Achille
Achille (in greco antico Template:Polytonic / Achilleus, in latino Ăchillēs, -is, in illirico Akilehti), soprannominato pié veloce o pié rapido, è un personaggio della mitologia greca, nonché uno dei principali eroi leggendari della guerra di Troia e il protagonista dell'Iliade.

La leggenda di Achille è una delle più ricche della mitologia greca, e una delle più antiche. Oltre ad Omero, altri poeti, e le leggende popolari, s'impadronirono del personaggio, e s'ingegnarono a completare il racconto della sua vita, inventando degli episodi per supplire alle lacune dei poemi omerici. In questo modo si formò poco a poco un ciclo di Achille sovraccarico di incidenti e di leggende spesso divergenti, che ispirò i poeti tragici e i poeti epici di tutta l'antichità, fino all'epoca romana.
Il mito
Nascita e origini
Peleo, uno dei tanti discendenti di Zeus, regnava sulla città di Ftia, in Tessaglia. Egli per ordine di Zeus doveva prendere in sposa la nereide Teti, figlia di Nereo, [1] questo per via di un oracolo pericoloso dove era stato profetizzato che il figlio della dea sarebbe divenuto più forte del padre, quindi sia il dio dei fulmini che Posidone dovettero desistere nei loro istinti.[2]
Era, moglie di Zeus, decise di aiutare Peleo nell'intento [3] usando come tramite il saggio Chirone che gli suggerì come agire. Una notte alla fine di uno dei soliti rituali Teti lasciava il mare per riposarsi e allora Peleo la prese con forza. La dea usò i suoi poteri trasformandosi in animali mostruosi,[4]persino in fuoco, ma l'uomo era preparato a tali magie e riuscì a domarla. Quella notte, sul monte Sepia,[5] nacque Achille.[6] Altri autori affermano che durante le trasformazioni della dea Peleo stesse aspettando il momento in cui si trasformasse in seppia per catturarla.[4]
Secondo alcuni mitografi i due ebbero un unico figlio [7], ma altri raccontano che ne ebbero sei . Teti per ognuno di essi, aveva cercato di eliminare dal loro essere gli elementi mortali portati da Peleo, cercando quindi di farli salire sull'Olimpo. A questo scopo, lei li immergeva in un lebete [8], o secondo altri li immergeva nel fuoco, in ogni caso causando la loro morte. Quando venne al mondo Achille, egli era il settimo figlio nato dal loro matrimonio; prevedendo ciò che avrebbe fatto allora la moglie, Peleo vigilò e vide Teti in procinto di mettere in opera il suo esperimento pericoloso e, per evitare una separazione dal suo figlio[9], le strappò il bambino, ma solo dopo che quasi l'intero corpo tranne il tallone con il quale lo sorreggeva venisse bruciato e cosparso di ambrosia, o secondo un'altra versione dopo che si era bruciato le labbra e il soprosso del piede destro[10].
Teti, adirata, tornò a vivere nel seno del mare con le sue sorelle ma prima di andarsene diede un nome all'ultimo figlio, e visto che il bambino non aveva avuto il tempo di porre le sue labbra sul seno della madre decise di chiamarlo Achille "senza labbra", oppure Ligirone "colui che piange". [11]
Avendo così Peleo salvato il bambino, chiese al centauro Chirone, abile nell'arte della medicina, di sostituire l'osso bruciato. Chirone disseppellì perciò un gigante, Damiso, che, da vivo, era stato particolarmente veloce nella corsa, e mise al posto dell'osso mancante l'osso corrispondente del gigante. Ciò spiega le doti di corridore le quali resero Achille tanto degno di nota. Altri mitografi narrano invece che fosse stato direttamente suo padre, Peleo, a fornirgli il nuovo osso preso dal gigante chiamato Damiso. [12]
Un'altra leggenda[13], infine, assicura che, da bambino, Achille fu immerso a testa in giù da Teti nell'acqua dello Stige, fiume infernale. Quest'acqua aveva il potere di rendere invulnerabile qualsiasi essere ivi bagnato. Tuttavia, il tallone, per il quale Teti teneva il bambino, non fu toccato dall'acqua magica, e restò vulnerabile.
Educazione
Sul Pelio, il fanciullo ricevette le cure della madre del centauro Chirone, Filira, e di sua moglie, la ninfa Cariclo[14]. Chirone provvedette anche a cambiargli il nome in Achille; prima infatti era stato chiamato Ligirone, che significava "piangente".
Quando fu più grande, cominciò a esercitarsi nella caccia e nell'addestramento dei cavalli, e parimenti nell'arte medica[15]. Inoltre, imparava a cantare e a suonare la lira, mentre Chirone lo addestrava alle antiche virtù: il disprezzo dei beni di questo mondo, l'orrore della menzogna, la moderazione, la resistenza alle cattive passioni e al dolore. Il Centauro lo nutriva esclusivamente di midolla di leone e di cinghiale selvatico[16], per trasmettergli la forza di questi animali, e di conseguenza per renderlo coraggioso e forte; gli veniva invece somministrato miele e midollo di cerbiatto per renderlo agile e veloce, ma anche per dargli dolcezza e persuasione.
