Gaio Valerio Catullo
«Odio e amo.»
Gaio Valerio Catullo (in latino: Gaius Valerius Catullus; Verona, 84 a.C. – Sirmione, 55 a.C.) fu un poeta latino.

Biografia
Gaio Valerio Catullo nacque a Verona nella Gallia Cisalpina. San Girolamo pone l'87 a.C. ed il 57 a.C. rispettivamente come data di nascita e di morte e specifica che appunto egli morì a trent'anni. Tuttavia, dato che nei suoi carmi vengono accennati avvenimenti che riportano all'anno 55 a.C., si è maggiormente propensi ritenere che egli sia nato nell'84 e morto nel 54 a.C. Apparteneva ad una famigia agiata e ben nota: stando a quanto dice Svetonio (Vita di Cesare,73), il padre ospitò Q. Metello Celere e Giulio Cesare in casa propria al tempo del loro proconsolato in Gallia. Trasferitosi nella Capitale si suppone intorno al 61-60 a.C., cominciò a frequentare ambienti politici, intellettuali e mondani, conobbe personaggi influenti e conosciuti dell'epoca, come Quinto Ortensio Ortalo, Gaio Memmio, Cornelio Nepote, ed Asinio Pollione,infine ebbe contatti ostili con Cesare e Cicerone; con una stretta cerchia d'amici letterati, quali Licinio Calvo ed Elvio Cinna fondò un circolo privato e solidale per stile di vita e tendenze letterarie. Durante il suo soggiorno prolungato a Roma ebbe una relazione travagliata con la sorella del tribuno Clodio, tale Clodia[1] soprannominata nei carmi con lo pseudonimo Lesbia. Egli si allontanò varie volte da Roma per trascorrere del tempo nella sua villa a Sirmione, sul lago di Garda, luogo da lui particolarmente apprezzato e celebrato per il suo fascino ameno. Nel 57-56 a.C. fece parte della cohors praetoria, accompagnò Gaio Memmio in Bitinia e in quella circostanza andò a visitare la tomba del fratello sita nella Troade. Quel viaggio non recò alcun beneficio al poeta che ritornò senza guadagni economici né la lontananza riuscì a fargli riacquistare la serenità perduta a causa dell'incostanza e l'indifferenza di Lesbia nei suoi confronti. Catullo non partecipò mai attivamente alla vita politica, anzi voleva fare della sua poesia un ludus fra amici, una poesia leggera e lontana dagli ideali politici tanto osannati dai letterati del tempo (a riguardo si veda il carme: "Nil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere / nec scire utrum sis albus an ater homo" "Non mi interessa affatto piacerti, Cesare, né sapere se tu sia bianco o nero"). Tuttavia seguì la formazione del primo triumvirato, i casi violenti della guerra condotta da Cesare in Gallia e Britannia (si vedano i Carmi 11 e 29: "Caesaris visens monimenta magni,/ Gallicum Rhenum horribile aequor/ ultimosque Britannos...", "quod Comata Gallia/ habebat uncti et ultima Britannia?"), i tumulti fomentati da Clodio comandante dei populares, fratello della sua celebre amante Lesbia ed acerrimo nemico di Marco Tullio Cicerone, che verrà da lui spedito in esilio nel 58 a.C. ma poi richiamato, i patti di Lucca ed il secondo consolato di Pompeo. Una nota da sottolineare è il Carme 52, dove, per usare le parole di Alfonso Traina, "il disprezzo della vita politica si fa disprezzo per la vita stessa":
sella in curuli struma Nonius sedet,
per consulatum peierat Vatinius:
quid est, Catulle? quid moraris emori?»
«Che c'è, Catullo? Che aspetti a morire?
Sulla sedia curule siede Nonio lo scrofoloso,
per il consolato spergiura Vatinio:
che c'è, Catullo? Che aspetti a morire?»
Liber
Il Liber catulliano consta di 116 carmi divisi in tre sezioni:
- La prima parte (1-60) detta Nugae, termine che verrà poi ripreso da Francesco Petrarca, raccoglie carmi brevi scritti in metro vario, soprattutto endecasillabi faleci, ma anche trimetri giambici, scazonti e saffiche.
