Assedio (storia romana)
L'assedio nell'antica Roma fu una delle tecniche utilizzate dall'esercito romano per ottenere la vittoria finale, sebbene le battaglie campali fossero ritenute l'unica vera forma di guerra. Ciò nonostante, non si deve cadere nella tentazione di sottovalutare l'importanza che l'azione d'assedio poteva avere nel quadro bellico di quell'epoca. Annibale non riuscì a debellare la potenza di Roma perché, pur avendo sconfitto gli eserciti romani in campo aperto, era risultato incapace di assaltare la città di Roma. Con l'andare del tempo gli eserciti della tarda Repubblica romana ed Imperiale divennero particolarmente propensi anche nella guerra d'assedio: la conquista della Gallia da parte di Gaio Giulio Cesare fu la combinazione di tutta una serie di battaglie campali e di lunghi assedi, che culminò con quello di Alesia del 52 a.C..

Tecniche d'assedio
I Romani utilizzarono tre principali tecniche d'assedio per impadronirsi delle città nemiche:
- per fame (occorreva più tempo, ma minor perdite di vite umane da parte degli assalitori), creando tutto intorno alla città assediata una serie di fortificazioni che impedissero al nemico di approviggionarsi o peggio di scappare, sottraendosi all'assedio, nella speranza di condurre gli assediati alla resa
- con un massiccio attacco frontale, impiegando una grande quantità di armati, artiglieria, rampe e torri d'assedio. L'esito finale era normalmente più veloce ma con un alto prezzo in perdite di armati da parte dell'assalitore romano.
- con un attacco improvviso ed inatteso, che non desse al nemico assediato il tempo di ragionare.
Storia degli assedi romani più significativi
Con il tempo le varie tecniche d'assedio si perfezionarono nell'antica Roma, grazie anche all'apporto della cultura ellenica proveniente dalle città della Magna Grecia, degli Etruschi e dal confronto con il nemico cartaginese nel corso delle tre guerre puniche.[1]
Epoca repubblicana (509 - 30 a.C.)
- 502 a.C.
- Il primo impiego di macchine da guerra da parte dei Romani risalirebbe a quest'anno secondo Tito Livio, in occasione dell'assedio di Suessa Pometia, condotto con vineae ed altre strutture non ben definite.[2] Da ciò se ne deduce che in quella circostanza già vi fossero dei tecnici militari per la costruzioni dei primi strumenti di poliorcetica.
- 436 a.C.
- La città di Fidene venne espugnata dai Romani con una nuova tecnica: mentre gli Etruschi si barricarono all'interno della città, i Romani con falsi attacchi da quattro diverse direzioni in quattro momenti diversi, coprirono il rumore degli scavi e arrivarono alla rocca attraverso una lunga galleria che passò sotto le mura nemiche.[3]
- 396 a.C.
- Anche la città di Veio cadde pochi anni più tardi con la stessa tecnica della galleria scavata sotto le mura. La caduta della città etrusca ebbe luogo secondo la leggenda, dopo dieci lunghi anni d'assedio[4] (parimenti a quanto era accaduto con la città di Troia).
- 250
- Nell'assedio di Lilibeo impiegarono con grande perizia tutte le tecniche d'assedio, apprese durante le guerre pirriche degli anni 280-275 a.C., tra cui torri d'assedio, arieti e vinea.[5]
- 214-212 a.C.
- Durante il lungo assedio di Siracusa operato dal console Marco Claudio Marcello, i Romani avevano un sufficiente bagaglio di esperienze negli assedi sia di mare che di terra, sebbene si scontrassero con le tecniche innovative difensive adottate da Archimede.[6] Si racconta infatti che, quando:
- Ma Archimede preparò la difesa della città, lungo i 27 km di mura difensive, con nuovi mezzi d'artiglieria. Si trattava di baliste, catapulte e scorpioni, oltre ad altri mezzi come la manus ferrea e gli specchi ustori, con cui mise in seria difficoltà gli attacchi romani per mare e per terra. I romani dal canto loro continuarono i loro assalti dal mare con le quinquiremi e per terra dando l'assalto con ogni mezzo a loro disposizione (dalle torri d'assedio, agli arieti, alle vinae, fino alle sambuche).