Chirone gli insegnò l'uso perfetto della forminx come strumento musicale, mentre la Musa Calliope lo istruì nel canto e anche nell'arte della pittura. Le doti del giovane eroe si rivelarono già da sei anni quando, grazie ai consigli del suo maestro centauro, uccise il suo primo cinghiale. Da quel momento il Pèlide iniziò a portare continuamente nella grotta del centauro un continuo di prede abbattute. La sua bionda capigliatura splendeva al sole durante le corse, quando braccava, raggiungeva ed abbatteva i cervi senza l'aiuto dei cani. Le sue doti stupivano persino le divinità Atena e Artemide, sbalordite dalla grazia e dalle capacità di quel fanciullo così piccolo. Durante questo periodo di educazione alla vita guerriera, Achille ebbe un inseparabile compagno, Patroclo, il quale, benché fosse più grande di lui per età, non gli era superiore né per la forza, né poteva vantare una nobile origine.
Sempre in contemporanea alle cure di Chirone, Achille apprese dal precettore Fenice l'arte dell'eloquenze e l'utilizzo adeguato delle armi[17]. Secondo la tradizione omerica, il Pelìde trascorse la sua giovinezza a Ftia, insieme al padre Peleo e all'anziano Fenice, che molto lo amava e lo considerava come un figlio; il poema ricorda anche il tenero episodio in cui Fenice offriva del vino al giovane eroe, ma quest'ultimo spesso lo risputava sulla sua tunica, ancora troppo giovane per poter gustarlo[18].
Sin da bambino, gli dei che da molto lo ammiravano e conoscevano bene il destino che attendeva quell'eroico ragazzo, lo avevano avvisato del futuro che l'avrebbe seguito. Gli fu chiesto se preferisse vivere a lungo senza gloria e sconosciuto a tutti o avere una vita breve e famosa per le imprese che avrebbe compiuto, il giovane Achille scelse quest'ultima, così il suo destino fu segnato.
Il rifugio a Sciro dal re Licomede
Quando Achille aveva nove anni, Calcante, un indovino che aveva tradito i Troiani per schierarsi dalla parte degli Achei, annunciò che Troia non avrebbe potuto essere conquistata senza l'aiuto del giovane tra le schiere[19]. Teti, (o secondo altre tradizioni Peleo), la quale era venuta a sapere di questo oracolo, temendo la morte del figlio sotto le mura della città, sottrasse il giovane alle cure di Chirone lo portò presso il re Licomede, a Sciro, presentandolo a quest'ultimo come una vera donna, quindi lo nascose rivestendolo di abiti femminili e lo fece vivere insieme alle figlie del re[20]. Oppure Licomede era a conoscenza del vero sesso di Achille, tuttavia non volle protestare, anzi accettò di buon grado. Qui l'eroe vi rimase nove anni, venendo soprannominato col nome di Cercisera, Essa o Pirra (cioè «la Fulva»), a causa dei capelli di colore biondo ardente[21]. Durante questi anni, l'eroe si innamorò di Deidamia, una delle figlie di Licomede, unendosi a lei nel suo letto e rendendola incinta di un figlio, Pirro, che più tardi prese il nome di Neottolemo. Secondo una tradizione diversa, Neottolemo era figlio di Achille e di Ifigenia[22].
Intanto Ulisse avendo anch'egli saputo dall'indovino Calcante che Troia non poteva essere espugnata senza la partecipazione di Achille, fu ingaggiato insieme a Nestore e Aiace Telamonio per cercare il giovane eroe celato a chiunque. Scoperto il suo nascondiglio, attraverso indicazioni di alcuni volontari, i tre si presentarono al cospetto di Licomede travestiti da mercante, portando con una nave a Sciro tanti oggetti e stoffe preziosi, adatti ai gusti femminili, raccolti in una cesta, nascondendo al fondo delle splendidi armi. Ulisse lasciò allora che le figlie del re scegliessero per prime, quindi diede l'ordine di rievocare all'esterno uno scontro armato. Le fanciulle preferirono oggetti di ricamo e stoffe quando, all'improvviso, dall'esterno si udì uno squillo di trombe e un fragore di armi, in mezzo all'harem di Licomede[23].
Sentendo il frastuono, tutte le ragazze, terrorizzate, fuggirono mentre Achille si strappò di dosso le vesti femminili, si rivestì del bronzo guerriero ed uscì pronto a combattere. Teti e Peleo dovettero dunque rassegnarsi all'inevitabile, e la vocazione bellicosa di Achille non fu più ostacolata. Al momento della sua partenza, Peleo fece voto di consacrare al fiume Spercheio, che bagnava il suo regno, i capelli del figlio, se fosse tornato sano e salvo dalla spedizione. Teti, da parte sua, avvertì Achille del destino che lo attendeva: se fosse andato a Troia, avrebbe avuto una fama radiosa, ma la sua vita sarebbe stata breve. Se invece fosse restato, sarebbe vissuto a lungo, ma la sua vita sarebbe rimasta senza gloria. Senza esitare, Achille confermò la decisione di molti anni prima e scelse la vita breve e gloriosa.
