasi dapprima in culto romano a Marte, come si nota nei toponimi Castèll Mart e Martesana, poi nella devozione a San Michele, come presso la buona fonte del Lazzaretto. Esempio invece di culto dei massi è il Sass dal Primm Fiöö, dove anticamente si recavano le donne per ottenere un buon parto; l'equivalente cristiano si ritrova nella scalinata ed edicola di Sant'Anna, con la stessa funzione. Più visibile è la grandissima roccia detta Cèpp da l'Angua, collocato ai piedi del monte Raj, dove si sovrappongono l'elemento acqua e l'elemento pietra: è infatti una pietra in origine dedicata alla fata acquatica Anguana (da cui il nome), presente anche nella complessa celebrazione della Giubiana. Nel medioevo, al contrario di quanto avvenuto in San Michele, questo culto non è stato assimilato ma demonizzato: da qui deriva il secondo nome dello stesso, Scalfìn dal Diaul, ovvero "tallone del diavolo". Il santuario di San Miro, inoltre, è costruito in corrispondenza di una fonte sotterranea, sede di un luogo sacro celtico (vi sono state trovate delle "coppelle"). Un altro masso rilevante è il Sass da la préa, che si trova sulla cresta di Cranno.

Sentieri e strade montane


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Tra i principali sentieri, quelli che si dipartono dalle Fonti di Gajum sono numerati e segnalati tramite i cartelli del CAI: il Sentiero 1 conduce a Pianezzo (1.225 m), con rifugio SEV, attraverso 1°, 2° e 3° Alpe, mentre il Sentiero 5 continua sino alla colletta dei Corni di Canzo; il Sentiero 2 conduce al 3° Alpe facendo tappa all'eremo di San Miro; il Sentiero 3 va preso al Lazzaretto, poco distante da Gajum, e conduce al Cornizzolo, con rifugio Consiglieri, passando per la Val di Pesora, mentre il Sentiero 4 fa proseguire fino a Pianezzo; il Sentiero 6 coincide in parte con il sentiero geologico e attraverso San Miro e Alpe Alto può condurre sia al Terz'Alpe sia alla cima del Cornizzolo; il Sentiero 7 è invece il sentiero diretto per il Cornizzolo. Si segnalano inoltre la Via Ferrata del Corno occidentale, il Sentiero dello Spaccasassi, il Sentiero del Repossino, il Senterùn (conduce all'Alpe di Carella), il Sentee di Budracch o Budrachèra (collega Caravaggio al Lago del Segrino attraverso il belvedere e il funtanìn con i gradoni costruiti dagli Alpini), il Sentiero di Scioscia (conduce alla cascina Inarca).

Edifici

Tra i giardini e parchi storici d'interesse culturale vincolati dalla legge nazionale vi sono Casa Piotti con parco (decreto 29/1/1975), Villa Gavazzi Balossi Restelli (decreto 30/4/1981) e Villa Meda con parco (declaratoria 25/1/1977). Gli edifici di archeologia industriale registrati presso la Regione Lombardia sono il Fabbricato viaggiatori (scheda n.443) e il Magazzino merci (scheda n.440) della Stazione terminale, appartenente alla Rete ferroviaria delle Ferrovie Nord Milano (scheda n.499), e Villa Verza (scheda n.452), mentre il corrispondente Filatoio di Cranno (scheda n.444) è già in territorio assese.

Villa Meda - Stelline - Caserma

 
Volta del battistero di villa Meda

Villa Meda (XVII-XVIII sec.), costruita sul fianco destro del torrente Ravella, nel centro storico del paese, è un complesso composto da una corte principale con un porticato ad arcate con pilastri quadrangolari, decorati da lesene che sostengono un marcapiano. All'interno sono presenti volte affrescate e soffitti in legno a cassettoni decorati da Luca Roscio di Vill'Albese, del 1701[9]. Da un altro più piccolo cortile interno, si accede al battistero a pianta circolare, con colonnato centrale in pietra e volta ottagonale in legno. Il parco è occupato da alcune piante secolari, cippi in granito, balconate belvedere, portali e nicchie sul muro simulanti piccole grotte, come in uso nei giardini signorili ottocenteschi.

La villa è opera dell'architetto Simone Cantoni[10], che trasformò una casa di campagna nella residenza del conte Meda, con interventi di stile neoclassico. Il progetto si protrasse dal 1795 al 1804, quando il lavoro fu portato a termine dal monsignore fratello del conte. L'architetto dispose i locali di rappresentanza attorno ai cortili interni e le parti abitate a contatto col giardino all'italiana e con l’ambiente agreste raggiungibile sull' altra sponda del il torrente Ravella tramite un ampio ponte interno al perimetro della villa.

L'edificio, venne usato nel XX secolo come colonia estiva per le Stelline[11] e poi, durante la Seconda guerra mondiale come caserma, ospitando le SS italiane arruolate presso le carceri milanesi; recentemente è stato restaurato per un utilizzo misto privato, sale pubbliche e stanze date in gestione alle locali associazioni; vi ha sede la biblioteca civica.

