Isernia La Pineta

sito archeologico paleolitico italiano

Isernia La Pineta è un sito archeologico del Paleolitico rinvenuto casualmente dal ricercatore Alberto Solinas nel maggio 1979 presso Isernia in Molise, in occasione dei lavori per la superstrada Napoli-Vasto.

Caratteri del sito

Il sito conserva un giacimento risalente al Paleolitico che ha restituito abbondante materiale sia archeologico che paleontologico ed è considerato di grande importanza per la ricostruzione del modo di vivere dell'Homo erectus.

Il giacimento comprende quattro fasi di occupazione, sigillate da depositi alluvionali o deposito di cenere vulcanica, relative ad accampamenti umani datati a circa 700.000 anni fa. I rinvenimenti occupano un'area di circa 30.000 m2 e comprendono numerosi manufatti in selce, spessi e di piccole dimensioni.

Rinvenimenti

Fauna

I resti faunistici sono molto abbondanti e appartengono a più specie. Il bisonte, l'elefante e il rinoceronte sono gli animali più frequenti, mentre meno frequenti sono l'orso, l'ippopotamo,il cinghiale, il daino e il megacero.

La setacciatura dei sedimenti permette di raccogliere resti di microvertebrati, fra i quali, oltre a pochi resti di pesci, anfibi, rettili, fra cui tartarughe, e uccelli, vi sono i seguenti roditori: Clethrionomys, Pliomys episcopalis, Pliomys lenki, Microtus gruppo arvalis-agrestis, Microtus brecciensis, Pitymys, Arvicola mosbachensis.


Il giacimento di Isernia è ritenuto un caposaldo della cronostatigrafia a causa della presenza di micromammiferi e dei mezzi necessari per datare l'associazione faunistica. Inoltre i ritrovamenti permettono di ipotizzare l'ambiente in cui venivano costituiti gli accampamenti e gli spostamenti degli stessi nelle varie stagioni.

Flora

Le aree si dividevano in zone ampie e verdi caratterizzate da pochi alberi e diverse zone umide con vegetazione più intensificata e aree di foresta rada o più fitta in cui venivano accolte varie specie di alberi: la quercia (Quercus), il pino (Pinus), la betulla (Betula),il faggio (Fagus), il carpino (Carpinus betulus), il frassino (Fraxinus), il noce (Juglans), il castagno (Castanea).

Homo Aeserniensis

Gli uomini che avevano frequentato la zona furono battezzati dall'avv. Mario Di Nezza Homo Aeserniensis. [1]

Il rinvenimento di un cranio fossilizzato, avvenuto nella campagnia di Ceprario, e' l'unico rinvenimento che ci fornisce informazioni sulla conformazione fisica dell' Homo Aeserniensis ed è attualmente custodito in una cassaforte dell’istituto di anatomia patologica dell’Università di Roma. [2]

L'ominide appartiene a un'epoca compresa tra quella dell’homo erectus e quella dell’homo sapiens. La conformazione fisica era caratterizzata dalla fronte sfuggente e piatta, la statura bassa e robusta, il mento assente e la mandibola poderosa.

I ritrovamenti archeologici informano sulle modalità di produzione degli strumenti litici, sulle attività di caccia e di macellazione degli animali. L'organizzazione degli spazi abitativi rileva una società con una precisa divisione dei compiti su basi sessuali: le donne e i bambini si occupavano della raccolta di erbe, radici e frutti selvatici, mentre gli uomini si occupavano della caccia di bisonti, elefanti, rinoceronti, orsi, ippopotami e cinghiali. Il clima caratteristico si divideva in due stagioni, una lunga e arida ed un'altra beve e colma di precipitazioni. Gli individui che frequentavano il luogo non avevano l'usanza di seppellire i morti. Spesso erano radunati in piccoli gruppi a carattere familiare, composti da poche decine di individui

Si presume che possedessero un codice di comunicazione linguistica non limitato ai soli gesti.

Un ritrovamento importante, dal quale si è dedotto che l'uomo di allora conoscesse il fuoco e ne facesse uso nell'accampamento, è quello di chiazze di argilla arrossata e ossa che, a seguito di analisi, sono risultate essere state esposte a fonti di calore.

Il paleolitico è caratterizzato dalla costruzione di strumenti in pietra realizzati con tecniche di scheggiatura. Le tecniche di scheggiatura consistono in: scheggiatura a percussione diretta, scheggiatura a percussione indiretta, scheggiatura a percussione bipolare, scheggiatura a percussione su incudine e scheggiatura a pressione.

Accampamento

L'accampamento temporaneo fu ripristinato ad ogni nuova frequentazione a causa delle piene del fiume Cavaliere, le cui acque crescevano durante la stagione umida, inondando le zone limitrofe e ricoprendole di sabbia e fango.

Le conche in roccia calcarea, all'interno degli spazi paludosi, erano utilizzate come rifugi dai cacciatori dopo le battute di caccia. Essi vi trasportavano le carcasse degli animali, le cui ossa venivano in parte gettate nell'acqua, in parte utilizzate per la fabbricazione di strumenti, impiegati per tagliare ed asportare pezzi di carne e in parte per la costruzione delle capanne.

Gli accampamenti erano temporanei, in quanto dipendevano dagli spostamenti stagionali degli animali. Venivano resi più accoglienti possibile attraverso il consolidamento del suolo paludoso e attraverso la realizzazione di pavimenti costituiti da ossa di animali e pietre.

Inizialmente le abitazioni erano semplicemente ripari naturali, a cui si aggiunsero capanne costruite con ossa di bisonte e di rinoceronte, zanne di elefante e fogliame. Le zanne di elefante erano impiegate in funzione di pilastri ed il fogliame per la costruzione del tetto.

Nell'accampamento veniva utilizzato il fuoco, per proteggersi dagli animali, per illuminare e per cuocere.

Industria litica

Le industrie litiche provenivano da due settori dell'area abitata, distanti circa 100 m: il primo ha restituito manufatti in selce e calcare, e il secondo in sola selce. Si trovano ai due lati della ferrovia che collega Isernia a Roma.

I manufatti si riferiscono a diverse epoche del paleolitico e questo rende probabile che la materia prima utilizzata per fabbricare gli strumenti si trovasse nei pressi dell'accampamento.

Museo nazionale del Paleolitico

Nel 1999 è stato inaugurato a Isernia il "Museo nazionale del Paleolitico", che comprende sia una sede museale di Santa Maria delle Monache, sia l'area di "La Pineta", dove proseguono gli scavi del paleosuolo. Quest'ultima struttura, in corso di completamento, è concepita come un laboratorio nel quale i visitatori possono assistere ai lavori e dove i reperti provenienti dallo scavo possono essere restaurati, studiati ed esposti al pubblico direttamente sul posto. Momentaneamente i reperti provenienti dall'accampamento sono esposti nella sede di Santa Maria delle Monache.


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