La dea consegnò all'eroe anche un'armatura divina, offerta un tempo da Efesto a Peleo, come regalo di nozze. Ella vi aggiunse i cavalli che Poseidone aveva portato come dono nella stessa occasione. Inoltre, per tentare un'ultima volta di deviare il corso del destino, pose presso il figlio un compagno, di nome Mnemone, la cui sola funzione era d'impedirgli, con i proprio consiglio di uccidere un figlio di Apollo. Infatti un oracolo voleva che Achille dovesse morire di morte violenta se avesse ucciso un figlio di Apollo, che non fu specificato in altro modo. Infine, Teti gli proibì di sbarcare per primo sulla riva troiana, poiché il primo eroe sbarcato doveva cadere per primo.
La prima spedizione e l'aiuto di Telefo
Nell'Iliade in seguito ad un invito personale portatogli in patria da Nestore, Ulisse e Patroclo, Achille decide di partecipare alla spedizione di Troia. Guida una flotta di cinquanta navi, sulla quale naviga una schiera di Mirmidoni[24]. Egli è accompagnato dall'amico Patroclo e dal precettore Fenice. Prima della partenza, su decisione dei capi, Achille assunse il comando supremo della flotta achea, con l'aiuto di Aiace Telamonio e di Fenice[25].
Nella tradizione dell' Iliade, l'esercito greco giunse direttamente da Aulide a Troia. Ma le leggende posteriori conoscono un primo tentativo di sbarco che fallì completamente. La prima volta in cui la flotta lasciò Aulide, per attaccare Troia, vi fu un errore sulla direzione da prendere, e, invece di approdare nella Troade, i Greci approdarono molto più a sud, in Misia. Pensando di essere nella Troade, i Greci si sentirono in dovere di saccheggiare il paese, del cui re era Telefo, figlio di Eracle. Alcuni autori sostengono che essi fecero conscientemente e di loro volontà abbattere la potenza dei Misi, prima di attaccare Troia, per impedire che Priamo potesse far ricorso ad essi.
Comunque stiano i fatti, Telefo si portò dinanzi agli invasori con il suo esercito, ne uccise molti, fino a trafiggere Tersandro, figlio di Polinice, il quale aveva tentato di resistergli. Patroclo e Diomede riuscirono però a lottare e salvarono il suo cadavere dalle grinfie nemiche. Durante la lotta, tuttavia, Patroclo venne colpito da una freccia scagliata dalle truppe nemiche e fu costretto a ritirarsi. Ma quando si presentò Achille, Telefo, spaventato, fuggì lungo le rive del fiume Caico[26]. Durante l'inseguimento, s'impigliò un piede in un ceppo di vite, e cadde, cosicché l'eroe Protesilao riuscì a strappargli lo scudo, permettendo ad Achille di ferirlo con la lancia alla coscia. L'errore del luogo di sbarco fu poi riconosciuto e i Greci s'imbrcarono allora in direzione di Troia. Non dovevano giungerci affatto perché una tempesta disperse la flotta e ogni contingente si ritrovò a casa sua. Achille, particolarmente, fu scagliato a Sciro, presso la moglie e il figlio[27] . Durante gli otto anni trascorsi nella città, Achille non esitò a dichiarare a Licomede il suo amore per Deidamia, cosicché il re concesse il matrimonio dei due, per riparare anche il concepimento segreto che Achille aveva voluto tenere nascosto per tutta la sua permanenza a Sciro sotto abiti femminili. Secondo una leggenda del tutto diversa, ovvero quella che riporta l'Iliade[28], dopo la tempesta che disperse l'intera flotta, Achille realizzò una spedizione contro la rocca di Sciro, insieme all'amico Patroclo, uccidendo il re Enieo e facendo numerosi schiavi.
Otto anni dopo, i Greci riunirono un altro esercito, e si radunarono, questa volta ad Argo. Ma non sapevano come raggiungere la Troade. Telefo, la cui ferita non guariva e al quale Apollo aveva predetto che «colui che lo aveva ferito lo avrebbe guarito», giunse dalla Misia ad Argo, vestito di stracci, come un mendicante, e si offrì ai Greci di indicare loro il cammino, se Achille avesse acconsentito a guarirlo. Edotto da Ulisse sul vero significato dell'oracolo, confermato dallo stesso Calcante, Achille acconsentì; mise un po' della ruggine, che si trovava sulla sua lancia, sopra la ferita di Telefo, e questi guarì. In seguito alla sua guarigione, Telefo promise di accompagnare i capi achei fino al loro sbarco in Troade e, per mantenere duratori rapporti con i suoi salvatori, promise che né lui né i suoi discendenti avrebbero combattuto contro i Greci.
