Chiesa di San Bernardino da Siena (Amantea)
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La chiesa di San Bernardino da Siena è un luogo di culto cattolico della città di Amantea, in provincia di Cosenza in Calabria.
La chiesa, dichiarata monumento nazionale e descritta da alcuni studiosi come "il più significativo exemplum della poetica architettonica diffusa dagli ordini mendicanti nel XV secolo in Calabria",[1] è affiancata da un altro luogo di culto più piccolo un tempo sede dell'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione, l'oratorio dei Nobili, e dal convento dei frati minori osservanti, fondato nel 1436 e nuovamente occupato dai frati a partire dal 1995, dopo la loro ultima cacciata nel 1861.
Storia
La fondazione: Quattrocento e Cinquecento
La fondazione del convento amanteota dei frati minori osservanti in contrada Rota[2] fu autorizzata da papa Eugenio IV con il Breve apostolico dato da Bologna il 24 settembre 1436:[3][4] probabilmente il papa si interessò della questione, di carattere meramente locale, grazie all'intervento del suo cameriere privato, il nobile amanteota Giovanni Cozza.[4] I minori osservanti si erano già installati in altre località della Calabria, dove l'ordine era stato portato dal beato Tommaso Bellacci da Firenze:[3] a Tropea e Cosenza nel 1421, a Mesoraca nel 1428, a Reggio Calabria nel 1431, a Cinquefrondi nello stesso 1436 di Amantea.[5]
In tutti questi casi, i minori osservanti avevano occupato luoghi di culto abbandonati da altri ordini religiosi: ciò avvenne probabilmente anche ad Amantea. Infatti il Breve apostolico firmato da Eugenio IV parla, come notato dallo studioso Francesco Samà,[6] di una "licentia acceptandi" ("permesso di accettare") il convento, ovvero un convento già esisteva e non bisognava costruirlo, poichè l'Università ed i cittadini di Amantea avevano offerto quei locali abbandonati agli osservanti. Inoltre, la vecchia campana della chiesa, conservata attualmente nel chiostro del convento, riporta un'iscrizione che data la prima fusione della stessa al 1404.[5] Infine, lo studioso Alessandro Tedesco ha individuato in un atto notarile riguardante la realizzazione del dittico marmoreo per l'oratorio dei Nobili, datato 1491, la testimonianza che circa sessant'anni dopo l'installazione degli osservanti nel convento e la conseguente intitolazione della chiesa a san Bernardino da Siena, la popolazione continuava a chiamare la chiesa con l'antica denominazione di "monasterium Sancti Francisci de Amantea".[7] Da tutto ciò, si deduce che i primi occupanti del convento erano stati alcuni frati minori conventuali distaccatisi dal convento francescano sito nel quartiere Catocastro ai piedi del castello di Amantea presso la chiesa di San Francesco d'Assisi, oggi in rovina.[8][9][5]
Nel Quattrocento il convento fu oggetto di alcune visite illustri:[10] infatti vi soggiornarono san Francesco di Paola, il minore osservante cosentino padre Antonio Scozzetta, morto ad Amantea in odor di santità, ed il duca di Calabria Alfonso II di Napoli.