- Marcello decise allora di mantenere l'assedio, provando a stritolare la città per fame. L'assedio si protrasse per ben 18 mesi, un tempo tanto lungo da far esplodere notevoli contrasti in Siracusa tra il popolo, tanto che la parte filoromana architettò il tradimento, permettendo ai Romani di fare irruzione in piena notte, quando furono aperti i cancelli della zona nord della città. Siracusa cadde e fu saccheggiata, non però la vicina isola di Ortigia, ben protetta da altre mura, che resistette ancora per poco. In quell'occasione trovò la morte anche il grande scienziato siracusano Archimede, che fu ucciso per errore da un soldato.
- 134-133 a.C.
- Fu inviato ad assediare Numanzia, dopo tanti insuccessi romani, il console Publio Cornelio Scipione Emiliano, eroe della terza guerra punica. Costui, dopo aver saccheggiato il paese dei Vaccei, cinse d'assedio la città. L'armata comandata da Scipione era integrata da un nutrito contingente di cavalleria numidica, fornita dall'alleato Micipsa, al cui comando si trovava il giovane nipote del re, Giugurta. Per prima cosa, Scipione si adoperò per rincuorare e riorganizzare l'esercito scoraggiato dall'ostinata ed efficace resistenza della città ribelle; poi, nella certezza che la cittadella poteva essere presa solo per fame, fece costruire una circonvallazione (un muro di 10 chilometri tutto intorno) atta a isolare Numanzia e a privarla di qualsiasi aiuto esterno. Il console si adoperò poi a scoraggiare gli Iberi dal portare aiuto alla città ribelle, presentandosi con l'esercito alle porte della città di Lutia e obbligandola alla sottomissione e alla consegna di ostaggi. Dopo quasi un anno di assedio, i numantini, ormai ridotti alla fame, cercarono un abboccamento con Scipione, ma, saputo che questi non avrebbe accettato altro che una resa incondizionata, i pochi uomini in condizione di combattere preferirono gettarsi in un ultimo, disperato assalto contro le fortificazioni romane. Il fallimento della sortita spinse i superstiti, secondo la leggenda, a bruciare la città e a gettarsi fra le fiamme. I resti dell'oppidum furono rasi al suolo come Cartagine pochi anni prima.
- 52 a.C.
- Ad Avarico, poiché la natura del luogo impediva di cingere la città con una linea fortificata continua, come invece fu poi possibile ad Alesia, Cesare dovette costruire una gigantesca rampa d'assedio (larga quasi 100 metri e alta 24 metri), con grande dispendio di energie e perdite di uomini a causa delle continue sortite che gli assediati compivano mentre i Romani erano intenti a costruire, come ci racconta lo stesso Cesare:
- Alla fine però i Romani riuscirono a superare le difese nemiche dopo 27 giorni d'assedio, quando Cesare approfittò di un temporale per avvicinare una delle torri d'assedio alle mura della città, nascondendo molti dei soldati all'interno delle vineae, ed al segnale convenuto riuscendo ad irrompere con grande velocità sugli spalti della città.[7]
- 52 a.C.
- Ad Alesia, Cesare, per garantire un perfetto blocco degli assediati, ordinò la costruzione di una serie di fortificazioni, chiamate "controvallazione" (interna) e "circonvallazione" (esterna), attorno all'oppidum gallico.[8] Tali opere furono realizzate a tempo record in tre settimane, la prima "controvallazione" di quindici chilometri tutto intorno all'oppidum nemico (pari a dieci miglia romane[9]) e, all'esterno di questo, per altri quasi ventun chilometri (pari a quattordici miglia).[10] Le opere comprendevano anche due valli (uno esterno ed uno interno) sormontati da una palizzata; due fosse, la più vicina delle quali alla fortificazione, fu riempita con l'acqua dei fiumi circostanti;[11] tutta una serie di trappole e profonde buche (dal "cervus" sul fronte del vallo sotto la palizzata, a cinque ordini di "cippi", otto di "gigli" e numerosi "stimoli";[12] quasi un migliaio di torri di guardia presidiate dall'artiglieria romana,[11] ventitré fortini ("castella"), quattro grandi campi per le legioni (due per ciascun castrum) e quattro campi per la cavalleria, legionaria, ausiliaria e germanica.[13]
- 49 a.C.
- Sappiamo da Cesare che durante l'assedio di Marsiglia furono impiegati alcuni muscoli, le cui dimensioni erano di circa 60 piedi di lunghezza (pari a circa 18 metri).[14]
Epoca alto imperiale (30 a.C.-284 d.C.)