Seconda spedizione
Da Argo, la flotta greca si portò ad Aulide. Qui il mare restò precluso alle navi a causa di una bonaccia persistente. Interrogato, Calcante rispose che tale bonaccia era dovuta alla collera di Artemide. La dea si sarebbe placata soltanto se Agamennone acconsentiva a sacrificarle la figlia Ifigenia, la quale si trovava allora, insieme con la madre, a Micene[29]. Agamennone acconsentì al sacrificio, e, per attirare la figlia ad Aulide senza destare sospetti, né quelli della madre, Clitennestra, ideò di opporre come pretesto alla sua domanda il suo desiderio di fidanzarla ad Achille[30][31].
Quest'ultimo non era al corrente dell'inganno del re. Quando l'eroe seppe che Agamennone si era preso gioco di lui, servendosi del suo nome per tramare un inganno, stabilì di intervenire nella faccenda per salvare la giovane[32]. Era troppo tardi perché la ragazza era già ad Aulide. Achille cercò in mille modi di opporsi al sacrificio, ma i soldati, sollevati contro di lui, minacciavano di lapidarlo ed egli dovette trattenerli. Promise a Clitemnestra di impedire l'uccisione della figlia, ma questa si offrì per essere immolata. L'eroe disse comunque che se voleva cambiare idea era sul luogo per intervenire. Ifigenia stessa offrì il suo collo all'ascia del sacerdote che doveva compire il sacrificio. Ma prima che la lama calasse su di lei apparve un cervo e la fanciulla fu portata via da Artemide (Euripide, Ifigenia in Aulide). Secondo altri, l'eroe, per ordine della stessa Artemide e straziato dalle lacrime di Clitennestra, intervenne durante il sacrificio, salvando la giovane e conducendola in Scizia[33]. Secondo Tzetze, Achille la sposò e da lei generò il giovane Neottolemo.
Tuttavia, i venti favorevoli arrivarono, e l'esercito, guidato da Telefo, giunse nell'isola di Tenedo.[34]. Quando le navi giunsero sulle coste dell'isola, il re Tenete, salito dall'alto di un promontorio, iniziò a scagliare enormi massi sulla flotta lì radunata. Achille furente si tuffò in mare e, a nuoto, raggiunse la riva dove si scontrò col nemico. Colpì Tenete trapassandogli il cuore con la lancia. Quando l'intero esercito fu sbarcato, Achille penetrò personalmente nell'isola coi suoi Mirmidoni; qui si batté con Cicno, padre di Tenete, figlio di Poseidone, che uccise con un colpo alla nuca, unico punto vulnerabile[35]. Durante il saccheggio intravide anche Emitea, figlia di Cicno e sorella di Tenete, verso la quale concepì un amore violento. La fanciulla fuggì come una cerbiatta, ma la terra si aprì sotto di lei, inghiottendola nelle profondità e salvandola dal suo inseguitore. Secondo altri, Tenete intervenne proprio allora per salvare la sorella, ma l'eroe lo trafisse con la sua lancia mentre Emitea era risucchiata nella cavità.
Accorgendosi, troppo tardi, di aver compiuto la profezia contro la quale la madre lo aveva messo in guardia, fece a Tenete funerali magnifici e, per vendicarsi del suo destino e per castigare la negligenza che l'aveva condannato[36], uccise il servo Mnemone che doveva impedire quel delitto. Secondo invece versioni più antiche Tenete venne ucciso in un semplice scontro e non viene citata la profezia.
Al banchetto dei capi, secondo quanto testimonia l'Odissea[37], Ulisse venne a disputa con Achille. Il primo vantava la prudenza, mentre il secondo esaltava il coraggio. Agamennone, al quale Apollo aveva predetto che i Greci avrebbero conquistato Troia allorché fosse subentrata la discordia tra gli assalitori, vide in questa discussione il presagio di una pronta vittoria. L'episodio ci è raccontato dal cantore Demodoco durante la permanenza di Ulisse alla corte del re Alcinoo. Questo episodio fu deformato dai mitografi posteriori, i quali immaginarono una situazione ancora più grave, in cui stavolta Achille entrava in conflitto, come sarebbe avvenuto dopo molto tempo, con Agamennone. In questo caso, l'eroe greco si scontrò con il re di Micene, per averlo accusato di essere solo un ripiego. Solamente Ulisse riuscì a placare i due contendenti.
I primi nove anni di guerra
Per nove anni, i Greci restano davanti a Troia, prima che comincino gli avvenimenti la cui storia forma l' Iliade. Questi nove anni sono pieni di imprese delle quali alcune sono già conosciute dal poeta dell'Iliade, mentre altre sono state elaborate posteriormente.
