Disastro del Moby Prince
Al nome della nave traghetto Moby Prince, della compagnia di navigazione privata Moby Lines, è legata la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra[1].
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La tragedia avvenne poco al largo del Porto di Livorno la sera del 10 aprile 1991.
Morirono nel rogo successivo allo scontro tra il traghetto e la petroliera Agip Abruzzo tutte le 140 persone a bordo del Moby Prince, equipaggio e passeggeri, tranne il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand[2].
La nave è affondata il 17 maggio 1998 mentre si trovava ormeggiata nel Porto di Livorno [3].
Il Moby Prince
Costruito nel 1967 nei cantieri navali di Birkenhead, in Gran Bretagna, per la compagnia olandese SMZ sotto il nome di Koningin Juliana, acquistato dalla Moby Lines nel 1986 ed entrato in servizio l'8 maggio del medesimo anno; la nave stazzava 6187 tonnellate lorde ed era dotata di 4 motori entrobordo che le consentivano una velocità massima di 19 nodi; era lungo 131,5 metri e largo 20, con una capacità di carico di 1490 passeggeri e 360 veicoli.
Incidente
Alle ore 22:03 del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince , in servizio di linea tra Livorno e Olbia, in Sardegna, mollò gli ormeggi per la traversata. A bordo era presente l'intero equipaggio, formato da 65 persone agli ordini del comandante Ugo Chessa e 75 passeggeri. Il traghetto, durante la percorrenza del cono di uscita del porto, colpì con la prua la petroliera Agip Abruzzo, penetrando all'interno della cisterna numero 7, contenente circa 2700 tonnellate di petrolio Iranian Light [4]. Poco dopo la partenza, alle ore 22:25, il marconista di bordo lanciò il May Day che però non venne raccolto da nessuno.
Parte del petrolio fuoriscì allargandosi in mare e incendiandosi, mentre la parte di petrolio sopra il livello di galleggiamento della petroliera venne spruzzato sul Moby Prince, incendiandolo.
Non è possibile stabilire esattamente quanto greggio sia stato "spruzzato" sul Moby, secondo l'ing. Del Bene, nominato come consulente di parte civile nel processo, si tratta di una quantità compresa tra le 100 e le 300 tonnellate.
Dopo lo scontro, la petroliera accende i motori e si disincaglia dal traghetto, favorendo però con lo spostamento, una maggiore fuoriuscita del petrolio [5].
L'incendio sprigionatosi all'esterno della nave è probabilmente penetrato all'interno a causa della rottura di due coperchi che separavano la coperta prodiera dal garage superiore, che hanno quindi fatto penetrare il petrolio all'interno (probabilmente fino al locale eliche di prua).
Tuttavia l'incendio non si propagò subito a tutta la nave, in quanto il Moby Prince era provvisto di paratie tagliafuoco per impedire la propagazione delle fiamme; si stima che le fiamme siano arrivate all'altezza del salone De Lux (dove sono state ritrovate gran parte delle 140 vittime) in un tempo sicuramente superiore alla mezz'ora. I soccorsi partono in mare solo dopo le ripetute richieste di aiuto da parte dell'Agip Abruzzo. Il relitto della Moby Prince non viene individuato fino alle ore 23:35. Il Moby Prince con i motori ancora in funzione, percorre ancora alcuni metri, allontanandosi dal punto d'impatto e rendendo ancora più difficoltosa la sua identificazione [6].
Si appurò in seguito, che l'equipaggio fece sistemare, in attesa dei soccorsi (attesi in brevissimo tempo, visto la vicinanza delle banchine del porto), tutti i passeggeri nel salone De Lux posto a prua della nave e dotato di pareti e porte tagliafuoco. Le fiamme provenivano appunto dalla parte anteriore della nave e raggiunto il salone lo hanno come "scavalcato", passandoci intorno e infiammando esternamente tutte le parti circostanti al suo perimetro. In questo modo il salone De Lux si trovava esattamente al centro dell' incendio e quando ci si accorse del ritardo dei soccorsi non fu più possibile evacuare le persone dall' uscita posteriore del salone, tanto meno da quell' anteriore, già luogo di provenienza delle fiamme. Gli esami tossicologici hanno inoltre rilevato un elevatissimo tasso di monossido di carbonio nel sangue delle vittime, sintomo del fatto che in molti sono sopravvissuti per ore (anche in stato di incoscienza) all'incendio, e non tutti quindi morirono a causa delle fiamme nel giro di pochi minuti dall'impatto.