- La seconda parte (61-68) detta Carmina Docta, contiene elegie, epitalami e poemetti più lunghi ed impegnativi in esametri e in distici elegiaci. In questi carmi si avverte un interesse ed una partecipazione poetica più accentuata.
- La terza parte (69-116) gli Epigrammi è composta appunto da epigrammi in distici elegiaci.
All'inizio della raccolta vi è una dedica scritta rivolta a Cornelio Nepote (carme 1), che però non sembra riferibile all'opera nella sua totalità infatti in questa prefazione dedicata, Catullo definisce i suoi carmi come nugae, ovvero cosucce di poco conto, termine ben riferibile alla prima parte anziché alla seconda dei Carmina Docta. Nelle Nugae e negli Epigrammi il tema dominante é dato dall'amore per Lesbia, rappresentata come una donna d'eccezionale fascino e cultura, che fa presa perennemente sul poeta. Catullo fu in gran misura influenzato da Saffo ma dalle poesie si evince comunque una passione autentica ed un'impronta d'originalità. Nei Carmina Docta invece, c'è un Catullo più composto e classico, in cui il mito rappresenta un modello etico, o comunque un mezzo per affermare l'assolutezza e la sacralità di quei valori che Catullo sente minacciati nella vita del suo tempo ma anche nella sua vita privata. Il primo ed il secondo carme sono rispettiamente un epitalamo ed un contrasto corale. L'Attis, il carme successivo, narra la vicenda del giovane omonimo, giunto in Frigia, che si evira in preda ad una furia religiosa così da poter divenire sacerdote della dea Cibele. Rinsavito, Attis si rende conto del suo gesto e si abbandona ad un lamento in riva al mare, creando un acceso lirismo narrativo. Il quarto carme, comunemente intitolato Le nozze di Peleo e Teti fin dall'Umanesimo, è un epitalamo che racconta appunto le vicende delle nozze fra i due. La peculiarità principale dell'epitalamo però è data dalla tecnica artistica, l'ekphrasis giunta dagli Alessandrini, con cui il poeta introduce con un pretesto poetico mutuato dall'argomento focale, un altro episodio in contrasto: l'abbandono di Arianna da parte di Teseo: i ue nuclei narrativi devono contrapporre la fides e linfidelitas. I successivi componimenti (65-66) sono in stretta relazione: il primo è la dedica indirizzata all'oratore Ortensio Ortalo, la quale non è altro che la traduzione latina della callimachea Chioma di Berenice. Il carme 67 tratta dell'argomento della 'porta chiusa', ovvero una nuova deformazione del paraklausìthyron, cioè del lamento dell'amante di fronte alla porta chiusa dell'amato: in questo componimento infatti, una porta racconta le vicende che riguardano la moglie del padrone e delle sue relazioni adulterine. L'ultimo componimento racconta della vicenda mitica riguardante Protesilao e Laodamia, il quale riassume bene i due temi principali della poesia catulliana di questo periodo, ovvero la morte di un congiunto (la scomparsa del fratello) e l'amore disperato e carnale (la passione per Lesbia). La strutturazione del libro così come ci è pervenuto, probabilmente non ha origine dallo stesso Catullo ma è stato ordinato in seguito da qualche editore che ne ha curato la pubblicazione postuma.