Ricordando gli avvertimenti della madre e dell'indovino Calcante, che annunciavano una morte certa a chi fosse sbarcato per primo sulla costa troiana[38], Achille non osò avanzare ma aspettò l'arrivo di una persona ancora più valorosa. Fu allora Protesilao a procedere[39], rincuorando tutti i suoi compagni, terrorizzati dall'avverarsi della profezia. Appena messo piede sulla banchina, l'eroe venne trafitto da un giavellotto, allora Achille, seguito dai suoi Mirmidoni, si scagliò contro Cicno, alleato dei Troiani. La forza dell'attacco fu tale che, atterrando sulla terra ferma dopo un balzo fenomenale, fece sgorgare una sorgente. Data la sua origine divina - era infatti figlio di Poseidone e di Calice - Cicno aveva il dono dell'invulnerabilità. Scatenatosi il duello, Achille colpì il nemico al volto con il pomo della sua spada, finendo col ricacciarlo indietro a colpi di scudo, fino a che Cicno, inciampò in terra e cadde.
Achille, ben conoscendo l'invulnerabilità del nemico che era figlio del dio Poseidone e di Arpalea, dopo che questo ebbe fatto una strage di nemici uccidendone da solo più di mille,[40] lo sollevò a mezz'aria e lo strozzò con i cinturini dell'elmo;[41]. poi gli tagliò la testa e la issò in cima alla punta del vecchio Pelio, mostrandola ai Troiani che, atterriti, fuggirono lasciando ai Greci la possibilità di costruirsi accampamenti sulla spiaggia che, da Priamo, passò ad Agamennone. Achille spogliò delle armi Cicno, ma grande fu il suo stupore quando lo vide svanire dalle sue mani e trasformarsi in un cigno ad opera di suo padre che, addolorato per la perdita di uno dei tanti suoi figli predilatti, gli garantì l'immortalità trasformandolo in un cigno immortale.
Le spedizioni di Achille
Sconfitti momentaneamente i Teucri, costretti alla ritirata, gli Achei circondarono con accampamenti Troia e tirarono in secca la loro flotta. Contemporaneamente Achille si armava e riuniva le truppe dei Mirmidoni,realizzando con esse alcune incursioni per annientare le difese esterne della città. Insieme ai suoi uomini migliori, si preparò ad un saccheggio notturno all'interno della stessa città, riuscendo a penetrarvi e ad afferrare con la forza Licaone, figlio di Priamo, mentre era intento a potare i rami nella vigna del padre[42]. Achille gli balzò addosso e lo consegnò a Patroclo con l'incarico di condurlo a Lemno e di venderlo come schiavo al migliore offerente. Dieci anni dopo fu scoperto e scagionato da Eezione, re di Tebe, il quale riuscì a ricondurlo nella sua città[43].
Insieme a Patroclo, Achille s'inoltrò sul monte Ida, sapendo che lì Priamo teneva le sue greggi e mandrie di buoi, custodite dai figli. Ivi si scontrò con Enea, che possedeva un vasto bestiame che faceva pascolare liberamente; vi erano con lui anche altri figli di Priamo. Achille iniziò subito una terribile razzia, al quale l'eroe troiano non poté opporsi, conoscendo le origini divine e la natura sovrumana dell'eroe. Mentre le sue mandrie subivano una crudele strage o venivano derubate, Enea fuggì cercando rifugio in una città vicina, nello stesso momento in cui il Pelide uccideva i mandriani dei buoi, e anche Mestore, uno dei figli di Priamo incaricato della sorveglianza[44]. Achille sorprese anche altri due figli di Priamo, Iso ed Antifo, che catturò legandoli con funi di vimini e che lasciò liberi solo dopo il pagamento di un ricco riscatto[45].
Frattanto Enea trovò rifugio presso la città di Lirnesso. Zeus stesso gli garantì "slancio ed agili gambe"[46], e riuscì a proteggerlo dalla foga del Pelide e della sua protettrice Atena. Ma Achille, arruolato un gruppo resistente di soldati Mirmidoni, assediò la città alleata dei Troiani costringendola in poco tempo alla resa. Penetrò infatti con i suoi uomini nella città, iniziando un saccheggio e una caccia di bottino. Achille uccise il re Minete, sovrano dei Cilici, risparmiando la sua promessa sposa Ippodamia, meglio nota come Briseide; ella era figlia di Brise, un sacerdote di Apollo che abitava a Lirnesso, il quale, alla vista della sua casa distrutta e della figlia rapita, si era suicidato per il dolore. Achille rese la fanciulla la sua schiava favorita e teneramente amata; lo stesso Patroclo, per consolarla della morte del padre, le aveva promesso di fare in modo che l'eroe la sposasse. Quando la città fu rasa al suolo, Enea chiese aiuto agli dèi e stavolta, grazie a Zeus, scampò nuovamente alla morte, rifugiandosi a Troia.
