Becky (Rachel) Behar (8 gennaio 1929Milano, 16 gennaio 2009) è stata una collezionista d'arte e saggista turca. Ultima sopravvissuta alla strage nazista di Meina, ha raccontato la sua esperienza nel suo saggio Il diario di Becky Behar.

Biografia

Infanzia

Becky (Rachel) Behar, ultima di quattro figli, nacque in Belgio nel 1929 e, per motivi di salute della madre, i suoi si trasferirono in Italia nel 1934; il padre Alberto, appassionato antiquario, si stabilì a Milano con la moglie Eugenia e i figli. I Behar erano una famiglia laica, ma con una grande fede in Dio, che il padre venerava quasi al di là di una specifica religione. Da piccola frequentava una scuola italiana e si integrò perfettamente con i compagni e la maestra. Nel 1938, la proclamazione del “Manifesto della razza” comportò, analogamente alle Leggi di Norimberga volute da Hitler per la Germania nel 1935, la perdita dei diritti civili per i cittadini ebrei, costretti a registrarsi presso i comuni di residenza e a subire numerose limitazioni quanto alle loro libertà individuali. Tra le altre terribili misure antisemite, l’espulsione dei bambini e dei ragazzi dalle scuole pubbliche e il loro inserimento coatto in istituti per soli ebrei. Becky fu così costretta a lasciare, tra le lacrime, la maestra e gli amici, sperimentando il primo dei numerosi traumi che la tormenteranno, quello della diversità umana, della colpa di essere di origine, tradizione, religione ebrea, appartenente ad una razza giudicata come inferiore.

La guerra e la strage

Due anni dopo, nel 1940, l’Italia entrò in guerra e Milano iniziò a subire i rombi dei bombardamenti. Fu il momento di un nuovo trauma, legato alla corsa nei rifugi sotterranei, immersi nelle tenebre, da dove si assisteva, impotenti, insieme con il crollo dei palazzi vicini, a quello delle speranze in una vita semplicemente normale. La situazione di ansia continua, scandita quotidianamente dal suono esasperante della sirena, indusse la famiglia Behar a trasferirsi sul lago Maggiore, a Meina, dove il padre rilevò da una vedova in difficoltà economiche un albergo. Nella cittadina vennero ad abitare anche il vice-console e il console turco, Niebil Hertog, che riceve in dono dal signor Behar la sua precedente dimora, mentre Becky e i suoi passano a vivere direttamente all’hotel. Lì erano sfollate da Milano altre famiglie ebraiche, che speravano in quel modo di sfuggire non tanto alle persecuzioni (si supponeva con una punta di ingenuità che la civile Italia non avrebbe mai compiuto simili nefandezze), quanto ai bombardamenti che sconvolgevano la vita di città. È l’occasione per conoscere nuovi amici, in particolare John, un diciassettenne proveniente da Salonicco, con cui Rachel ha modo di sfogare la propria malinconia per quello che stava succedendo: l’ottimismo di John la consola e, alla notizia dell’armistizio del 1943, scoppiò in una gioia senza limiti.

A frenare l’entusiasmo i vecchi, che temevano la brutale reazione della Germania e non si sbagliarono: nel settembre 1943, la divisione corazzata Leibstandarte-SS Adolf Hitler, guardia del corpo di Hitler, proveniente dal fronte russo, con compiti militari, polizieschi, ebbe l’ordine di stabilirsi sul lago per proteggere l’accesso alla frontiera svizzera (ultimo baluardo di salvezza grazie alla neutralità di quella nazione) e impedire la fuga di soldati italiani; il comando venne alloggiato all’Hotel Beau Rivage di Baveno. Il 15 settembre soldati del primo battaglione requisirono l’hotel del padre di Becky e, nel corso di due terribili notti, assassinarono sedici Ebrei. Di altri trentotto ottennero i nominativi con la collaborazione degli uffici comunali. Le delazioni di alcuni filo-fascisti permisero inoltre ai Tedeschi di raggiungere con estrema facilità e quindi di eliminare gli uomini e le donne di origine ebraica.

Cronologicamente fu la prima strage nazista avvenuta in Italia.