- 70
- La prima guerra giudaica ebbe nell'assedio di Gerusalemme l'operazione "chiave" della vittoria romana. Si racconta che il futuro imperatore Tito tentò di ridurre le riserve di cibo ed acqua degli assediati, permettendo ai pellegrini di entrare in città per la consueta visita al tempio in occasione di Pesach, ma impedendo loro di uscire. A metà maggio, Tito riuscì a distruggere la terza cinta muraria con gli arieti e poi a sfondare anche la seconda cinta. L'obiettivo successivo fu la Fortezza Antonia, posta a nord della Monte del Tempio, costringendo i Romani a combattere strada per strada contro gli Zeloti. E dopo un iniziale tentativo di negoziare la pace, gli assediati riuscirono a impedire la costruzione di torri d'assedio nei pressi della fortezza Antonia, ma cibo ed acqua iniziarono a scarseggiare. Fu così che piccoli gruppi di rifornitori riuscirono a penetrare tra le linee romane degli assedianti, ed a portare di nascosto in città alcune provviste. Per fermare in modo definitivo i rifornimenti provenienti dall'esterno, Tito decise di erigere un muro tutto intorno alla città e, contemporaneamente, di riprendere la costruzione delle torri d'assedio. Finalmente dopo altri tentativi falliti di scalare e penetrare le mura della Fortezza Antonia, i Romani riuscirono ad irrompere di nascosto, sorprendendo le guardie zelote immerse nel sonno, permettendo loro di conquistare la fortezza, che forniva una piattaforma perfetta per attaccare il tempio stesso. Gli arieti sembra che ebbero poco successo, ma i combattimenti successivi riuscirono ad appiccare il fuoco alle mura. Le fiamme si diffusero rapidamente e presto il Tempio fu distrutto, mentre l'incendio si propagò nei quartieri residenziali vicini, tanto che le legioni romane furono in grado di annientare la residua resistenza ebraica, anche se dopo la costruzione di nuove torri d'assedio. Era il 7 settembre e Gerusalemme era caduta in mano ai Romani.[15]
- 74
- L'assedio di Masada si racconta che durò per molto tempo, nel corso del quale furono adottate tutte le tecniche possibili per ottenere la vittoria finale, da una gigantesca rampa sormontata da un'alta torre. Alla fine il capo zelota Eleazar Ben Yair, parlò alla sua gente inducendola ad un suicidio collettivo, considerata la situazione ormai disperata. I Romani raggiunsero la sommità della fortezza e trovarono gli assediati tutti morti.[16]
- 106
- Nel corso dell'ultimo anno di campagna in Dacia, da parte dell'imperatore Traiano, il re dace Decebalo, attaccato da due fronti come rappresentato anche sulla Colonna[18] (forse dal versante delle "Porte di ferro" e da quello del passo della Torre Rossa), oppose una resistenza così disperata che i Romani lasciarono sul campo numerosi morti e feriti, vittime della feroce combattività dei Daci. Alla fine, dopo un lungo e sanguinoso assedio, anche Sarmizegetusa Regia capitolò sotto i colpi degli eserciti romani riunitisi verso la fine dell'estate di quell'anno. Le fasi salienti di questo assedio sono rappresentate anch'esse sulla Colonna di Traiano, nella quale viene raffigurato anche il suicidio finale che i capi daci si inflissero per evitare di essere fatti prigionieri dai Romani.[19] Caddero infine, una dopo l'altra, tutte le rocche fortificate della zona di Orăştie: da Popeşti a Cetăţeni, Piatra Neamţ, Pecica, Piatra Craivii, Căpâlna, Costeşti, Băniţa, Bălăneşti fino a Tilişca.[20]
- 116
- Traiano nel corso delle sue campagne partiche riuscì ad assediare ed espugnare la loro capitale, Ctesifonte.
- 165
- Lucio Vero nel corso delle sue campagne partiche riuscì ad assediare ed espugnare la loro capitale, Ctesifonte.