Temi principali del Liber
Una parte importante del Liber catulliano è costituita dai componimenti a sfondo amoroso dedicati a Lesbia, dai quali si evince che la relazione ebbe un principio felice ma che nel protrarsi del tempo, fu oscurata dai numerosi tradimenti della donna, alternando momenti di gioia a momenti di infelicità per il poeta. La visione catulliana dell'amore è una concezione totalmente nuova per la società romana tradizionalista, che considerava ufficiale soltanto il legame consacrato, ovvero il matrimonio e considerando inferiori i rapporti extraconiugali. Per Catullo, il rapporto con Lesbia, anche se vissuto con estrema trasgressività contro i moralisti (carme 5), è comunque fondato su un "patto" che comporta lealtà, stima, rispetto reciproco e fedeltà incondizionata, e perciò non ha meno valore rispetto ad un matrimonio. Amare e bene velle, il desiderio carnale e l'affetto, sono aspetti complementari ed indivsibili del rapporto: l'infedeltà annienta l'inviolabilità del bene velle ed acuisce il desiderio, però divenuto sofferenza. Odio e amore vengono così a cnvivere, in una coincidentia oppositorum che genera disorientamento, follia e disperazione. Catullo portò la poesia ad un nuovo livello, fondendo i caratteri greco-ellenistici con la profondità psicologica dell'avventura amorosa, intessendo il proprio lavoro di momenti di vita privata, volti a raccontare la sua vicenda: ai dialoghi con l'amante, ricchi di vezzeggiativi e locuzioni familiari, si alternano ombrosi soliloqui.
Un'altra forma d'amore descritta da Catullo è, non meno intensa, quella fraterna, che sfocia nel suo carme 101 (epigramma), dedicato appunto al fratello prematuramente scomparso e che termina con un accorato addio, in cui viene esplicata l'impossibilità del poeta di intervenire, poiché le parole sono vane davanti ad una tale sofferenza.
Oltre all'amore, vi sono numerosi altri temi affrontati in questa raccolta di carmi. Molti di essi sono dedicati ad amici scrittori e lasciano intravedere uno spicchio di vita quotidiana che il poeta conduceva a Roma, e soprattutto i rapporti con la cerchia dei neoterici. Venustas, lepos, iocunditas ovvero eleganza, grazia, piacevolezza sono i princìpi letterari e comportamentali ai quali un poeta neoterico doveva attenersi: in contrapposizione alla morale comune tradizionale, secondo la quale l'unico vero interesse del cives doveva essere il negotium (ossia l'adempimento ai doveri pubblici e politici), questo gruppo di poeti avanguardisti prediligeva l' otium (la vita privata e tutto ciò che la concerneva: l'amore, gli scherzi, le polemiche letterarie, le frequentazioni, ecc..). Li univa il gusto per a raffinatezza e per l'anticonformismo, perciò anche la derisione della grossolanità, del cattivo gusto e dell'effimera presunzione.
Stile
Catullo compone i suoi carmi con grande consapevolezza artistica, ma ciononostante conferisce loro forte spontaneità e immediatezza espressiva.[2]
In ottemperanza al criterio callimacheo della poikilia (varietas in latino, varietà, intesa tanto in senso tematico e metrico quanto linguistico),[2] Catullo fa uso nella sua opera di più registri linguistici diversi, che fonde assieme per creare una lingua letteraria che comprenda tanto forme colte e dotte quanto forme "volgari", proprie del sermo cotidianus.[3][4][5] Di conseguenza, anche il lessico appare particolarmente ampio, tanto da accogliere assieme forme oscene e volgari,[6][7] diminutivi,[8] grecismi,[9] interiezioni,[10] onomatopee[11][12] ed espressioni idiomatiche o proverbiali.[13][14] La sintassi è prevalentemente semplice e paratattica, e richiama le strutture della lingua parlata; si segnalano, in particolare, l'uso del partitivo in dipendenza da pronomi o aggettivi neutri singolari o da avverbi; il congiuntivo esortativo alla seconda persona adoperato con valore di imperativo; l'uso dell'indicativo nella proposizione interrogativa indiretta, normalmente costruita con il congiuntivo; il pronome neutro in funzione predicativa retto dal verbo essere.[5]