Iliade
Achille compare molto presto nell'opera, all'interno del primo canto. Crise, padre di Criseide e sacerdote di Apollo, dopo essersi recato da Agamennone per implorare la restituzione della figlia, venne insultato e cacciato in malo modo; in questo modo Agamennone scatena l'ira di Apollo che, per punirlo, provoca una grande pestilenza nelle file dell'esercito greco. L'indovino Calcante dunque rivela ad Agamennone che la pestilenza avrà termine solo con la restituzione di Criseide; di malavoglia Agamennone accetta, ma esige in cambio Briseide, la prigioniera di Achille, e - benché furente - Achille accetta di donargli la schiava, ma si ritira nella sua tenda e si rifiuta da quel momento di combattere. In sua assenza, i Troiani sembrano prevalere: nel corso di una grande battaglia, essi giungono ad attaccare il campo greco e minacciano di dare fuoco alle navi. A questo punto la situazione per i Greci precipita ma Achille sembra non curarsene; Patroclo, suo scudiero e caro amico, riesce però a convincerlo a lasciare i Mirmidoni la possibilità di battersi, non solo: Achille permette a Patroclo di indossare le sue armi e la sua corazza, avvertendolo di non avvicinarsi troppo alle mura di Troia.
Patroclo però, dopo aver respinto l'assalto, tenta più volte di scalare le mura di Troia, ma viene affrontato e ucciso da Ettore.
L'ira di Achille aumenta e decide di tornare a combattere: Teti gli fa costruire da Efesto una nuova armatura, poiché quella che aveva era stata presa prima da Patroclo e poi da Ettore. Achille rientra in battaglia, facendo strage dei Troiani; infine affronta Ettore in duello e lo uccide, nonostante sua madre gli avesse predetto che alla morte di Ettore sarebbe seguita ben presto la sua. Per vendicarsi dell'amico ucciso, trascina dietro al suo carro il cadavere di Ettore, facendone scempio; quando però Priamo si reca nottetempo al campo greco per implorargli di restituire il corpo, Achille si commuove ed acconsente. Malgrado la morte di Ettore la guerra continuò ed altri alleati giunsero in soccorso a Troia per sfidare Achille: Giunse Pentesilea, regina delle Amazzoni, che, con poca fortuna, si scagliò contro di lui al termine dei funerali di Ettore. Secondo il mito, solamente quando la colpì al petto, rompendone così l'armatura, Achille conobbe la sua bellezza. Stanti alcune tradizioni riportate ad esempio nel bel volume "le nozze di cadmo ed armonia" di roberto calasso (adelphi) Achille sarebbe già rimasto invaghito di pentesilea, e, scoprendone l'identità solo averla colpita a morte, copulò con lei prima e dopo la morte.
Morte
Sono molte le tradizioni classiche sulla morte di Achille, anche se diverse concordano sul fatto che sarebbe stato lo stesso dio Apollo a compierne il destino fatale. Riprendendo il racconto di Virgilio nell'Eneide, Achille dopo aver ucciso il re (anch'egli semidio) degli etiopi Memnone in un feroce duello, si lanciò assieme all'esercito greco alla conquista di Troia. Tuttavia, durante l'inseguimento di un gruppo di fuggitivi nei pressi delle porte Scee, Paride lo vide e, tirata una freccia dalla sua faretra, la scagliò contro il tallone di Achille, unica sua parte mortale. La lotta per il suo cadavere durò un giorno, ma Zeus vi pose fine con un temporale: Teti accompagnata da tutte le dee del mare ne raccolse allora il corpo e lo vegliò per diciassette giorni, onorato da pianti e lamenti di mortali e di immortali. Infine il diciottesimo giorno, ornato come un dio fu posto su una pira e inumato. Un mito descrive Ulisse e Aiace Telamonio intenti a recuperare il suo corpo: per ringraziarla Teti donò al più eroico fra i due la sua armatura.
Un'altra leggenda[47] racconta come l'eroe, innamorato della figlia di Priamo, Polissena, si sarebbe recato al Tempio di Apollo a Timbra per averla in sposa; qui avrebbe trovato la morte per mano di Paride. Apollonio Rodio[48] narra che una volta morto divenne giudice infernale e che visse nell'Isole dei Beati, prendendo poi in sposa Medea, o forse Ifigenia.
Vittime di Achille
Acestore. Un Beota, figlio di Efippo.
Enio.
Astipilo.
Mneso.
Traso.
Midone.
Ofeleste.
Tersiloco. Autore(Madia Salvatore Pierandrea)
(Erano guerrieri peoni alleati dei Troiani).
Antandra.
Antibrote.
Armotoe.
Ippotoe.
Pentesilea.
Polemusa.
(Erano Amazzoni che giunsero con la regina Pentesilea nella guerra di Troia. La regina stessa venne ferita a morte da Achille, che s'innamorò di lei dopo averla uccisa).
Asteropeo. Un valoroso guerriero peone compagno di lotta di Sarpedone. Asteropeo era figlio di Pelegone, a sua volta figlio del dio fluviale Assio e di Peribea. I Peoni erano una popolazione della Macedonia.