Nel 1581 venne fondata l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione,[11] riservata ai soli nobili della città:[12] i ceti più bassi ed i marinai, invece, si radunavano nella confraternita del Santissimo Rosario, ospitata prima presso i minori conventuali della chiesa di San Francesco d'Assisi e poi presso la collegiata di San Biagio.[12] L'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione scelse come propria sede la chiesa di San Bernardino, ed a partire dal 1592 iniziò la costruzione dell'oratorio dei Nobili.[13] Questo oratorio fu realizzato nel sito della cappella di giuspatronato della famiglia Cavallo, di recente imparentatasi con un'altra nobile famiglia amanteota, i Baldacchini, attraverso il matrimonio tra Giacomo Cavallo e Prudenza Baldacchini:[13] furono proprio questi coniugi a commissionare, nel 1608, il proprio sepolcro da collocare nell'oratorio allo scultore messinese Pietro Barbalonga.[13] Il Barbalonga fu richiamato all'oratorio dei Nobili nel 1619, quando il primo rettore dell'arciconfraternita, il nobile amanteota Fabrizio Mirabelli, gli commissionò il sepolcro di famiglia.[14]
Seicento e Settecento: tra terremoti e restauri
Il terremoto del 1638 danneggiò gravemente la chiesa, determinando il crollo del campanile.[14] Dopo la peste del 1656, l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione intraprese nuovi lavori nell'oratorio dei Nobili, ed i minori osservanti incominciarono a vendere lo spazio per singole sepolture o fosse familiari sotto il pavimento della chiesa, allo scopo evidente di "fare cassa".[14] Tra gli altri personaggi che furono sepolti nella chiesa ci furono il governatore di Amantea Giacinto Santucci (+ 1664), i castellani Antonio Spiriti (+ 1769), Pasquale Gabriele (+ 1787), Giuseppe Poerio (+ 1801), il soldato Casimiro Belluomo (+ 1785), il medico Ignazio de Fazio ed i suoi eredi e successori (dietro pagamento di un canone annuo di 10 carlini come stabilito nel 1672), il sacerdote Giovanni Battista Posa (dietro pagamento di 8 ducati come stabilito nel 1676), il nobile amanteota vescovo di Termoli Antonio Mirabelli (+ 1688).[15]
Il terremoto del 1783, un sisma dell'undicesimo grado della scala Mercalli con epicentro nelle Serre calabresi che devastò gran parte della Calabria, danneggiò gravemente la chiesa facendo crollare il campanile e parte del portico d'ingresso.[16]
Durante l'assedio di Amantea del 1806-1807 ad opera dell'esercito francese comandato dai generali Guillaume Philibert Duhesme, Jean Reynier e Jean Antoine Verdier, gli assedianti si accamparono presso San Bernardino,[16] sito fuori le mura cittadine, bombardando da questa piazza il castello di Amantea, che capitolò solo il 7 febbraio 1807, dopo due mesi di assedio.[17]
Il convento, saccheggiato dai soldati francesi e svuotato dei frati, fu chiuso ufficialmente il 7 agosto 1809, dopo l'approvazione delle leggi eversive dei beni ecclesiastici nel Regno di Napoli.[16] La proprietà dell'immobile passò al demanio, che affittò la chiesa ed il convento al nobile amanteota Giulio Sacchi il 5 settembre 1812, dietro pagamento del canone annuo di 42.97 ducati (ma il valore stimato del complesso ammontava a quasi 5000 ducati).[18] Il Sacchi trasformò il convento nel proprio palazzo ma ben presto, dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte, il congresso di Vienna, la fucilazione di Gioacchino Murat a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815 ed il ritorno di Ferdinando II di Borbone a Napoli, i frati minori osservanti tornarono in possesso del convento, ma solo per cedere la proprietà dello stabile e della chiesa alla diocesi di Tropea, che chiamò ad occuparlo la Congregazione del Santissimo Redentore, comunemente chiamata dei "redentoristi" o "liguorini": questi occuparono il convento l'11 febbraio 1833.[19]
L'abbandono ed il ripristino: dall'Ottocento al Duemila
Tuttavia i "liguorini" non furono ben accetti dalla popolazione amanteota, anche perchè non erano in condizione di abitare stabilmente il convento, anche perchè l'edificio era ormai in via di crollo: nel 1843 iniziò addirittura una controversia tra i religiosi ed il Decurionato di Amantea in merito ad un corso d'acqua a carattere torrentizio che, a causa dell'inadempienza dell'amministrazione, aveva invaso le terre dei religiosi. Così già nel 1842 l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione manifestò il desiderio di acquistare il convento per destinarlo nuovamente a residenza dei frati minori osservanti, desiderio messo in atto solo nel 1847:[20] del resto già gli stessi "liguorini" nel 1845 convennero che era meglio riaprire il convento dei minori osservanti,[20] data la loro impossibilità a presidiare il convento ed il danno che ne riceveva la comunità cristiana amanteota.