La costruzione e la scelta del lessico non sono però frutto del caso: Catullo seleziona attentamente, stilizzandoli, gli elementi del linguaggio quotidiano e familiare, e li rielabora, mantenendone intatta l'espressività, alla luce del suo fine gusto letterario. Egli non è, d'altro canto, il primo a fare uso del linguaggio parlato in letteratura: lo stesso procedimento si era verificato in Grecia già a partire dalla lirica arcaica, mentre a Roma le forme del linguaggio quotidiano erano caratteristiche del genere comico, ma erano presenti anche nelle Satire di Gaio Lucilio.[15][16][5]
La forte capacità espressiva ed emotiva dell'opera catulliana è testimoniata da alcuni stilemi ricorrenti, come le forme dialogiche, le allocuzioni, le iterazioni, gli incipit ex abrupto,[17][18] le metafore,[19] i diminutivi,[20][21][22][23][24][25][26] gli aggettivi possessivi uniti ai nomi propri.[27] Con l'intento di creare un effetto di marcato contrasto, Catullo affianca a tali elementi del linguaggio colloquiale alcune forme e usi propri del linguaggio letterario, come le allusioni, tipiche della letteratura alessandrina, gli epiteti di stampo epico, spesso ricalcati dal greco,[28][29][30] gli arcaismi ispirati al linguaggio di Omero ed Ennio.[31][32][5]
Il fine gusto letterario catulliano interviene anche al livello compositivo, e definisce nei carmi una struttura retorica elaborata ed equilibrata, basata su simmetrie, antitesi, parallelismi, riprese e Ringkomposition. Tale precisa architettura stilistica è però efficacemente dissimulata, in modo tale da conferire ai carmi un senso di grande immediatezza e potenza espressiva.[5]
I componimenti brevi, nugae ed epigrammi, non presentano differenze di grande riliveo, sotto il profilo della lingua e dello stile, rispetto ai carmina docta, anche se in questi lo stile appare più elaborato e dotto, particolarmente ricco di riferimenti allusivi, arcaismi[33] e grecismi. Appaiono infatti in essi particolarmente forti gli influssi della poetica di Ennio, dell'epica e della tragedia arcaica in campo latino, ma soprattutto dei poeti ellenistici in campo greco. Non mancano, tuttavia, elementi afferenti al linguaggio colloquiale, in particolare i diminutivi.[34][35][36] Tale esempio, in cui l'umanizzazione del mito operata in ambito alessandrino arriva alla fusione tra la vicenda biografica personale e quella mitologica, è alla base dell'elegia di età augustea.[37]
Influenze letterarie
Catullo è uno dei più noti rappresentanti della scuola dei neoteroi (cioè "poeti nuovi"), i quali si richiamavano direttamente al poeta greco Callimaco, che creò un nuovo stile poetico che rappresenta una netta cesura rispetto alla poesia epica di tradizione omerica. Sia Callimaco che Catullo, infatti, non descrivono le gesta degli antichi eroi o degli dei (eccezion fatta, forse, per i carmina 63 e 64) ma si concentrano su tematiche legate ad episodi semplici e quotidiani. Da questa matrice callimachea accresce anche il gusto per la poesia breve, erudita e stilisticamente perfetta. Si sviluppano, originari dell'alessandrinismo e nati da poeti greci come Callimaco, Teocrito, Asclepiade, Fileta di Cos ed Arato, generi quali l'epillio, l'elegia erotico-mitologica, l'epigramma, che più sono apprezzati e ricalcati dai poeti latini.
Catullo stesso definì il suo libro expolitum (cioè "levigato") a riprova del fatto che i suoi versi sono particolarmente elaborati e curati. Inoltre, al contrario della poesia epica, l'opera catulliana intende evocare sentimenti ed emozioni profonde nel lettore.
Catullo apprezzava molto anche la poetessa greca Saffo, vissuta nel VI secolo a.C.: del resto, gli stessi carmina del poeta romano costituiscono una fonte grazie alla quale è possibile conoscere l'opera della poetessa greca. In particolare, il carmen catulliano numero 51 è una traduzione della poesia 31 di Saffo, mentre i carmina 61 e 62 sono con tutta probabilità ispirati a lavori perduti della poetessa di Lesbo. Questi ultimi due componimenti sono degli epitalami, cioè poesie d'amore dedicate al matrimonio. Saffo, del resto, era molto famosa per i suoi epitalami (questa forma poetica, tuttavia, cadde poi in disuso nei secoli successivi). Catullo, inoltre, recuperò e diffuse a Roma un particolare tipo di metro detto "strofe saffica", molto usato da Saffo.