Becky e la sua famiglia riuscirono a salvarsi essendo cittadini turchi e conoscendo personalmente il console della Turchia. I Tedeschi tentarono per ben due volte di eliminare Alberto, una prima volta arrestandolo e portandolo al comando di Baveno; quindi, due soldati, maldestramente travestiti, cercarono di convincerlo a seguirli, ma in entrambi i casi l’intervento del console e del vice-console impedirono il suo certo assassinio.

Dopoguerra

Dopo una fortunosa fuga in Svizzera, Becky tornò con la famiglia a Milano, dove sposò Pier Paolo Ottolenghi, di origine ferrarese, grande amico di Giorgio Bassani, e da lui ebbe due figlie, una delle quali prematuramente scomparsa. La vita di Becky, secondo la testimonianza di Primo Levi, fu tutta dedicata gratuitamente a portare nelle scuole il messaggio di tolleranza contro ogni forma di discriminazione che lei stessa aveva sperimentato; quei morti, che Becky aveva visto affiorare dal lago orrendamente mutilati e feriti dalle baionette con cui i nazisti cercarono di farli sprofondare, tormentavano i suoi sogni e le impedivano di dimenticare quanto era accaduto. Negli anni Sessanta, a Osnabrueck, si celebrò il processo alle SS artefici dell'eccidio, di cui comunque rimasero oscuri i mandanti; furono comminati tre ergastoli e la testimonianza di Rachel fu determinante per l'identificazione di un nazista. Ma qualche anno dopo, la Corte Suprema di Berlino, in nome di una pacificazione caldeggiata da Konrad Adenauer in persona, dichiarò quei reati caduti in prescrizione[1].

Becky Behar è morta per un’emorragia cerebrale il 16 gennaio 2009 [2][3][4], mentre, camminando per le vie di Milano, si recava ad una conferenza organizzata dalla figlia Rossana.

Film ispirato all'eccidio

Nel 2007, il regista Carlo Lizzani immortalò le vicende del lago nel film Hotel Meina, nel quale principale protagonista era proprio una ragazzina che era ricalcata direttamente sulla piccola Becky. La signora Behar fu però molto dura con Lizzani, non solo perché non era stata per nulla interpellata nella stesura della sceneggiatura, ma soprattutto perché erano stati alterati i fatti (per esempio era stata a bella posta alzata l'età della protagonista per consentire scene d'amore con un giovane greco)[5][6].

Note

  1. ^ Chi è? Behar Becky, in Biografie dei nostri "maggiori", Istituto storico della Resistenza "Piero Fornara". URL consultato il 21-08-2009.
  2. ^ N.D., MORTA BECKY BEHAR, TESTIMONE DI STRAGE NAZISTA DI MEINA, su repubblica.it, La Repubblica, 16 gennaio 2009. URL consultato il 21-08-2009.
  3. ^ Franco Manzoni, Becky Behar, testimone della strage Ss di Meina, su archiviostorico.corriere.it, Il corriere della sera, 27 gennaio 2009. URL consultato il 21-08-2009.
  4. ^ Nadia Angelucci, E' scomparsa Becky Behar, su noidonne.org, 10 gennaio 2009. URL consultato il 21-08-2009.
  5. ^ Carlo Bologna, Valeria Pera, Il film di Lizzani offende gli ebrei, su informazionecorretta.it, La Stampa, 25 febbraio 2007. URL consultato il 21-08-2009.
  6. ^ Carlo Griseri, Hotel Meina: una strage dimenticata che andava ricordata meglio, su cineboom.it, 11 maggio 2008. URL consultato il 21-08-2009.

Bibliografia

  • M. Nozza, Hotel Meina. La prima strage di ebrei in Italia
  • Aa. Vv., La strage dimenticata. Meina settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia. Con la testimonianza della superstite Becky Behar, Novara 2003
  • Liaty Pisani, Il diario della Signora[1]

Voci collegate

Collegamenti esterni

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  1. ^ Paola Beltrame, Il mistero del lago Maggiore, un eccidio dimenticato, su swissinfo.ch, 13 maggio 2007. URL consultato il 21-08-2009.