Dignitatis Humanae

dichiarazione emanata nel Concilio Vaticano II
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La Dignitatis Humanae è una dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa.
Approvato con 2308 voti favorevoli e 70 contrari dai vescovi radunati in concilio, fu promulgato dal papa Paolo VI il 7 dicembre 1965.

Il titolo Dignitatis Humanae significa dal latino: circa la dignità dell'uomo e deriva dalle prime parole del decreto stesso.

Essa rappresenta una svolta nella storia della Chiesa e il definitivo superamento delle posizioni tradizionali nel campo della libertà religiosa. Un certo numero (circa il 10%) dei padri conciliari erano ancora su posizioni tradizionali; al momento della firma del documento solo 70 non lo firmarono.

Contenuto

  • Proemio
  • I - Aspetti generali della libertà religiosa
  • II - La libertà religiosa alla luce della rivelazione
  • Conclusione

Novità della dichiarazione

«L’unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidata la missione di comunicarla a tutti gli uomini»

Questa semplice affermazione, che può sembrare banale e ovvia, in realtà è rivoluzionaria. Il Concilio afferma che la Chiesa che Cristo ha fondato “sussiste” (e non “è”) nella Chiesa cattolica di Roma. Cioè la Chiesa che Cristo ha fondato non si identifica con la Chiesa cattolica; la Chiesa voluta da Cristo non è prerogativa unica ed esclusiva della Chiesa cattolica di Roma. Questo vuol dire che in linea di principio non si può escludere che anche nelle altre Chiese cristiane ci siano elementi della Chiesa di Cristo, che anche le altre confessioni cristiane abbiamo conservato elementi della Chiesa di Cristo. Di certo il Concilio arriva a dire che tutte le Chiese cristiane non sono la Chiesa che Cristo ha voluto, perché in tutte manca un elemento, quello dell’unità, per la quale Cristo ha pregato nell’Ultima Cena: “Che siano uno…”.

«Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa»

Questa affermazione ha una portata enorme, supera d’un colpo solo XVIII secoli di storia della Chiesa. Ogni persona ha il diritto alla libertà religiosa, cioè ogni persona deve essere libera nel credere ciò che vuole credere, e nessuno, singolo, gruppo o stato, può intervenire per fargli cambiare idea. L’esercizio di questa libertà è “entro debiti limiti”: cioè nel rispetto della libertà degli altri.

«Il diritto alla libertà religiosa si fonda sulla stessa dignità della persona umana»
«Gli imperativi della legge divina l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente… Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza»

Attraverso queste due affermazioni il Concilio espone i fondamenti della libertà religiosa:

  • la dignità della persona umana (libera nel decidere e orientare la propria vita) e
  • la voce della coscienza (luogo dell’incontro di Dio con l’uomo, cfr. Gaudium et Spes).

Il documento afferma che la Verità non si esaurisce con il cristianesimo, aprendo al dialogo interreligioso e allo studio di tutti i testi sacri, quali possibili fonti di verità e salvezza.

Il Vaticano II arriva ad affermare che la salvezza non è preclusa ai non cristiani e agli atei, se questi vivono una vita e opere conforme alla dottrina di Cristo, nel rispetto dei comandamenti.

In questo modo, viene ribadito il principio della salvezza per opere, non per fede. L'affermazione può essere vista come una forte apertura rispetto al passato, dove la fede in Cristo era considerata una condizione necessaria per la salvezza.

Voci correlate

Collegamenti esterni

testo del documento in italiano (dal sito del Vaticano)

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