Grave ritardo nei soccorsi
I soccorsi tardarono in maniera decisiva negli interventi di salvataggio[7] in un primo momento infatti tutti i mezzi di soccorso partiti dal porto di Livorno si concentrano sull'Agip Abruzzo (che viene raggiunta intorno alle 23:00, e sul quale nessun membro dell'equipaggio perderà la vita), in quanto per motivi mai accertati il May Day del Moby Prince giunse via radio debolissimo e disturbato. Inoltre il comandante dell'Agip Abruzzo Renato Superina, in una comunicazione via radio ai soccorritori alle 22:36, fa riferimento ad un impatto con una bettolina, non con un traghetto passeggeri, urlando ai soccorritori di recarsi con urgenza verso l'Agip Abruzzo, e soprattutto di "non scambiare loro per noi".
I primi a raggiungere per puro caso il Moby Prince verso le 23:35 sono due ormeggiatori su una piccola imbarcazione: Mauro Valli e Walter Mattei [8], i quali raccolgono anche l'unico superstite, il mozzo napoletano Alessio Bertrand che si era lasciato penzolare dal parapetto della poppa della nave [9]. Insieme agli ormeggiatori giunge anche una motovedetta (la CP232) della Capitaneria di Porto. In quegli attimi concitati Valli e Mattei invocarono più volte aiuto alla Capitaneria,anche considerando le dichiarazion di Bertrand, che asseriva vi fossero ancora persone da salvare, ma per motivi mai chiariti, le operazioni di soccorso sulla Moby ebbero un decorso tragicamente lungo.[10].
Il naufrago venne caricato sulla motovedetta che rimase sul posto per più di mezz'ora, quindi ripartì alla volta del porto in quanto le condizioni del naufrago andavano aggravandosi. Stranamente dopo questo avvenimento gli ormeggiatori contraddicendo quanto detto in precedenza riferirono via radio che il naufrago avrebbe detto "non c'è più nessuno da salvare, tutti morti bruciati". [11]
In seguito rimorchiatori e mezzi dei Vigili del Fuoco cercarono di raffreddare le lamiere del Moby con potenti getti d'acqua. Alle 3.30 il marinaio Giovanni Veneruso, in forza ad un rimorchiatore privato, venne fatto salire sul traghetto in fiamme per il tempo necessario ad agganciare un cavo di traino. È in assoluto il primo soccorritore a salire sulla nave dopo la tragedia. Dopo di lui, la nave verrà di nuovo visitata dai soccorritori soltanto a mattina inoltrata, una volta spento l'incendio.
L'episodio del cadavere sul ponte
In un filmato girato da un elicottero dei Carabinieri la mattina presto dell'11 aprile si vede chiaramente un cadavere disteso sulla schiena a poppa, sulle lamiere bruciate. Al momento delle riprese aeree del cadavere, si potè notare chiaramente come l'uomo non fosse carbonizzato, ma, al contrario, il cadavere fosse stranamente integro per trovarsi sul ponte distrutto dalle fiamme. All'ingresso nel porto di Livorno, nei video girati dai Vigili del fuoco lo stesso uomo risulta completamente bruciato, avvalorando cosi l'ipotesi secondo cui molti dei passageri non morirono in breve tempo [12], ma a causa del monossido di carbonio sprigionato dall'incendio. L'ipotesi è quella che il passegero, sopravvissuto durante la notte all'incendio, uscì alle prime luci dell'alba per raggiungere i soccorritori e a causa dell'enorme calore ancora sprigionato dalle lamiere del ponte, sia morto successivamente [13] [14].