- 197
- Settimio Severo nel corso delle sue campagne partiche riuscì ad assediare ed espugnare la loro capitale, Ctesifonte.[21] Le armate di Severo dopo aver varcato l'Eufrate per la seconda volta, presso Zeugma, si diressero con grandi macchine d'assedio alla volta di Edessa, che gli spalancò le porte, inviandogli alti dignitari e vessilli quale atto di sottomissione. Severo continuò la sua avanzata con una grande flotta lungo l'Eufrate, dove raggiunse e sottomise prima Dura Europos, poi Seleucia, mettendo in fuga la cavalleria catafratta dei Parti. L'avanzata proseguì con la cattura di Babilonia che poco prima era stata abbandonata dalle forze nemiche e, verso la fine dell'anno, anche la stessa capitale dei Parti, Ctesifonte, fu posta sotto assedio. La città ormai circondata, tentò inutilmente di resistere all'impressionante macchina militare che l'imperatore romano era riuscito a mettere insieme (circa 150.000 armati). Quando ormai era prossima alla capitolazione, il re Vologase V abbandonò i suoi e fuggì verso l'interno dei suoi territori. La città fu saccheggiata come era successo in passato ai tempi di Traiano (nel 116) e Lucio Vero (nel 165).[22]
Epoca tardo imperiale (284-476 d.C.)
Note
- ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, p.265.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, II, 7.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, IV, 22.
- ^ Livio, Ab Urbe condita libri, V, 8-25.
- ^ Polibio, Storie, I, 43.
- ^ Polibio, Storie, VIII, 3-7.
- ^ Cesare, De bello Gallico, VII, 27-28.
- ^ Napoleone III, Histoire de Jules César, Parigi 1865-1866.
- ^ Cesare, De bello Gallico, VII, 69.
- ^ Cesare, De bello Gallico, VII, 74.
- ^ a b Cesare, De bello Gallico, VII, 72.
- ^ Cesare, De bello Gallico, VII, 73.
- ^ Connolly, L'esercito romano, pp.32-33.
- ^ Gaio Giulio Cesare, De Bello Civili, II, 10.
- ^ Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, da V, 2,1 a VI, 10,1.
- ^ Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, da VII, 8,1 a VII, 10,1.
- ^ Colonna Traiana, scena LXXXVII.
- ^ Filippo Coarelli, La colonna Traiana, Roma, 1999, tav. 128-134 (LXXVIII-LXXXII/CVII-CXI) pp. 172-178.
- ^ Filippo Coarelli, La colonna Traiana, Roma, 1999, tav. 135-150 (LXXII-XCII/CXI-CXXII) pp. 179-194.
- ^ Giuseppe Ignazio Luzzatto, Roma e le province. (Storia di Roma, 17.2), Istituto nazionale di studi romani, Bologna, 1985, p. 284
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXVI, 9.
- ^ C.Scarre, The Penguin atlas of ancient Rome, London 1995, p.99.
Bibliografia
Fonti primarie
- Ammiano Marcellino, Le Storie (testo latino a fronte), a cura di A. Salem, UTET 2007, ISBN 9788802077123
- Cesare, De bello Gallico.
- Frontino, Stratagemata, II.
- Livio, Ab Urbe condita libri, V.
- Plinio il Giovane, Lettere, X. [1]
- Plutarco, Vita di Romolo.
- Polibio, Storie, VI, 19-42.
- Pseudo-Igino, De Munitionibus Castrorum.
- Sallustio, Bellum Iugurthinum, LXXXVI.
- Vegezio, L'arte della guerra (Epitoma rei militaris), Oscar Mondadori - Classici Greci e Latini (testo a fronte), 2001. ISBN 88-1710-645-3
Fonti secondarie
- E.Abranson e J.P. Colbus, La vita dei legionari ai tempo della guerra di Gallia, Milano 1979.
- G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. I - Dalle origini alla fine della repubblica, Rimini 2007.
- G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008. ISBN 978-88-8474-173-4
- P.Connolly, L'esercito romano, Milano 1976.
- P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998. ISBN 1-85367-303-X
- A.K.Goldsworthy, The Roman Army at War, 100 BC-AD 200, Oxford - N.Y 1998.
- A.K.Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano, Modena 2007. ISBN 978-88-7940-306-1
- L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, Londra 1998.
- Y.Le Bohec, L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo, Roma 1992, VII ristampa 2008.
- Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008. ISBN 978-88-430-4677-5
- E.Luttwak, La grande strategia dell'Impero romano, Milano 1991.
- A.Milan, Le forze armate nella storia di Roma Antica, Roma 1993.
- G.Webster, The Roman Imperial Army, Londra - Oklahoma 1998.