Ferdinando II di Borbone autorizzò la riapertura del convento dei frati minori osservanti il 10 agosto 1855,[21] ed il 7 novembre di quello stesso anno venne siglato l'atto notarile che prevedeva che l'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione versasse per l'affitto del convento e della chiesa 25 ducati ai "liguorini" e che gli osservanti versassero la stessa somma all'arciconfraternita.[21] Nel frattempo, nel 1851-1852 erano stati eseguiti dall'arciconfraternita alcuni necessari lavori di restauro alla chiesa, per un costo totale di 1366 ducati,[22] e nel 1854 alcuni locali del convento furono affittati a famiglie private, mentre gran parte del fabbricato era bisognoso di restauri. Nell'Ottocento venne anche costruito un auditorium sopra la navata sinistra.[22]
Il convento venne definitivamente chiuso dopo l'Unità d'Italia in conseguenza del regio decreto legge eversivo dei beni ecclesiastici emanato il 12 febbraio 1861.[21] L'edificio tornò proprietà del demanio, e fu danneggiato dal terremoto del 1905, il sisma che ebbe epicentro presso il Monte Poro nell'attuale provincia di Vibo Valentia e fu in seguito quasi fatto dimenticare dal devastante terremoto del 1908, benchè nel 1905 si sia registrato il più alto valore strumentale della magnitudo mai riscontrato in Italia:[23] a San Bernardino i danni si limitarono al crollo della sommità del campanile e del tetto della prima campata della chiesa.[22]
L'attuale aspetto della chiesa è in larga parte dovuto ai brutali interventi diretti da Gisberto Martelli nel 1953, che previdero il ripristino dell'antica ed essenziale architettura gotica a scapito degli altari marmorei barocchi posti nelle cappelle laterali, ed all'esterno la risistemazione del portico d'ingresso.[22]
Questi interventi furono consolidati e rinnovati dagli ultimi restauri subiti dalla chiesa, all'inizio degli anno novanta, con la ripavimentazione dell'intero complesso in mattonelle quadrate di terracotta e la realizzazione degli impianti elettrici e d'illuminazione.[22] Nel 1995 infatti i frati minori osservanti tornarono finalmente ad Amantea, dopo oltre un secolo di assenza.[21]
Se la chiesa, dipendente dalla parrocchia della collegiata di San Biagio, fu sempre officiabile, nonostante le cattive condizioni del campanile[24] e le copiose infiltrazioni d'acqua nella parete sud,[25] il convento fu adibito a diversi usi: prima sede di alcuni uffici comunali, dell'archivio comunale e scuola secondaria di primo grado, poi centro di igiene mentale ed in seguito sede dell'azienda sanitaria locale,[26] solo dopo i summenzionati lavoro dei primi anni novanta è stato ripristinato ed adibito alla sua funzione originaria.