La tesi che i passeggeri abbiano resistito a lungo all'interno del traghetto, e che all'interno dello stesso, almeno in alcune zone le temperature non fossero eccessivamente elevate, parve trovare conferma quando, nel settembre del 1992 ,venne trasmesso dai telegiornali un video amatoriale, girato da uno dei passeggeri nei minuti precedenti lo scontro. Il fatto che la cassetta abbia resistito integra all'incendio, trovata in una borsa nel salone De Lux, dimostrerebbe che l'incendio, almeno in quella zona della nave, non avrebbe provocato temperature tali da fondere neanche la plastica[15].
Dinamiche e causa dell'incidente
La Nebbia
Tra le cause ufficiali del disastro è attribuito un ruolo significativo alla nebbia che quella sera secondo alcuni gravava sulla zona. I magistrati si sono espressi in favore del cosiddetto fenomeno della nebbia da avvezione, che può provocare la formazione repentina di un banco, anche molto fitto e localizzato, a causa della discesa di aria calda e umida sulla superficie fredda del mare. Il banco di nebbia sarebbe calato all'improvviso sul tratto di mare circostante all'Agip Abruzzo, impedendo al Moby Prince di individuare correttamente la petroliera. Esistono tuttavia alcuni elementi che fanno dubitare sulla effettiva presenza di condizioni di scarsa visibilità. In un filmato amatoriale trasmesso dal Tg1 all'epoca dei fatti, sembra evidente che la visibilità nel porte fosse quantomeno buona[16]. L'ipotesi della nebbia è stata comunque smentita da varie testimonianze tra cui quella rilasciata in tribunale dal capitano della Guardia di Finanza Cesare Gentile. A capo di una motovedetta dei soccorritori uscita dal porto di Livorno intorno alle 22:35 ha dichiarato che "in quel momento c’era bellissimo tempo, il mare calmissimo e una visibilità meravigliosa". [17]
L'attentato
Al vaglio della magistratura passò anche l'ipotesi di un ordigno collocato all'interno del traghetto, che con l'esplosione avesse mandato fuori rotta il traghetto. Tale ipotesi, inizialmente molto accreditata [18][19] [20][21],venne durante lo svolgimento del processo definitivamente smontata grazie a perizie[22] e testimonianze[23], in particolare quella dell'unico superstite, che in sede processuale ribadì che a bordo non vi fu alcuna esplosione[24][25], ma che dopo la collisione il mare intorno al traghetto fosse letteralmente in fiamme a causa del petrolio fuoriuscito dall'Agip Abruzzo[26].
Il traffico
L'ipotesi che si potessero trovare immagini e dati sullo scontro tra le due imbarcazioni negli archivi satellitari americani[27] e in quelli delle basi Nato ebbe per quale tempo una certa risonanza, ma fu successivamente categoricamente smentita [28]
La presenza di eventuali bettoline, invece, non è mai stata confermata. Il comandante della petroliera, nei messaggi iniziali inviati ai soccorritori, indico più volte in una bettolina la nave coinvolta nello scontro [29], inconsapevole della reale natura, cioè del fatto che lo scontro avvenne con Moby Prince.[30] I primi messaggi radio del comandante della Agip Abruzzo potrebbero essere attribuiti alla concitazione del momento e alla scarsa visibilità provocata dal fumo dell'incendio[31]. Del resto alcuni marinai della Agip Abruzzo dichiararono di avere intravisto la sagoma della nave investitrice tra il fumo e le fiamme nei minuti successivi all'incidente, ma solo alcuni di loro riconobbero in essa un traghetto.