Teatro Sociale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro Sociale (Canzo).
«Tra le dolcezze della terra di Canzo, pur si dee in molto pregio aver quella delle conversazioni, condita da disinvoltura ed amabile urbanità, nelle quali molto piacevolmente si passano le giornate piovose e le lunghe sere autunnali. Intanto il mio nuovo Mentore, che molto si compiaceva delle mie osservazioni, licenziandosi da quella brigata e dandomi il braccio, cominciò a condurmi a visitare il suddetto bellissimo teatro, recentemente innalzato da un'unione sociale, sotto il disegno e la direzione dell'architetto Besia.»
 
Facciata del Teatro Sociale di Canzo.

La "Società del Teatro Sociale di Canzo"[12] venne fondata nell'aprile del 1828 per volontà di famiglie benestanti canzesi e milanesi, con autorizzazione di Maria Teresa d'Austria. I lavori di costruzione furono ultimati l'anno successivo permettendo l'inaugurazione il 18 ottobre del 1829 invitando la compagnia del Teatro Filodrammatici di Milano.

Il Comune, divenuto proprietario dell'immobile, si occupò di rinnovare il tetto dopo la storica nevicata del 1985 e se ne decise il completo restauro, dopo circa cinquant'anni di funzionamento come sala cinematografica. Fu quindi inaugurato il 25 aprile del 1990.

L'Amministrazione comunale decise di allestire di nuovo una stagione teatrale per gli anni 1991-'92, iniziando proprio col Teatro Filodrammatici di Milano. Accanto a questa compagnia vanno ricordati anche l'orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano e l'Autunno Musicale di Como sempre presenti nella programmazione. Sono inoltre frequenti commedie in lingue regionali, grazie ad una compagnia veneta ed alla Filodrammatica Canzese.

Ospita attualmente stagioni di musica e di prosa.

Nell'antistante piazza Garibaldi è presente il monumento ai Caduti. Dall'altra parte della piazza si vedono lo storico Albergo Canzo (uno dei cinque alberghi attualmente presenti a Canzo) e i giardini di Palazzo Tentorio, attuale sede del comune, e di Villa Don Pozzoli, residenza sanitaria assistenziale per anziani. In paese sono presenti altre due case di riposo.

Palazzo Tentorio

Palazzo Tentorio, che prende il nome della famiglia che lo acquistò nel 1706, anno in cui il territorio di Milano, di cui Canzo faceva parte, passò di mano dagli spagnoli agli austriaci. La ricchezza dei Tentorio si fondava sul commercio dei panni di lana, attività iniziata nel 1649 da Carlo Tentorio che “spacchiava li suoi drappi come milanesi senza contrassegno e senza pagare li dazi camerali”. Il disinvolto commerciante aveva sfruttato a suo vantaggio il vuoto amministrativo e giuridico che caratterizzava il dominio spagnolo a Milano; la sua famiglia lasciò una chiara impronta della sua presenza a Canzo per la generosità con cui contribuì alla costruzione della chiesa parrocchiale, consacrata il 3 giugno 1752. La proprietà del palazzo rimase ai Tentorio per oltre un secolo: il 15 settembre 1828 lo stabile e le sue pertinenze furono acquistate dai fratelli Giovanni Maria, benedetto e Venanzio Gavazzi, antica famiglia canzese in quegli anni impegnata nello sviluppo dell’industria serica. L’11 novembre 1889, giorno di san Martino, il palazzo fu acquistato dal Comune per alloggiarvi la scuola, “causa l’insufficienza dei locali della scuola attuale”. Unitamente alle aule, l’edificio ospitò gli uffici comunali, fin quando le aumentate esigenze amministrative e le precarie condizioni dello stabile indussero alla sua ristrutturazione e alla realizzazione ex novo, nell’area retrostante , di uffici più funzionali: i lavori, iniziati nel 1999 su progetto selezionato tramite concorso di idee, videro il restauro dell’antico Palazzo e la creazione di una struttura moderna e funzionale, a forma di torrione, a mo' di novello broletto, simbolo dell'autonomia comunale. Dal 7 dicembre 2002 palazzo Tentorio ospita l’ufficio e la segreteria del Sindaco, la sala Giunta ed un’ampia area espositiva, collocata al secondo piano.

Le sedi del potere civile

Appartengono a questa categoria il Castello della guarnigione spagnola, appunto in località Castèll, e il castello precedente, forse collocato in corrispondenza dell'attuale Turèta. Il Palazzo Pretorio, sede del pretore e delle carceri della Corte di Casale era collocato nell'attuale Pretòri. Il consiglio degli anziani aveva sede in un portico, il Cuèrc (che dà il nome alla cuntrada), collocato dietro all'attuale fontana omonima. Altri importanti centri di aggregazione comunale erano Mèzz Canz, attuale via Meda, la piazza della chiesa e il portico adiacente. Nell'ultimo secolo, la sede comunale è stata collocata nel Palazzo Tentorio e provvisoriamente in Villa Meda. Presso l'attuale sede è stato annesso un nuovo edificio, che riprende in chiave moderna la forma tipica del broletto. Per approfondire, leggere i paragrafi relativi alle località, alle vie e agli edifici citati.

Basilica Prepositurale Plebana di Santo Stefano protomartire

 
Basilica Prepositurale Plebana di Santo Stefano protomartire.
«Habet ecclesia crocifixum valde magnum sculptum.»
 