Descrizione
La chiesa
Il portico d'ingresso
Il portico d'ingresso della chiesa è inquadrato tra il campanile e l'angolata nord-ovest del convento, quella che ospita l'oratorio dei Nobili: è sopraelevato di circa due metri dal suolo, e vi si accede attraverso una scalinata i cui gradini tendono a restringersi verso l'alto. Gli interventi del 1953 hanno riportato il portico al suo originario aspetto gotico francescano quattrocentesco, con le cinque arcate ogivali sorrette da pilastri poligonali binati montati su alti plinti, il tutto in arenaria, la più diffusa pietra locale:[27] dopo il terremoto del 1783 infatti l'arcata centrale, quella d'accesso al portico, era stata trasformata a tutto sesto quasi a mò di arco trionfale, con il beneficio che si rendeva visibile il portale d'ingresso della chiesa ma l'aspetto negativo di sconvolgere l'architettura del portico.[16] In origine il portico era aperto su due lati, ma dopo il terremoto del 1638 lo spostamento del campanile impose la chiusura delle due arcate ogivali poste verso nord:[14] gli interventi degli anni novanta hanno posto in luce i resti di queste arcate nella base della parete sud del campanile.[28]
Disassato rispetto alle arcate del portico si apre il portale d'ingresso della chiesa, formato da un ampio arco ribassato, forse di ispirazione catalana,[27] "delineato da esili cordoli a fascio intervallati da zone lisce", il tutto realizzato in travertino.[27] Altri portali che si affacciano sul portico sono quello della torre campanaria, un arco a tutto sesto di modesta architettura,[27] quello del convento, un altro arco ribassato di modesta architettura realizzato parzialmente con elementi di restauro,[27] e quello dell'oratorio dei Nobili: questo portale in arenaria è invece un significativo esempio di architettura tardo rinascimentale.[27] Esso si presenta infatti con un architrave incorniciato da paraste di ordine ionico decorate con un motivo ad ovoli, il tutto a sorreggere un'alta trabeazione:[28] la data di realizzazione del portale, leggibile sulla rovinata iscrizione posta al centro della trabeazione, è il 1592.[28]
La facciata
Le essenziali linee della facciata a capanna della chiesa si elevano alle spalle del portico d'ingresso: al centro si apre una monofora a sesto acuto, sovrastata dagli incavi nei quali fino al 1984 si trovavano dieci bacini di ceramica disposti singolarmente a forma di croce latina.[28] L'uso di inserire asimmetricamente pezzi ceramici o marmorei colorati nelle murature per "spezzare" la monotonia della parete a tinta unita è attestato in molte costruzioni medioevali,[29] come il quattrocentesco palazzo Ghisilardi Fava a Bologna o il campanile romanico della chiesa di San Pietro ad Albano Laziale: quello di San Bernardino ad Amantea è tuttavia l'unico esempio quattrocentesco di questa pratica riscontrato nell'Italia meridionale.[30] Le ceramiche amanteote sono da attribuire alla fabbrica di ceramiche spagnola di Manises,[30] presso Valencia, che nel Quattrocento era il principale centro di produzione ed esportazione di ceramiche ispano-moresche.[31] I bacini, sopravvissuti ai terremoti ed alle intemperie, furono rimossi dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria il 5 aprile 1984,[32] trasportati al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e restituiti alla città di Amantea solo nel 2005: oggi sono custoditi nel convento dei frati minori osservanti.[28]
Il campanile
Originariamente il campanile era collocato tra il portico e l'angolata nord-ovest del convento: fu solo dopo il terremoto del 1638 che venne spostato sul lato settentrionale del portico d'ingresso.[14] Si ignora con esattezza l'aspetto originario del campanile, che venne modificato ulteriormente dopo il terremoto del 1783 con l'aggiunta alla sommità della cupoletta e la ripartizione in tre livelli tramite ampi cornicioni:[16] la cupoletta venne demolita dopo che era parzialmente crollata per il terremoto del 1905,[22] ed al suo posto venne realizzato un terrazzo. Questa sistemazione durò fino al secondo dopoguerra, quando la sommità del campanile iniziò a crollare: alla fine degli anni settanta gran parte del terzo livello era crollato,[33] e solo i restauri degli anni novanta hanno dato al campanile la sua attuale conformazione, più vicina ad un classico e semplice campanile francescano. Nelle sue peripezie storiche, inoltre, il campanile ha perso l'orologio a muro collocato nell'arco a tutto sesto del terzo livello, ancora visibile nelle foto d'epoca degli anni trenta.