A sostegno della tesi della presenza di almeno una bettolina sono essenzialmente tre elementi:
- la constatazione che la cisterna 6 della Agip Abruzzo non era correttamente sigillata,
- il rinvenimento di un tubo semi carbonizzato idoneo al rifornimento di una nave di piccole dimensioni,
- la seguente annotazione delle ore 23:30 circa nel diario di bordo del capitano della "Efdim Junior":
Sulla posizione delle navi, almeno due dei mercantili americani (presumibilmente la Cape Breton e la Gallant II) compaiono alla fonda assieme alla Agip Abruzzo in una fotografia scattata dal lungomare di Livorno durante il pomeriggio antecedente la tragedia. Inoltre, sempre il capitano Gentile chiarisce nella sua testimonianza la posizione di alcune delle navi in rada poco dopo il disastro:
La posizione dell'Agip Abruzzo
Sulla posizione della Agip Abruzzo subito prima dell'incidente esistono delle controversie. Il comandante della nave dichiarò, subito dopo l'incidente, di essere orientato con la prua rivolta a sud, ma successivamente ritratterà questa affermazione. La nave apparve rivolta a sud nelle ore successive alla collisione, tesi avvalorata da un video emerso ni mesi succesivi all'incidente[32]. Mai chiarito infine il punto cruciale che dovrebbe determinare se fù il traghetto passeggeri sbagliando rotta o a causa di una distrazione a colpire la petroliera, o se viceversa la petroliera si trovasse all'interno del cono nel quale era proibito alle imbarcazioni di restare alla fonda proprio perchè utilizzato dalle altre imbarcazioni per l'uscita dal porto [33].
L'ipotesi dell'errore umano
Un altro aspetto più volte indicato come possibile causa dello scontro, fu quello dell'errore umano da parte dell'equipaggio di Moby, causato dal mancato utilizzo del radar, o dalla mancata dovuta attenzione nelle procedure di uscita dal porto o dalla velocità troppo elevata [34] [35] . Tra le cause dell'eventuale disattenzione è stato indicato il fatto che l'equipaggio potesse essere distratto dalla partita di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Barcellona.
L'avaria del timone di Moby Prince
L'avaria al timone, o a qualche sistema di navigazione, è stata smentita dalle perizie richieste dal tribunale di Livorno[36].
La questione delle navi Militari e il traffico d'armi
Un punto mai chiarito, a causa dello stretto riserbo da parte delle autorità italiane ed americane in merito, è quello della eventuale presenza in rada(all'interno cioè della zona di porto teatro della sciagura) di navi militari americane o di altre nazioni, e delle loro eventuali attività [37]. Appurato da verbali e registri che molte navi americane transitavano e sostavano nel Porto di Livorno nella notte dell'incidente, esistono alcune zone d'ombra mai chiarite, in merito ad una eventuale responsabilità di queste ultime o dei loro carichi nella dinamica dello scontro [38]. La vicinanza della base americana di Camp Darby di fatto rendeva frequente la presenza di navi americane nel porto. Ma nella notte in questione, molte navi militari erano ferme in rada sotto falso nome o con nomi di copertura, si presume eseguendo attività militari che non risultarono autorizzate dalla prefetturacome previsto dalla legge italiana[39].
Alcune ipotesi spingono invece per affermare che l'incidente, fortuitamente o volutamente provocato da terzi, sia da mettere in relazione con traffici illeciti di armamenti militari avvenuti la notte dell'incidente nel Porto di Livorno [40] [41] [42].
Processi
Immediatamente dopo la collisione, la procura di Livorno apre un fascicolo per omissione di soccorso e omicidio colposo. Il processo di primo grado inizia il 29 novembre 1995. Gli imputati sono 4: il terzo ufficiale di coperta dell'Agip Abruzzo Valentino Rolla, accusato di omicidio colposo plurimo e incendio colposo; Angelo Cedro, comandante in seconda della Capitaneria di Porto e l'ufficiale di guardia Lorenzo Checcacci, accusati di omicidio colposo plurimo per non avere attivato i soccorsi con tempestività; Gianluigi Spartano, marinaio di leva, imputato per omicidio colposo per non aver trasmesso la richiesta di soccorso.
In istruttoria furono archiviate le posizioni dell' armatore della Navarma, Achille Onorato, e del comandante dell' Agip Abruzzo, Renato Superina[43].
Il processo, pieno di momenti di tensione, si conclude due anni dopo: la sentenza viene pronunciata nella notte tra il 31 ottobre e il 1º novembre 1997. In un'aula piena di polizia e carabinieri, chiamati dal tribunale per la tutela dell'ordine pubblico, il presidente Germano Lamberti legge il dispositivo della sentenza con cui furono assolti tutti gli imputati perché «il fatto non sussiste» [44]. La sentenza verrà però parzialmente riformata in appello: la terza sezione penale di Firenze dichiara il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.
