Gneo Marcio Coriolano
Gneo Marzio Coriolano (527?-490 a.C.?) era membro dell'antica Gens Marcia e noto generalmente come Coriolano, fu un valoroso generale al tempo della guerra contro i Volsci.

Biografia
Nel 493 a.C. conquistò la città volsca di Corioli[1], dalla quale trasse il proprio cognome, riportò il trionfo e venne decorato della corona d'alloro.
In seguito, nel [[[491 a.C.]]] sotto il consolato di Marco Minucio Augurino e Aulo Sempronio Atratino, per il suo dispotismo e per aver vietato la distribuzione di grano alla plebe, venne esiliato da Roma; rifugiatosi presso i Volsci che aveva sottomesso, per vendetta li mosse in armi contro la patria ingrata.
«Q. Marcio, duce romano, che aveva conquistato Corioli, città dei Volsci, accecato dall'ira si recò presso i Volsci e ottenne aiuti contro i Romani. Sconfisse spesso i Romani, arrivando fino a cinque miglia da Roma, pronto a combattere anche contro la sua patria, respinti i legati inviati per chiedere la pace, vinto solamente dal pianto e dalle suppliche della madre Veturia e della moglie Volumnia, andate da lui da Roma, ritirò l'esercito. E questo fu il secondo capo, dopo Tarquinio, ad essersi opposto alla propria patria.»
Giunto alle porte dell'Urbe al IV miglio della Via Latina, dove si trovava il confine dell'Ager Romanus Antiquus (nei pressi dell'attuale Via del Quadraro), venne fermato dalle implorazioni della madre Veturia e della moglie Volumnia accorsa con i due figlioletti in braccio, che lo convinsero a ritirarsi. Ma i Volsci lo considerarono un traditore, e lo misero a morte.
I moderni storici considerano però Coriolano un personaggio leggendario, forse creato per giustificare le sconfitte dei Romani nella guerra contro i Volsci.
Note
Bibliografia
- Tito Livio Ab Urbe condita libri II,33
- Plutarco Vite Parallele, Coriolano
- Eutropio Breviarium ab Urbe condita, I, 14-15 (che lo chiama Quinto)
Alle vicende di Coriolano è ispirata l'omonima tragedia di William Shakespeare. Pure ispirata alla vicenda di Coriolano è un'ouverture di L.v. Beethoven (op. 62, in do min.), composta per la tragedia teatrale omonima di H.J.von Collin.