La vecchia campana di bronzo è oggi conservata nel chiostro del convento: un'iscrizione leggibile su di essa riferisce che fu fusa la prima volta nel 1404, dunque prima dell'arrivo dei frati minori osservanti e della costruzione della chiesa come la conosciamo noi, poi fu rifusa nel 1500 e quindi nel 1861.[5]
L'interno
La navata centrale
La navata centrale, che misura all'incirca una trentina di metri di lunghezza ed una decina di metri di larghezza ed è la più grande delle due navate che costituiscono la chiesa, non è divisa in campate, è coperta da un tetto a capriate di legno a vista,[34] ed è separata dalla navata sinistra da cinque archi ogivali che appoggiano su pilastri a sezione quadrangolare in arenaria.[34] La navata è illuminata da quattro monofore per lato, ma l'ultima monofora verso la controfacciata su entrambe le pareti è più corta: attualmente le monofore del lato sinistro sono cieche dopo la realizzazione avvenuta nell'Ottocento dell'auditorium posto sopra la navata sinistra.[34]
Lungo le pareti della navata e sulla controfacciata sono stati messi in luce durante gli interventi degli anni novanta archi ciechi, sia ogivali che a tutto sesto, e traccie di pilastri non compatibili con l'attuale conformazione della chiesa, e dunque riferibili alla struttura della chiesa precedente all'arrivo dei frati minori osservanti nel 1436.[35] Altre anomalie della struttura sono rappresentate dalla nicchia presente sulla parete sinistra della navata centrale tra gli archi della prima e della seconda campata, nella quale attualmente è collocata la statua marmorea di san Francesco d'Assisi,[36] e dalla singolare sezione del pilastro posto tra la quarta e la quinta campata rispetto agli altri pilastri.[36]
La navata sinistra
La navata sinistra si presenta divisa in sei campate di cui la prima anomala, poichè è divisa dalla navata sinistra da un muro: il che ha fatto ipotizzare allo studioso Alessandro Tedesco che potesse trattarsi di una cappella cinquecentesca dell'arciconfraternita dell'Immacolata Concezione.[36] In generale, c'è una certa disomogeneità tra le varie campate: al di là dello spessore dei pilastri, irregolare tra la prima e la seconda campata e fra la terza e la quarta, le ultime tre campate presentano una copertura a volta a crociera con costolonature in arenaria, mentre le prime tre sono prive ci costolonature.[36] Questo farebbe pensare che la navata sia frutto dell'unione di varie cappelle private di giuspatronato, ipotesi avvalorata dalla presenza degli stemmi delle famiglie nobiliari amanteote dei Carratelli e dei Di Lauro rispettivamente nella quinta e nella sesta campata[36] e da un'iscrizione murata nella prima campata facente riferimento al nobile amanteota Tiberio Cavallo posta accanto ad un mascherone comunemente identificato con il Sol Invictus.[36]
Dalla sesta campata attraverso una botola si accede all'unico ambiente sepolcrale ancora accessibile della chiesa, quello anticamente riservato ai frati minori osservanti.[37] Infine, da notare che sopra le volte a crociera della navata sinistra è stato realizzato nell'Ottocento un auditorium, che venne coperto con un tetto a capriate di legno simile all'originale durante gli interventi del 1953.[26]
Il presbiterio
Il presbiterio è posto sei gradini più in alto rispetto al pavimento moderno della chiesa, ed è aperto da un grande arco trionfale ogivale in arenaria:[37] è di pianta quadrangolare coperto da una volta a crociera con costolonature poggianti su capitelli a crochet o ad uncino tipici dell'architettura gotica,[37] e non si presenta particolarmente luminoso, forse anche a causa dell'"acciecamento" di una delle tre monofore che lo illuminavano, per via della costruzione ottocentesca dell'auditorium.[37]
L'accesso dal presbiterio al coro è realizzato sulla parete settentrionale attraverso un semplice arco a tutto sesto, mentre sulla parete meridionale, oltre all'accesso alla sagrestia, si ha un esempio di nicchia-credenza per custodire le ampolline del pane e del vino e le pissidi delle ostie da consacrare. durante la celebrazione eucaristica.[37] La finestra rettangolare strombata posta sulla parete di fondo del presbiterio è occupata da una vetrata collocatavi anni novanta raffigurante il cristogramma IHS con un sole a dodici raggi che sta per i dodici apostoli.[38]
L'oratorio dei Nobili
Il convento
Note
- ^ Tedesco, p. 31.
- ^ Segreti, p. 12.
- ^ a b Tedesco, p. 17.
- ^ a b Turchi, p. 41.
- ^ a b c d Tedesco, p. 18.