Nel novembre 1997, 11 parlamentari proposero una nuova commissione d'inchiesta parlamentare [45].
Contemporaneamente al processo principale, nell'allora Pretura vennero giudicate due posizioni stralciate: quella del nostromo Ciro Di Lauro, che si autoaccusò della manomissione, sulla carcassa del traghetto, di un pezzo del timone, e quella del tecnico alle manutenzioni della Navarma, Pasquale D'Orsi, chiamato in causa da Di Lauro. I due erano accusati di frode processuale, per aver modificato le condizioni del luogo del delitto, ovvero per aver orientato diversamente la leva del timone in sala macchine [46].
Nel corso di una udienza, Ciro Di Lauro confessò di aver manomesso il timone [47]. Ma il pretore di Livorno assolse entrambi gli imputati per «difetto di punibilità». La sentenza verrà confermata sia dal processo di appello sia in Cassazione.
Nel 2006 la Procura di Livorno, su richiesta dei figli del comandante Chessa, decise di riaprire un filone d'inchiesta sul disastro del traghetto [48].
Nel 2009, l'associazione dei familiari delle vittime, Associazione 140, in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiede a questi di farsi portavoce presso il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, della richiesta di rendere pubblici i tracciati radar, le immagini satellitari, o altro materiale in possesso delle autorità americane della rada del porto di Livorno durante le ore del disastro del Moby Prince. [49]
Nell'aprile 2009, l'onorevole Ermete Realacci ha presentato una nuova interrogazione parlamentare riguardo il coinvolgimento di altre navi, in particolar modo imbarcazioni militari americane presenti la notte della tragedia nel porto di Livorno, e riguardo la presenza mai accertata definitivamente dei tracciati radar e delle comunicazioni radio registrate a Camp Darby [50].
Nuove indagini e sviluppi sulla vicenda
I familiari delle vittime del Moby Prince si sono costituiti in associazione, presieduta da Loris Rispoli, e non cessano da allora di reclamare che sia fatta luce e giustizia su questo terribile avvenimento.
L'istanza di riapertura delle indagini per appurare le reali responsabilita è stata presentata dal legale dei figli del Comandante Chessa nel 2006 [51]. Con maggiore attenzione è stato chiesto di occuparsi della questione del traffico illecito di armi e della presenza di navi militari o comunque navi al di fuori del controllo della Capitaneria di Porto, che possano essere causa o una delle concause del disastro [52].
Nel 2006, l'ipotesi di trovare immagini satellitari della sciagura prese di nuovo corpo dopo il ritrovamento di alcune bobine di immagini negli uffici della Procura di Livorno[53].
Il 16 novembre 2007 un consulente in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali, Fabio Piselli [54] (ex Parà della "Folgore") di origine livornese, mentre stava privatamente indagando sulla morte di un suo cugino impiegato alla Defense Intelligence Agency presso l'ambasciata americana di Roma, ha raccolto delle notizie utili anche per la tragedia del Moby Prince. Per questo dopo aver incontrato l'avvocato Carlo Palermo per organizzare l'ascolto di un potenziale testimone, è stato aggredito da quattro persone incappucciate che dopo averlo stordito lo hanno successivamente chiuso in macchina alla quale hanno appiccato il fuoco: per fortuna l'uomo è riuscito ad uscire in tempo dall'auto [55]. Fabio Piselli era già stato precedentemente interrogato dalla Procura di Livorno come persona a conoscenza di fatti riguardanti il Moby Prince con particolare interesse verso il monitoraggio elettronico della rada di Livorno avvenuto la sera della tragedia. Inoltre ha partecipato ai soccorsi sin dai primi momenti della tragedia fino al riconoscimento dei resti delle vittime morte a bordo del traghetto. La Procura di Livorno ha aperto un fascicolo per tentato omicidio in danno di Fabio Piselli ad opera di ignoti; la sua auto è stata sottoposta alle indagini scientifiche da parte dei Carabinieri del RIS.