La statua di San Bernardo che domina il demonio

Detta anche Gésa granda, è la chiesa Prepositurale Plebana. L'edificazione ebbe inizio nel 1728 sul luogo di una precedente costruzione, attestata dal 1398 in un documento testimoniante l'autonomia della parrocchia, dedicata allo stesso santo e già dotata nel 1574, durante la visita pastorale di San Carlo, dei cinque altari attuali. La canonica si trova dietro alla chiesa, mentre in passato era in via Rimembranze, collegata da una scalinata fino a via Teatro Vecchio. La chiesa, assegnata al Vicariato di Villincino, divenne parrocchia nel 1569 all'epoca della visita pastorale di Francesco Bernardino Cermenati [13]. Nel 1584 in seguito al trasferimento della sede plebana a Villincino la parrocchia venne inserita sotto il Vicariato del Preposto di Erba e nella Regione V della Diocesi. Nel XVIII secolo si avevano nella Parrocchia "Santo Stefano Protomartire" le confraternite, senza abito, del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario e una terza nella scuola della Dottrina Cristiana; nell'Oratorio di San Donato v'era una confraternita recante il medesimo titolo [14]. La Basilica è stata eretta Prepositura, col titolo di Basilica Prepositurale Plebana, in data 21 Aprile 1899 da Papa Leone XIII il quale concesse "Non ad Personam sed pro Tempore" il Titolo di Prevosto. Nella stessa data il Card. Andrea Carlo Ferrari istituì il Vicariato Foraneo di Canzo, attivo dal 1906 fino al 1971, avente giurisdizione sulle Parrocchie di Caslino d’Erba; Castelmarte; Corneno; Galliano; Longone; Proserpio. L'ultimo Vicario Foraneo fu Mons. Gino Molon.

Il sagrato è in granito, decorato ad intarsio; in passato era acciottolato. L'edificio, tradizionalmente definito "basilica" pur non essendolo ufficialmente, è in stile barocco classico e possiede un alto campanile angolare, a destra, con tetto in bronzo (il progetto del 1818, dell'architetto Bovara, ne prevedeva due). La facciata è parzialmente, come i lati lunghi della chiesa, dipinta di un giallo tenue; presenta un portone principali e due portoni laterali, in alto due nicchie, una con la statua di Santo Stefano, l'altra di San Miro.

All'interno, ad una navata, vi sono quattro altari minori: entrando, a destra quello del Crocifisso e a sinistra quello con la statua di San Bernardo, e in fondo, a destra quello con la statua di Sant'Antonio dal purcèll e a sinistra quello con la statua della Madonna del Rosario. Le tre statue marmoree settecentesche sono opera di Elia Vincenzo Buzzi, attivo nel Duomo di Milano; il crocifisso ligneo era già presente all'epoca della visita di San Carlo. Negli altari sono presenti anche quadri murali di David Beghè (fine '800) e Albertella (inizio '900). A destra e a sinistra, fra gli altari, sono collocati i confessionali in marmo, sormontati dalle balaustre di cui la sinistra è quella dell'organo. La volta dell'altare maggiore è decorata con affreschi del XVIII secolo raffiguranti la Trinità e la gloria di S. Stefano ed è circondata da vele con i quattro evangelisti. I restanti affreschi sono perlopiù degli inizi del Novecento, come le due statue della facciata. La chiesa possiede poi vetrate colorate che rappresentano la Passione e, in facciata, Cristo Re. Il pavimento era un tempo di cotto, di cui è stata conservata la porzione su cui poggiano le panche; la parte rimanente fu disegnata in graniglia di marmo. A fianco dell'altare maggiore sono collocati i due pulpiti, sempre in marmo. Alcune decorazioni sono in marmo nero e grigio, mentre altre sono stucchi dorati o dipinti ad imitazione di marmo grigio o rosato. Sono inoltre presenti balaustre sulla controfacciata, sopra i confessionali e a cinta degli altari. L'organo fu costruito nel 1828 dalla rinomata bottega f.lli Serassi di Bergamo. La sacrestia è posta a destra dell'altare. A sinistra dell'altare è collocata una cappella che conserva numerose reliquie donate dall'Ill.mo et Rev.mo Prevosto Mons. Protonotario Camillo Fino (Protonotario Apostolico supra numerum in quanto Canonico della Chiesa Cattedrale di Milano, a tutt'oggi resta il prevosto col più alto grado che Canzo abbia mai avuto) il quale, già Notaio certificatore delle reliquie diocesane, dopo anni di onorato servizio trascorsi in Curia Arcivescovile venne destinato dal Beato Card. Schuster a Canzo come prevosto lasciando in eredità alla prepositura tutta la sua collezione di reliquie. Altre reliquie sono esposte nei busti d'argento collocati a fianco del tabernacolo. Il tabernacolo ha una porticina d'oro con raffigurato a bassorilievo Gesù a braccia aperte che mostra il suo Sacro Cuore.

Di fronte alla piazza della chiesa vi è la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, nel passato adibita ad asilo infantile e a biblioteca municipale, davanti alla quale è stato piantato un gelso (murùn), albero simbolo della tradizione serica brianzola, e ne è stato aggiunto un altro esemplare molto antico, a cura della Cumpagnia di Nost, trasferito dal Parco Raverta, trasformato in complesso edilizio. Quest'ultimo è stato affidato alla protezione di San Mir. Presso la Società Operaia vengono spesso organizzate mostre d'arte. A lato dell'ampio piazzale, vi è il l'antico portico del mercato, un elegante porticato a cinque arcate con fronte e doppie lesene, che mantiene all'esterno gli anelli utilizzati per la fiera del bestiame da San Stevenin il 27 dicembre.