Note
- ^ Secondo un'indicazione di Apuleio nell'Apologia, 10, la donna a cui si riferisce Catullo e che soprannomina Lesbia, è la sorella del tribuno Clodio, rimasta vedova nel 59 a.C. di Quinto Metello Celere. Tutt'ora questa informazione viene considerata vera.
- ^ a b Pontiggia; Grandi, p. 45.
- ^ III, vv. 14-15.
- ^ V, vv. 7, 13.
- ^ a b c d e Pontiggia; Grandi, p. 46.
- ^ XXXVI, vv. 1, 20.
- ^ LVIII, v. 5.
- ^ IV, vv. 4, 17.
- ^ XI, v. 17.
- ^ I, v. 7.
- ^ III, v. 10.
- ^ LXI, v. 13
- ^ III, v. 5.
- ^ XIV, v. 1
- ^ III, v. 7.
- ^ VIII, v. 14.
- ^ I, v. 1.
- ^ V, v. 1.
- ^ XIII, v. 8.
- ^ III, vv. 16-18.
- ^ VIII, v. 18.
- ^ XXX, v. 2.
- ^ XXXI, v. 2.
- ^ L, v. 19.
- ^ LVII, v. 7.
- ^ LXV, v. 6.
- ^ XIII, v. 1.
- ^ VII, v. 3.
- ^ XI, v. 3.
- ^ XXXI, v. 13.
- ^ XI, v. 14.
- ^ XI, vv. 5-6.
- ^ LXI, vv. 42, 75.
- ^ LXI, v. 193.
- ^ LXV, v. 6.
- ^ LXVI, v. 16.
- ^ Pontiggia; Grandi, p. 47.
Bibliografia
- H. Harrauer, A Bibliography to Catullus, Hildesheim, 1979.
- J.P. Holoka, Gaiu Valerius Catullus. A Systematic Bibliography, New York-Londra, 1985.
- Traduzioni italiane
- G. Ceronetti, Torino 1969.
- E. Cetrangolo, Milano 1950.
- V. Ciaffi, Torino 1951.
- E. D'Arbela, Milano 1946.
- F. Della Corte, Milano 1977.
- V. Errante, Milano 1943.
- U. Fleres, Milano 1927.
- E. Mazza, Parma 1962.
- G. Mazzoni, Bologna 1939.
- G.B. Pighi, Verona 1961.
- S. Quasimodo, Milano 1942.
- M. Ramous, Milano 1975.
- T. Rizzo, Roma 1977.
- C. Saggio, Milano 1928.
- E. Stampini, Torino 1921.
- Mario Rapisardi, Traduzione integrale delle poesie di Catullo. Napoli, Pierro, 1889
- Mario Rapisardi, Catullo e Lesbia. Studi Firenze, Succ. Lemonnier, 1875.
- Enzo Marmorale, L'ultimo Catullo. Napoli, 1952
- Giancarlo Giancarlo Pontiggia, Maria Cristina Grandi, Letteratura latina. Storia e testi. Vol. 2, Milano, Principato, marzo 1996, ISBN 9788841621882.
Altri progetti
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Gaio Valerio Catullo
- Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Gaio Valerio Catullo
- Wikisource contiene una pagina in lingua italiano dedicata a Gaio Valerio Catullo
- Wikiquote contiene citazioni di o su Gaio Valerio Catullo
- Wikiquote contiene citazioni in lingua italiano di o su Gaio Valerio Catullo
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gaio Valerio Catullo
Collegamenti esterni
- Il Liber di Catullo in latino
- Il Liber di Catullo tradotto in italiano
- Le più belle poesie d'amore di Catullo
- Approfondimento
- Il Liber di Catullo con concordanze e liste di frequenza
- Le grotte di Catullo
- Scansione metrica del Liber di Catullo
- La chioma di Berenice, traduzioni di C. Nigra, U. Foscolo e A. Natucci