Nel giugno del 2009, a seguito delle indagini riaperte dalla procura, viene sentito nuovamente come persona informata sui fatti il mozzo di bordo Alessio Bertrand, unico sopravvissuto al rogo [56].
Nel Luglio del 2009, su richiesta della magistratura, sono state eseguite scandagliature della zona di porto in cui è avvenuto lo scontro, e stando alle prime indiscrezioni, sarebbero emersi alcuni reperti utili alle indagini [57].
Il relitto del Moby Prince, completamente arso ma ancora galleggiante, è rimasto per anni sotto sequestro nel porto di Livorno. Nel 1998 è affondato mentre era attraccato in banchina. Recuperato e dissequestrato, sarebbe stato avviato allo smantellamento in un porto della Tunisia, dove sarebbe però affondato nel 1999. Si parla al condizionale perché, a tal proposito, c'è stata una dichiarazione di Roberto Saviano, durante la trasmissione Che tempo che fa, circa il reale destino di quel che restava del Moby Prince. Saviano, infatti, ha affermato che il relitto è stato smaltito dai clan camorristici del Casertano[58]: sarebbe stato dapprima ridotto in pezzi, portato via con una carovana di autotreni e sotterrato in un'improvvisata discarica a cielo aperto nelle campagne di Castelvolturno[59].
Elenco delle vittime
Il seguente elenco riporta i nomi e l'eta delle vittime [60].
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Alle vittime della sciagura, il comune di Livorno ha dedicato una piazza [61] e diverse manifestazioni [62][63].
Bibliografia
- Andrea Affricano e Loris Rispoli, 140. Il libro di due uomini che non dimenticano, Associazione, 2003
- Elisabetta Arrighi, 140 La tragedia del Moby Prince, Pisa, Valenti ed Allegranti, 1993
- Enrico Fedrighini, Moby Prince. Un caso ancora aperto, Paoline Editoriale Libri, 2005
Note
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- ^ http://www.mobyprince.it/files/Moby-Prince-Sentenza-1_(31.10.1998).pdf
- ^ http://www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20090410_anniversario_moby_prince.html
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- ^ http://archiviostorico.corriere.it/1992/aprile/10/nuovo_giallo_sui_soccorsi_nel_co_0_9204106091.shtml
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- ^ http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/01/in-lacrime-il-superstite-della-moby.html
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- ^ http://www.mobyprince.it/?sez=processi&pag=istanza-riapertura
- ^ [2]intervista della Tv Svizzera ad Angelo Chessa, figlio del comandante del Moby Prince
- ^ http://archiviostorico.corriere.it/2006/ottobre/10/Moby_Prince_satelliti_ripresero_incidente_co_9_061010115.shtml
- ^ [3]
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- ^ http://www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20090610_inchiesta_bis_moby_prince.html
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- ^ http://www.robertosaviano.it/documenti/8954/
- ^ http://www.casertanews.it/public/articoli/200711/art_20071106065754.htm
- ^ [4]Foto della targa in memoria dei 140 morti
- ^ http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=6282
- ^ http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/04/26/il-caso-moby-prince-in-mostra-livorno.html
- ^ http://www.comune.livorno.it/_livo/uploads/MobyPrince%202009%20bozza.pdf
Collegamenti esterni
- Associazione 10 aprile – Familiari delle vittime del Moby Prince
- La tragedia del Moby Prince
- Senato della Repubblica: Proposta di una commissione di inchiesta sul disastro del Moby Prince
- La storia del Moby Prince da una pagina in inglese dedicata alle navi della Moby Lines
- Bibliografia completa sul disastro della Moby Prince
- Alcuni stralci del processo
- Foto del relitto, 1993-1994
- Foto del relitto del Moby Prince in demolizione in Turchia
- Attempted Murder of Consultant to Carlo Palermo
- Moby Prince - Il porto delle nebbie La Storia siamo Noi - Rai Educational
- M/T Moby Prince, dvd e testo dello spettacolo teatrale di Francesco Gerardi e Marta Pettinari (Produzione La Nave Europa - Edizioni Titivillus)