Si narra che il suolo su cui è stata eretta la parrocchiale fosse in origine una vigna di proprietà dei Pelliccioni. Essi la concessero alla parrocchia a condizione che in una notte fossero sradicate tutte le piante di vite. Dopo una nottata di lavoro da parte di tutta la popolazione accorsa, si potè cominciare la costruzione della chiesa.

Chiesa di San Francesco e Beato Miro

Detta anche Gésa da San Mirètt, dal nome del secondo dedicatario, utilizzando il diminutivo per distinguerla da quella propriamente di San Mir (il santuario-eremo). È una chiesa conventuale e si trova in piazza San Francesco, ed è affiancata dalla casa del prete, un tempo ambulatorio; nella piazza si trovano inoltre due cuurt (di Pinòla e di Meroni), una fontanella (servita dall'acquedotto e sormontata da un'altra fontana, da cui sgorga una parte dell'acqua di Gajum) situata in una nicchia delle pittoresche mura di Villa Meda, che ha un proprio arco di ingresso su piazza San Francesco, arricchito da una pregiata lunetta in ferro battuto e da un grande affresco. Il sagrato è in porfido, come del resto tutta la piazza, e presenta una scalinata. L'insediamento del complesso conventuale risale alla fine del Trecento, ed era inizialmente dedicato alla Vergine, mentre successivamente, forse nel Quattrocento, fu consacrato a San Miro. Nella prima metà del Settecento furono svolti lavori di consolidamento e ampliamento, mentre la fine del secolo vide la fine della presenza dei Frati Minori, e quindi il passaggio dell'indulgenza del Perdon d'Assisi alla parrocchiale. Agli inizi dell'Ottocento, con il lascito del prevosto don Angelo Sala e il contributo di Giovan Battista Gavazzi, il convento venne trasformato in Ospedale Civile per divenire poi, dalla Prima Guerra Mondiale agli anni settanta, casa di riposo; nel frattempo la chiesa assunse la denominazione di san Francesco, anche se nella memoria della popolazione rimane la dedicazione a san Miro. Successivamente, dopo un restauro conservativo, la chiesa assunse, per volontà della Curia Arcivescovile, la funzione di Oasi monastica. L'edificio è in stile barocco e possiede un semplice campanile in fondo a sinistra. La facciata è, come tutto l'esterno della chiesa, dipinta di un giallo tenue, e presenta un solo portone centrale; sopra ad esso vi è una piccola vetrata. All'interno vi sono quattro altari minori: entrando, a destra quello di San Francesco e a sinistra quello di San Miro (ma in una nicchia vi è anche una statua di Gesù), raffigurati anche nelle rispettive vetrate dietro al tabernacolo; in fondo, a destra quello del Crocifisso (ma in una nicchia vi è anche una statua della Madonna addolorata) e a sinistra quello della Madonna. L'alternanza di colori tenui nelle abbondanti decorazioni, specialmente nell'abside, conferiscono all'interno una armonia ristoratrice. Il tabernacolo ha una porticina d'oro raffigurante in bassorilievo un calice con due uccellini. I confessionali in legno si trovano di fianco al portone di ingresso.

Cappella di San Michele - Lazzaretto

 
L'interno della cappella di San Michele.

La cappella è dedicata a san Michele Arcangelo e si trova in cima ad un piccolo dosso, a quota 460 m sul lato destro lungo la strada verso le Fonti di Gajum. Questo luogo venne utilizzato come lazzaretto durante l'epidemia di peste del 1863 e forse anche in casi di precedenti contagi: secondo una tradizione locale il prato sottostante sarebbe usato come camposanto per i morti della peste del 1630, descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. La cappella è stata oggetto di interventi di restauro e conservazione nel corso del tempo garantendone un buono stato di conservazione fino ad oggi. Al suo interno sono affrescati il santo e le opere temporali di misericordia. Da questa cappella si diparte la strada acciotolata che, risalendo lungo la vall da Pésura, arriva alla cima del monte Cornizzolo. Poco sopra alla cappella si trova una buona fonte. Per l'origine della sacralità del luogo, vedere il paragrafo sui culti plurimillenari.

Eremo-Santuario di San Miro

 
Interno dell'oratorio di San Miro, con affrescato il miracolo della traversata del lago.
«San Miro è luogo di devoto pellegrinaggio, visitato da' terrieri vicini, e dove ai dì festivi si celebra il sagrificio, quando appena la stagione non corra rigidissima o nevosa. Il povero convento e l'umile chiesetta, innalzata in onoranza del santo, giacciono in un luogo eminentemente pittoresco; poco orizzonte, chiuso da nudi scogli, variato dal rapido torrente della Ravella e da alcune macchie d'alberi antichi. La prima domenica d'agosto al profondo silenzio di quel ritiro succedono i canti di festa, i suoni monotoni, ma sempre cari, delle fistule, delle zampogne; tutta l'altura è gremita di terrazzani festosi, che, finiti gli uffici divini, calano dall'altura e si fermano a merendare lietamente in un ameno valloncello, intorno alle labbra della già nominata fontana di Gajumo.»