Dardano (Biante).Laogono. Figli del vecchio troiano Biante.
Demoleonte. Figlio di Antenore, il vegliardo troiano.
Demuco. Prode guerriero troiano, figlio del vecchio Filetore.
Driope (Iliade). Guerriero troiano.
Deucalione (Iliade) Guerriero troiano. Fu il compagno di Ettore che Achille uccise in modo puramente macabro: con un colpo di spada lo decapitò e dal busto di lui fece schizzare in aria il midollo.
Mulio. Guerriero troiano.
Ippodamante. Giovane guerriero troiano che combatteva sul cocchio di Demoleonte.
Licaone. Figlio di Priamo e Laotoe.
Mestore. Figlio di Priamo.
Polidoro. Il più giovane dei figli di Priamo. Come Licaone, aveva per madre Laotoe.
Troilo. Figlio di Priamo e di Ecuba.
| Echeclo |
Giovanissimo guerriero troiano. Era figlio di Agenore. |
| Ezìone |
Re di Tebe di Cilicia, ucciso da Achille quando questi saccheggiò la sua città. Egli è padre di Andromaca e forse anche di Pode, ucciso da Menelao. |
| Epistrofo |
Capo degli Alizoni, alleati dei Troiani, insieme ad Odìo. Era figlio di Mecisteo. |
| Ifitione |
Capitano di un grande contingente di Troiani, figlio di Otrinteo e di una Naiade. Achille, ritornato nel campo di battaglia per vendicare la morte di Patroclo, ucciso da Ettore, si scagliò innanzitutto contro Ifitione, che gli veniva incontro, e gli gettò in viso la lancia che, con immensa potenza, penetrò nel cervello e lo divise in due parti dentro l'elmo di bronzo. |
| Memnone |
Re degli Etiopi, il quale giunse con un grande esercito per difendere Troia. Memnone era figlio di Eos e di Titone. Il padre Titone era figlio di Laomedonte, e fratello di Priamo. Achille, alla notizia della morte di Antiloco, suo amico, ucciso da Memnone si gettò ad affrontare il grande nemico e, riuscito a raggiungerlo dopo essersi beccato qualche graffio al petto, con la spada gli tagliò la testa e gettò i miseri resti del nemico sul rogo di Antiloco, partecipando anch'egli ai suoi funerali. Dopo la sua morte, Memnone venne reso immortale da Zeus, su richiesta della madre. |
| Menete |
Un guerriero della Licia, alleato dei Troiani. |
| Mente Talio |
Guerrieri etiopi nello schieramento di Memnone. |
| Minete |
Re della città di Lirnesso che venne saccheggiata da Achille. Morto Minete, Achille ne rapì la moglie, Briseide. |
| Rigmo. Un giovane condottiero della Tracia, alleato dei Troiani, figlio di Piroo (anch'egli ucciso a Troia, da Toante l'Etolo).
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| Trambelo |
Quest'uomo era detto figlio di Telamone. Egli resistette all'invasione di Achille a Lesbo. |
| Troo |
Figlio di Alastore. |
Iconografia
Sono moltissime e svariate le immagini di Achille, la cui descrizione è tramandata da fonti scritte e soprattutto dipinte. Fra gli episodi più celebri in cui è protagonista l'eroe, si ricorda l'agguato a Troilo rappresentato anche nel vaso François conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, ma proveniente da Vulci.
Approfondimenti
L'episodio di Teti e Peleo per quanto riguarda la nascita di Achille ripete un altro mito, quello di Demetra. La dea nel suo peregrinare alla ricerca di Persefone, sua figlia, chiese ed ottenne ospitalità presso Metanira. Demetra per ringraziarla cercò di rendere immortale il figlio di lei ma la donna glielo impedì, interrompendo il processo.[49] La leggenda, che vede l'immersione di Achille nello stige sembra essere di origine tardo-latina,[50] come hanno sostenuto diversi mitografi moderni[51]
Note
- ^ Pindaro, Nemea, iv, versi 66-68.
- ^ Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, iii, 13, 5, versi 168-170.
- ^ Apollonio Rodio, Libro iv versi790 e seguenti.
- ^ a b Tzetze, Scoli a Licofrone versi 175-178.
- ^ Euripide, Andromaca, versi 1265-1266.
- ^ Ovidio, Metamorfosi, xi, versi 258-265.
- ^ Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, iii, 13, 6, 171.
- ^ Esiodo, frammento 300, Scolio ad Aristofane, nub. 1068.
- ^ Halm-Tisserant, pagine 50-56 e 73-74, anno 1993.
- ^ Esiodo, frag. 300 MW menziona l'avvenimento; Licofrone, Alexandra, (177-179) cita l'intervento di Peleo e precisa che sei neonati morirono gettati nel fuoco
- ^ Tolomeo Efestione, IV, citato da Fozio pag 487.
- ^ Licofrone, Cassandra, 178 e seguenti.