- ^ Francesco Samà, San Bernardino di Amantea: un colosso dell'architettura monastica francescana, "Calabria Letteraria", anno XLIV nn. 1-2-3, gennaio-febbraio-marzo 1996, p. 62.
- ^ Tedesco, p. 19.
- ^ Enzo Fera, Amantea, p. 45.
- ^ Vincenzo Segreti, La chiesa monumentale di San Bernardino da Siena di Amantea, "Calabria Letteraria", anno XXIV nn. 10-11-12, ottobre-novembre-dicembre 1976, p. 21.
- ^ Tedesco, p. 20.
- ^ Turchi, p. 77.
- ^ a b Segreti, p. 13.
- ^ a b c Tedesco, p. 21.
- ^ a b c d e Tedesco, p. 22.
- ^ Tedesco, p. 23.
- ^ a b c d e Tedesco, p. 24.
- ^ Turchi, p. 126.
- ^ Tedesco, p. 25.
- ^ Tedesco, p. 26.
- ^ a b Tedesco, p. 27.
- ^ a b c d Tedesco, p. 28.
- ^ a b c d e f Tedesco, pp. 29-30.
- ^ P. Galli e D. Molin, Il terremoto del 1905 in Calabria: revisione del quadro macrosismico ed ipotesi sismogenetiche, GNGTS 2007 (PDF), su www2.ogs.trieste.it. URL consultato il 25-08-2009..
- ^ Tedesco, p. 38.
- ^ Tedesco, p. 40.
- ^ a b Tedesco, p. 31.
- ^ a b c d e f Tedesco, p. 44.
- ^ a b c d e Tedesco, p. 45.
- ^ Gaetano Ballardini, La maiolica italiana dalle origini al Cinquecento, p. 33.
- ^ a b Maria Pia di Dario Guida, La cultura artistica in Calabria. Dall'alto Medioevo all'età aragonese, p. 261.
- ^ Tedesco, p. 67.
- ^ Tedesco, p. 68.
- ^ Tedesco, p. 38.
- ^ a b c Tedesco, p. 47.
- ^ Tedesco, p. 48.
- ^ a b c d e f Tedesco, p. 48.
- ^ a b c d e Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatorenotapresbiterio
- ^ Tedesco, p. 51.
Bibliografia
- Alfonso Frangipane, I bacini di Amantea, "Bruttium", anno XVIII n° 2, aprile 1939.
- Gisberto Matelli, Chiese monastiche calabresi del secolo XV: la chiesa di San Bernardino ad Amantea, "Palladio", anno I (vecchia serie) nn. 1-2, 1954.
- Vincenzo Segreti, La chiesa monumentale di San Bernardino da Siena di Amantea, "Calabria Letteraria", anno XXIV nn. 10-11-12, ottobre-novembre-dicembre 1976.
- Francesco Russo, I Francescani Minori Conventuali in Calabria (1217-1982), Catanzaro, Silipo & Lucia Editori, 1982. ISBN non esistente
- Vincenzo Segreti, I Cappuccini di Amantea - La confraternita dell'Addolorata, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria Editrice, 1994. ISBN non esistente
- Francesco Samà, San Bernardino di Amantea: un colosso dell'architettura monastica francescana, "Calabria Letteraria", anno XLIV nn. 1-2-3, gennaio-febbraio-marzo 1996.
- Antonello Savaglio, Elisabetta Mazzei, San Bernardino d'Amantea, Amantea, Ordine dei Frati Minori Conventuali, 2000. ISBN non esistente
- Antonello Savaglio, Committenza nobiliare in San Bernardino di Amantea: l'opera dello scultore messinese Pietro Barbalonga (1608-1619), "Calabria Letteraria", anno XLVIII nn. 1-2-3, gennaio-febbraio-marzo 2000.
- Gabriele Turchi, Storia di Amantea, Cosenza, Edizioni Periferia, 2002, ISBN id 8887080658.
- Alessandro Tedesco, Testimonianze dell'architettura francescana nel territorio amanteano, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria Editrice, 2008, ISBN id 9788875741716.