La costruzione dell’eremo di San Miro al Monte iniziò nel 1643. Annesso alla chiesa vi era un piccolo convento che da subito ospitò un eremita, ma poi divennero due, probabilmente appartenenti al convento francescano del paese. Si possono ancora notare, sul ripido pendìo posto sull’altro versante della Ravella, alcuni terrazzamenti (giarditt di fraa) nei quali i frati coltivavano un orto. Ha subito vari restauri, fino a quello completo terminato nel 2005. I locali annessi alla chiesa hanno mantenuto e valorizzato la loro vocazione ad ospitare i gruppi organizzati che intendono dedicare qualche giorno alla preghiera e alla meditazione. Il culto di san Miro è legato all’acqua e da secoli l’eremo è meta di pellegrinaggio, così come lo è la fonte, recentemente restaurata, dalla quale sgorga un’acqua a cui molti si affidano per mantenere il proprio benessere, se non per guarire da qualche malattia.

Edicole religiose

 
Edicola del Caradùr indurmentaa, presso il Lago del Segrino.

Tra le altre costruzioni sacre vi sono la cappelletta della Madonna di Caravaggio, il dipinto della Madonna presente nel portico dell'oratorio maschile (trasferito dalla cappelletta della Madonna di Caravaggio), quella di San Rocco e della Vergine in Sumbich, l'edicola di Santa Rita in via Monte Rai, l'edicola della Madonna in via Gajum, quella in una curt della Cuntrada dal Cuèrc, quella sopra la fontana di Portacinés, quella del Pretòri, la cappella davanti alla fontana della contrada di Casarch (con la Madonna nera del Ceppo e un affresco dell'Annunciazione), l'edicola della Vergine in località Tuump, quella in località Valicc, quella in via Roma, quella in via Vittorio Veneto (vicino alla sede della Comunità Montana), quella in via Rimembranze dedicata alla Madonna di Lourdes, il trittico all'angolo via Verza e via Rimembranze, il grande affresco in Villa Meda, il crocefisso ligneo all'angolo tra via Grandi e via Porroni, l'edicola della Madonna presso il Castello, quella in via Volta, quella in fondo alla scala di Sant'Anna, quella della Madòna di Sètt Dulùr sopra a Gajum, quella della Madonna presso il Primm Alp, quella posta nella grotta di San Miro, quella in località Scarenna, quella posta presso la fonte del Sentée dal Fóo, quella di San Bartolomeo tra il Primm e il Segùnt Alp, quella del Segùnt Alp, quella della Madonna e di Gesù al Parisone, la croce all'angolo tra via Vittorio Veneto e via Pasubio, la fontana del Cuèrc dedicata alla dipartita di San Miro. Infine è presente il santuario oratorio di San Miro al monte e, sulla carrozzabile, due cappellette, di cui una arroccata e nascosta tra gli alberi. Presso il lago del Segrino è presente l'edicola del Caradùr indurmentaa, poi dedicata anche alla Vergine. Ve ne sono numerosissime inoltre all'interno di cortili e giardini privati, senza contare gli altari minori all'interno di chiese e cappelle.

Camp da Miro

La piazza Giovanni XXIII è il nuovo piazzale del mercato, che verso sera si trasforma in campo sportivo per gli allenamenti di atletica della locale associazione; oltre un filare alberato sono presenti il cimitero, la piazzetta Caduti Alpini, e la località Laguccio. Dietro all'ampio piazzale, vi è un parco con grandi alberi e giochi per bambini. Dietro al parchetto, è stato recentemente costruito un Centro Sportivo sul luogo di due campetti all'aperto e di parte del prato retrostante. Complessivamente questa località è definita Camp da Miro (toponimo che non si riferisce al santo locale). Qui, occupando anche tutti gli spazi stradali circonvicini, opportunamente chiusi al traffico, si svolge la Fera di Üsei. Anticamente il cimitero di Canzo si trovava in corrispondenza dell'odierna piazzetta Turati.

Altri campi sportivi

 
La stazione maggiore di Canzo all'arrivo di un treno storico.

In località Nuèll è presente lo "Sporting", con un bar, uno stadio da calcio e alcuni campi da tennis, utilizzati anche per serate danzanti. Dall'altro lato vi è un altro stadio da calcio, con annesse piste di atletica e ampie tribune, a cui si può accedere dal primo stadio tramite un passaggio sopraelevato. Il complesso viene denominato "Stadio di San Miro", dove gioca la locale U.S. Canzese, che ha avuto il merito di toccare la serie C2. Inoltre vengono ancora utilizzati i quattro campi da gioco del vecchio oratorio maschile in località Filatòj. Non esiste più il tennis in località Castèll.

Le stazioni ferroviarie di Canzo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione di Canzo e Stazione di Canzo-Asso.

Nel territorio comunale sorgono due stazioni della ferrovia Milano-Asso: quella di Canzo, denominata anche Canzo Sud, e quella di Canzo-Asso o Canzo Nord, che serve anche il comune di Asso. Entrambe entrarono in funzione all'inaugurazione della linea il 15 giugno 1922[15].