- ^ Stazio, Achilleide, (I, 133-134).
- ^ Esiodo, Catalogo di donne, fr. 204.87-89 MW.
- ^ Iliade, (IV, 217-219 e XI, 830-832).
- ^ Pseudo-Apollodoro, Biblioteca III 13, 6
- ^ Iliade (IX, 438-442).
- ^ Omero, Iliade (IX, 490-491))
- ^ Iliade, XIX, che fa riferimento all'epica Ciclica. Gantz, p. 581.
- ^ Pietro Metastasio, Achille a Sciro
- ^ Igino, Fabulae, XCVI.
- ^ Tzteze, Scoli a Licofrone 183
- ^ Ovidio, Metamorfosi, (XIII, 162-170).
- ^ Iliade (IX, 439).
- ^ Apollodoro, Epitome III 6
- ^ Apollodoro, Biblioteca, (III, 17-20) ; accenno nell' Iliade (I, 59).
- ^ la Piccola Iliade, un'epopea del Ciclo Troiano, e Iliade (IX, 666-668), che ricorda il ritorno a Sciro di Achille.
- ^ Omero, Iliade (IX, 668)
- ^ Canti Ciprioti riassunti da Proclo; Sofocle, Ifigenia (frag. 305 R); Euripide, Ifigenia in Tauride (24-25).
- ^ Canti Ciprioti di Proclo
- ^ Sofocle, Ifigenia (frag. 305 R) ; Euripide, Ifigenia in Tauride
- ^ Sofocle, Elettra 54
- ^ Ditti Cretese I, 19
- ^ Canti Ciprioti di Proclo menzionano che la collera fu invenzione tardiva; Aristotele, Retorica (II, 24) precisa che avvenne durante lo sbarco a Tenedo.
- ^ Apollodoro, Epitome III 31
- ^ Plutarco, Moralia (297 d-f).
- ^ Odissea (VIII, 75-82).
- ^ Apollodoro, Epitome 3.29.
- ^ Pausiania 4.2.7.
- ^ Canti Ciprioti; Aristotele, Retorica (II, 24).
- ^ Ovidio, Metamorfosi (XII, 72-144)
- ^ Apollodoro, Biblioteca 3.12.5.
- ^ Omero, Iliade, XXI, 40-44
- ^ Apollodoro, Epitome 3.32.
- ^ Omero, Iliade, IX, 104-106
- ^ Omero, Iliade, XX, 93
- ^ Il mito è descrito nell'opera oggi perduta di Sofocle, la Polissena, e nell'Ecuba di Euripide.
- ^ Apollonio Rodio, Argonautiche, IV, 814
- ^ Pausania, libro i. 39,2.
- ^ Stazio, Achilleide, versi 264-271 e 382-396.
- ^ Halm-Tisserant, pagine 73-74 anno 1993.
Bibliografia
Fonti
- Omero, Iliade
- Pseudo-Apollodoro, Biblioteca
- Igino, Fabulae
- Ovidio, Metamorfosi
Traduzione delle fonti
- Omero, Iliade, seconda edizione, Torino, Einaudi, 1990, ISBN 978-88-06-17694-5. Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti
- Vincenzo Monti, Iliade di Omero, nona edizione, Aroldo Mondadori, 2007, ISBN 978-88-04-53902-5. Traduzione di Manara Valgimigli e Carlo Muscetta
- Omero, Iliade, quinta edizione, Bergamo, BUR, 2005, ISBN 88-17-17273-1. Traduzione di Giovanni Cerri
- Apollodoro, Biblioteca, Milano, Mondadori, 1998, ISBN 88-04-55637-4. Traduzione di Marina Cavalli
- Apollodoro, I miti greci VII edizione, Milano, Arnoldo Mondadori, 2004, ISBN 88-04-41027-2. Traduzione di Maria Grazia Ciani
- Publio Ovidio Nasone, Ovidio Le metamorfosi dodicesima edizione, Bergamo, BUR, 2007, ISBN 978-88-17-12976-3. Traduzione di Giovanna Faranda Villa
- Igino, Miti, Milano, Adelphi Edizioni, 2000, ISBN 88-459-1575-1. Traduzione di Giulio Guidorizzi
Moderna
- Robert Graves, I miti greci, Milano, Longanesi, ISBN 88-304-0923-5.
- Angela Cerinotti, Miti greci e di roma antica, Prato, Giunti, 2005, ISBN 88-09-04194-1.
- Anna Ferrari, Dizionario di mitologia, Litopres, UTET, 2006, ISBN 88-02-07481-X.
- Anna Maria Carassiti, Dizionario di mitologia classica, Roma, Newton, 2005, ISBN 88-8289-539-4.
- Pierre Grimal, La mitologia greca, Roma, Newton, 2006, ISBN 88-541-0577-5.
- Anna Ferrari, Dizionario di Mitologia Classica, Roma, TEA, 1994, ISBN 88-781-9539-1.
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