Gli oratori presenti e passati

L'ex oratorio maschile presso il filatòj contiene (su un'edicola murale) l'affresco originario della cappella della Madonna di Caravaggio e, nella cappella, un affresco giovanile di Silvio Consadori (1909-1994; pittore d'arte sacra, formatosi all'Accademia di Roma, professore all'Accademia di Brera, premio "Milyus" e premio "Canonica").


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Villa e parco Magni-Rizzoli

L'antico parco, ricco di alberi secolari, venduto all'industriale canzese Magno Magni dalla famiglia filandiera canzese dei Gavazzi, si estendeva tra le località Mirabèla e Grimèll. La villa, fatta costruire dal cav. Magni tra il 1903 e il 1906, una delle ville canzesi più rappresentative del Novecento, e certo la più maestosa, si trova in quest'ultima località. Fu costruita dall'architetto Fenoglio in un fantasioso stile neomedievale. Esteriormente si caratterizza per le pietre di Vicenza (dove il proprietario viveva e lavorava, e dalla quale aveva chiamato la manovalanza), ben squadrate, a vista, e per le ampie balconate e terrazze multiple. Interiormente, ogni stanza è progettata a sé in uno stile diverso. Una limonaia conduce dalle stanze alla biblioteca. In essa il visitatore rimane subito stupito dalle coinvolgenti tavole del pittore Silvio Bicchi che rappresentano l'umanità in quel periodo storico: la vita del primo Novecento, la guerra, la pace, il lavoro, la vittoria, l'umanità al bivio. Il noto pittore Achille Beltrame dipinse invece le pareti e il soffitto dell'ingresso e della sala da pranzo: sono rappresentate quattro scene di caccia al cervo, di ambientazione medievale, in cui sono raffigurati i famigliari del Magni con cavalli, cani e falconi. Il giardino è solcato da sentieri, viottoli, scale e scaloni monumentali, che conducono in luoghi appartati, alla fontana della vittoria, al grazioso teatrino all'aperto, alla torretta-oratorio. Sono inoltre presenti numerose statue. Attualmente, dopo essere appartenuta alla famiglia di editori Rizzoli, è un centro per ricevimenti e congressi.

Parco Barni


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Villa Verza - Filandùn

Nel 1667 la Corte di Casale, e quindi anche Canzo, divenne proprietà dei marchesi Crivelli che per primi affiancarono all'attività agricola l'industria serica. L’attitudine dei canzesi al settore si era peraltro dimostrata in maniera evidente già nel Seicento, quando i panni di lana prodotti a Canzo, soprattutto dai Tentorio facevano concorrenza, per qualità e prezzo, a quelli realizzati a Milano. Alla fine del Settecento si contavano a Canzo ben nove filande, che davano lavoro a duecento persone: Canzo era secondo solo al Lecchese. Verso la metà dell'Ottocento quella di Carlo Verza annoverava 1300 dipendenti, ed era la tra le prime tre in Lombardia per dimensione, produzione e qualità del filato, insieme a quella dei Gavazzi in Bellano e a quella dei Sormani (entrambe famiglie stabilite anche nel Canzese e imparentate con i Verza e i Ponti). In linea generale, dal Seicento alla metà dell'Ottocento, Canzo fu considerato uno dei più ricchi e importanti centri manifatturieri dell'intera Lombardia.

Prima d'iniziare l'attività industriale, Carlo Verza compra terreni coltivati a uva e gelsi e boschi, in seguito alla vendita all'asta dei beni del soppresso convento dei Padri Minori Conventuali in San Miro di Canzo. in località Cranno, presso la Vallategna, stabilisce, oltre ad una casa colonica e ad un mulino da farina, il primo edificio adibito alla filatura della seta, trasformando probabilmente un vecchio macero. Il torrente Foce, di proprietà dei Verza, veniva in parte deviato verso gli stabilimenti e verso il giardino all'inglese, attraverso due caselli di raccolta ancora visibili.

Molte dipendenti provenivano dal Bresciano e dal Veneto, per evitare il loro ritorno a casa. Vi era una stanza per la cura dei neonati, dove alcune bambine accudivano la prole, dando il cambio alle madri che dovevano allattare. Su modello dei Crespi a Canonica d'Adda ed altri, il Verza volle costruire una società operaia isolata dal resto del territorio, dipendente soltanto dalla volontà del padrone, anche attraverso un'istruzione giornaliera mirata.

Lo stabile della filanda Verza, cento e più anni dopo, sarebbe stato in parte acquistato da Salvatore Fiume, uno dei massimi pittori italiani del novecento; l'artista si stabilì a Canzo nel 1946 adattando a studio parte dell'ala sud della vecchia filanda, che dal 1952 divenne anche la sua residenza. La famiglia Conti-Valsecchi, proprietaria dell'altra metà dello stabile, continuò l'antico utilizzo dell'acqua motrice con la costruzione di una piccola turbina, e conservò e restaurò l'intero edificio. Oggi i due cortili della filanda si sono trasformati in tre cortili abitati. Particolarmente visibile l'antica ciminiera in mattoni.

La struttura del paese

«Canzo ha belle vie e pulite, ricchezza d'acque e fontane, caffè, teatro, musica.»
 
Vecchio portone in legno nel centro del paese, con doppia apertura per uomini e carri

Le montagne fanno da corona al paese; i quattro punti cardinali corrispondono a quattro acque e a quattro venti: la sorgente del torrente Ravella e l'Ariasc di Alp ad est, il lago del Segrino e la Bréva dal Segrin a sud, il fiume Lambro e la Bréva da Caslin ad ovest, la cascata della Vallategna e il Véent dal San Prim a nord.

Inizialmente il paese si sviluppò lungo il versante destro del torrente Ravella, più elevato rispetto al versante sinistro, e quindi meno a rischio di essere alluvionato dalle piene del torrente; al contempo i terreni pianeggianti, più favorevoli ad un utilizzo agricolo venivano preservati come tali. In seguito l'incremento della popolazione portò ad estendere le zone abitative riducendo via via la superficie dei terreni agricoli. A partire dal XIX secolo vennero inoltre costruite ville eleganti per la villeggiatura, spesso con vasti giardini e parchi annessi. A partire dalla metà del XX secolo sono sorti nuovi quartieri residenziali, modificando totalmente l'urbanistica del paese, con un forte sviluppo edilizio verso la piana alluvionale del torrente Ravella e la sua confluenza con il fiume Lambro.

 
Torre di Canzo.
 
Portone di curt in Lünaa, con volta a dorso d'asino in mattoni e spalle in pietra con piccoli motivi ornamentali ai quattro angoli. Notare la piccola porta per il transito delle persone.
 
Scorcio di via Torre.
 
Imbocco di via Turèta.
 
Arco in Sumbìch.
 
Fontanella di Portacinés.
 
Un portone rettangolare con trave in legno.
 
Un arco di curt a sesto acuto.

Il centro storico è composto da ampi cortili, detti curt,[16] e da "contrade", vie e vicoli, in passato pavimentate con acciottolato, oggi spesso sostituito dal porfido. Nelle facciate degli edifici del centro, sono frequenti delle strisce decorative nella parte alta (come pure in molte ville) e tinteggiature di ocra gialla. I principali toponimi del centro storico sono:

  • Cuntrada da Casàrch: dall'unione delle parole canzesi cà(s)=casa e arch=arco, poiché gli ingressi dei cortili di questa contrada[17] sono quasi tutti ad arco, o forse dal latino Casearium, per la produzione di formaggio. Assimilabile, come origine toponomastica, al nome del paese di Casargo (LC). Corrisponde all'odierna via monsignor Longoni.
  • Cuntrada da Sumbìch: dall'unione delle parole latine summ[um]=elevato e vic[um]=borgo, poiché anticamente vi era presente una frazione in posizione sopraelevata rispetto al paese. Corrisponde all'odierna via Sombico. Assimilabile, come orgine toponomastica, ai nomi dei paesi di Sonvigo (BZ), di Sonvico (Svizzera) e di Sovico (MI). Al cipilöö da san Ròcch vi è un bivio: a sinistra si giunge alla Tur (Torre) di Canzo e poi nelle località Castèll e Valicc; a destra si prosegue nella contrada e si imbocca la salita per Gaümm, dopo essersi unita con la contrada Lünaa in località Maj (Maglio).
  • Cuntrada da Lünaa: dalla radice celtica lun[k]=palude col suffisso locativo ate, poiché anticamente il corso del torrente Ravella, non ancora ben arginato, straripava in questa contrada. Corrisponde all'odierna via Lunate. Assimilabile, come orgine toponomastica, ai nomi dei paesi di Lonate Ceppino e Lonate Pozzolo (VA).
  • Cuntrada da San Mirètt: è più recente delle tre precedenti contrade, e termina nella Bergamasca; prende infatti il nome dalla chiesa da San Mirètt, con cui si intende la chiesa di San Francesco, utilizzando un diminutivo del secondo santo dedicatario (il beato Miro Paredi da Canzo) per differenziarla dal santuario da San Mir.
  • Cuntrada dal Murnerìn, più recente, prende il nome da un fatto fra lo storico e il leggendario, trasmesso per tradizione orale dai canzesi. Corrisponde all'odierna via Mornerino, che collega Mèzz Canz alla Cuntrada dal Cuèrc.
  • Cuntrada dal Cuèrc, anche questa più recente, prende il nome dal Cuèrc, antico portico, sede del consiglio degli anziani canzesi in epoca comunale. Nei secoli il Cuèrc si è ridotto fino a diventare semplicemente una fontana coperta dipinta. Qui san Miro avrebbe salutato la popolazione prima di andare in eremitaggio, esaudendo miracolosamente il desiderio di pioggia. Corrisponde all'odierna via Risorgimento.
  • Pretòri: anticamente vicolo del palazzo del Pretorio, sede del prefetto e delle carceri.
  • Portacinés: tratto di incontro fra Mèzz Canz, le contrade di Sumbìch e Casàrch, marginalmente di Lünaa e con Turèta. Pur essendo molto ristretto, è presente una fontana e un tempo anche un'osteria. Il nome sembra essere un'abbreviazione di Pòrta Ticinés ("Porta Ticinese"), forse per similitudine con quella di Milano.
  • Turèta: prosegue pressoché parallela a Mèzz Canz, e prende il nome da una piccola torretta, forse parte dell'antico castello di Canzo, collocato qui prima che fosse trasferito nell'odierna località Castèll ("Castello", appunto).
  • La stréncia: significa "la stretta" ed indica il vicolo, stretto ma attivo commercialmente, che collega la Piaza da la gésa a Mèzz Canz giungendo nella fine di Turèta. Ha un tratto più largo, l'odierno vicolo Santo Stefano, ed un tratto strettissimo fra due case, parzialmente coperto.
  • Bergamasca: termine canzese usato per indicare una zona abitata al di là della Ravella, sulla sponda sinistra, rispetto al primo nucleo del centro storico, paragonandola alla Bergamasca, zona al di là dell'Adda, che rispetto al ducato di Milano era terra straniera. Corrisponde alle odierne vie: Caravaggio, Martiri della Libertà, piazza S. Francesco, inizio via Gajum.
  • Caravazz: parte della Bergamasca che conduce dalla Piazèta da San Mirètt alle campagne in direzione del Lago del Segrino. Prende nome dalla cappelletta della Madonna di Caravaggio presente all'incrocio con le odierne vie Verdi e Martiri della Libertà. Corrisponde all'odierna via Caravaggio.
  • Mèzz Canz: termine canzese usato per indicare il centro sociale e commerciale del paese di un tempo, ove si incontravano press'a poco le tre contrade più antiche; non è il centro geometrico dell'attuale abitato di Canzo. Corrisponde all'odierna via Meda (esclusa Villa Meda).
  • Via Granda: indica semplicemente la strada principale del paese dal punto di vista viario, in quanto è quella che sfiora il centro storico collegandolo agli altri paesi (ossia è la strada provinciale per la Valassina). Corrisponde all'odierna via Mazzini, e collega la Piaza dal munümént alla Piaza da la gésa. Lungo questa via si trova il palazzo del Comune.
  • Via di Giüdée: significa "degli Ebrei" ed è l'odierna via Orlandi.
  • Piaza: è la "Piazza" per antonomasia. Spesso si sottointente da la gésa ("della chiesa"): è infatti sede della basilica prepositurale di Santo Stefano, con vicino l'antico portico del mercato, dove si tiene il processo alla Giubiana.
  • Piaza dal munümént, ovvero "Piazza del monumento", per il monumento ai caduti canzesi della prima guerra mondiale. Con questa dicitura si differenzia dalla Piaza da la gésa. È l'odierna Piazza Garibaldi.
  • Piazèta: diminutivo di Piaza, è la Piaza da San Mirètt, ovvero l'odierna Piazza San Francesco.

Alcuni edifici storici minori


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Amministrazione comunale

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Note

  1. ^ Canz con l'ortografia milanese classica & al. Con l'ortografia lecchese Cânz e con l'ortografia ticinese & al. Caanz. In ogni caso la pronuncia in dialetto canzese è /ka:nts/, mentre in dialetto milanese & al. è /kã:s/.
  2. ^ Col significato di "spigolo", probabilmente prima riferito ad una delle vette canzesi; vd. ted. Kantzel=pulpito, Kante=spigolo > it. cantone, cantonata; vd. ing. Kent.
  3. ^ A Canzo, in località la Tampa al Runcaöö si trovano ancora i resti di una miniera di ferro, che allora permise l'indipendenza siderurgica del ducato di Milano.
  4. ^ Stralciato del Decreto di concessione dello stemma da parte del Presidente della Repubblica, datato 4 marzo 2002.
  5. ^ Dati tratti da:
  6. ^ Mostra di quadri all'aperto. Prende scherzosamente il nome dal Circolo di via Bagutta a Milano, dove si ritrovavano alcuni critici d'arte, dando poi vita al Premio Bagutta.
  7. ^ Vecchia Brianza in cucina, di Ottorina Perna Bozzi con introduzione da Stendhal. Giunti - Martello.
  8. ^ I "massi erratici", o trovanti, sono tipici del Triangolo lariano. Talvolta sulla superficie di queste o di altre rocce sono presenti delle "coppelle" artificiali, cioè scavature utilizzate nei riti primitivi di epoca celtica e preceltica. Quando i massi erratici sono completamente scavati, con funzione tombale, prendono il nome di "massi avelli".
  9. ^ I Quaderni della Brianza n. 60 del 1988 di F. Cajani.
  10. ^ I progetti e i disegni del Cantoni sono presenti all’archivio storico di Bellinzona.
  11. ^ Le orfanelle dell'omonimo istituto milanese, equivalente femminile dei Martinitt.
  12. ^ Le vicende storiche del Teatro sono state ricostruite e pubblicate in Canzo e il suo Teatro – 170 anni di storia di Severino Colombo - Comune di Canzo 1998 Ristampa 2006
  13. ^ ASDMi, sez. X, Visite Pastorali, Pieve Incino, Vol. 11, q. 1
  14. ^ Visita nella Pieve d'Incino dell'Arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli, 1752
  15. ^ P. Ceruti, La Vallassina nei Binari del Tempo, pag. 285
  16. ^ Cortile entro il perimetro di uno o più fabbricati o quello attiguo alle case coloniche, che dà accesso alla casa stessa o alla stalla e in cui possono essere allevati gli animali domestici. Edificio singolo o complesso di edifici in cui sono ospitate diverse famiglie di agricoltori appartenenti alla stessa azienda o proprietari di aziende indipendenti.
  17. ^ In lombardo occidentale la parola cuntrada non è da intendere come quartiere, bensì come via rilevante di un centro.

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